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lunedì 15 febbraio 2016

RENZI UMILIA L'ITALIA Regala il mare alla Francia: ecco i nuovi confini / Cartina

Renzi ha regalato il mare alla Francia. Italia umiliata: i nuovi confini / Foto


di Martino Cervo



Abbiamo dato un pezzo di Sardegna ai francesi. Corrado Guzzanti l’aveva previsto anni fa, imitando Giulio Tremonti: «Vendiamo la Sardegna. È un’isola che è lontana, non serve a nessuno. Diamo 48 ore di preavviso alla popolazione, e non c’è problema. Ho un compratore». L’ultimo omaggio al genio profetico del comico non l’ha fatto l’allora ministro dell’Economia che, nella memorabile parodia, immaginava appunto di cedere l’isola ai tedeschi; viene invece dal governo Renzi, protagonista di un bilaterale con la Francia del 21 marzo 2015 dedicato (anche) alle acque internazionali, che è improvvisamente tornato d’attualità.

A ridare importanza a quell’accordo, stilato a Caen quasi un anno fa, una serie di azioni delle autorità marittime francesi che, a inizio 2016, hanno respinto o addirittura sequestrato alcuni pescherecci italiani nel Tirreno: le imbarcazioni, secondo i transalpini, avrebbero sconfinato in acque non più italiane avvicinandosi alla Corsica. Il caso più clamoroso è quello del «Mina», oggetto anche di una interrogazione parlamentare dei Cinque stelle: la barca è stata tratta in stato di fermo, il 13 gennaio scorso, nel porto di Nizza, e poi rilasciata su cauzione, creando un vero e proprio caso diplomatico. Le acque in cui la barca è stata fermata dai francesi, però, al capitano di bordo risultavano nostre: avrebbero «cambiato colore» proprio nel bilaterale Gentiloni-Fabius del 21 marzo 2015, avente per oggetto lo scambio di acque territoriali.

La Farnesina si attiva - siamo a metà gennaio - per risolvere l’increscioso episodio: il sottosegretario Benedetto Della Vedova dà una versione dei fatti che conferma l’accordo (acque al largo dell’Elba diventano italiane, in cambio di pescose fette di mare attorno alla Corsica, sia al largo della Liguria sia a nord della Sardegna, che passano sotto Parigi), ma spiega che, secondo la legge italiana, l’intesa non è in vigore, in quanto non è mai stata ratificata in Parlamento. Le autorità d’Oltralpe, però, paiono di tutt’altro avviso: tant’è che pochi giorni fa una nuova imbarcazione italiana, partita da Alghero, viene rimbalzata dai francesi e stoppata nella sua attività di pesca. La denuncia, rilanciata dal responsabile economico della Lega Nord Claudio Borghi, è del deputato di Unidos Mauro Pili: «Un peschereccio sardo, una volta raggiunte le tradizionali aeree di pesca al nord dell’Isola, si è sentito intimare dalle autorità francesi lo stop immediato.

Il messaggio è stato chiaro: fermatevi, state entrando in acque nazionali francesi in base all’accordo internazionale sottoscritto dal governo italiano da quello francese». Pili, riporta il sito sassarinotizie.com, dopo essersi consultato con le categorie, va all’attacco presentando un’interrogazione parlamentare non dissimile da quella grillina di poche settimane fa. Non si cava però un ragno dal buco: due azioni (una alla Camera venerdì e una al Senato a fine gennaio) in sostanza confermano l’accordo (ne parla anche il sito www.shom.fr, un ente che fa capo al ministero della Difesa francese e pubblica la cartina delle nuove competenze territoriali), ma secondo i nostri onorevoli il testo «non risulterebbe consultabile neppure nelle banche dati governative». Pili attacca: «È fin troppo evidente che il governo Renzi, nel corso del negoziato, ha accettato la cessione di alcune importantissime zone di mare a nord ovest e a nord est della Sardegna. Un danno immenso per le marinerie sarde, che risulta incomprensibile e inaccettabile». 

Poi posta sul suo profilo Facebook tre pagine, scrivendo: «Pubblico il vergognoso accordo tra Italia e Francia». Segue frontespizio di quello che dovrebbe essere il misterioso testo. Fa riferimento a «quattro sessioni di negoziato» tra i due esecutivi, risalenti a dicembre 2006, marzo e settembre 2007 (all’epoca eravamo in pieno governo Prodi bis) e marzo 2012 (governo Monti). Al nono anno di trattativa, arriva la firma al bilaterale di Caen di cui si è detto, che ritocca un testo del 1892 poi ritoccato nel 1986 (agli Esteri c’era Giulio Andreotti). Resta il mistero su contenuto esatto e soprattutto entrata in vigore di questo nuovo accordo, svolto in ottemperanza a nuove norme dell’Onu.

