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giovedì 23 giugno 2016

Renzi mollato, va sotto al Senato: È caos in aula, chi lo ha "tradito"

Renzi mollato da tutti: il governo va sotto al Senato, è caos. Chi ha "tradito"



Governo sotto al Senato su una ratifica che riguarda cinque accordi internazionali in materia di lotta al terrorismo. Secondo quanto viene riferito, sia il gruppo Ala di Denis Verdini che Area Popolare, al governo con Matteo Renzi, avrebbero votato con le opposizioni. Il governo è andato è stato battuto su un emendamento a firma del senatore azzurro Giacomo Caliendo. 

Seduta sospesa - Sono stati 9, secondo quanto si apprende, i senatori di Ap che hanno votato contro il governo, 15 invece gli esponenti di Area Popolare assenti, e due gli astenuti. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha sospeso la seduta.

Caivano (Na): Dissesto Finanziario Il Comune fallisce I cittadini bocciano Monopoli

Caivano (Na): Dissesto Finanziario Il Comune fallisce Il web boccia il Sindaco Simone Monopoli



di Gaetano Daniele



Che Satira Tira.....


Il 17 giungo scorso il Sindaco di Caivano Simone Monopoli mette la prima candelina al primo anno del suo mandato. Monopoli viene da una lunga esperienza politica. 10 anni di opposizione, di cui 5 anni (maggioranza) passati in consiglio Provinciale, governo Cesaro. 

Le conseguenze? “lacrime e sangue”, il dissesto non perdona. Il personale in esubero del Comune verrebbe dichiarato “in disponibilità”. E gli amministratori ritenuti responsabili rischierebbero l’ineleggibilità per cinque anni.

Il Comune di Caivano è davvero sull’orlo del fallimento, totale. Se ne parla solo ora, eppure Monopoli ha approvato il primo bilancio proprio nel 2015, dopo pochi mesi del suo mandato amministrativo. Non spetta certo a noi l’ultima parola, ma cercare di capire cosa potrà accadere al Comune di Caivano nei prossimi giorni è pressoché un obbligo. Il tutto è disciplinato dal Testo unico degli enti locali, che all’articolo 244 prevede che «si ha stato di dissesto finanziario se l’Ente, Comune o Provincia, non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell’Ente locale crediti di terzi cui non si possa fare validamente fronte né con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo straordinario riconoscimento del debito fuori bilancio». 

Un presupposto di base fondamentale, ribadito da una circolare ministeriale dell’aprile 2010 che fa un po’ di chiarezza su molti aspetti legati al dissesto finanziario, è che un Comune non può cessare di esistere come una qualsiasi azienda che fallisce. Ecco perché, per poter garantire la continuità amministrativa, la dichiarazione di dissesto crea una frattura tra il passato ed il futuro. Pertanto, tutto ciò che è relativo al pregresso, compresi i residui attivi e passivi non vincolati, viene estrapolato dal bilancio comunale e passato alla gestione straordinaria della liquidazione la quale ha competenza relativamente a tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati successivamente, anche con provvedimento giurisdizionale.

Con decreto del presidente della Repubblica viene nominato un apposito organo composto da tre membri e che si dedica esclusivamente al passato, presentando per l’approvazione ministeriale un piano di estinzione con il quale viene azzerata la situazione patologica che ha creato il dissesto, mentre l’ente con l’ipotesi di bilancio (che deve essere varata dal consiglio comunale) inizia, di fatto, una nuova vita finanziaria e amministrativa «sgombra del peso del passato - spiega il Ministero - e con un bilancio risanato e corrispondente a tutti i principi di una corretta ed efficiente amministrazione finanziaria». Monopoli quindi come Ponzio Pilato si è lavato le mani?. 

Viene sospesa la decorrenza degli interessi sui debiti e il blocco delle azioni esecutive. Ma soprattutto non è più previsto che lo Stato possa concorrere al finanziamento dei debiti pregressi tramite un mutuo ventennale o un contributo straordinario: il Comune deve uscire dalle secche con le proprie forze. E il tutto peserà solo ed esclusivamente sulle spalle dei cittadini caivanesi. 

