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domenica 26 giugno 2016

"Disintegrazione Ue irreversibile A lasciarci le penne sarà l'Italia"

Il guru Soros dopo la Brexit: "Disintegrazione Ue irreversibile, pagherà l'Italia"



"Lo scenario catastrofico che molti temevano si è materializzato, rendendo la disintegrazione dell'Unione Europea praticamente irreversibile". A dirlo è l'americano George Soros, 85 anni, tra i più potenti e famosi finanzieri al mondo. Come scrive Fubini sul Corriere della Sera, la sua "profezia" sulle conseguenze della Brexit, lanciata con un commento sul portale Project Syndicate, è tanto più inquietante perché lo stesso Soros nel 1992 aveva previsto la crisi di Lira e Sterlina. Le scorse settimane, intuendo una nuova fase si instabilità sui mercati finanziari, il suo fondo di investimento ha puntato tutto sul bene-rifugio dell'oro, vincendo. 

Italia anello debole - "I mercati finanziari in tutto il mondo resteranno probabilmente in agitazione fino a quando il complicato processo di divorzio politico ed economico dalla Ue non sarà negoziato. Le conseguenze per l'economia reale saranno comparabili solo alla crisi finanziaria del 2007-08", spiega. E le conseguenze peggiori saranno, giura, per l'area Euro e per uno dei suoi anelli deboli, l'Italia. "Le tensioni fra gli Stati membri hanno raggiunto il punto di rottura non solo sui rifugiati ma anche come risultato delle tensioni eccezionali tra Paesi debitori e creditori". "In Italia - conclude - la caduta del 10% del mercato azionario in seguito al voto sulla Brexit segnala chiaramente la vulnerabilità del Paese a una crisi bancaria conclamata, che potrebbe portare al potere il movimento populista 5 Stelle già l'anno prossimo". 

Le riforme impossibili - La salvezza? "Un serio programma di riforme dell'area euro, una reale unione bancaria, una limitata unione di bilancio e meccanismo molto più forti di delega e responsabilità democratiche. E il tempo non è dalla parte dell'UEuropa":

sabato 25 giugno 2016

Ecco i candidati al "Premio Stalin" "Vecchi", "ignoranti" e pure "nazisti"

I sette candidati al "Premio Stalin": "Vecchi", "ignoranti" e pure "nazisti"



Evviva la democrazia, ma mica sempre. Quanto è bello il referendum, ma soltanto se vince il Bene (o meglio, quello che per loro è il Bene). Già, perché se poi le urne dicono "Brexit", dall'elogio della democrazia si passa all'insulto del (presunto) colpevole. Il Regno Unito si stacca dalla Ue e l'intellighenzia tricolore (sinistrorsa, ma non solo) punta il dito: contro i "vecchi", gli "ignoranti", i "campagnoli" inglesi. Si leggono autorevoli commenti e si respira quell'odiosissima idea al caviale secondo la quale il diritto di voto dovrebbe essere esclusiva di chi è degno. E quelli degni, va da sé, sono loro. Mica il vecchio zotico e ignorantone di Peterbourough. Roba da dittatori (illuminati, direbbero loro). Roba da Stalin, per dirla pane al pane.

Ed è sulla base di queste brevi linee guida che, tra i vari, vi proponiamo i brani di alcune autorevoli riflessioni secondo le quali, in buona sostanza, la vittoria del "leave" è il frutto di una qualche forma di aberrazione: ignoranza, populismo, idiozia, vecchiaia (da intendersi nella più spregevole delle accezioni). A voi il compito di scegliere quale, tra questi estratti, debba essere insignito dal neonato - oggi, sabato 25 giugno - "Premio Stalin".

La rassegna comincia da quanto scritto da uno dei leader maximi del politicamente correttissimo, che curiosamente oggi si ritrova ad insultare la terza età (alla quale non appartiene, ma ancora per poco). Lui è Beppe Severgnini, che sul Corriere della Sera verga una paginata di raro livore nei confronti di chi ha detto Brexit. Scrive ciuffo bianco: "La Decrepita Alleanza ha vinto. Ha preferito il passato al futuro, i ricordi ai sogni, l'illusione al buon senso". Registriamo la definizione di "Decrepita Alleanza", ovvero la maggioranza del Regno Unito, bene ricordarlo, e chiudiamo qui l'analisi dell'articolo (si ricorda al lettore: per ogni articolo viene proposta soltanto una, emblematica, "sentenza").

Non poteva mancare Ezio Mauro, il fu direttore di Repubblica, il quale sempre su Repubblica ci spiega che "in un senso più generale, (il referendum, ndr) è un'altra prova di abdicazione della politica organizzata nella sua forma storica tradizionale, che oggi rinuncia ad assumersi i suoi rischi e ricorre al popolo per rincorrere in realtà il populismo che la sta mangiando a morsi e bocconi". Elegante, certo, il direttore. Ma la possibilità che ci siano valide ragioni dietro al leave, insomma, non lo sfiora neppure. Il Male è Male. E cosa sia il male lo decide lui.

