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mercoledì 25 maggio 2016

Porro, confessione totale a Telese: "Santoro, Fazio e quel dramma"

Porro intervistato da Telese: "Io, Santoro, Fazio e quel dramma in famiglia"

di Luca Telese


Nicola, sei sulla cresta dell’onda! «(Ride) Non posso rilasciare interviste, Luca». Che fai, adesso, te la tiri anche con me? «Voglio essere chiaro, soprattutto con un amico: non dico più nemmeno una parola su Rai, Virus o Campo Dall’Orto!». Perché ci hai già litigato troppo? «(Tono sospettoso) Luca, ti ho detto che non parlo di Rai! Non fregheresti un amico, no? Sono un aziendalista». Sì, ma so bene che tu al mio posto lo faresti, quindi… «(Risata crassa) Sono indignato, ma hai ragione. Possiamo parlare di tutto, tranne che del programma. Quello che dovevo dire l’ho già detto. Ogni altra parola è superflua». 

Per lunghi anni, Nicola Porro e io siamo andati In Onda insieme su La7. Un programma a due è come un fidanzamento: o ti sposi o ti separi (e vuoi gli alimenti). Noi incredibilmente andavamo d’accordo. Avevamo un compito che ci riusciva benissimo: lui raccontava le cose partendo da un punto di vista “di destra”, io da un punto di vista “di sinistra”. Il massimo della differenza e il massimo della sintonia, nel rispetto della diversità. Ho capito allora che Nicola è un liberale vero. La gente ci ferma, ancora oggi: “Come facevate a sostenere sempre due cose opposte? Era tutto scritto?”. Veniva naturale: una volta partiva lui, una volta io - a braccio - e l’altro era obbligato a variare all’impronta. Un ospite lo invitavo io e uno lui, un servizio lo immaginavo io, uno lui. Poi Nicola ha creato Virus su Raidue: per una strana follia, proprio nell’anno dei suoi record, lo chiudono. L’ultima puntata ha superato il 6%. 

Cosa farai? 

«Combatto per portare sempre in scena, spero alla Rai, l’idea più sbagliata e metterla a confronto con quella dominante. Il contagio delle idee è un valore».  

Ti offrono, un programma, domenica pomeriggio, accetterai? 

«No comment».  

L’unico talk "di destra": una condanna o una fortuna?  

«In un paese in cui in tutti i salotti definirsi di sinistra sembra un certificato di cittadinanza, pena l’indegnità, sono contento di essere bollato “di destra”».  

Tu cosa sei?  

«Un liberale. Punto». 

Cosa significa, questo, nella tua tv? 

«Raccontare gli invisibili, chi non ha successo». 

Ovvero? 

«Le persone inutili per i salotti di oggi, che - per dire - non sono à la page per Fazio, non hanno il faccione».  

Quali sono i "salotti di oggi"? 

«Un tempo erano Mediobanca e le sorelle Crespi. Oggi, per trovare un simbolo, sono due locali radical chic di Roma, sono Settembrini e il Salotto 42». 

Quartiere Mazzini: produttori, sceneggiatori e del cinema, e in centro.  

«Due piccoli templi del pensiero dominante. Ovvero di ciò che le persone fiche, le persone giuste pensano».  

Non è da te inveire!  

«Giornalisti e i politici, spesso prigionieri nel circuito del potere, hanno un fortissimo rischio di allontanarsi dalla realtà. La confondono con quel che si dice al Settembrini e al Salotto 42».  

Avevi un nonno liberale!  

«Nicola come me, cognome Melodia, è stato vice-presidente del Senato. Ma non l’ho mai conosciuto. La mia famiglia era di destra, vagamente nostalgica, papà votava Msi».  

So che con Vendola avete ricordato le sorelle Porro.  

«Agrarie, zitelle e incolpevoli. Ma sorelle e zie di fascistissimi Porro pugliesi». 

Vennero trucidate nel 1945, siamo dalle parti di Pansa. 

«Furono linciate, stuprate e lasciate nude sulla pubblica piazza di Andria. Io Il sangue dei vinti ce l’ho nelle vene».  

Eppure nel dna non hai l’odio.  

«Mio padre Maurizio e mia madre Lucilla non mi ha trasmesso nulla di tutto questo: non una parola di rancore. Era come se tutti in famiglia avessero accettato la fatalità brutale della guerra civile».  

Come faceva a non odiare? 

