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mercoledì 20 gennaio 2016

IN ARRIVO LA TEMPESTA Bisignani, suona la campana: "Renzi, occhio a quella lì..."

Bisignani, suona la campana a Renzi; "Quella donna che tu hai scelto..."




In una lettera al quotidiano Il Tempo  Luigi Bisignani avverte Renzi sull'arrivo di una "una tempesta perfetta" che sta per arrivare sul suo governo. Bisignani spiega che nonostante il premier, a differenza di Berlusconi, abbia Mattarella dalla sua parte (a differenza di Napolitano con Silvio), tutto è in pericoloso movimento. "Quando giornali di destra e di sinistra cominciano a riesumare i fantasmi delle varie P2 o P3 significa che la partita a mandare tutto a rotoli è iniziata". Renzi ha sbagliato secondo Bisignani a mettere il suo amico a capo della sicurezza. " Cominci quindi ad essere meno altezzoso, convochi tutto lo stato maggiore e non soltanto il suo triangolo magico, e si lasci consigliare anche, soprattutto in politica estera, da qualche ammiraglio, magari in pensione, che più di lei ha girato il mondo". E poi un consiglio sulla Mogherini:  "In questo momento, poi, non rinneghi gli ufficiali del tutto inadeguati che ha imposto, come Federica Mogherini, perché sta creando ancora più sconcerto nelle capitanerie occidentali che ancora non glielo perdonano. Ed infine lasci perdere almeno per un momento le nuove nomine nei servizi e nelle forze di polizia, di cui si sta appassionando, o quelle in Rai. Sta creando solo scompiglio e intossicando le cabine della sua nave in tempesta"

APOCALITTICO RENATO Brunetta: "Renzi come Silvio Ma c'è una differenza..."

Brunetta: "Renzi cadrà come Berlusconi Ma Matteo come un pugile Silvio invece..."




"La realtà è che Matteo Renzi è incapace di governare". Lo dice Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, a proposito degli attacchi della Ue al premier. In un'intervista al Tempo l'azzurro spiega che se Juncker, venerdì, ha fatto quelle dichiarazioni così aspre "vuol dire che aveva il consenso della Merkel e di Hollande. È una persona accorta, non farebbe mai uscite così forti a titolo individuale. Tutto ciò vuol dire che l' Italia è all'angolo, e dobbiamo dire grazie solo a Renzi". La grande colpa di Renzi, secondo Brunetta, è quella che si è "trastullato tra l'Italicum  la riforma costituzionale, gli 80 euro, il finto jobs act, e non ha realizzato le cose fondamentali, come la ricapitalizzazione delle banche, che la Germania e altri Paesi hanno fatto. Ora è troppo tardi, e dopo l' entrata in vigore del bail in le nostre banche sono fragili e contendibili. A ciò si aggiunga la situazione politica, con i partner europei che non fanno più toccar palla al nostro premier". Le previsioni di Brunetta sono a apocalittiche, parla di baratro e prevede la fine di Renzi che, secondo lui, "cadrà come un pugile suonato. Non serve neanche un pugno visto che ne ha già presi tanti".

La previsione - Inevitabile il paragone con  quanto accadde a Berlusconi nel 2011. "L' attacco speculativo segue la stessa logica. Allora fu messo nel mirino il nostro debito sovrano attraverso lo spread, oggi sono attaccate le banche. Le motivazioni, invece, sono molto diverse. Berlusconi fu attaccato perché autonomo, perché cercava un dialogo sia verso l' Atlantico che verso la federazione russa di Putin, verso la sponda Nord del Mediterraneo tramite il dialogo con Gheddafi elì fece impazzire sia Merkel che Sarkozy. Renzi invece paga la sua arroganza e impreparazione. E poi il governo Berlusconi nasceva da un trionfo elettorale, quello Renzi da una congiura di Palazzo".

Una grave crisi diplomatica L'ultimo disastro della Kyenge

La Kyenge è una calamità: ora ci fa litigare con il Marocco


di Franco Bechis
@FrancoBechis



C' è ancora un rapporto fatto arrivare ai servizi segreti italiani dai colleghi del Marocco che spiega molto sulle infiltrazioni terroristiche islamiche in Italia e soprattutto sulla rete organizzativa che passa dal Kossovo. Raccontava la fabbricazione di green card americane ad hoc e i passaggi «ripuliti» di personaggi dell' eversione, con una filiera che partiva da Trento e attraversava l' Emilia Romagna. Ignorato a lungo dagli investigatori italiani, è stato utilizzato in altri paesi per arrivare a smantellare la rete originaria in Kossovo. Ma l' informazione primigenia era stata data all' Italia. Come una più recente, che ha raccontato la fabbricazione di false identità siriane a molti presunti profughi (che in realtà non lo sono) sbarcati in Italia nell' ultimo anno. Pagando 2 mila euro sono in grado di assumere l' identità siriana e di avere i relativi documenti falsi.

