Visualizzazioni totali

sabato 6 agosto 2016

Occhio all'esodo da "bollino nero" Dove e a che ora non dovete partire

Esodo, occhio al weekend da bollino nero. Dove e a che ora non dovete partire



Il primo weekend di agosto si preannuncia impegnativo per i milioni di italiani che si metteranno in viaggio verso le località di villeggiatura. Autostrade per l'Italia annuncia infatti, nelle previsioni sul traffico dell'esodo estivo, una circolazione intensa sulle autostrade italiane nelle giornate di sabato 6 e domenica 7 agosto.

In particolare è previsto un sabato da bollino nero: nella fascia oraria compresa tra le 9 e le 15 il traffico raggiungerà livelli massimi nelle tratte autostradali tra Bologna-Firenze, Roma-Frosinone e Bologna-Ancona. Sarebbe preferibile quindi che chi ha in programma di trascorrere le vacanze sulla riviera romagnola o sul litorale laziale anticipasse la partenza di qualche ora per evitare di passare l'inizio delle ferie intrappolato in auto.

Saviano, ma quale icona di sinistra Imbarazzante: "A Buttafuoco disse..."

Ma quale icona di sinistra. Saviano, dettaglio imbarazzante: "A Buttafuoco disse che..."


di Giacomo Amadori



Mi sono accorto con ritardo (mica pretenderete che uno si legga Saviano il 3 agosto!) che l' autore di Gomorra mi ha dedicato più di qualche riga sulla Repubblica dell' altro ieri, in un articolo dal titolo suggestivo: "Camorra, la fabbrica dei dossier". In realtà me lo ha segnalato un amico della Direzione investigativa antimafia con un sms divertito: «Se ti hanno arrestato sono disposto a verbalizzare le tue confessioni». Dopo di che ci ho messo un giorno a decrittare le frasi di questo Milionario dell' Anticamorra e ho scoperto che mi dà del giornalista «borderline» e, se ho tradotto bene dal savianese, mi accusa pure di essere contiguo alla camorra.

Nella sua lenzuolata ha ricordato un mio scoop dei tempi in cui lavoravo per Panorama, riguardante un' inchiesta che coinvolgeva l' allora premier Silvio Berlusconi: una fuga di notizie per cui la procura di Napoli ha indagato per un paio d' anni anche su di me e sul direttore del settimanale mondadoriano Giorgio Mulè. I pm partenopei dispiegarono un vero e proprio dispositivo di «spionaggio» che consentì di ascoltare per settimane decine di migliaia di telefonate sulle utenze di diversi giornalisti di Panorama. Per questo fa sorridere che oggi Saviano mi appiccichi addosso, citando il pm Vincenzo Piscitelli, un' accusa di «spionaggio» che fa a pugni con il decreto di archiviazione del gip di Roma. Giudice che ha ereditato l' inchiesta da Napoli per la palese incompetenza territoriale degli inquirenti campani e che ha riconosciuto che io e Mulè non abbiamo fatto altro che il nostro lavoro.

Le accuse a Berlusconi - Nell' articolo il criptico Saviano è poi partito per la tangente e ha raccontato del rapporto «assai stretto» che avrei avuto con l' avvocato Michele Santonastaso, ex difensore di diversi boss della camorra. Dal 2010 è rinchiuso in cella per i presunti rapporti pericolosi con i suoi assistiti e anche per le minacce rivolte allo stesso Saviano. Ma all' epoca in cui lo incontrai, nel 2008, era solo un legale e molti giornalisti avevano una certa consuetudine con lui, visti i nomi dei clienti.
Un giorno per esempio lo incrociai in un bar mentre parlava con la collega Rosaria Capacchione, divenuta poi senatrice del Pd.

