L'avvocato Mario Setola risponde a Giovanna, 34 anni di Caivano in provincia di Napoli
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Avv. Mario Setola |
La Domanda
EGREGIO AVVOCATO, MI CHIAMO GIOVANNA HO 34 ANNI E SCRIVO DA CAIVANO. SONO SPOSATA DA 5 ANNI CON MAURIZIO, UN UOMO CON CUI GIA’ DA ANNI NON VADO D’ACCORDO E DAL QUALE, CONSENSUALMENTE AVEVO GIA’ DECISO DI SEPARARMI. DA QUALCHE SETTIMANA HO SCOPERTO CHE MI TRADISCE DA MESI CON UN’ALTRA DONNA. QUINDI, VORREI SAPERE, E’ POSSIBILE CHE LA SEPARAZIONE VENGA ADDEBITATA A LUI? E POI, PER CURIOSITA’, NELLE CAUSE DI DIVORZIO IL GIUDICE E’ TENUTO A DISPORRE IN OGNI CASO INDAGINI FISCALI SUI PATRIMONI DEI CONIUGI?
L'avvocato Risponde
Gentile signora Giovanna, veda, l’obbligo di fedelta’ coniugale costituisce una regola di condotta imperativa, oltreche’ una direttiva morale di particolare valore sociale. La separazione coniugale può essere addebitata al coniuge che abbia violato l’obbligo di fedeltà senza che in precedenza il rapporto coniugale sia entrato in crisi. In linea di principio deve ritenersi comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio la violazione, in assenza di una consolidata separazione di fatto, dell’obbligo della fedeltà coniugale, che costituisce una regola di condotta imperativa (art. 143 comma 2 cod. civ.) e che assume una gravità ancora maggiore allorché venga attuata in maniera reiterata o, addirittura, attraverso una stabile relazione extraconiugale. Determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, essa deve ritenersi, di regola, causa della separazione e ne giustifica pertanto l’addebito, potendosi presumere che abbia esercitato in tale direzione un ruolo decisivo. Solo eccezionalmente, qualora risulti, attraverso un’indagine rigorosa e penetrante ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, l’irrilevanza di una tale violazione per mancanza di un nesso di causalità con la crisi coniugale, irrimediabilmente già in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale, può escludersi l’addebitabilità, trattandosi in tal caso di comportamenti successivi al determinarsi di tale situazione. Sperando di averle chiarito le idee sul controverso e delicato tema, vado a rispondere al suo secondo quesito, che a lei, come scrive va ad appagare la mera sete di curiosità, ma per molte altre coppie, rappresenta davvero un interrogativo importante e determinante le sorti della loro separazione e/o divorzio. Nelle cause di divorzio i coniugi, in base all’art. 5 della legge n. 898 del 1970, devono presentare “la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune”. La stessa norma stabilisce che “in caso di contestazione, il Tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull’effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della Polizia Tributaria”. Questa disposizione non comporta, in via diretta ed automatica, il dovere di indagine, anche fiscale, ogni qual volta sia contestato un reddito indicato e documentato, ma rimette, come per ogni mezzo istruttorio, al giudice la valutazione di quella esigenza, in forza del generale principio che qualunque attività intesa alla ricerca della prova e all'accertamento dei fatti, perché sia ammessa, disposta o compiuta, richiede il preventivo giudizio di rilevanza e conferenza, secondo criteri discrezionali, che è sufficiente siano compiutamente rappresentati nella motivazione della decisione. La contestazione non è, dunque, di per sé idonea a determinare l'obbligo della indagine. Nella linea del filtro valutativo del giudice la richiesta di indagini non è, pertanto, un effetto automatico della contestazione, a nulla giovando la espressione "il tribunale dispone indagini" - in cui la facoltà di non disporle sembrerebbe negata, una volta che la contestazione vi sia - posto che a delimitare l'esercizio del potere di "indagine" istruttoria resta pur sempre l' art. 187 cod. proc. civ., che attribuisce al giudice la facoltà di ammettere i mezzi di prova proposti dalle parti e di ordinare gli altri che può disporre di ufficio "se ritiene che siano ammissibili e rilevanti".
Avv. Mario Setola – Foro di Napoli
Studio: Cardito (Na) Corso Cesare Battisti n. 145
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