Si tratta di dettagli non da poco, visto che nelle acque in questione sguazzano pesci preziosissimi soprattutto per le economie di Liguria e Sardegna (in cambio ci avremmo guadagnato come detto un’estensione - meno ghiotta - di acque toscane al largo dell’Elba). Come spiegava un pezzo apparso sul sito del Fatto Quotidiano all’epoca del sequestro del «Mina», nei mari passati da Italia a Francia si trova «uno scrigno naturale dove si riproducono e vivono i gamberoni rossi. Una specie pregiatissima, venduta all’ingrosso a 40 euro al chilogrammo e a 70/80 euro in pescheria e addirittura a 100 euro sotto Natale». Si tratta della cosiddetta «Fossa del cimitero», fascia nella quale - in deroga all’accordo stesso, che prevede un’«intesa di vicinato» - secondo il sito notizie geopolitiche.net la Francia avrebbe ottenuto l’esclusiva del pescato. Tutta ricchezza che, se le cose stanno come dice Pili, è silenziosamente passata dall’Italia alla Francia: nel migliore dei casi, un autogol.

domenica 14 febbraio 2016

Caivano (Na): Domenico Falco è compatibile Incompatibili sono i fautori del documento falso firmato a nome Sirico

Caivano (Na): Domenico Falco è compatibile Incompatibili sono i fautori del documento falso firmato a nome Sirico 


di Gaetano Daniele

Domenico Falco
Consigliere comunale "Noi Insieme" 

Domenico Falco: "Non sussiste nessuna ineleggibilità o incompatibilità al mio ruolo al mio ruolo di consigliere comunale, come accertato dalla commissione convalida degli eletti. L'esposto a firma del consigliere Luigi Sirico, la paternità della firma non è ascrivibile a lui, ho già dichiarato al sindaco e al segretario comunale, la mia completa disponibilità a favorire qualsiasi atto volto a dimostrare la mia assoluta compatibilità alla carica di cui mi onoro di ricoprire nel gruppo consiliare Noi Insieme. Per fattispecie analoghe alla mia, il Tribunale amministrativo della Campania e la Cassazione si sono espressi a favore dei malcapitati consiglieri eletti, dichiarandoli compatibili ed eleggibili. Nonostante l'attacco politico - conclude Falco - continuerò a svolgere il mio ruolo di consigliere comunale con la serenità e la motivazione di sempre"

Non entriamo nel personale, non ci riguarda, potevamo, invece, entrare nel merito se fosse decaduto da consigliere comunale, quindi, sarebbe scorretto riportare fatti che non entrano in conflitto con l'aspetto amministrativo che il consigliere comunale Domenico Falco ricopre, proclamato appunto illo tempore consigliere comunale a tutti gli effetti. Le calunnie di solito non vanno alimentate come capitato al giovane consigliere consigliato forse anche male. 

L'accanimento, la vigliaccheria ed il danno di chi ha usato infangare il nome di un giovane emergente, se fosse confermato quanto dichiarato dal consigliere comunale Domenico Falco, è incalcolabile, da indurli ad un attento esame di coscienza, affinchè rassegnare, se consiglieri comunali, o funzionari o capi di staff, le proprie dimissioni irrevocabili. 

Si può strumentalizzare un accadimento politico per tornaconti politici, anche personali. Si possono formulare accuse demagogiche, come accade di routine anche nei salotti buoni della politica nazionale. Ma versare fango, entrando nel personale di una persona perbene, aldilà di quanto accaduto, solo per sminuirne il peso politico, è un atto gravissimo. 

"Chi si lamenta della macchina del fango non può tentare allo stesso tempo di imitarla". Figuriamoci dare consigli....!

Domenico Falco, quindi, non si deve dimettere per diversi motivi. 1) I suoi elettori sono certamente contenti di averlo votato e quindi mandato  in consiglio comunale e lo rifarebbero, come si evince dai social network. 2) I fatti eventuali erano già noti prima. 

Domenico Falco, quindi, non deve dimettersi perchè è impossibile chiedere le dimissioni del consigliere comunale senza chiedere prima, e con più veemenza, le dimissioni dell'intero consiglio comunale, presidente compreso. Ma entrambe devono rimanere al loro posto, perchè fino a prova contraria da quanto dichiarato dal consigliere comunale Domenico Falco, rappresentano una quota maggioritaria di cittadini caivanesi, quella stessa quota che ha responsabilmente chiesto che vengano rispettati i ruoli, le istituzioni e soprattutto le leggi. 