I motivi per cui ho contattato Santonastaso sono limpidi e certificati. In particolare lo avevo cercato per provare a realizzare un' intervista con il più celebre latitante dei Casalesi, Antonio Iovine, detto O' Ninno. Conservo ancora copia delle domande che gli consegnai. Informai anche il capo della squadra mobile di Caserta del tentativo che stavo facendo e lui tra il serio e il faceto mi propose di imbottirmi di microspie. Ovviamente rifiutai considerando la cosa troppo rischiosa. Alla fine non so se Santonastaso abbia mai consegnato quel mio lungo questionario, di certo le risposte non mi arrivarono. In quegli stessi giorni Santonastaso mi confidò che aveva recuperato delle intercettazioni esplosive e che le avrebbe rese pubbliche. Nei brogliacci il pentito Carmine Schiavone parlava di presunte pressioni subite da pm e investigatori per fargli accusare Silvio Berlusconi. «Da quando stava quel piecoro di omissis che andava cercando che io accusassi Berlusconi. Eh, io gli dissi: ma chi c… lo conosce!», diceva in una telefonata Schiavone. All' epoca il presidente di Forza Italia era premier e la notizia era di grande rilevanza mediatica.

Il praticante maldestro - Per potermi consegnare quei brogliacci Santonastaso decise di allegarli a un' istanza di rimessione, ovvero a una richiesta di trasferimento del cosiddetto processo Spartacus ad altre toghe. I tempi erano ristretti e l' avvocato chiese a un suo praticante, tale Davide, di redigere l' atto. La sera prima del deposito il giovanotto entrò nello studio di Santonastaso, dove ero seduto anche io, e iniziò a leggere il documento che aveva preparato. Il linguaggio era colorito e minaccioso e si rivolgeva direttamente a tre presunti nemici dei boss, che secondo Santonastaso imbrogliavano le carte della tenzone giudiziaria: il pm Raffaele Cantone, Roberto Saviano e la già citata Capacchione. Mi sembrò tutto improvvisato e pasticciato. I termini erano decisamente sopra le righe e il giorno dopo successe il patatrac che tutti sanno.

L' avvocato dei boss lesse quello squinternato atto d' accusa in aula e subito i giornali rilanciarono la notizia delle minacce dei Casalesi a tre paladini dell' Anticamorra. Il risultato fu che a Saviano fu confermata la scorta che aveva dall' anno prima. Anche per colpa della fretta e di un praticante alle prime armi.

Nel novembre 2014 per quelle minacce venne condannato il solo Santonastaso che evidentemente per i giudici non aveva mandanti. Ma io già lo sapevo e ne informai lettori di Panorama, quando decisi di intervistare l' avvocato sul putiferio che era scoppiato e di cui ero in piccola parte responsabile avendo tanto insistito per avere quelle intercettazioni. Nell' intervista (disponibile su Internet per chi voglia verificare come il taglio delle domande fosse di riprovazione rispetto all' iniziativa dell' avvocato) tentai in tutti i modi di far recitare un mea culpa a Santonastaso, che ammise: «Probabilmente il tono era sbagliato. Solo che a scrivere ero io e non i miei clienti. I casalesi non hanno minacciato nessuno, non avrebbero potuto farlo tramite me». I giudici lo hanno confermato.

Il plagiatore - Peccato che quella innocua intervista nella testolina di Saviano, forse troppo impegnato a guardare puntate di Gomorra, sia diventata un messaggio inquietante o per lo meno questo mi sembra di aver inteso negli involuti periodi che Saviano ha propinato ai suoi coraggiosi lettori agostani.

«O' premio Pulitzèr», come lo ha soprannominato qualcuno, pensa di svelare complotti che non ci sono e di trovare chissà che talpe. E se non fosse chiaro il suo intento, su Facebook esplicita sobriamente il concetto: «"Sbirri" venduti, giornalisti e faccendieri, ecco la rete di spioni che trama in segreto per politici e clan, compromettendo la democrazia». Bum! Io, il bravissimo collega napoletano Simone Di Meo e pochi altri giornalisti non identificati saremmo un rischio per la democrazia. Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere.

Su Di Meo urge aprire una parentesi: è il giornalista che ha avuto la colpa di vincere con la sua casa editrice sino in Cassazione la causa intentata contro Saviano per plagio, perché «o' Pulitzèr» è anche un signor copiatore. Tanto che dall' undicesima ristampa di Gomorra, a pagina 141, è scritto nero su bianco che diversi passi del libro sono appunto di Di Meo, coautore a sua insaputa. Purtroppo due giorni fa Saviano non ha informato i suoi lettori, mentre attaccava Simone, di questo piccolo conflitto d' interesse.

