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sabato 6 febbraio 2016

Il virus della zanzara killer in Italia: Zika, dove e quanti sono i contagiati

Virus Zika, caso a Roma: italiano tornato dal Brasile. Quattro contagiati in Veneto




È stato appena diagnosticato a Roma un caso di infezione da Zika virus in una persona italiana che ha soggiornato in Brasile nella seconda metà del mese di gennaio. Al rientro la persona ha manifestato insorgenza di rash cutaneo, senza febbre o altri sintomi. Dopo 2 giorni si è presentata all'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani dove è stata visitata. Gli esami virologici specifici per arbovirosi effettuati hanno messo in evidenza la presenza di infezione da Zika virus, di cui per il momento non ci sono né vaccino né cure e che rappresenta un rischio soprattutto per le donne in gravidanza. In Brasile si sono registrati quasi 3.000 casi sospetti di microcefalia nei neonati. 

Quarto caso in Veneto - Sempre oggi è stato confermato in Veneto un quarto caso di positività al virus. Si tratta di una persona italiana, di ritorno da un viaggio nella Repubblica Dominicana, curata all'Ospedale civile di Venezia. Le sue condizioni sono buone. "La comparsa di qualche caso - fa notare Coletto - non deve destare alcuna preoccupazione, sia perché sinora si tratta di persone tutte appena rientrate da zone a rischio, sia perché abbiamo la dimostrazione che la macchina dei controlli e delle cure funziona". Con quello di oggi sono quattro i casi in Veneto nel 2016, a cui si aggiungono i quattro riscontrati lo scorso anno, portando così a otto il numero dei casi di contagio da virus Zika nel nostro Paese, tutti riguardanti persone che tornavano da viaggi nei paesi colpiti.

Caos nel Pd, il sondaggio-ribaltone che Raitre non ha mandato in onda

Il sondaggio che spacca il Pd: il risultato che Raitre non manda in onda




Il sondaggio Ixé per Agorà sta creando un piccolo terremoto nella sinistra milanese. Succede questo: la rilevazione settimanale, diventata un appuntamento fisso per la trasmissione di Rai 3 , non è andata in onda per mancanza di tempo. Il sondaggio però è stato pubblicato sulla pagina Facebook della tramissione. Il dato più eclatante è che Majorino supera Balzani. Giuseppe Sala è dato al 45,5-48,5%, Majorino al 25-28%, Francesca Balzani al 24,5%.27,5% e Antonio Iannetta allo 0-1%. Un vero e proprio ribaltone. Majorino a sollecitare la la pubblicazione del sondaggio durante  durante il microfono aperto di Radio Popolare perché "ne abbiamo sentite di ogni, e ci sono già due sondaggi positivi per me e non ne è stato pubblicato manco uno, visto che non mi sento il figlio di un dio minore, se c'è pari opportunità nelle informazioni facciamo una cosa bella".

La polemica - Ma ieri l'esponente di Sinistra Italiana Daniele Farina si era detto sorpreso perché si intendeva diffonfere questo sondaggio. Aveva dichiarato: "Siamo di fronte un evidente e disperato tentativo di influenzare il voto che inizia a poche ore di distanza. Manifesto tutta la mia sorpresa per il fatto che il servizio pubblico si presti alle necessità di uno dei candidati". Ma Majorino  ha insistito: "Non ho mai corso guardando i numeri, ma se quel sondaggio è stato pagato con i soldi dei cittadini allora è dei cittadini, lo caccino fuori. Io mi sono candidato prima di lei, ma il problema non è temporale, non c'era un biglietto con il numero da prendere. La questione è politica: io non sono andato da Renzi a chiedere il permesso di candidarmi. E' una questione di autonomia. Quando da luglio mi sono battuto per ottenere le primarie l'ho fatto per garantire continuità al centrosinitra milanese di questi anni".