L’ente dissestato, dunque, deve approvare un nuovo bilancio, vagliato dal Ministero dell’interno, basato sull’elevazione delle entrate al livello massimo consentito dalla legge, sul contrasto all’evasione e sul contenimento di tutte le spese. Altre misure da mettere in campo: l’alienazione del patrimonio disponibile non strettamente necessario all’esercizio delle funzioni istituzionali, la destinazione degli avanzi di amministrazione dei cinque anni a partire da quello del dissesto e delle entrate straordinarie, la contrazione di un mutuo a carico del proprio bilancio. Lo stesso Ministero chiarisce che «la dichiarazione del dissesto è, per precisa disposizione, un atto dovuto nel ricorrerne dei presupposti e l’unico strumento al fine di colmare immediatamente l’eventuale sperequazione dei contributi statali». Questo perché lo Stato assicura l’adeguamento dei contributi erariali alla media pro-capite della fascia demografica di appartenenza.

Entrando nel dettaglio, nella prima seduta successiva alla dichiarazione del dissesto e, comunque, entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera di dichiarazione del dissesto, il consiglio comunale deve deliberare, relativamente alle imposte e tasse locali di propria spettanza, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. Viene esclusa la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per la quale è prevista la determinazione delle tariffe con provvedimento da adottare annualmente sulla base dei costi di gestione del servizio. E ancora: l’ente è tenuto ad effettuare una rigorosa rivisitazione delle spese, procedendo preliminarmente alla riorganizzazione dei servizi con criteri di efficienza, eliminando sprechi, inefficienze, diseconomie. Quindi, deve rivedere le dotazioni finanziarie eliminando o, quantomeno riducendo, ogni previsione di spesa che non abbia per fine l’esercizio di servizi pubblici indispensabili. L’ente dovrà poi verificare accuratamente la situazione economico-finanziaria degli enti, istituzioni e organismi dipendenti, nonché delle aziende speciali, adottando i provvedimenti necessari per l’eventuale relativo risanamento.

“Lacrime e sangue” anche per le spese del personale: l’ente è obbligato a rideterminare la dotazione organica, dichiarando in eccesso e collocando in disponibilità il personale comunque in servizio che risulti in soprannumero rispetto al rapporto medio dipendenti-popolazione, fermo restando l’obbligo di accertare le compatibilità di bilancio. L’altro obbligo in materia di spesa di personale, ricorda il Ministero nella sua circolare di un anno e mezzo fa, è quello di ridurre la spesa per il personale a tempo determinato a non oltre il 50 per cento della spesa media sostenuta per l’ultimo triennio antecedente l’anno cui si riferisce l’ipotesi di bilancio. Per quanto riguarda i debiti, i Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni possano ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

Restano due domande da soddisfare: Cosa succede agli amministratori responsabili dello sfascio? Prima risposta: nel caso in cui dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo (la Corte dei Conti) venga a conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni. Se ci sono le condizioni, la Corte assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine, la Corte nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello stato di dissesto. La seconda risposta arriva dall’art. 248 del Testo unico: «Gli amministratori degli enti locali che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile».

In definitiva, dissesto è sinonimo di disastro? Di certo non è una buona circostanza, ma il Ministero dà una chiave di lettura fondamentale: «Dalle risultanze ispettive si è evidenziata la presenza di dissesti non dichiarati che alla fine producono conseguenze ancora più gravi in quanto se la crisi finanziaria viene dichiarata in tempi fisiologici, c’è la possibilità, con uno sforzo congiunto, di ottenere un vero risanamento. Se questo non accade, l’uscita della crisi diventa un’operazione impossibile da raggiungere soltanto con azioni a livello locale e, di conseguenza, diventa necessario un intervento a livello centrale». A che punto siamo noi?

Certo è, che appresa la notizia del dissesto finanziario, i cittadini di Caivano hanno subito bocciato Monopoli, a rivelarlo è il sito web ilgiornaledicaivano.it che decreta questo sondaggio: 

17 giugno, un anno di Simone Monopoli. Come valutate il lavoro del primo cittadino dopo 12 mesi di mandato?

Peggio dei sindaci precedenti (chebruttastoria) (60%, 26 voti)

Non è cambiato nulla (sempastessastoria) (23%, 10 Voti)

Meglio dei sindaci precedenti (tuttaunaltrastoria) (16%, 7 Voti)

Caivano (Na): Siamo in una “Buttol” di ferro!

Caivano (Na): Siamo in una “Buttol” di ferro!


di Mario Abenante
minformo.com



Caivano, il sindaco Monopoli: “Siamo riusciti dove nessuno è riuscito mai”.