«Lui fu mandato in Svizzera a studiare: parla il tedesco meglio dell’italiano. Mai avuto una tradizione orale di quel dramma». 

Pazzesco.  

«Dopo, con i rapimenti degli anni ’70 in casa mia giravano armi. In campagna papà dormiva con la 38 special sopra la sponda del letto. Sapevo, ma non ne parlavamo». 

E il Pli? 

«Sono del 1969. Rimasi folgorato dalla lettura di un saggio di Antonio Martino che mi aveva prestato il mio amico Antonio De Filippi fratello di Giuseppe».  

E i cugini radicali, il fascinoso Pannella? 

«Zecche: non potevo proprio tollerare di essere chiamato da qualcuno “compagno”». 

E gli odiati cugini repubblicani? Più a sinistra di voi.  

«Macché di sinistra! Ho conosciuto Oscar Giannino con i capelli, senza bastone e senza ghette. Ma era più padronale di me. Mi sono convinto a votarlo quando ho scoperto la storia della sua finta laurea: è indecoroso il linciaggio che ha subito». 

Politica all’università?

«Capisco cos’è il conflitto perché vengo menato sia dai fascisti che dai comunisti».  

Spiegami un motivo di rissa.  

«Quando giravo per i corridoi di economia spiegando: “Le tasse universitarie devono essere più alte!”». 

Facevano bene a menarti.  

«È un principio di equità. I dieci delle classi sociali più ricche che si laureano, hanno un futuro. È giusto che se lo paghino. Chi non ha soldi viene finanziato con una borsa di studio. Chi perde tempo paghi».  

E dopo la laurea? 

«Mi chiama Ferrara che apre il Foglio, ci incontriamo al Radetzky e poi la prima, unica e provvidenziale raccomandazione della mia vita: Paolo del Debbio chiama Carlo Maria Lomartire e gli chiede di trovarmi un lavoretto a Rete Quattro». 

E che fai? 

«Mi devo svegliare alle cinque di mattina per una rassegna stampa. Con una Yahamaha Teneré 600 fichissima. Compravo i giornali e li portavo in redazione».  

Ma torni anche sulla carta stampata.  

«Ferrara e il grande Sergio Zuncheddu, editore de Il Foglio, mi offrono di fare una pagina finanziaria del quotidiano. Dura un anno. Un giorno Giuliano, quasi serafico mi fa: “Da domani non esci più”. Ho metabolizzato in quel momento la flessibilità. Svengo. Però poco dopo mi assume al Foglio».  

Poi torni all’economia.  

«Nel 2000 mi chiama Paolo Panerai e con Giuseppe De Filippi fondiamo Class Financial Network. Copiando spudoratamente Cnbc». 

E poi? 

«Il buon risultato mi procura la chiamata di Belpietro. Pensa: non l’avevo mai visto. Nel 2003 mi dice: “Vuoi venire a fare il capo dell’economia a Il Giornale?”».  

E tu? 

«Mi pare incredibile: la prima volta che mi vede mi assume». 

Il passaggio a La7? 

«Ero in vacanza a Stromboli. Gianni Stella, detto "Er canaro", una leggenda, si presentò in elicottero!». 

E tu? 

«Andai a prenderlo con l’Ape. Mi disse all’orecchio quando mi volevano dare a puntata. Capii male. Temevo pochissimo. Ero imbronciato. E così lui, davanti a mia moglie: “Sai quante donne rimorchi con la tv!”». 

E Allegra? 

«Donna di classe infinita: “Allora Nicola accetta!”». 

Te ne vai a Raidue litigando con Cairo per una sciocchezza. 

«Malamente, insulti. Subito dopo diventiamo amici. Questo ti dice la grandezza dell’uomo».  

E il passaggio alla Rai?

«Ho avuto libertà straordinaria. In poche settimane mettiamo su un programma di prima serata partito il 3 luglio. Se si muove la macchina di viale Mazzini non ce n’è per nessuno».  

Non hai citato Feltri.  

«Solo perché ora è direttore. Per me è un maestro. Ha una dote rara: rendere semplici le cose complesse. Quando inizio a scrivere me lo vedo davanti come Obi Wan Kenobi che me lo ripete. È difficile semplificare senza banalizzare». 

Altro maestro? 

«Non ci crederai: Santoro. Nei suoi programmi, dove si andava a combattere, sono diventato “il berlusconiano dal volto umano”». 