Comunque se il Saviano imbronciato (quanto gli piace ostentare la sua aria pensosa) scrive su di me falsità, io adesso vi voglio raccontare due o tre cose vere che so di lui e per esperienza diretta.

Macho man e il braccino - Era il 2006 e in Mondadori, dove lavoravo, si favoleggiava di un libro su cui l' azienda puntava molto. Anzi moltissimo. Era di un giovanotto campano sponsorizzato da un grande critico letterario, campano pure lui, di nome Goffredo Fofi. Rita Pinci, all' epoca vicedirettore di Panorama, mi chiamò alla sua scrivania per affidarmi un delicato compito. Avrei dovuto leggere il tomo (bisogna dirlo: la più grande operazione di marketing editoriale degli ultimi vent' anni) e presentarlo in anteprima mondiale sul nostro giornale. Mi consegnarono una bozza cartacea, in gran parte riscritta e tagliata (l' originale, Saviano lo portava in giro con la carriola) dai fenomenali editor della casa editrice di Segrate. Iniziai il primo capitolo e dopo poche righe mi ero quasi appisolato. Con un occhio semiaperto domandai in Mondadori il numero di cellulare di questo Roberto, all' epoca uno sconosciuto ventisettenne, e dandogli del tu gli chiesi di scegliere in mia vece i capitoli più interessanti. Di mio pugno volli aggiungere un breve biografia. Gli domandai due o tre informazioni personali e lui, garbatamente, mi rispose. Tra l' altro mi disse che amava la pallanuoto (non era ancora un fanatico della boxe) e che era fidanzato. Lo scrissi. Apriti cielo. Quando gli rilessi la breve bio, lui, evidentemente già compreso nel personaggio, mi chiese di cancellare quei due particolari «da rivista di gossip». Gli dissi che non ci trovavo niente di disdicevole e lo lasciai che bofonchiava. Quando tornai al giornale il vicedirettore mi disse che Saviano aveva contattato i vertici dell' azienda per far togliere quelle due righette e che dai piani alti avevano telefonato al compianto direttore Pietro Calabrese. Ma le righette rimasero al loro posto. Con grande scorno del Nostro.

Nel 2009 mi trasferii nella redazione di Roma e mi piazzai nella postazione di fronte a un vero scrittore, Pietrangelo Buttafuoco, che tutto divertito mi raccontava dell' imbarazzo di Saviano per l' essere diventato un' icona della sinistra, lui che era «un vero camerata». Ridendo mi leggeva alcuni passaggi dei loro scambi epistolari. Secondo lui Saviano aveva ambizioni superomistiche e sognava di andare a fare il paracadutista in Afghanistan al seguito dei carabinieri. Non so se fosse vero, ma un' amica dell' autore di Gomorra, che aveva la ventura di incontrarlo in privato e che lo conosceva da quando era studente, me lo descrisse più che come un pensoso intellettuale di sinistra, come un ardito con la passione per i pugni e gli approcci ruvidi verso le donne.

L'ultimo aneddoto riguarda la premiata coppia Fabio Fazio-Saviano. I due insieme con la scorta di sette persone al seguito del Sommo Scrittore sostarono per pranzo in un lussuoso ristorante della Riviera di Ponente, di proprietà di un mio amico. La coppia scelse il tavolo migliore, mentre i bodyguard vennero fatti accomodare un po' distanti. Fazio si avvicinò allo chef: «Una portata a testa per quei signori la offro io» disse soddisfatto della sua magnanimità. Saviano nemmeno si alzò. E il mio amico li fulminò: «Le altre portate per la scorta le offrirò io».

Ora vista la parsimonia di cotanto Autore, temo che non apprezzerà la mia richiesta di risarcimento danni. Ma purtroppo, io che non ho mai citato in giudizio nessuno, mi trovo costretto a farlo per l' enormità delle accuse. In attesa di incontrarlo in Tribunale, lo rassicuro: anche se ho visto più volte il Padrino, dall' 1 al 3, non sono un picciotto e i suoi libri non mi disturbano per il contenuto, ma solo perché sono mal scritti.