Poi Eugenio Scalfari, che dalle colonne del medesimo quotidiano fa concorrenza a Mauro, mettendoci in guardia dai rischi. "Il Brexit è una bomba a orologeria: distrugge l'Inghilterra, mobilita i Paesi fuori dalla moneta unica a rivendicare la propria indipendenza, mobilita i populismi dovunque, eccetto lo scontro americano tra i repubblicani di Trump e i democratici della Clinton. Peggio di così era difficile immaginare". Barbapapà, se ne deduce, ha già scritto la storia: Inghilterra distrutta, assi transnazionali per combattere Bruxelles e - soprattutto - il dominio dell'onnipresente populismo, titillato, scatenato e portato nella stanza dei bottoni. Figuarsi: uscire dall'Europa, per Scalfari, può essere soltanto populismo.

A sorpresa, ammettiamolo, nella rassegna ci entra anche Alessandro Sallusti, il quale un po sprezzante scrive su Il Giornale: "I conti sono presto fatti: un milione di agricoltori e operai, probabilmente già in pensione, dalle campagne inglesi ha condizionato per sempre la vita di 600 milioni di cittadini europei e la storia di un continente". Maledetti agricoltori, maledetti operai, maledetti pensionati e maledetti campagnoli. O no?

Nel "dagli al vecchietto" si fa poi notare una delle prime frasi dell'editoriale di Sofia Ventura, su Il Giorno, la quale sorniona sottolinea: ""Probabilmente, pochi tra coloro che hanno votato per il leave saprebbero spiegare perché ora dovrebbero stare meglio, ma tutti probabilmente hanno avvertito che dentro l'Ue si è più esposti ai pericoli di un mondo globalizzato. Così pare abbiano pensato in particolare i più anziani". Sarà malizioso lo scrivente, ma sembra di subodorare un po' di malizia anche in questa scrittura, nello specifico quando si riflette sull'anziano. Povero vecchietto rimbambito: ha votato "leave" e neppure lui sa perché.

Ma il peggio "del caviale" deve ancora arrivare. Ed eccola, dunque, la prima parte di questo "peggio". Si parte da Roberto Saviano, che ha il tic del nazismo, e su Facebook si produce in questa intemerata fuori da ogni logica, confine e continenza. "Brexit: ha vinto il Popolo. Me lo ricordo il Popolo, nel 1938, acclamare Hitler e Mussolini a Roma affacciati insieme al balcone di Piazza Venezia. Me lo ricordo il Popolo inebriato, esaltato, per la dichiarazione di guerra"...e via dicendo, in un crescendo di "me lo ricordo" tutti nazismo e fascismo con i quali ci ricorda come il popolino tifò dittatura. Questa maledetta Brexit, per signor Gomorra, è roba quasi da nazisti. Il referendum esercizio democratico? No, imposizione fascistoide.

Infine, last but not the least, la seconda parte di questo "peggio". Non si vuole influenzare il lettore nell'assegnazione del Premio Stalin, ma questo peggio assomiglia assai al peggio del peggio: Massimo Gramellini, e chi sennò? Il trionfo del luogo comune è subito servito, in un discutibilissimo esercizio di superiorità morale: "Gli anziani, i meno istruiti e gli inglesi di provincia (hanno votato, ndr) per andarsene. La prova evidente che si è trattato di una scelta di paura, determinata da persone che, non avendo strumenti conoscitivi adeguati, hanno fatto prevalere la pancia sulla testa e la bile sul cuore". Quando si legge "strumenti conoscitivi" i peli si rizzano sulle braccia, vero? Ma d'altronde, Gramellini è così: anche lui il mondo lo divide tra chi è Bene e chi invece è Male, senza porsi dubbi, soltanto vergando insulti. E tra chi è il Male, per la firma de La Stampa, c'è "la vecchietta di Bristol" per la quale "l'Europa è il migrante nigeriano che attraversa la Manica per togliere il lavoro al figlio inglese della sua vicina". Povero lui. Poveri loro.

Ennio Doris, la Brexit e quella sua verità: "Cosa accadrà ai mercati tra pochi giorni"

Ennio Doris, la Brexit e una profezia... "Cosa accadrà ai mercati tra pochi giorni"



Ennio Doris non è stupito dal risultato sul referendum in Gran Bretagna e vede Brexit come una occasione. In una intervista a il Giornale, il patron di Mediolanum premette: "Noi abbiamo con i clienti una strategia di investimento di lungo termine, nella quale ogni fluttuazione dei mercati, più o meno violenta, viene assorbita e, anzi, diventa un opportunità. Così facciamo in modo che i fatti imprevisti come questo siano già contenuti nelle soluzioni che proponiamo".