E il tuo amore-odio con Freccero? 

«Ripete sempre che sono bravissimo nella carta stampata, che vesto bene, e che passo tutti i miei week a Saint Tropez». 

La terza cosa è quasi vera. 

«Ho conquistato tutto da solo non ho motivo di vergognarmi». 

Non sei cool, Nicola.  

«A vent’anni andavo al Piper la sera, e il giorno litigavo con i compagni».  

E quindi? 

«Per fare il giornalista non devi essere malvestito, ma con la giacca di Armani stropicciata, avere la barba incolta, e una multiproprietà in Puglia. Capisco, però, che aiuta molto».

Parla la moglie di Dell'Utri "Le prigioni di mio marito tra infezioni e svenimenti in cella"

"Infezioni, botte, svenimenti: vi racconto le prigioni di mio marito Dell'Utri"


intervista di Pietro Senaldi
 e Lucia Esposito



Signora Dell'Utri come sta suo marito?

"Non bene. È in terapia intensiva all'ospedale Sandro Pertini di Roma ormai da più di una settimana. Sembra rispondere bene al cocktail di antibiotici prescrittogli da un infettivologo e la setticemia dovrebbe essere sotto controllo, ma è anche cardiopatico da più di quindici anni, ha subìto quattro interventi al cuore, ed è diabetico da tanto tempo. Le sue sono, purtroppo, patologie serie e pregresse, non spuntate con i guai giudiziari. Sono precedenti al carcere duro e mi sembrerebbero poco compatibili con esso".

È vero che è piantonato?

"Sì è vero, è prescritta per legge una sorveglianza costante che viene effettuata contemporaneamente da tre agenti della polizia penitenziaria. Viene trattato come un uomo pericoloso anziché come un anziano malato".

Lei può vederlo?

"La direzione del carcere di Rebibbia, in questa fase acuta, ha autorizzato visite quotidiane di trenta minuti al giorno a me e ai miei quattro figli".

Come sta psicologicamente?

"I primi giorni era poco reattivo, addirittura soporoso, per lui parlava solo il male. Adesso riesce a sostenere una conversazione".

È più rassegnato o arrabbiato?

"Non è mai stato né rassegnato né arrabbiato, e anche in questo momento di sofferenza acuta è sempre rimasto coerente con sé stesso. Non ha mai avuto parole di odio o di rabbia verso nessuno. Con noi familiari il suo sense of humor prevale su tutto, è lui che riesce a tranquillizzarci e trasmetterci l'energia per andare avanti. Questo fa parte del suo carattere da sempre; è un suo punto di forza".

La signora Miranda Dell'Utri negli ultimi due anni ha visto il marito solo nella sala colloqui del carcere di Parma, dove fino a due settimane fa era recluso in regime di massima sicurezza. Causa, la condanna in via definitiva a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa per fatti precedenti al 1994. Autorevoli giuristi hanno evidenziato i dubbi confini giuridici di tale fattispecie, di natura giurisprudenziale e non presente nel codice penale, e la sua difficile verifica probatoria. Da ultimo, anche la Corte Europea dei diritti dell' Uomo ha ritenuto illegittima la condanna emessa per lo stesso reato nei confronti di Bruno Contrada, l' ex numero uno del Sisde, affermando che, fino al 1994, la giurisprudenza italiana sul concorso esterno non consentiva la tipizzazione del reato e quindi non permetteva all' imputato di prevedere gli effetti negativi della propria condotta. Una tempistica che coincide perfettamente con quella del processo Dell' Utri.

Suo marito fino a quindici giorni fa era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Parma...

"Lo hanno portato lì per i suoi problemi di salute perché il carcere di Parma è dotato di un centro clinico. Il regime di massima sicurezza, a cui mio marito è sottoposto, prevede che si possano fare solo due ore d'aria al giorno durante le quali lui poteva camminare, sempre in isolamento, in un "cassone di cemento" di sette metri per sette con mura alte sei metri. Immaginatevi d'estate quando le temperature raggiungono i quaranta gradi!".

Si può parlare di carcere duro?

"Ho letto nel rapporto delle attività del garante dei detenuti che nel carcere di Parma ci sono 530 detenuti che costano circa 29 milioni all'anno. Di questi soldi solo 3.500 euro vengono annualmente investiti per le attività trattamentali e il recupero sociale. Non è un caso se il 70%, dei detenuti sono recidivi. Escono e poi tornano dentro".