Disastro Monti, lo spreco miliardario La lettera dei giudici: così ci ha inguaiati

Disastro Monti, lo spreco miliardario. La lettera dei giudici: così ci ha inguaiati


di Attilio Barbieri



La procura della Corte dei Conti intima a Morgan Stanley di restituire 2,9 miliardi all' Italia. Quelli utilizzati da Mario Monti, all' epoca dei fatti capo del governo, per chiudere un derivato acceso dalla banca d' affari Usa a copertura del debito pubblico italiano. Un derivato molto speciale perché contemplava una clausola capestro: nel caso in cui fosse peggiorato il merito di credito attribuito all' Italia l' emittente, cioè Morgan Stanley, avrebbe potuto chiederne la copertura. E così avvenne.

La vicenda si dipana nel periodo a cavallo fra la fine del 2011 e l' inizio dell' anno successivo. A Palazzo Chigi siede il senatore a vita Mario Monti che ha preso il posto di Silvio Berlusconi il 16 novembre 2011. Lo spread fra i nostri titoli di Stato a 10 anni e i pari scadenza tedeschi, i Bund, è alle stelle, sopra i 500 punti base. La speculazione colpisce duramente il debito pubblico italiano. Nel mezzo della bufera, nella notte tra il 19 e il 20 settembre, l' agenzia di rating Standard & Poor' s declassò il debito pubblico italiano al livello BBB.

Tanto bastò a far scattare una clausola del contratto di finanziamento prevista dal derivato, sottoscritto dal Tesoro italiano nel 1994 con la merchant statunitense. Monti è comparso lo scorso anno al Tribunale di Trani come testimone dove è in corso un processo a carico proprio dei funzionari di Standard & Poor' s e Fitch chiamati a rispondere proprio per i declassamenti inflitti al nostro Paese in quel periodo, ritenuti ingiusti da molti esperti.

Ad annunciare la richiesta della Corte dei Conti, che propone a Morgan Stanley una transazione amichevole con la restituzione di 2,9 miliardi di euro, non sono i magistrati contabili. Ne dà conto la merchant americana nella relazione trimestrale dove si legge, riferisce l' agenzia Reuters, che la quantificazione del danno erariale è stata ricevuta l' 11 luglio scorso. La Corte dei Conti è dell' idea che almeno alcune delle operazioni in derivati fossero «improprie», così come la loro chiusura.

Secondo il Tesoro, la posizione con Morgan Stanley era unica e non esistono altri accordi che contemplino simili clausole di estinzione complessiva.

Secondo i calcoli dell' Eurostat, tra 2012 e 2015 i derivati hanno avuto un impatto negativo sul bilancio pubblico per 21 miliardi. Complessivamente il valore nominale dei contratti derivati stipulati dal Tesoro per coprirsi dagli sbalzi sui tassi del nostro debito pubblico, ammontano a 163 miliardi di euro.

Morgan Stanley respinge la ricostruzione della Corte dei Conti che giudica «improprie» alcune delle operazioni in derivati, così come la loro chiusura. «Riteniamo questa proposta di transazione priva di basi e ci difenderemo con vigore», fa sapere un portavoce della merchant newyorkese citato dalla Reuters che insiste sulla validità della clausola unilaterale definita tecnicamente Additional termination events: se il Tesoro fosse stato esposto oltre un certo livello al rischio determinato dal rating, la banca americana avrebbe potuto pretendere la chiusura anticipata del portafoglio. In realtà il contratto contestato prevedeva che l' Italia avrebbe potuto scongiurare il rimborso anticipato offrendo una garanzia collaterale sotto forma di titoli di Stato o contante. Una possibilità scartata dal Tesoro perché avrebbe fatto crescere il deficit.

Che al contrario si voleva schiacciare per farsi trovare pronti all' appuntamento con l' euro. Nel 1993, l' anno precedente all' apertura dei derivati, era entrato in vigore il trattato di Maastricht che imponeva ai Paesi contraenti vincoli di bilancio stringenti, a cominciare dal rapporto deficit-Pil non superiore al 3% e debito entro il 60%.