L' organizzazione è assai efficiente, e ha ottimi infiltrati in Siria, in modo che quando le autorità italiane provano a fare la verifica sulla falsa identità, se la vedono confermare: infatti il nome era reale, i documenti pure, appartenuti a cittadini siriani morti durante la guerra, solo che oggi quei documenti e quelle identità sono attribuiti a pagamento a persone che nulla avevano a che fare con la Siria. La rete di questa organizzazione capillare è stata identificata e fornita alle autorità italiane ancora una volta dai servizi segreti marocchini. Il Marocco è infatti il paese al di là del Mediterraneo che possiede l' intelligence più efficace sull' Isis e le organizzazioni terroristiche islamiche che la fiancheggiano in Libia, in Tunisia, in Egitto, in Algeria e perfino in Iraq e in Siria. Siccome non mancano arruolamenti di militanti islamici marocchini, non è difficile per i servizi di Rabat infiltrarsi e poi utilizzare quelle notizie anche a favore dei principali partner occidentali. C' è una lunga tradizione di amicizia e parternariato fra Marocco e Unione Europea, in particolare soprattutto con Francia e Italia. Ma questa ultima relazione sta scricchiolando proprio in queste settimane, come il rapporto stesso da lungo esistente con l' Unione europea.

A mettere in crisi una alleanza che è considerata fondamentale di questi tempi è stata la decisione di prima istanza della Corte di Giustizia europea il 10 dicembre scorso di annullare l' accordo su agricoltura e pesca che era stato rinnovato ancora una volta nel 2012, con una motivazione che in gran parte era stata cavalcata da gruppi trasversali all' interno del Parlamento europeo: il Marocco non avrebbe avuto diritto a ricomprendere in quell' accordo anche i territori del sud del Paese, dominati dal fronte Polisario che ha lì proclamato per autodeterminazione la Repubblica democratica araba dei Saharaui, riconosciuta da 76 stati africani e sudamericani, ma non dall' Onu e dall' Unione europea.

A fare lobbing per il Fronte Polisario nel tentativo di togliere al Marocco gli introiti incassati in base agli accordi con l' Europa anche per i territori del Sud, è stato un gruppo di pressione capitanato soprattutto dagli italiani di Pd e Sel-Lista Tsipras. L' animatrice di questa campagna è stata Cécile Kyenge, che era pure ministro nel governo precedente guidato da Enrico Letta e anche all' epoca dominato dal Pd. La Kyenge da anni per altro combatteva la sua battaglia contro il governo del Marocco e a favore del Fronte Polisario, e ha organizzato una rete anche economica di sostegno e solidarietà agli indipendentisti del Sahraui nella sua Emilia Romagna. Il fatto che siano tutti italiani i protagonisti sta irritando non poco i vertici politici del Marocco. Che da una parte danno la responsabilità di quegli accordi bocciati proprio al governo italiano, vista l' appartenenza della Kyenge al Pd di Matteo Renzi. Dall' altra avvertono come una sostanziale presa in giro la dichiarazione con cui Federica Mogherini aveva provato a dare ragione al Marocco e ai contenuti dell' accordo di cooperazione con l' Europa. Perché il sostanziale ragionamento che si fa è questo: se il governo italiano e i suoi rappresentanti nelle istituzioni europee fanno professione di amicizia e riconoscono valido quell' accordo, perché poi i rappresentanti italiani dello stesso partito di governo al momento buono sono stati decisivi ad affossarlo?

Irritazione che colpisce dunque l' Italia, raffreddando i rapporti e aprendo una crisi acuita anche dal fatto che l' ambasciatore marocchino a Roma, Hassan Abouyoub, da ex ministro dell' Agricoltura del governo di Rabat era stato proprio il padre di quella cooperazione fra Marocco e Ue in tema di agricoltura e pesca. Un raffreddamento diplomatico regalato all' Italia dalla Kyenge proprio nel momento più delicato, quando del Marocco e delle sue preziose informazioni sulla sicurezza Roma ha bisogno più che mai.