Quante volte poteva vedere suo marito?

"Un'ora alla settimana, non più di tre familiari insieme. Nel regime di massima sicurezza sono concesse anche due telefonate al mese con i familiari di dieci minuti ciascuna. Per telefonate aggiuntive bisogna presentare un'istanza al direttore del carcere che di volta in volta, a sua discrezione, decide se autorizzare o meno. Quando nacque due anni fa il nostro primo nipote maschio, il giudice non autorizzò quella telefonata in più".

Ma aveva l' assistenza medica?

«Il regolamento prevede che per ragioni di sicurezza non si possono trasferire in ospedale più di tre detenuti al giorno. Il che significa che per effettuare esami ospedalieri ci può essere anche un'attesa che dura mesi. Vi faccio qualche esempio. Il 16 gennaio del 2015 il cardiologo prescrive a mio marito un elettrocardiogramma da sforzo. Il 26 febbraio il medico, dopo un'altra visita, sollecita l'importanza di quest'esame. Ma solo ad aprile, tre mesi dopo la prima richiesta, mio marito riesce a fare l'elettrocardiogramma sotto sforzo".

Perché queste lungaggini?

"La mia impressione è che manchino le risorse e che ci sia una burocrazia eccessiva".

Come passava le giornate in carcere suo marito a Parma?

"Leggendo, studiando e scrivendo. Poi si è occupato di riorganizzare la biblioteca del carcere. Aiutava anche gli altri detenuti a scrivere lettere personali ai famigliari".

I libri poteva portarli in cella?

"All'inizio solo tre, non più di tre e non rilegati, anche questo fa parte del regolamento. Poi gli hanno consentito di tenerne di più. Aveva sempre con sé La Divina Commedia e un dizionario italiano. Poi, a seconda di quello che decideva di studiare, libri di storia, poesia, filosofia e letteratura".

Come andava con il cibo?

"Anche in questo caso ci sono regole ferree. I familiari possono portare in carcere solo alcuni cibi, ma non sempre la logica è comprensibile: mele fresche sì, quelle essiccate no. Salmone e pesce spada sono consentiti perché non hanno lische immagino, ma non è accettato il baccalà o un carpaccio di branzino".

Quanto sono peggiorate le condizioni di suo marito in carcere?

"Durante questi due anni è dimagrito molto, ha avuto diversi episodi prelipotimici (svenimenti) a causa di uno scarso controllo della glicemia che deve essere continuamente monitorata nei pazienti diabetici. In uno di questi episodi ha battuto la testa riportando delle escoriazioni che sono state trattate il giorno dopo".

È stato un calvario...

"Veramente gli anni di calvario ormai sono 22: il processo è iniziato nel 1994, e anche quello è un calvario non da poco, mi creda. Comunque sì, in carcere anche episodi clinici di scarsa rilevanza rischiano di avere conseguenze molto gravi. Lo scorso anno, per esempio, ha avuto un episodio di bronchite che a domicilio si sarebbe risolto in fretta mentre in detenzione è durato più mesi ed è stata necessaria una profilassi antibiotica per evitare il rischio di tubercolosi dato dalla promiscuità dell' ambiente detentivo e dalle scarse condizioni igieniche della struttura. Questo ha comportato un ulteriore indebolimento fino a giungere agli ultimi mesi quando gli è stata diagnosticata un' infezione alle vie urinarie che è stata trascurata ed è degenerata nell' attuale stato di sepsi generalizzata molto grave".

Sono peggiorate anche dopo il trasferimento a Roma?

"Il lungo viaggio di sette ore in ambulanza durante il quale mio marito è stato sdraiato tutto il tempo e non si è idratato adeguatamente per non chiedere di fare soste, secondo i medici, ha contribuito a un aggravamento dell'infezione preesistente con un ulteriore peggioramento fino alla setticemia".

Non si sono mai fermati?

"Una sosta all'autogrill, che è stato prima fatto evacuare con una scena da film western".

Quando si è sentito male?

"Poco dopo il suo arrivo, martedì sera. Inizialmente gli hanno diagnosticato un'influenza. Due giorni dopo non si alzava più dal letto e una dottoressa, che ringrazierò tutta la vita, lo ha mandato d'urgenza in ospedale. La situazione era molto grave". 

Secondo lei in che stato uscirà dal carcere suo marito? 