Nel consiglio comunale tenuto lo scorso Sabato, così si espresso il primo cittadino caivanese, vantandosi del fatto che finora la raccolta rifiuti è sempre andata avanti a forza di proroghe illegittime verso la ditta Buttol srl.

E’ vero il nostro esimio sindaco è riuscito davvero a superare e a superarsi, infatti grazie alla sua tanto decantata gara europea quinquennale di 26 milioni di euro è stato in grado di offrire una “proroga” di ben 5 anni sempre alla stessa azienda, perché la vincitrice della gara sui rifiuti è stata proprio quella ditta a cui venivano riconosciute proroghe illegittime e che causava enormi disservizi sul territorio caivanese, ma allora, si domanderanno i caivanesi, che cosa c’è da vantarsi e da reclamizzare?

Un sindaco che sappia davvero governare, dovrebbe sapere che questi tipi di gara sono dette gare di “cartello” e che per uno strano motivo, ad esse, si presenta sempre un numero massimo di tre aziende, di cui due non possiedono i requisiti richiesti, proprio perché in un mondo molto sommerso, evidentemente, esistono delle regole non scritte che stabiliscono zone e meriti sui vari territori, deve essere per forza così, se no, non si spiegherebbe il fatto che ad una gara aperta a tutte le aziende d’Europa si finisca sempre col competere con poche ditte corregionali prive di requisiti.

Un sindaco che davvero avesse avuto a cuore le sorti della propria comunità, avrebbe impedito, anche a costo della propria vita, che si verificasse tutto questo, ma ciò non ha fatto e ha consentito anche cose peggiori, come ad esempio affidare la redazione di un capitolato d’appalto ad uno studio legale esterno (sperperando 20.000€ di soldi pubblici) e ha consentito la nomina di una commissione giudicatrice esterna, composta da 5 tecnici di cui 4 esterni, che ha deciso chi dovesse vincere la gara sui rifiuti (altri soldi pubblici sprecati), insomma ha consentito, deciso e sprecato, tutto per stabilire quello che un sindaco perspicace avesse dovuto già sapere.

Allora io da caivanese stanco e non stupido chiedo al nostro “bravo” sindaco:

Quale cambiamento, o quale miglioramento ci sarà sul servizio raccolta, spazzamento, falciamento e pulizie caditoie?

Dove sono le divise nuove e i camion della raccolta di nuova immatricolazione come previsto da capitolato d’appalto?

Chi è preposto al controllo del rispetto del capitolato d’appalto?

Se, per ovvi motivi, un controllo del rispetto del capitolato non ci deve essere, che bisogno c’era di redigerne un altro?

Per quanto riguarda il territorio caivanese, è fin troppo evidente che la questione non è la bravura di un sindaco ma il coraggio, e mi consenta Dr. Monopoli, lei questa virtù non la possiede.

Doping, Alex Schwazer ci ricasca: controllo a sorpresa, trovato positivo

Doping, Alex Schwazer ci ricasca: trovato positivo



Alex Schwazer è risultato nuovamente positivo al doping. Il marciatore, già squalificato per Epo prima delle Olimpiadi di Londra 2012 e tornato a gareggiare lo scorso maggio dopo avere scontato la squalifica, è stato trovato positivo in un controllo antidoping a sorpresa effettuato dalla Iaaf, la federazione internazionale di atletica, il 1° gennaio scorso a Vipiteno. Schwazer sarebbe risultato positivo a steroidi anabolizzanti e la sua partecipazione alle prossime Olimpiadi di Rio è ora fortemente a rischio. La sua positività è stata comunicata nella tarda serata di ieri alla Fidal, la federazione italiana di atletica.

Il presidente della Fidal, Alfio Giomi, commentando la notizia della presunta nuova positività al doping del marciatore, ha detto: "Al momento sono sconvolto, stiamo cercando di capire". La campionessa azzurra e portabandiera di Rio, Federica Pellegrini dichiara: "Dispiace molto che ci sia ricascato, se si può dire così di una cosa fatta non volutamente". La nuotatrice, prima di entrare al Quirinale per ricevere il tricolore dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aggiunge: "Ovviamente ci sono grandi dubbi soprattutto da parte di noi atleti, però non mi voglio sbilanciare". 