E Brexit è meno grave di quel che sembra: "In questo referendum hanno esagerato tutti", spiega Doris, "Guardiamo le previsioni fatte quando il Regno Unito decise di stare fuori dall'euro", "si diceva che Londra avrebbe perso il primato sui mercati finanziari. Cosa è successo? Esattamente il contrario. Allora io dico che non solo le dichiarazioni sulle conseguenze della Brexit erano esagerate, ma che erano anche, in grandissima parte, sbagliate".

La Gran Bretagna seguirà "il modello Norvegia, Paese già oggi fuori da Ue e da euro, che però ha una serie di trattati con Bruxelles. Questo sarà il nuovo modello per i Paesi europei che non vogliono la Ue". "All'interno della Ue e dentro l'euro ci sono situazioni economiche diverse da quella tedesca" e "l'Europa dovrà mediare di più ed essere più attenta. Se lo farà, la Brexit, sarà servita a qualcosa. Viceversa il contagio sarà sempre più forte"

Diocesi di Aversa Parte l’Operazione per il recupero della Chiesa di San Domenico

Martedì 28 giugno, l’associazione “I Normann” presenta l’iniziativa per la riapertura del monumento a 36 anni dal terremoto


a cura di Gaetano Daniele



Parte l’Operazione San Domenico, l’ambizioso progetto di restituire alla città di Aversa la Chiesa di San Domenico a trentasei anni dalla sua chiusura, resa necessaria dal sisma del 1980.

L’iniziativa, a cura dell’associazione cittadina “I Normann”, sarà ufficialmente presentata martedì 28 giugno 2016 alle ore 17:00 presso la sala Guitmondo del Seminario Vescovile di Aversa. Prevista la presenza di S. E. Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa e tra i principali fautori  di questa iniziativa, unitamente a tutti coloro che stanno sostenendo questo ambizioso progetto. Interverranno inoltre Domenico De Cristofaro, Sindaco di Aversa; Mons. Ernesto Rascato, Delegato Regionale dei Beni Culturali Ecclesiastici; Mons. Clemente Petrillo, Parroco della Cattadrale e Padre Spirituale dell'Arciconfraternita del SS. Rosario in Aversa (che ha sede nella stessa Chiesa di San Domenico); l’Architetto Salvatore Buonomo, Soprintendente Belle Arti e Paesaggio per le province di Caserta e Benevento. Saranno presenti Autorità Civili e Militari.

Questo progetto, che ha come fine il recupero di un monumento capolavoro del Barocco presente nella città di Aversa, viene condiviso da “I Normann” con altre realtà associative presenti nel territorio cittadino, come il Rotary Club Aversa Terra Normanna, il Lions Club Aversa Città Normanna, l’associazione Aversa Donna, la sezione Fidapa di Aversa. A queste realtà si aggiungeranno sicuramente altri importanti sodalizi socio-culturali aversani.

EUROPA, CAMBIA LA MAPPA Brexit, secessioni, nuovi Stati Attenti: c'è pure una "guerra"

La Brexit cambia la mappa d'Europa: secessioni, paesi riuniti e colonie "rubate"



Un terremoto politico, culturale, economico. E forse anche geografico. L'onda lunga della Brexit rischia di abbattersi anche sulla "mappa" d'Europa, ridisegnandone confini e creando nuove frizioni territoriali.

Secessione in Scozia - Il primo caso, quasi automatico, si aprirà dentro la stessa Gran Bretagna. I primi a protestare per la vittoria del "Leave" sono state Scozia e Irlanda del Nord. Non è un caso: in questi anni dentro l'Unione europea hanno goduto di decine di milioni di euro di fondi strutturali da Bruxelles cui nei prossimi 2 anni dovranno dire addio. Un disastro in termini di crescita e sviluppo. Un paradosso: la Scozia che qualche mese fa ha votato no al referendum sulla indipendenza, tra qualche tempo ci potrebbe riprovare ma con un obiettivo diverso: abbandonare la perfida Albione e tornare sotto l'ala protettiva di mamma Ue. 

"Irlanda unita" - L'Irlanda del Nord pensa a un passo ancora più clamoroso: un altro referendum, ma per riunificarsi con l'Irlanda. Protestanti e cattolici che per decenni si sono combattuti a suon di stragi e bombe e che ora hanno trovato un nemico comune, Londra. "Con l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue, l'Irlanda dovrebbe andare al voto per la propria riunificazione", ha suggerito Martin McGuinnes, vicepremier dell'Irlanda del Nord ma soprattutto storico leader dei nazionalisti dello Sinn Féein ed ex affiliato ai terroristi dell'Ira.