venerdì 5 febbraio 2016

Spogliarello all'esame di Stato: giovani giornaliste senza reggiseno

"Scusi, che marca di reggiseno ha?". Devono spogliarsi all'Esame di Stato




Scusi, che marca di intimo indossa?". La domanda imbarazzante è stata fatta alle giornaliste praticanti sottoposte ai controlli di sicurezza della centoventiduesima sessione della prova scritta per l'Esame di Stato del 2 febbraio scorso. Per entrare nella sala dell'Hotel Ergife di Roma, tutti i 180 candidati non solo dovevano consegnare all'ingresso cellulari e strumenti utili per navigare su internet, ma doveva anche passare attraverso un metal detector per motivi di sicurezza. Nessun problema per gli uomini, più di uno invece per le donne. In particolare quelle che indossavano una particolare marca di reggiseno sono state costrette a sfilarselo, alcune per fare prima lo hanno fatto sul posto, togliendolo da sotto il maglione, davanti ai responsabili della sicurezza - tutti uomini - con grande imbarazzo per entrambi: i gancetti di metallo facevano scattare l'allarme sonoro. Il problema si sarebbe presentato anche in passate sessioni, tanto da costringere l'Ordine dei giornalisti ad avvertire per email tutti i candidati. Lo ha ribadito anche il presidente dell'Ordine, Enzo Iacopino, come sempre presente alla sessione di esame: "Vi avevo avvisate - ha detto, secondo quanto riporta Repubblica - questa marca non va bene. Sapevamo che avrebbe suonato".

Caivano (Na): Tra proclami e il nulla il Paese affossa sempre di più

Caivano (Na): Tra proclami e il nulla il Paese affossa sempre di più Il malcontento tra la gente cresce a dismisura

di Gaetano Daniele



Assessori che sbattono la porta, rifiuti che sommergono la città, mentre la gara rifiuti viene prorogata e quindi si lascia ancora raccogliere la spazzatura alla ditta Buttol, che fino a qualche mese fa non riusciva nemmeno a garantire il regolare servizio, sanzionata più volte. E un sindaco ancora una volta solo, schiacciato tanto dalle logiche del suo stesso partito, Forza Italia, quanto dalla sua autonomia decisionale, che in una fase delicata come questa, dove appunto, si dimettono assessori e dove non si riesce nemmeno a garantire il numero legale in consiglio comunale, da virtù si trasforma in problema. Ma chi consiglia Monopoli? Chi gli sta facendo terra bruciata intorno per poi saltare sui fallimenti prodotti in questi pochi mesi di amministrazione, addirittura facendo credere che il fallimento delle scelte prese dall'attuale Sindaco non solo siano strategie politiche, in più, che la colpa sia di chi resta a guardare dal balcone. Simone Monopoli è al bivio, non servono più chiacchiere, come dal suo social network Facebook si evince, dove appunto, proclama  di essersi sorpreso da una visita recente da parte di suoi consiglieri dove lo invitano a scegliere anche per loro i nomi tecnici. E, in più, decanta che nessun sindaco può vantare questo rispetto, come se le altre forze politiche o i cittadini possano realmente credere che tutti i nomi dei tecnici vengano esclusivamente dettati dal sindaco. Se cosi fosse, perchè lo scorso 29 gennaio il consiglio comunale è andato deserto? Se cosi fosse, perchè l'ex consigliere comunale Alfonso Castelli ha lasciato Forza Italia? Se cosi fosse, perchè l'ex vicesindaco Diana Bellastella, si è dimessa? Se così fosse, perchè l'ex assessore Mena Sorrentino de La Svolta, ha lasciato la lista? Se cosi fosse, perchè a distanza di tempo non si è ancora presentata la nuova Giunta tecnica? Se così fosse, perchè Nino Navas, ed altri esponenti del partito hanno lasciato Forza Italia? Se cosi fosse, e secondo noi non lo è, perchè è saltato l'incontro con gli industriali nella zona Asi di Caivano?. Insomma, Monopoli in meno di 7 mesi di consiliatura è riuscito a collezionare solo inadempienze e improduttività, l'importante però, che sui vari blog o sulle varie testate giornalistiche online, come da magia,  compare l'esatto contrario. 