"Vedremo nei prossimi giorni cosa succederà, perché la notizia è fresca e non sappiamo ancora se sia vero e quali sostanze siano state trovate. Prima di dare un parere, magari un pochino più pesante, aspettiamo - ripete la Pellegrini -. Oggi per la squadra olimpica c'è un clima di festa e non deve essere assolutamente intaccato da questa notizia. La notizia più importante è quella che oggi tutti quanti riceviamo il tricolore".

Studi odontoiatrici privati: "Requisiti minimi da rifare"

Studi odontoiatrici privati requisiti minimi da rifare



Delle due l’una: o l’intesa raggiunta nei giorni scorsi in Conferenza stato-regioni per definire i requisiti minimi per l’autorizzazione all’apertura ed all’esercizio delle strutture odontoiatriche non vale per gli studi odontoiatrici privati, o sarà spazzata via dai tribunali amministrativi o nella peggiore delle ipotesi dalla Consulta perché è illegittima. Lo afferma Stefano Colasanto segretario Associazione Italiana Odontoiatri di Roma, tra i principali artefici della normativa che nel Lazio dopo anni di carte bollate e procedimenti giudiziari verso i dentisti disciplina la materia in modo da sollevare i professionisti da indebiti adempimenti. «Ideate - così pare - per rendere più uniformi le norme regionali in materia, le nuove regole richiedono complessi requisiti strutturali generali, impiantistici ed organizzativi per lo studio odontoiatrico. Requisiti che regione per regione la faticosa trattativa dei sindacati con gli assessori stava per eliminare, nel segno della semplificazione perseguita da questo governo», spiega Colasanto. E in effetti, oltre ai requisiti anzidetti, molto dettagliati, per ottenere dalla Regione la possibilità di continuare ad esercitare l’odontoiatra - secondo la lettura data da voci del tavolo interregionale - dovrebbe poi produrre un faldone di dodici documenti tra cui: dichiarazione del titolare dello studio, planimetria scala 1:100, documento attestante il possesso dell’immobile, certificato di agibilità rilasciato dal Comune, relazione conformità messa a terra, piano di sicurezza per tipologia di struttura ed anche il certificato antimafia per le società. Un disastro. Colasanto peraltro non è del tutto convinto che la normativa sia applicabile. «In realtà il lavoro delle regioni com’è chiaramente scritto nelle premesse dell’atto mirava a definire i requisiti tecnologici strutturali ed organizzativi minimi per l’esercizio dell’attività odontoiatrica. In altre parole, questi requisiti minimi non parlavano di accreditamento. Già, perché una cosa è l’idoneità di uno studio privato di un professionista odontoiatra a produrre prestazioni odontoiatriche e un’altra è l’autorizzazione degli studi. Quest’ultima per la quale si fa esplicito riferimento agli articoli 8 bis e 8 ter della legge 502 novellati dalla riforma Bindi, attiene solo a strutture dove si fa chirurgia ambulatoriale o diagnostica invasiva, cioè attività ‘a rischio’ per il paziente. Attività quale appunto non è quella dell’odontoiatra. Tanto vero è quanto affermiamo che in altre parti dell’intesa si parla di autorizzazione-accreditamento, nel senso che la prima è propedeutica al riconoscimento di una struttura come presidio da convenzionare con il Servizio Sanitario Regionale. E tanto vero è tale assunto che l’autorizzazione è rilasciata dalla Regione!