La voce dei bookmaker - Addirittura c'è chi come l'agenzia di bookmaker Paddy Power inizia a scommettere: la quota sul referendum per riunire l'Irlanda entro il 2020 è crollata da 8,00 a 4,00 nel giro di una notte, la vittoria si gioca a 5,5. Una nuova consultazione in Scozia entro il 2021 è una giocata da 1,44, con una vittoria degli indipendentisti a 1,60. 

"Londra indipendente" - Ci sono poi due casi che suonano quasi surreali. Nell'analisi dei voti, oltre a Scozia e Nord Irlanda, la roccaforte del "remain" si è rivelata la capitale Londra, cosmopolita e soprattutto centro nevralgico della finanza europea. Secondo l'autorevole giornale britannico Independent, nei prossimi giorni riprenderà piede una campagna già avviata per rendere indipendente la città, o perlomeno per conferirle uno status di autonomia in grado di rispedirla in qualche modo sotto l'ombrello dell'Ue. Fantapolitica, probabilmente, ma dà l'idea del caos che regna Oltremanica.

Gibilterra come le Falkland - Il secondo caso riguarda invece il Vecchio Continente. La Spagna ha subito allungato le mani su Gibilterra, territorio britannico oltremare nella penisola iberica dove il il 96% dei 30.000 cittadini ha votato "Remain". Dopo averla ceduta a Londra nel 700, ora Madrid per bocca del ministro degli Esteri José Manuel Garcia Margallo rivendica per l'enclave confinante con l'Andalusia la "sovranità condivisa": "La bandiera spagnola è vicina a sventolare sulla rocca, ma ciò non vuol dire che stia festeggiando per questa situazione". Una riedizione della contesa con l'Argentina per le Falkland-Malvinas. Senza fucili, si spera.

Fuori anche l'Italia? Cosa ci aspetta Date un'occhiata al documento-verità

Fuori anche l'Italia? Cosa ci aspetta Date un'occhiata al documento-verità



Ma cosa succederebbe in Italia se si votasse per uscire dall'Europa come è stato fatto in Gran Bretagna? Vincerebbe il sì o il no? Premettiamo che in Italia non è ammesso dalla Costituzione un referendum come quello inglese sulla brexit. Tuttavia, se per ipotesi fosse indetto, il 68 per cento degli italiani voterebbe a favore della permanenza dell'Italia nell'Unione Europea. Per l'uscita si esprimerebbe solo il 27 per cento. È il risultato di un sondaggio Ixè per Agorà (Raitre).

David Cameron, un premier finito Si dimette: "Serve un uomo nuovo" Chi lo sostituirà

Cameron, premier finito: "Mi dimetto, rispetto il popolo"



Chi esce demolito dalla vittoria del "sì" alla Brexit, oltre all'Unione europea, è il premier David Cameron, che ha immediatamente annunciato le sue dimissioni. Fu proprio Cameron ad indire il referendum con il quale il Regno Unito ha deciso di abbandonare la Ue, e fu proprio lui, soltanto una settimana fa, a spingere con toni drammatici per il "remain", per bocciare l'uscita insomma, sostenendo che in caso contrario, quello che poi è puntualmente accaduto, sarebbe stato "un disastro". Una sconfitta totale, per Cameron, il cui erede potrebbe essere (clamorosamente) quel Boris Johnson portabandiera del "leave" nonché ex sindaco di Londra sconfitto dal democratico Sadiq Khan, primo islamico alla guida della Capitale inglese.

Già prima dell'ufficialità della vittoria della Brexit, avevano iniziato a circolare le voci sulle possibili dimissioni di Cameron. Le voci, però, erano state improvvidamente smentite dal ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, il quale aveva spiegato: "Il Paese ha bisogno di  un senso di continuità e di stabilità e Cameron ha chiarito che  resterà". Pochi minuti dopo, invece, in una improvvisata conferenza stampa, il premier ha annunciato il passo indietro: "Ci dovrà essere un nuovo primo ministro eletto a ottobre".

Chi da subito ha cantato vittoria, invece, è Nigel Farage, leader dell'Ukip e del fronte pro-Brexit. All'inizio della notte, quando sondaggi ed opinion poll davano in vantaggio il "sì", si diceva che Farage fosse pronto alla resa. Con il passare delle ore, il ribaltone, l'addio a Bruxelles che lo spinge ad usare toni trionfalistici: "Ora potremmo cantare il nostro inno senza che Bruxelles ci dica che è sbagliato". E ancora: "È una vittoria della gente ordinaria, una vittoria della gente per bene. Abbiamo lottato contro le multinazionali, le grandi banche, le bugie, i grandi partiti, la corruzione e l'inganno". Ovviamente, da parte di Farage è arrivata l'immediata richiesta di dimissioni di Cameron.