In breve, tutte conferme, altro che tre per fare una prova, come affermava la grande Agatha Christie, qui siamo oltre, ben più oltre. Siamo al punto in cui ci sarebbe da augurarsi una fine anticipata dell'attuale amministrazione. Lo dimostra appunto il fatto che anche nell'ultimo consiglio comunale è mancato il raggiungimento del numero legale, e il malcontento tra la popolazione è grande. 

Le voci sulla "fusione" Rai-Mediaset Rivoluzione: il colosso delle antenne

Le voci sulla "fusione" Rai-Mediaset. Rivoluzione: il colosso delle antenne




Telecom ha messo in vendita la quota di controllo di Inwit, la società in cui sono state conferite le torri tlc, e la scelta apre scenari suggestivi. Si parla della possibilità di fusioni e riorganizzazioni nella telefonia italiana. Ma non solo. Si parla anche di televisioni: secondo Repubblica, che cita fonti finanziarie, sia Rai Way - controllata dalla Rai al 65% -, sia Ei Towers - la società di cui Mediaset possiede il 40% - avrebbero avuto contatti informali tra loro e anche con alcuni operatori istituzionali e di mercato. Si cercano intese, sinergie, proprio come auspicato dal sottosegretario Antonello Giacomelli.

La situazione, rispetto a un anno fa, si è capovolta: al tempo tra i due rivali era calato il gelo, dovuto all'offerta ostile di Ei Towers proprio su Rai Way. Ora le due società potrebbero invece trovare un punto comune: l'interesse nel dar vita al colosso italiano del broadcasting. Un dialogo che potrebbe essere agevolato anche da soggetti terzi, quali il fondo F2i che cita sempre Repubblica. Uno scenario in cui tutto è possibile: tutto dipende dall'esito della vendita di Inwit, le cui offerte vincolanti sono attese per metà marzo. Da par suo sarebbe in campo anche Ei Towers, che avrebbe offerto 5 euro per ogni azione per rilevare fino al 29,9% del capitale di Inwit (e avrebbe superato l'offerta della spagnola Cellnex, che ha messo sul piatto 4,5 euro per azione; l'offerta però non dovrebbe essere accettata).

Gli spagnoli, comunque, sarebbero intenzionati a ritoccare al rialzo l'offerta, ma non è chiaro se riusciranno a superare Ei Towers. Nel caso Cellnex vincesse la partita su Inwit, allora Ray Way, con un partner finanziario che potrebbe essere F2i, potrebbe muoversi verso Ei Tower, che resta dunque al centro delle operazioni. Se al contrario fosse Ei Towers a vincere la partita diventando il secondo socio con il 29% del capitale di Inwit, il gruppo potrebbe successivamente dividere le sue attività in due, facendo confluire le torri televisive dentro Ray Way e concentrando risorse ed energie sullo sviluppo di quelle telefoniche, magari insieme a Telecom. Resta solida, insomma, la pista che porterebbe alla nascita di un polo nazionale per le torri delle tlc, dove si concretizzerebbe una fusione parziale tra Rai e Mediaset.

La soffiata: Mattarella e i due indizi Che cosa accadrà in Italia nel 2017

La soffiata: i due indizi di Mattarella. Che cosa accadrà in Italia nel 2017




Di elezioni, da qualche tempo a questa parte, se ne parla meno. Eppure sarebbero sui radar sia di Matteo Renzi sia del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Possibile che questo governo arrivi alla scadenza naturale nel 2018. Altrettanto probabile, però, che si vada alle urne già il prossimo anno, nel 2017. Già, ché l'anno in corso, tra mareggiate economiche, terrorismi, referendum e il caso-Libia si preannuncia burrascoso. E insomma, Renzi, dopo tutto ciò, riuscirà a resistere alla tentazione di andare al voto? Il punto è che di "tentazione" si tratta, come spiega Claudio Cerasa su Il Foglio, e questa tentazione, in primis, sta nella possibilità di cavalcare il - possibile - successo del referendum sulla riforma costituzionale.