"Da un punto di vista fisico non lo so, spero che possa continuare a mantenere il suo equilibrio".

Da un punto di vista umano?

"Credo che un' esperienza del genere ti porti a fare delle considerazioni sulla tua vita e ti faccia rivalutare tante cose che magari prima non avevi considerato". Sansonetti l'ha definito un prigioniero politico: come mai dopo la nascita di Forza Italia la magistratura si è accanita su di lui? "Non mi occupo di politica e di giustizia. Mio marito non polemizza e non attacca per natura. Neppure quando si tratta di difendere la sua immagine".

Ha paura per lui?

«Ha 75 anni ed è malato» Se non chiederà la grazia e non ci saranno sconti di pena quando ne uscirà ne avrà 80... «Le condanne per mafia sono durissime, quella parola è capace di azzerare tutto il resto».

Chiederà la grazia?

"Al momento posso solo risponderle che non lo so". Già, la grazia. È il tema caldo. Concessa da Mattarella poi, palermitano e fratello di una vittima di mafia, equivarrebbe a una sconfessione dell' Anm e di tutto il teorema mafia-Berlusconi. La decisione spetta a Dell' Utri e solo a lui, anche se in realtà la legge ne attribuisce la facoltà anche ai famigliari. Certo, perché arrivasse, servirebbe anche un movimento d' opinione pubblica in tal senso, sempre che qualcuno non decida di evitare allo Stato una figuraccia mortale.

martedì 24 maggio 2016

Greci in miseria, in fila per un pasto caldo. Manca anche il latte Ma si tace

Greci in miseria, in fila per un pasto caldo. Manca anche il latte



di Elisabetta Casalotti



Le politiche di austerità hanno ridotto i greci in miseria ed il destino di molti di loro è ormai accumunato a quello delle migliaia di migranti e profughi rimasti intrappolati nel Paese dopo la chiusura dei confini. Le organizzazioni umanitarie e la Chiesa si prodigano per alleviare le sofferenze di decine di migliaia di persone che hanno perso tutto, anche la speranza. Tra loro anche migranti, originari dei paesi dell’Est, arrivati nel Paese alla fine degli anni ‘90. Famiglie che avevano trovato in Grecia lavoro ed una nuova patria e si accalcano ora con i loro ex datori di lavoro nelle file per un pasto caldo. Elisabetta Casalotti ad Atene ha intervistato alcune donne che testimoniano quanto sia grave la situazione, come quella alla moglie di un grosso imprenditore ateniese che ormai non ha più nemmeno il latte per i bambini. Guarda il Video clicca sulla scritta in blu sotto

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Casalotti-Grecia-Kessoa-migranti-211fc2ec-4442-4733-9e63-89a7464713dc.html

La Chiesa di Aversa in dialogo per il buongoverno della città

La Chiesa di Aversa in dialogo per il buongoverno della città


a cura di Gaetano Daniele

Mons. Angelo Spinillo

Venerdì 27 maggio 2016 alle 18:30, nel Complesso di San Francesco, 
Mons. Spinillo incontra la cittadinanza per promuovere una partecipazione più generosa e consapevole


La Chiesa di Aversa si pone in dialogo con la cittadinanza e lo fa attraverso un incontro “per la partecipazione e il buongoverno della città”, che si terrà venerdì 27 maggio 2016 alle 18:30 nel Complesso di San Francesco (Aversa, piazzetta don Diana). L’evento vedrà la presenza di Mons. Angelo Spinillo, vescovo di Aversa; Stefano di Foggia, responsabile della Pastorale Sociale e del Lavoro; don Carmine Schiavone, Delegato Vescovile per la Carità; don Paolo Gaudino, vice-direttore dell’Ufficio Caritas; don Mario Vaccaro, responsabile del Servizio Pastorale Universitaria; Ernesto Gambardella, presidente dell’Azione Cattolica di Aversa.

Come si legge nel documento stilato dagli uffici diocesani promotori dell’evento (Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, pace e giustizia, custodia del creato; Ufficio Comunicazioni Sociali;  Servizio Pastorale Universitaria), “la sensazione di una profonda distanza dei cittadini dalle vicende elettorali si rinnova in questi giorni. Da questa distanza, non può nascere nulla di buono per le nostre comunità. Quella che nasce come reazione a una caduta di credibilità della pratica politica, rischia, infatti, di diventare parte del problema.