Ci sono poi errori formali. «Almeno due, gravi. Il primo sta nella volontà di stravolgere con un atto regolamentare la legge Bindi, approvata dal Parlamento, che esenta le strutture odontoiatriche private dagli obblighi autorizzativi, secondo una visione riconosciuta dalle sentenze dei Tar, e dalle norme regionali che si sono succedute in queste anni (segnatamente Toscana e ora Lazio) che vanno nel senso della semplificazione. Il secondo sta nella richiesta di requisiti autorizzativi (antisismici, agibilità): dodici tipologie di documento che in genere l’odontoiatra ha già prodotto e che la Pubblica Amministrazione non può chiedergli due volte, lo dicono i Tar. Infine suona ben strano che siano colpiti solo gli odontoiatri e mai i medici». L’Associazione Italiana Odontoiatri fin dal 2011 ha chiesto al Ministero della Salute di entrare a far parte del tavolo dell’Intesa e di dare un suo parere perché non si facessero pasticci e non si vincolasse la professione burocraticamente. «La nostra associazione ha lottato in tutte le regioni per la semplificazione nel vincoli istituzionali del dentista e per la semplicità del suo rapporto fiduciario con i pazienti e ha ottenuto importanti vittorie nel senso della de burocratizzazione nel Lazio. Nel 2013 AIO nazionale chiesto alla Fnomceo e alla Commissione Albo Odontoiatri di poter dire la sua, di poter spiegare i rischi che si correvano a voler riscrivere le regole senza prima leggere i testi, esponendo alla burocrazia solo i dentisti che si intendevano preservare da chissà quale caos normativo (ora che il pericolo era passato grazie alle loro associazioni di categoria). Da ultimo,  lo scorso aprile abbiamo presentato un parere legale dove l'avvocato cassazionista Maria Maddalena Giungato ribadiva come le nuove complesse regole italiane intralcino anche la libertà di stabilimento di odontoiatri stranieri nel nostro paese e come la giurisprudenza dei Tar sconsigli un intervento ‘regolatorio’ che riporterebbe le lancette dell’orologio indietro agli anni Novanta. Dobbiamo purtroppo constatare che in nessuna fase la professione nelle sue componenti associative è stata interpellata sulla elaborazione del testo: per contro con strana urgenza è stato velocizzato negli ultime mesi l’iter di approvazione del documento, ‘passato’ con un blitz. E siamo a un documento che sembra andare nella direzione opposta rispetto all’obiettivo iniziale, apre una serie infinita di aspetti interpretativi che si tradurranno in ulteriori diversi comportamenti nelle varie regioni e confusione per i professionisti e gli organismi di controllo, sempre che gli esiti del referendum di ottobre non spazzino via tutto. In ogni caso - conclude Colasanto - AIO è pronta ad agire in tutte le sedi per rappresentare il diritto degli odontoiatri italiani a non essere penalizzati rispetto ad altri professionisti sanitari e rispetto ai loro colleghi stranieri. Perché non vinca l’Italia dei mille intralci e delle carte inutili su quanto di buono aveva fatto la professione per avvicinare un po’ di più le cure ai pazienti».

Vaccinazioni: facciamo chiarezza tra falsi miti e pregiudizi infondati

Vaccinazioni: facciamo chiarezza La parola all'esperto



Antonio Ferro
Responsabile Sito Web VaccinarSì

La vaccinazione rappresenta una delle più importanti scoperte scientifiche nella storia della medicina, e ha contribuito in modo fondamentale a incrementare la speranza di vita degli esseri umani. Ha inoltre avuto amplissima diffusione, e fin dall’inizio è stata oggetto di vivace dibattito tra sostenitori del suo effetto positivo e oppositori che si servivano di motivazioni di carattere ideologico, come il rifiuto dell’autorità che ne raccomandava l’utilizzo. 

L’evoluzione della scienza medica ha nel tempo chiarito i meccanismi d’azione dei vaccini (la cui applicazione è avvenuta inizialmente su base empirica) e quindi molte delle ragioni della loro efficacia. D’altra parte, proprio il successo delle vaccinazioni può influire negativamente sulla loro accettazione da parte della popolazione, in quanto la diminuzione dell’incidenza delle malattie prevenibili diminuisce anche la percezione della loro gravità. 

La comunicazione in ambito vaccinale ha sempre avuto un ruolo cruciale per l’accettazione o meno delle pratiche vaccinali, ma in quest’ultimo decennio abbiamo vissuto un cambiamento radicale dei mezzi e delle strategie comunicative. Mi riferisco in particolare all’avvento di Internet e del Web che ha raddoppiato la velocità e la quantità delle informazioni che in pochi minuti letteralmente esplorano ogni più lontano angolo del globo. Infatti nel mondo occidentale internet rappresenta attualmente il principale mezzo di comunicazione: quasi il 30% della popolazione utilizza il computer almeno una volta al giorno per collegarsi ad internet (nel caso delle famiglie con almeno un figlio minorenne i valori salgono all’80%).

 La metà di questi utenti dichiara di utilizzare il web per cercare dati sanitari. Con il miglioramento nel corso dei decenni del livello culturale della popolazione, è infatti cambiato l’approccio a tematiche relative alla salute: oggi la maggior parte dei pazienti si informa in modo autonomo, consultando il medico solo in un secondo momento. Negli ultimi anni, inoltre, si è assistito a un notevole incremento nell’utilizzo delle internet device, con l’arricchimento dei contenuti e dei servizi offerti dal web, il miglioramento e la semplificazione delle modalità di navigazione, e il potenziamento delle prestazioni e dell’affidabilità nella trasmissione dei dati. 