E sempre il direttore de Il Foglio ci dà conto di una voce molto insistente tra i palazzi del potere. Una voce che riguarda niente meno che Mattarella, l'inquilino del Colle che avrebbe maturato una sua personalissima convinzione, la seguente: in caso di vittoria al referendum, Renzi troverà qualunque pretesto pur di far cadere in fretta e furia il suo governo per prepararsi al voto anticipato. Due le ragioni politiche che, sfruttando il referenudm, potrebbero portare il premier ad auto-staccarsi la spina. La prima: nel 2017 entrerà in vigore il Fiscal compact, e in mancanza della flessibilità necessaria, Renzi potrebbe impostare una campagna elettorale fieramente anti-Ue (e l'atteggiamento di queste ultime settimane pare un prologo all'ipotesi). La seconda, nel 2017 Renzi avrebbe già a disposizione la macchina-elettorale composta dai comitati referendari usati per la consultazione sulla riforma costituzionale: una struttura che renderebbe ben più appetibile l'ipotesi del voto anticipato.

Uno scenario nitido, lucido e più che credibile, quello che avrebbe ipotizzato Mattarella. Uno scenario al quale, da par suo, fonti governative si oppongono spiegando che nel 2017 non si può votare poiché l'Italia ospiterà il G7 e perché l'attuale maggioranza, sostenuta da micro-partitini destinati a sparire, è paradossalmente molto solida (a tenerla unita, questo il sottotesto, è il terrore di evaporare). Eppure la versione ufficiale potrebbe essere ben presto tradita dai fatti, in particolare se in questo 2016 la ripresa economica annaspasse, o peggio non ci fosse affatto. Se l'Italia non avesse alcun tipo di slancio, a Renzi resterebbe solo una possibilità: il voto, appunto, al quale arrivare in scia a un ipotizzabile successo referendario. Proprio come fece in Grecia Alexis Tsipras, sottolinea Cerasa, che si spinge a coniare un neologismo politico: "Effetto Renzakis".

"VENDONO", È PANICO Allarme rosso sulle Borse Chi ci sta per rovinare

L'allarme rosso sulle Borse mondiali: "I fondi sovrani stanno vendendo"



La parola d'ordine in Borsa: vendere. Non stiamo parlando degli azionisti della domenica ma degli investitori forse più importanti dal 2008 a questa parte, da quando cioè è esplosa la crisi. I fondi sovrani dei Paesi produttori di petrolio hanno dimezzato il loro potere d'acquisto. Colpa del prezzo del greggio colato a picco negli ultimi mesi (-70%), toccando i minimi degli ultimi 12 anni. Come spiega il Sole 24 Ore, oggi quegli stessi fondi, che a pieno regime e con le casse piene quando il petrolio era alle stelle pompavano sui mercati i loro 700-800 miliardi di dollari di surplus, possono investire "appena" 200-300 miliardi l'anno. Come dire: il "doping" delle Borse è finito e i mercati azionari e obbligazionari hanno sempre meno liquidità.

Dismissioni a catena - Per far fronte al prolungato debito di liquidità, i fondi hanno iniziato a dismettere il loro patrimonio finanziario, 4.000 miliardi di dollari: l'erosione anche di una minima parte di questo tesoro rischia di creare un'onda stile tsunami sull'economia globale. Secondo l'asset manager Lyxor negli ultimi mesi i fondi sovrani dei Paesi del Golfo, da soli, negli ultimi mesi hanno venduto circa 300 miliardi di dollari di azioni) e secondo molti analisti l'inquietante volatilità dei mercati potrebbe essere dovuta proprio alla smobilitazione selvaggia dei fondi sovrani.

Il caso Arabia - Lo specchio perfetto di quanto sta accadendo è l'Arabia Saudita, che ha già annunciato un deficit di 87 miliardi e conseguente massiccia opera di risanamento: più debito (prima emissione obbligazionaria in dollari dal 2007), privatizzazioni (in testa quella del colosso del settore idrocarburi Saudi Aramco) e dismissioni di asset, che nel 2015 si sono già ridotti di 73 miliardi di dollari.