UNIONE EUROPEA: COMI: Ruolo EFSA da rilanciare anche per Made in Italy

UNIONE EUROPEA: COMI: Ruolo EFSA da rilanciare  anche per Made in Italy


di Gaetano Daniele

Così Lara Comi, Eurodeputato FI /PPE
e Vicepresidente Gruppo PPE al Parlamento europeo. 

"Dobbiamo valorizzare il made in Italy e costruire sinergie con gli organismi europei che hanno un ruolo decisivo nella costruzione delle politiche dell'Ue. EFSA (European Food Safety Authority), l’agenzia europea che si occupa di sicurezza alimentare, con sede a Parma, svolge un lavoro determinante a livello scientifico, producendo pareri di supporto alle decisioni della Commissione UE in materia di autorizzazioni al commercio di alimenti e fornendo valutazioni sui possibili rischi legati ad esempio all'utilizzo di pesticidi e OGM. Il supporto scientifico di EFSA è poco conosciuto, sia dalle aziende dell’agroalimentare, sia dai consumatori. Per questo giovedì scorso, insieme a diversi imprenditori e istituzioni locali e a rappresentanti della Coldiretti, ho incontrato il management di EFSA e la struttura della comunicazione, facendo da apripista per una costante e proficua collaborazione tra EFSA, Parlamento Europeo e realtà locali. Così Lara Comi, Eurodeputato FI /PPE e Vicepresidente Gruppo PPE al Parlamento europeo ai nostri microfoni, e nota: Come rappresentante dell’unica istituzione europea direttamente eletta dai cittadini, mi sono impegnata ad essere il tramite tra le istanze del mondo produttivo, le associazioni di categoria, i consumatori ed EFSA. L’agenzia ha confermato di essere pronta a comunicare in modo sempre più trasparente a tutti i cittadini le proprie attività e i risultati delle proprie ricerche. Una costante attività di informazione e di dialogo informale con il Parlamento europeo - conclude Comi - è sempre più necessaria per far sì che la conoscenza scientifica prodotta sia davvero al servizio delle imprese e dei consumatori e ci permetta così di difendere al meglio le nostre eccellenze in campo alimentare”.

"Pronti ad azioni di terra in Siria": chi vuol scatenare il nuovo Vietnam

Siria, la minaccia di Usa, Turchia e Arabia Saudita a Putin e Iran: "Pronti ad azione di terra"




Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita sono pronti a un intervento militare di terra in Siria nel caso il regime di Bashar Assad non rispetti il cessate il fuoco. Un avvertimento alla Russia e a Vladimir Putin, che sostengono il presidente siriano, una prova di forza che potrebbe però portare a conseguenze imprevedibili in tutto il Medio Oriente. 

"Addio Bashar Assad" - Ankara ha dato a Riad il "via libera" per utilizzare per i suoi caccia la base aerea di Incirclik, vicino al confine siriano. Il ministro degli Esteri turco Mevlyut Cavusoglu ha confermato lo schieramento ai quotidiani Yeni Sakfak e Haberturk, alla vigilia dell'auspicato cessate-il-fuoco che dovrebbe concretizzarsi nel giro di pochi giorni. Nel frattempo, Adel al-Jubei, il ministro degli Esteri saudita, ha detto a un quotidiano tedesco che l'intervento russo a fianco del regime di Damasco non aiuterà Assad a rimanere in sella: "Non ci sarà Bashar al-Assad nel futuro". 

Asse Turchia-Arabia Saudita - "L'Arabia Saudita - ha spiegato Cavusoglu - ha dichiarato la sua determinazione contro il Daesh (l'acronimo in arabo per l'Isis, ndr) dicendo che sono pronti a schierare tanto gli aerei che le truppe". "In ogni riunione della coalizione (anti-Isis) abbiamo sempre enfatizzato la necessità di una strategia ampia e orientata a un risultato nella lotta contro il gruppo terroristico. Se abbiamo una tale strategia, ebbene la Turchia e l'Arabia Saudita potrebbero lanciare una operazione di terra". Cavusoglu ha confermato che jet e personale militare sono stati già inviati ad Incirlik, la base turca di Adana vicina al confine siriano, che già dalla scorsa estate è il centro strategico delle operazioni effettuate dagli F16 americani, britannici e francesi. Ma non ha chiarito l'entità delle forze dispiegate. "Alcuni dicono che la Turchia è riluttante ad entrare nella battaglia contro il Daesh. Ma la Turchia è quella che fa le proposte più concrete". 