Amministrare le città non deve mai diventare privilegio di addetti ai lavori, a volte quasi inamovibili per decenni. Ma i cittadini sentono privo di valore il proprio voto, quando avvertono che le decisioni vere si preparano in luoghi diversi da quelli istituzionali, rispondendo a interessi diversi da quelli generali.

Questi mali, che ancora affiggono il nostro territorio (la cronaca lo testimonia tristemente) possono essere sconfitti solo nel segno della speranza, che non è attesa fiduciosa, ma partecipazione operosa di tanti.

La Chiesa di Aversa, vicina alle preoccupazioni e alle sofferenze diffuse, in questi anni si è adoperata per portare conforto, ma anche per sostenere una profonda presa di coscienza dei problemi comuni. Questo ha favorito un’assunzione di responsabilità personale di tanti, che oggi sarebbero disposti a un impegno anche più ampio e generoso, ma attraverso canali di partecipazione aperti e trasparenti. Questo deve essere il primo punto nell’agenda politica delle prossime Amministrazioni civiche.

E’ anche per incoraggiare, con concretezza, queste nuove energie, che la Chiesa di Aversa assume un’iniziativa di dialogo aperto con la cittadinanza, nell’auspicio di un reale rinnovamento di idee e pratiche amministrative per il buongoverno delle città.

Ma, innanzitutto, essa vuole significare un forte appello a una partecipazione “di cittadinanza”, come basilare impegno civile, che si realizza intanto chiedendo provvedimenti d’interesse comune e non favori personali. In più, essa comporta l’impegno a penalizzare chi si mette evidentemente in gioco solo per occupare spazi di potere e non per promuovere davvero gli interessi generali.

Ma, ancora con un passo in più, la Chiesa, dando seguito agli appelli accorati e pressanti di papa Francesco, chiede ai cittadini di prepararsi a forme non episodiche, informate e competenti, d’interlocuzione sia con le nuove Amministrazioni, sia con gli apparati comunali. Solo questo tipo di presenza “di cittadinanza” può davvero spostare equilibri incancreniti, dando forza agli eletti onesti e volenterosi, che in passato sono stati messi ai margini, in condizione di non “nuocere”.

L’incontro del 27 p.v. presso il Chiostro di san Francesco, si svolgerà ad Aversa, ma non è diretto ai soli Aversani. A tutte le comunità locali della Diocesi, l’incontro con mons. Spinillo intende offrire un contributo, facendo sintesi di tante esperienze, di cui la presenza cristiana è almeno partecipe. Dare voce ai bisogni, in modo ordinato e incisivo, non può che far bene alle dinamiche di cambiamento, che ci si augura di vedere irrobustirsi e non arretrare nelle prossime settimane.

Finalissima Miss Mondo Elena Santoro in Pole Position

Finalissima Miss Mondo Elena Santoro in Pole Position





MONTESARCHIO - La sannita Elena Santoro, una bionda dagli occhi azzurri, è la nuova Miss Mondo Campania, qualificata di diritto per le finali nazionali di Gallipoli in programma dal 28 maggio all’11 giugno. Ha vinto per un pelo sulla casertana Caterina Di Fuccia, 18 una mora dai capelli ricci e dagli occhi azzurri, nella finalissima disputata presso il centro commerciale Liz Gallery. Oltre a loro andranno a Gallipoli, a giocarsi il titolo nazionale, altre otto ragazze campane che elenchiamo in ordine di classifica: Assunta Bove di Cervinara, 20 anni, Federica Petrillo, 18 di Pietradefusi (Avellino), Francesco Covino anche lei 18 di Cervinara, Mariapia Cardone 16 anni, residente a Pomigliano d’Arco, Marta Gomma 19 anni di Benevento, Fara Molino, 19enne di Napoli, Sara Simeone, 16 anni di Portico di Caserta e Lia Pondo, 16 anni, di Somma Vesuviana.  

Elena Santoro, 25 anni di Limatola, prossima alla laurea, è scoppiata in lacrime al momento della vittoria: “E’ stata un’emozione unica, anche mia madre ha pianto, il titolo è molto rappresentativo, sono orgogliosa, credo nella Campania che ha grandi bellezze” ha dichiarato a caldo.

Caterina Di Fuccia, 20enne casertana, è giunta seconda, battuta proprio al fotofinish, in una sfida vietata ai malati di cuore: “Spero di rifarmi alle finali, comunque eravamo entrambe bellissime, sono stanca ma è un’emozione grande arrivare seconda”.  