A parere della Corte dei Conti i derivati sarebbero stati «non idonei» a stabilizzare il debito e il Tesoro non avrebbe dovuto stipularli. Dunque sarebbe nulla anche la clausola capestro fatta valere dagli americani. Soprattutto se si considerano gli incroci societari che legano Morgan Stanley a Standard & Poor' s e che possono configurare, vista la successione di eventi che portarono alla restituzione anticipata dei 2,9 miliardi, un conflitto d' interessi.

La tranche di derivati al centro della disputa risale al periodo in cui ministro del Tesoro era dapprima Piero Barucci con Carlo Azelio Ciampi a Palazzo Chigi e poi Lamberto Dini, con Berlusconi premier. Alla direzione generale del ministero del Tesoro si trovava niente meno che Mario Draghi.

Vittorio Feltri, mannaia sui buonisti: "L'accoglienza ci fa fare questa fine"

Vittorio Feltri, mannaia sui buonisti: "L'accoglienza ci farà fare questa fine"


di Vittorio Feltri



Si accorgono adesso i signori progressisti e molti signori cattolici, e lo fanno con notevole ritardo, che la teoria dell' accoglienza è sbagliata, anzi dannosa. Il buonismo imperante ha indotto vari nostri governi a spalancare le porte agli stranieri e il risultato è che in Italia sono arrivati tutti: gente disperata, affamata e forse meritevole di essere soccorsa, ma anche fior di delinquenti con l' attitudine a garantirsi la sopravvivenza pascolando sui terreni della criminalità, magari aggregandosi agli eserciti occulti del terrorismo.

L' immigrazione indiscriminata in sostanza sarebbe (è) causa di guai ancor maggiori rispetto al disordine pubblico che essa provoca nelle nostre città invase da sbandati cui non sempre siamo in grado di assicurare vitto e alloggi decenti.

L' esperienza ci ha insegnato che quando in un Paese sbarcano pressoché quotidianamente migliaia di sconosciuti , provenienti da zone disastrate del mondo, il rischio di ospitare una cospicua percentuale di malviventi è assai alto. In effetti, è un dato di fatto che dalle nostre parti abbondino ormai personaggi che spesso si rivelano in qualche modo legati all' Isis e a similari organizzazioni violente. Questo dovrebbe almeno farci riflettere, e alcuni - in numero crescente - hanno riflettuto e cominciano a ricredersi sulla accoglienza che fino a ieri avevano considerato indispensabile. Di sicuro, allorché giunge sulla penisola una folla di disgraziati (tra cui bambini e povere donne), è facile commuoversi e intenerirsi. Lo spirito umanitario è nel dna degli italiani. Quando però verifichiamo che tra coloro che salviamo (malamente o no) abbondano islamisti o farabutti generici che ambiscono ad annientarci, non possiamo essere contenti e dobbiamo cambiare idea: il buonismo - ci rendiamo conto - fa rima con l' autolesionismo. Primum vivere. Ecco perché occorre accantonare la teoria dell' accoglienza e adottare una politica che preveda il respingimento delle navi stracolme di profughi, per usare un termine gentile.

Certamente, accettare chiunque ci chieda di essere assimilato alla nostra comunità è facile e ci fa sentire generosi, ottimi cristiani ubbidienti a papa Bergoglio, ma quando valutiamo le conseguenze di ciò bisogna ammettere che è una follia non stringere le corde. E, sia pure con la morte nel cuore, siamo obbligati a difendere la patria da una invasione che minaccia non soltanto la nostra identità, ma la quiete o addirittura l' esistenza del popolo. Se insistiamo con la politica del «tutti dentro» perché dove si mangia in cento si mangia anche in duecento, faremo una brutta fine. Nel senso che, non distinguendo i buoni dai cattivi, saremo dominati dai peggiori che mirano a farci fuori. In altri termini, se daremo ancora spazio a cani e porci, prima o poi o diventeremo noi stessi cani o porci, oppure ne saremo sbranati, massacrati, sgozzati.