Tuttavia, l’elevata disponibilità d’informazioni cozza con la qualità delle stesse che spesso sono inesatte e ingannevoli tant’è che l’online ha reso internet 'un vaso di Pandora post-moderno', ponendo il problema dell’autorevolezza dei contenuti, in particolare per quelli scientifici. Proprio in ambito vaccinale molte famiglie (specialmente giovani) si affidano alle informazioni diffuse su internet per le proprie scelte. Il dibattito sulle vaccinazioni è ampliamente presente anche nei social network, nei blog e nei forum, dove le mamme condividono dubbi e perplessità, e diffidenza dovuta al passaparola che dipinge le vaccinazioni come inutili e dannose. 

Tali piazze virtuali, per la loro struttura centrata sulla persona rappresentano un mezzo di comunicazione a forte impatto emotivo e quindi altamente persuasivo. La principale criticità informativa è costituita dai siti antivaccinazioni, che rappresentano il 35% delle fonti informative sul web quando si utilizzano le parole-chiave 'vaccino/i' e 'vaccinazione/i'. Attraverso argomentazioni a carattere pseudo-scientifico, o attraverso vere e proprie 'bufale mediatiche' questi siti catturano l’attenzione di persone e famiglie non necessariamente contrarie alle vaccinazioni, che cercano risposte in merito alla sicurezza, ai calendari vaccinali e ai nuovi vaccini. 

Tra gli elementi comuni a questi siti, ricorre la proposta di alcune tesi: 'le malattie prevenute dai vaccini sono scomparse per il semplice miglioramento delle condizioni igieniche'; 'le epidemie per queste malattie si verificano nonostante le vaccinazioni', 'i vaccini sono più pericolosi delle malattie per cui dovrebbero proteggere'. Purtroppo, la divulgazione di dati inesatti e la disinformazione in ambito medico, ha creato un danno d’immagine e di credibilità per la Sanità Pubblica. In Italia la recente indagine sui determinanti del rifiuto dell’offerta vaccinale, promossa dalla Regione Veneto, ha evidenziato come associazioni contrarie alle vaccinazioni, internet e passaparola sono le fonti non-istituzionali più frequentate dai genitori che non vaccinano. 

A questo proposito anche storie insolite e inverosimili, ad un certo punto grazie all’eco dei media ricevono la patente di credibilità. E in Internet trovano il luogo ideale per la diffusione: qui le notizie false e i messaggi controversi - spesso privati dell’indicazione delle fonti o degli autori - viaggiano infatti velocissimi, e con grande amplificazione. In molti, e specie personale medico, ritiene a torto che l’esposizione chiara ed evidente dei dati aiuti le persone a prendere consapevolezza di una situazione e a riscoprire un legame di fiducia con la scienza. Per sradicare alcune credenze, 'demistificarle', fornire più fatti e informazioni non basta. Spesso, anzi, si ottiene l’effetto opposto, ovvero si rafforza il mito. 

Per far vacillare una credenza, in altre parole, non è sufficiente bombardarla di 'prove': il pensiero con cui ci si 'scontra' è selettivo, tende a cercare e a conservare ciò che conferma le proprie opinioni, ignorando o sottovalutando ciò che le contraddice. È quanto accade anche per le vaccinazioni. Che fare dunque? Tralasciare internet, ormai irrinunciabile mezzo di comunicazione, per informare sull’importanza delle vaccinazioni, rappresenta un’evidente miopia per la Sanità Pubblica, come anche per le aziende produttrici dei vaccini. Proprio per questo grazie a Società Italiana d’Igiene è nato nel Maggio 2013, il portale VaccinarSì (www.vaccinarsi.org), che rappresenta un vero e proprio programma complesso di comunicazione sulle vaccinazioni, rivolto alle famiglie e gli operatori sanitari. 