La giuria era composta da professionisti, modelle e giornalisti fra cui le miss e modelle Anna Ragucci, Chiara Cennamo e Giovanna Pacilio, già finalista a Miss Mondo, Walter Tordiglione, organizzatore di eventi di spettacolo e moda. La serata, presentata dall’attrice Roberta Adelini e da Antonio Esposito, si è avvalsa delle stupende coreografie di Rosanna Giaquinto, in dolce attesa di un maschietto, e dell’organizzazione dell’Ag Production. 

Diocesi di Aversa Il volto della Misericordia nell’arte cristiana: convegno in Seminario

Diocesi di Aversa Il volto della Misericordia nell’arte cristiana: convegno in Seminario


a cura di Gaetano Daniele


Mercoledì 25 maggio, Mons. Pasquale Iacobone del Pontificio Consiglio per la Cultura interverrà all’evento organizzato dal Museo Diocesano e dall’.I.S.S.R. "San Paolo"


Arte e Misericordia di nuovo al centro dell’interesse della diocesi di Aversa e, nello specifico, delle iniziative ideate dal Museo Diocesano in occasione Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco. Dopo l’inaugurazione della Mostra storico-artistica “Misericordiae Vultus: La Bellezza della Misericordia  in  Terra di Lavoro”, che si concluderà martedì 31 maggio, il Museo Diocesano di Aversa e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose "San Paolo" organizzano il convegno dal titolo "Il volto della Misericordia nell'arte cristiana". L’incontro si terrà mercoledì 25 maggio 2016 alle ore 18:00, nella Pinacoteca del Seminario Vescovile (Piazza Normanna), e vedrà la presenza di un illustre relatore: Mons. Prof. Pasquale Iacobone, Responsabile del Dipartimento Arte e Fede del Pontificio Consiglio per la Cultura. Previsti gli interventi della Dr. Lucia Bellofatto, storico dell’arte della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento; del Prof. Don Emilio Nappa, Direttore Istituto Superiore Scienze Religiose “San Paolo”; di Mons. Ernesto Rascato, Direttore del Museo Diocesano di Aversa. Le conclusioni saranno affidate a S.E. Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa.

Ospitato nell’ampio Deambulatorio della Cattedrale e articolato in tre sezioni (Volto di Gesù Misericordioso, Maria Mater Misericordiae, Santi testimoni della Misericordia), il suggestivo itinerario storico-artistico presenta documenti, sculture, argenti, stoffe, dipinti  che ricoprono un arco temporale di nove  secoli e offrono una rassegna di testimonianze altamente significative per la storia della Civiltà della Misericordia nel Mezzogiorno d’Italia. In particolare, una rassegna della ricchezza spirituale e caritativa della Chiesa aversana attraverso la quale, come ha scritto il Vescovo Spinillo nell’introduzione al catalogo della Mostra, è possibile “ripercorrere nelle varie espressioni artistiche le raffigurazioni del Volto del Cristo paziente e glorioso, Volto crocifisso e risorto, Volto agonizzante e trasfigurante”.

“I numerosissimi visitatori, giovani e adulti, ammirando i capolavori della rassegna hanno scoperto e rivissuto la tenerezza e la dolcezza del Volto di Maria, Madre di Misericordia, in tante preziosissime icone esposte, apprezzando il peregrinare di Testimoni della carità, santi che hanno fatto della misericordia la loro missione di vita”, commenta Mons. Rascato, curatore della Mostra. “Le numerose istituzioni caritative, frutto della creatività e della generosità di tanti vescovi, sacerdoti, religiosi, laici, famiglie, confraternite, dinastie regali e semplici fedeli, rappresentano il vero volto della solidarietà e della compassione di un popolo, animato ed ispirato dalla Misericordia divina”. 

Giletti beccato con una giovane donna Lui non la molla mai: chi è? / Guarda

Massimo Giletti beccato con l'ereditiera super sexy . Lui non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Chi è?



Massimo Giletti si è presentato allo stadio per lo "scontro" fra Juventus e Milan con una bellissima ragazza. Giletti è stato paparazzato in tribuna vip con una giovane donna dai capelli rossi. Si chiama Angela Tuccia ed è un'attrice, ex "ereditiera". Lui sembrava non riuscire a toglierle gli occhi di dosso...