Chi non si protegge dai prepotenti (specialmente se armati e privi di scrupoli) è fatale che ne sia vittima. La buffonata dell' accoglienza tout court va stroncata, cari buonisti. Toglietevi dai piedi a lasciateci lavorare anche per il bene vostro, fessi che non siete altro.

venerdì 5 agosto 2016

Caivano (Na): Daniele aveva previsto tutto Monopoli ha messo KO il Paese

Caivano (Na): Daniele aveva previsto tutto Monopoli ha messo in ginocchio il Paese


di Angela Bechis

Gaetano Daniele
Amministratore il Notiziario sul web

Lei aveva previsto tutto, Monopoli ha ritirato le dimissioni, perchè l'ha fatto?

Non ho mai creduto alle dimissioni di Monopoli. Gli interessi sono troppi. Chi secondo lei, di questi tempi, rinuncia ad uno stipendio di tremila euro al mese? 

Ma la politica non è un mestiere. 

Lo so. Ma lo stipendio a fine mese lo rende un lavoro. Tolga gli emolumenti e vediamo quanti politici investono in campagne elettorali. Hanno anche bocciato la proposta avanzata dal Movimento Caivano, e cioè quella di ridursi gli emolumenti del 50%.

Ma un politico serio bada al Paese non allo stipendio. 

Appunto, un politico serio non antepone mai l'interesse politico alle esigenze del Paese. Un politico serio in meno di un anno non litiga con tutti, maggioranza e opposizione. Mi spiego meglio onde evitare querele, Monopoli è di penna facile, da indiscrezioni pare abbia querelato anche diversi esponenti politici, quindi, cerco di sintetizzare meglio il mio concetto. Monopoli, persona perbene ed onesta, politicamente incapace. Ecco, ho stretto il più possibile. 

Perchè incapace politicamente?

Si è professato con un hashtag: Tuttaunaltrastoria, e in meno di un anno, e questo non lo dico io, ha litigato con 11 consiglieri della sua stessa maggioranza, se vuole glieli elenco: Fusco, Ponticelli, Buonfiglio, Mellone, Frezza, Padricelli, Riccio, Falco, Marzano, Perrotta e non so se mi sfugge qualcuno. Per non parlare della vecchia Giunta. Con quelli di Forza Italia, il suo partito di riferimento, da indiscrezioni, pare sia stata registrata anche una querela, devo continuare?

Perchè Monopoli litiga con tutti?

Non lo so. Questo bisognerebbe chiederlo a lui. Io ad esempio da ragazzo, quando non amavo fare una cosa e la facevo contro voglia, spesso e volentieri mi capitava di litigare con tutti. Forse perchè non è portato per fare il Sindaco? Non so rispondere a questa domanda. Fatto inconfutabile è che ci litiga. 

Monopoli oggi ha ritirato le dimissioni, ha ricompattato la maggioranza? 

Assolutamente no, anzi, ne è uscito più sconfitto di prima. La Lista Civica La Svolta e un consigliere comunale di Forza Italia, non hanno firmato. Significa che Monopoli ha ritirato le dimissioni senza una maggioranza netta, rischiando davvero di aver rimandato il problema solo di qualche mese. Di solito un Sindaco prima di ritirare le dimissioni bada bene al numero legale, anzi, il ritiro delle dimissioni devono essere uno sprono a ripartire più compatti di prima. Monopoli riparte più sconfitto di prima. Questo è un segno evidentissimo che a Monopoli non interessa poi tanto il Paese. 

Perchè i consiglieri Falco e Marzano hanno ripensato, ritrattato?

Anche questo bisognerebbe chiederlo a loro. Evidentemente avranno trovato una quadra. La politica è fatta anche di accordi. Evidentemente li avrà accontentati. Il problema però è un altro, e se domani la storia si ripete? cosa succede, Falco e Marzano passano nuovamente all'attacco? Di solito si dice che il buongiorno di vede dal mattino, io personalmente a quelle condizioni dove il sindaco non ha ricompattato una maggioranza omogenea, non avrei mai firmato quel documento, nell'interesse del mio Paese. 

Durerà?

Assolutamente no. Come potrebbe. Monopoli pretende troppo dai suoi alleati. Ha formato una Giunta tutta espressione sua. Ha fatto una rotazione di funzionari accontentando solo una piccola parte di maggioranza, ora dovrà accontentare politicamente Falco e Marzano. Insomma, ha fatto tutto lui, e fino a stamattina credeva ancora di riuscirci. 