Usa, minaccia a Russia e Iran - Poche ore dopo è arrivato l'appoggio di Washington per bocca di John Kerry, che in una intervista a Orient Tv ribadisce la necessità che Bashar Assad lasci il potere. "Sì, esiste la possibilità di truppe aggiuntive sul terreno che combattano contro Daesh, poiché Assad non lo sta facendo", ha detto il Segretario di Stato americano, per il quale se il presidente siriano "non rispetterà gli impegni presi con la comunità internazionale e l'Iran e la Russia non lo obbligheranno a fare quanto hanno promesso, la stessa comunità internazionale non starà certamente ferma a guardare come degli scemi e aumenterà la pressione su loro"

Inquietante allarme degli 007 francesi: "Sarà peggio di Parigi, altri attentati"

L'allarme degli 007 francesi: "In Europa altri attentati" 




Il premier francese Manuel Valls a Monaco, a margine della conferenza sulla sicurezza, ha lanciato un inquietante allarme. "Ci saranno altri attacchi e grandi attentati in Europa, questa è una certezza. La minaccia non diventerà minore, anche se noi lo vorremmo". Ribadisce il suo pensiero sottolineando come siamo entrati nell'epoca "dell'iper-terrorismo". E afferma: "Dobbiamo dire questa verità alla nostra gente: ci saranno altri attacchi. Questa minaccia è destinata a durare. Per questo dobbiamo combatterla con la più grande determinazione".

La verità dagli Usa sull'omicidio Regeni Gli egiziani confessano: "Come è morto"

La verità dagli Usa sull'omicidio Regeni. Chi lo ha rapito e perché è morto


di @Juan_r


Giulio Regeni sarebbe stato fermato da alcuni agenti della polizia egiziana perfettamente consapevoli che nelle loro mani avevano un cittadino italiano. È quanto emerge dal racconto di tre funzionari della sicurezza egiziana coinvolti nelle indagini che, intervistati dal New York Times, avrebbero di fatto allontanato le ipotesi che escludevano un coinvolgimento della polizia egiziana nella scomparsa del giovane italiano.

L'arresto - I tre funzionari hanno confermato separatamente che Regeni è stato arrestato il 25 gennaio, dopo che alcuni agenti lo avevano fermato vicino casa sua, mentre stava per prendere la metropolitana. Altri testimoni hanno visto Regeni mentre veniva fermato verso le 19 da due agenti in borghese. Uno dei due ha perquisito lo zaino del ragazzo, mentre l'altro gli ha controllato il passaporto. Da quel momento lo hanno portato via. Secondo i testimoni: "uno dei due agenti era già stato visto nel quartiere in diverse occasioni, e aveva fatto domande ad alcune persone su Regeni".

L'interrogatorio - I tre funzionari ascoltati dal Nyt sostengono che nel corso dell'interrogatorio Regeni si sarebbe "comportato da duro", reagendo bruscamente alle domande degli agenti. A insospettire i poliziotti sarebbero stati i contatti trovati sul cellulare del ricercatore, numeri di presunti attivisti e fiancheggiatori di Fratelli musulmani e del movimento di opposizione al governo di Al-Sisi "6 aprile". A rendere più complicata la posizione del 28enne friulano sono state le sue ricerche sui sindacati indipendenti in Egitto, i poliziotti si erano quindi convinti che fosse una spia. Non poteva essere altrimenti, stando al ragionamento dei tre funzionari: "Dopo tutto, chi viene in Egitto a studiare i sindacati?"

Anche i senatori "furbetti del tesserino" Timbrano e fuggono: 3.500 euro al mese

I senatori timbrano il tesserino e vanno via: un trucchetto da 3.500 euro al mese


di Francesco Specchia



Poi uno dice l’eutanasia di Palazzo Madama, il suicidio dei senatori, la pregevole arte dell’assenza. Mentre ancora echeggia il progetto di «armonizzazione» che consentirà (sempre che passi) ai prossimi senatori «riformati» dalla riforma Boschi di recuperare, di riffa e di raffa, il loro stipendio, ecco che gira, tra gli stessi senatori, un’altra deliziosa consuetudine. Quella di lasciare inserito il tesserino sul loro scranno per poi tornare a riprenderselo a fine seduta. Il loro voto non risulterà, ovviamente; ma i senatori verranno considerati presenti a tutti gli effetti. Evitando così la decurtazione della diaria, la cui indennità fissa è di 3.503 euro al mese. Non è il tradizionale caso dei «pianisti». No. Qui siamo di fronte a qualcosa di più evoluto. Qui la strisciata del tesserino prevede smemoratezza istituzionale, indolenza del gesto, diventa puro epos politico legato al denaro e non all’ideologia.

