Renzi ha regalato il mare alla Francia. Italia umiliata: i nuovi confini / Foto
di Martino Cervo
Abbiamo dato un pezzo di Sardegna ai francesi. Corrado Guzzanti l’aveva previsto anni fa, imitando Giulio Tremonti: «Vendiamo la Sardegna. È un’isola che è lontana, non serve a nessuno. Diamo 48 ore di preavviso alla popolazione, e non c’è problema. Ho un compratore». L’ultimo omaggio al genio profetico del comico non l’ha fatto l’allora ministro dell’Economia che, nella memorabile parodia, immaginava appunto di cedere l’isola ai tedeschi; viene invece dal governo Renzi, protagonista di un bilaterale con la Francia del 21 marzo 2015 dedicato (anche) alle acque internazionali, che è improvvisamente tornato d’attualità.
A ridare importanza a quell’accordo, stilato a Caen quasi un anno fa, una serie di azioni delle autorità marittime francesi che, a inizio 2016, hanno respinto o addirittura sequestrato alcuni pescherecci italiani nel Tirreno: le imbarcazioni, secondo i transalpini, avrebbero sconfinato in acque non più italiane avvicinandosi alla Corsica. Il caso più clamoroso è quello del «Mina», oggetto anche di una interrogazione parlamentare dei Cinque stelle: la barca è stata tratta in stato di fermo, il 13 gennaio scorso, nel porto di Nizza, e poi rilasciata su cauzione, creando un vero e proprio caso diplomatico. Le acque in cui la barca è stata fermata dai francesi, però, al capitano di bordo risultavano nostre: avrebbero «cambiato colore» proprio nel bilaterale Gentiloni-Fabius del 21 marzo 2015, avente per oggetto lo scambio di acque territoriali.
La Farnesina si attiva - siamo a metà gennaio - per risolvere l’increscioso episodio: il sottosegretario Benedetto Della Vedova dà una versione dei fatti che conferma l’accordo (acque al largo dell’Elba diventano italiane, in cambio di pescose fette di mare attorno alla Corsica, sia al largo della Liguria sia a nord della Sardegna, che passano sotto Parigi), ma spiega che, secondo la legge italiana, l’intesa non è in vigore, in quanto non è mai stata ratificata in Parlamento. Le autorità d’Oltralpe, però, paiono di tutt’altro avviso: tant’è che pochi giorni fa una nuova imbarcazione italiana, partita da Alghero, viene rimbalzata dai francesi e stoppata nella sua attività di pesca. La denuncia, rilanciata dal responsabile economico della Lega Nord Claudio Borghi, è del deputato di Unidos Mauro Pili: «Un peschereccio sardo, una volta raggiunte le tradizionali aeree di pesca al nord dell’Isola, si è sentito intimare dalle autorità francesi lo stop immediato.
Il messaggio è stato chiaro: fermatevi, state entrando in acque nazionali francesi in base all’accordo internazionale sottoscritto dal governo italiano da quello francese». Pili, riporta il sito sassarinotizie.com, dopo essersi consultato con le categorie, va all’attacco presentando un’interrogazione parlamentare non dissimile da quella grillina di poche settimane fa. Non si cava però un ragno dal buco: due azioni (una alla Camera venerdì e una al Senato a fine gennaio) in sostanza confermano l’accordo (ne parla anche il sito www.shom.fr, un ente che fa capo al ministero della Difesa francese e pubblica la cartina delle nuove competenze territoriali), ma secondo i nostri onorevoli il testo «non risulterebbe consultabile neppure nelle banche dati governative». Pili attacca: «È fin troppo evidente che il governo Renzi, nel corso del negoziato, ha accettato la cessione di alcune importantissime zone di mare a nord ovest e a nord est della Sardegna. Un danno immenso per le marinerie sarde, che risulta incomprensibile e inaccettabile».
Poi posta sul suo profilo Facebook tre pagine, scrivendo: «Pubblico il vergognoso accordo tra Italia e Francia». Segue frontespizio di quello che dovrebbe essere il misterioso testo. Fa riferimento a «quattro sessioni di negoziato» tra i due esecutivi, risalenti a dicembre 2006, marzo e settembre 2007 (all’epoca eravamo in pieno governo Prodi bis) e marzo 2012 (governo Monti). Al nono anno di trattativa, arriva la firma al bilaterale di Caen di cui si è detto, che ritocca un testo del 1892 poi ritoccato nel 1986 (agli Esteri c’era Giulio Andreotti). Resta il mistero su contenuto esatto e soprattutto entrata in vigore di questo nuovo accordo, svolto in ottemperanza a nuove norme dell’Onu.
Si tratta di dettagli non da poco, visto che nelle acque in questione sguazzano pesci preziosissimi soprattutto per le economie di Liguria e Sardegna (in cambio ci avremmo guadagnato come detto un’estensione - meno ghiotta - di acque toscane al largo dell’Elba). Come spiegava un pezzo apparso sul sito del Fatto Quotidiano all’epoca del sequestro del «Mina», nei mari passati da Italia a Francia si trova «uno scrigno naturale dove si riproducono e vivono i gamberoni rossi. Una specie pregiatissima, venduta all’ingrosso a 40 euro al chilogrammo e a 70/80 euro in pescheria e addirittura a 100 euro sotto Natale». Si tratta della cosiddetta «Fossa del cimitero», fascia nella quale - in deroga all’accordo stesso, che prevede un’«intesa di vicinato» - secondo il sito notizie geopolitiche.net la Francia avrebbe ottenuto l’esclusiva del pescato. Tutta ricchezza che, se le cose stanno come dice Pili, è silenziosamente passata dall’Italia alla Francia: nel migliore dei casi, un autogol.