Quindi cadrà? 

A malincuore non vedo solidità in questa maggioranza. Lo dicono i numeri. Monopoli dovrà fare la scorta di pannoloni, perchè ad ogni mal di pancia di chi oggi non ha firmato, dovrà farsi trovare pronto, e se nel frattempo qualche consigliere cresce e toglie il pannolone, Monopoli andrà in dissenteria. Ovviamente, mi scuso per il gioco di parole, e per le espressioni forse un po forti, ma questo dei numeri è un dato di fatto, ripeto, non lo dico io. 

A proposito di Impianti. 

Ora che Monopoli ha ritirato le dimissioni, inizi a spiegare ai caivanesi cosa si dovrà insediare all'interno dello STIR. 

A cosa si riferisce?

Al nuovo impianto per il trattamento dei rifiuti che dovrà essere costruito all'interno dello STIR.

Caivano (Na): Come volevasi dimostrare Monopoli ritira le dimissioni

Caivano (Na): Come volevasi dimostrare Avevamo ragione Monopoli ha ritirato le dimissioni Monopoli peggio di Falco


di Gaetano Daniele



Come volevasi dimostrare. Simone Monopoli ha ritirato le dimissioni allo scadere dei 20 giorni. Avevamo ragione. In tempi non sospetti etichettammo le dimissioni del Sindaco Monopoli, dimissioni politiche, quindi dimissioni farsa. Monopoli peggio dei suoi predecessori. Secondo quanto dichiarato e protocollato, Monopoli, ritira le dimissioni per senso di responsabilità, si, senso di responsabilità e non per paure delle urne. Così dichiara nella sua missiva al protocollo generale. Dichiarazioni che assomigliano a quelle che pubblicò l'ex Sindaco di Caivano Tonino Falco nella passata consiliatura. Ricordiamo che è stato fondamentale il supporto di Domenico Falco di Noi Insieme (ex Idea Nuova) e dell'Ex forzista Angelo Marzano. Quindi pace fatta. Ma quanto durerà?

I consiglieri a favore del sindaco nel civico consesso sono ora 12, compreso il presidente del consiglio Raffaele Del Gaudio, e solo il voto di Monopoli, componente dell’assemblea, gli consentirà di andare avanti. Infatti, il consigliere Lorenzo Frezza (Forza Italia), da tempo dissidente, non ha firmato il documento proposto dalla maggioranza.

La minoranza adesso ha 7 consiglieri fra Pd, Udc e Liberi Cittadini, i 3 de La Svolta e il socialista Giamante, ben 11 unità. Insomma, il sindaco sarà sempre appeso ad un filo. 

Fbi, il blitz anti-mafia, 46 arrestati Erano il terrore di NY: cosa facevano

Blitz anti-mafia: 46 arresti. Erano il terrore di NY



L’Fbi ha arrestato ieri mattina a New York 40 affiliati alle famiglie di Cosa Nostra Genovese, Gambino, Lucchese e Bonanno. Lo rende noto il Federal Bureau su Twitter. Secondo quanto riporta il New York Post, l’operazione è stata condotta in cinque Stati. Tra gli arrestati, che sono in tutto 46, vi è anche il boss di Filadelfia, Joseph Merlino, fermato nella sua residenza estiva in Florida. Il blitz è scattato all’alba negli Stati di New York, in New Jersey, Florida, Massachusetts e Connecticut. Le accuse sono di estorsione, usura, traffico d’armi, contrabbando, frode assicurativa sanitaria. La maggior parte delle attività criminali orbitavano intorno a New York City. Soprannominato East Coast LCN Enterprise, il gruppo portava avanti lo schema per arricchire i membri e i capi delle varie famiglie con violenza ed estorsione, incendio doloso, racket, vendita illegale di armi da fuoco e gestione illecita di saloni di gioco d’azzardo. Alcuni degli affiliati citati nell’atto di accusa hanno soprannomi significativi, spiega il New York Post, come Nicholas Nicky la Parrucca Vuolo, Anthony ’noy lo storpio Cassetta, John rimorchiatore Togino e Eugene Gallo Onofrio. Rischiano una pena fino a 20 anni di carcere.