Un portale web, senza aree riservate, di facile accesso (con tre clic si raggiunge ogni sezione), fornito di Blog, forum, profilo Facebook e Twitter, rivolto a tutti gli operatori sanitari coinvolti nell’attività vaccinale, ma soprattutto alla popolazione in potenziale età genitoriale. Più di 500.000 accessi e 1 milione di pagine consultate nel primo anno di attività, testimoniano l’apprezzamento che il programma ha avuto nel panorama italiano e ci sollecitano a continuare in questa direzione; ora il sito si attesta intorno alle 800.000 visite annue con una media di 2.500 accessi quotidiani. Vi è comunque la necessità di una campagna informativa sulle malattie prevenibili per cui la popolazione e anche il personale sanitario hanno perso la percezione del rischio. Deve essere fatto uno sforzo a livello centrale e regionale per portare in luce i casi che quotidianamente avrebbero potuto essere evitati se fossero state utilizzate le vaccinazioni disponibili. Infine dovrebbe essere fatto uno sforzo di formazione del personale sanitario su un adeguato counselling (Fonte: Center for Disease Control, Atlanta USA). 

Si tratta di un’abilità che dovrebbe essere comune a tutto il personale ma che è particolarmente importante in un settore come quello vaccinale, dove l’intervento sanitario è offerto a popolazione sana, nella quale il timore per le reazioni avverse ai vaccini è fortemente influenzato da informazioni spesso fuorvianti diffuse da vari mezzi di comunicazione. Un primo obiettivo è quello di imparare ad impostare un colloquio nel quale aumenti il tempo di ascolto per far emergere i dubbi e le eventuali informazioni distorte, manifestando un atteggiamento che tenda a creare una reciproca fiducia. 

Già l’ascolto di una registrazione dei propri colloqui potrebbe essere un efficace metodo di autovalutazione per rendersi conto di quanto si parla e di quanto poco si ascolta. Successivamente si acquisisce la consapevolezza che la scelta - della vaccinazione - è una decisione dell’assistito, che giunge all’obiettivo condiviso con l’operatore sanitario: anche nei casi più resistenti va offerta una azione di sostegno per facilitare la decisione, valorizzando le risorse dell’assistito, curandosi più del mantenimento della relazione professionale che del conseguimento immediato del risultato 'vaccinazione'. Concludendo, ritengo fondamentale che i rappresentanti dei mass-media facciano rete con gli operatori sanitari e che − per un fenomeno tipicamente umano, e favorito dai mezzi comunicativi dell’attuale società – si crei una fitta rete di messaggi positivi e significativi sulle vaccinazioni, affinché si riesca ad aiutare il pensiero critico della nostra popolazione.

Prodi a briglie sciolte contro Renzi: ti dico perché Grillo è meglio di te

Prodi e quell'avviso a Renzi: "Occhio basta davvero poco"




Romano Prodi dal suo ufficio di Bologna commenta il risultato elettorale. Il padre fondatore del Pd non ha dubbi: bisogna cambiare politiche non solo i politici. Parlando a Repubblica spiega che cosa sta succedendo ai partiti e alla politica, più in generale alla classe dirigente. Dice che il problema è che “alle grandi forze politiche nazionali manca un’interpretazione della storia e del presente”.  Il nodo è appunto, quello di cambiare la politica perché il politico “cambiato invecchia anche in un paio di anni.. C'è sempre un'usura, e corre veloce. La mancanza di risposte efficaci logora. E al momento si sente la mancanza di risposte che affrontino il problema delle paure e delle cause reali delle paure". Prodi sottolinea come non esista un progetto per uscire dalla crisi e che la personalizzazione della politica sia la prima risposta alla crisi. “La gente vota i politici perché spera che cambino le cose, la personalizzazione è un riflesso. Infatti in queste elezioni hanno vinto dei volti sconosciuti. La personalizzazione non regge se non cambia le cose, o non dà almeno la speranza concreta di poterle cambiare".

La ragione del successo - L’ex premier si sofferma anche sulle ragioni della vittoria dei Cinque Stelle, spiega che "Hanno risposte emotive e confuse, semplici motti specifici su angosce specifiche, via gli immigrati, punire le banche, ma neanche una riga che spieghi come potrebbero fare. Ma il loro vantaggio è un altro: sanno adattarsi alle paure. Questi movimenti nascono in genere molto di parte, orientati, partigiani. Hanno un certo successo poi si fermano, perché le loro soluzioni mostrano un limite ideologico. E allora si allargano da destra a sinistra e da sinistra a destra”. Insomma  i grillini hanno capito “che bisogna cavalcare la protesta, non una protesta”. Cita la posizione dei grillini rispetto all’immigrazione: il fatto di non avere una posizione precisa fa sì che le loro prese di posizione possano essere interpretate sia in senso di destra che di sinistra.