Di questo fenomeno assolutamente trasversale s’è avveduto Il Messaggero, indagando tra i commessi del Senato e tra i questori curiosamente rimasti finora ignari della pratica. «Tutto nasce dalla necessità di garantire ai senatori la possibilità di essere “presenti ma non votanti”. Necessità dettata dal fatto che in Senato, a differenza della Camera, l’astensione è considerata voto contrario...», scrive il collega Claudio Marincola. Ed è vero. La raccolta dei due piccioni con una fava è un must letterario per i senatori. Ai quali spettano due badge nominali per votare; e uno rimane sempre più spesso infilato in quelle fessure che vedono pezzi d’istituzione protagonisti di fenomeni d’assenteismo sempre più immaginifici all’appropinquarsi della ristrutturazione della prima Camera. Immaginifici al punto che Giorgio Napolitano, la settimana scorsa, dichiarò, spossato, che «si può fare di più, lavorare 30/40 ore a settimana non basta», e che non era «serio riunire le commissioni in pausa-pranzo». A dire il vero il presidente emerito è supportato dal quel poveretto di Pietro Grasso, il presidente meno emerito che, alla richiesta d’aumento di produttività dai suoi colleghi, rimbalza da mesi contro un muro di gomma. Nulla da fare. La diaria, il rimborso di soggiorno - decurtata dal 2001 di 206, 58 euro per ogni giorno di assenza e per chi «non partecipa almeno al 30% delle votazioni effettuate nell’arco delle giornata» - rimane, per il parlamentare italiano, un elemento ontologico. Rimane, in verità, un elemento ontologico anche per il parlamentare italiano romano di Roma, cioè in teoria deprivato di spese di affitto o di viaggi. Certo, Grasso oggi ha incaricato il questore Antonio De Paoli di aprire su quest’affaire un’inchiesta. Tra l’altro, proprio nel giorno in cui ad Acireale si consumano gli arresti in flagranza di altri furbetti del cartellino negli uffici comunali. D’altronde, di recente, l’essenza dell’assenza s’è diffusa in modo esponenziale proprio mentre tra gli scranni si decidevano le controverse riforme renziane. Finirà a tarallucci e vino, ovvio.

Però, il colpo d’occhio, a Palazzo Madama, è sempre emozionante, come ai tempi delle sala delle pallacorda della rivoluzione francese, solo con meno presenti. Per dire. Aula semivuota per l’approvazione del Ddl Boschi per il quale, fino a qualche ora prima sui giornali e in tv, si facevano le barricate. Aula sorda e grigia, senza nemmeno il bivacco di manipoli, per la mozione di sfiducia di fine gennaio al governo Renzi. Aula desertica soltanto tre giorni fa, all’audizione in commissione Difesa sulla missione in Somalia (abbiamo ancora una missione in Somalia?), con 7 membri presenti, 4 M5S, 2 Pd e un Gal, eroico.

Certo, in tutto questo, non c’è l’ineleganza del vigile di Sanremo che timbra in mutande, ma il fenomeno è comunque irritante. Tanto che, non molto tempo fa, il senatore Lorenzo Battista del Gal, in uno scatto d’autocoscienza, propose un ddl che prevedeva la decadenza dei colleghi assenteisti. Ovviamente quel ddl rimase seppellito tra gli scranni. Ah, il Senato, questa bestiola indomabile. Lontani i tempi dell’assenteismo inquieto e quasi tenacemente rivendicato dei grandi campioni (il top, occorre dirlo, a centrodestra) Verdini, Ghedini, Bondi, MariaRosaria Rossi, oggi l’oblio del tesserino orfano diventa la testimonianza d’un comune, irreversibile cupio dissolvi. Tra l’altro, si rileva anche un modo astuto, da parte di deputati e senatori, di evitare i monitoraggi su gran parte della propria attività parlamentare registrata dai siti come OpenParlamento, per esempio. In soldoni, la finta dimenticanza del tesserino, risulta soprattutto un modo subdolo per ingannare il proprio elettorato. Ed è anche un’attitudine non sanzionata dai giudici ordinari, protetta com’è dall’istituto -obsoleto e inopportuno- dell’«autodichia», ossia dall’autonomia organizzativa tipica delle due Camere, del Quirinale e della Corte Costituzionale. Roba che consente l’impunità civile e amministrativa ordinaria agli stessi parlamentari. Di fatto, se i dipendenti comunali rischiano il licenziamento (ma non avverrà...), gli astuti omarini di Palazzo Madama avranno, al massimo, una sanzione, o una sospensiva. E poi mi vengono a dire del Senato, della sacralità dell’istituzione...