La vedete questa donna? È italiana e tra i 62 più ricchi al mondo (32esima)

Tra i 62 più ricchi al mondo anche Del Vecchio e la vedova Ferrero




In 62 detengono il 50% della ricchezza del mondo, calcolata in dollari. Il dato, invero difficilmente verificabile, è stato pubblicato ieri dagli attivisti di Oxfam alla vigilia del forum economico di Davos, e ha fatto rapidamente il giro del mondo. Al vertice di questa doratissima classifica ci sono nomi noti, come quello di Bill Gates che coi suoi 79,2 miliardi di dollari è il paperon de' paperoni del mondo. Lo tallona il messicano Carlos Slim a quota 77,1 miliardi mentre a chiudere il podio c'è il finanziere americano Warren Buffet con 72,7. Nella top ten entrano anche Amancio Ortega, fondatore di Zara con 64,5 miliardi, un paio di fratelli Walton (la loro famiglia, quella dei supermercati Usa Wal Mart è la più ricca del mondo) e la francese Liliane Bettencourt (L'Oreal), prima donna della classifica con 40,1 miliardi.

Tra i 62 figurano anche due italiani: il primo non è una sorpresa, essendo il patron di Luxottica Leonardo Del Vecchio (con 20,4 miliardi di dollari di patrimonio personale). Il secondo è una donna: Maria Franca Fissolo, che si trova al 32 posto, ben 8 posizioni sopra Del Vecchio. Il suo nome, ai più, dice poco o nulla. Chi

è questa signora di denari, con un patrimonio personale da 23,4 miliardi? Trattasi della vedova di Michele Ferrero, l'ex numero uno dell'omonimo colosso dolciario, scomparso il 14 febbraio 2015.

L'Intervista - Massimo Mauro attacca (e fa i nomi) "Ecco chi fa male al calcio italiano"

Massimo Mauro attacca (e fa i nomi): "Chi fa male al calcio italiano"


intervista a cura di Fabrizio Biasin
@FBiasin



Massimo Mauro (ex calciatore di Catanzaro, Udinese, Juventus e Napoli, ex politico dell’Ulivo, ex dirigente sportivo, commentatore Sky che non teme nessuno ma tutti temono più di un herpes fetente), partiamo con un giochino. Chi le disse «Lei è molto intelligente e preparato, soprattutto sul gioco delle bocce»?

«Non ricordo».

Glielo dico io, Lotito.

«Beh, ha detto una bugia, a bocce non posso giocare per via del mal di schiena».

Per lo stesso motivo si ritirò molto presto, a 31 anni. 

«Meglio così, non capisco quelli che vanno avanti a giocare fino a 40 anni, che arrancano in campo col culone, meglio lasciare un bel ricordo».

Beh, detto da uno che ha giocato con Zico, Platini e Maradona è un po’ comodo, non crede? A proposito, il suo preferito tra i tre?

«Maradona era il calcio, gli altri hanno giocato a pallone. Però bisogna sempre mettersi nei panni degli allenatori. In questo senso Zico era perfetto, da 9.5 in pagella sotto tutti i punti di vista: in campo, fuori... Diego invece...».

Invece?

«Era un genio e come tutti i geni aveva bisogno di... sfogarsi in qualche modo».

Beato lei che ha partecipato alle mitiche feste di Diego. Ce ne racconti una.

«Beh, la vera festa leggendaria fu il suo matrimonio: 3 giorni di bagordi, eccessi, esagerazioni. I giornali di gossip impazzirono. Mi divertii parecchio».

Insomma, non ci dice niente. E Platini? È finito male. Secondo lei ha rubato davvero o si tratta di una congiura?

«Non le dirò “è tutta colpa della magistratura”, ma per come lo conosco io non riesco a immaginare che abbia fatto qualcosa di male».

Già, sarà stata la strega cattiva. Sembra uno dei suoi assist dei bei tempi passati...

«Gol in effetti ne ho fatti pochi, dico sempre che quando mi avvicinavo all’area di rigore la porta si rimpiccioliva e allora preferivo passare il pallone».

Nei panni del commentatore invece è un vero e proprio bomber. La gente la riconosce di più in qualità di ex calciatore o di opinionista?

«Beh, io non ho vinto Mondiali o Champions, invece in tv ho fatto 8 finali da commentatore e anche quelle te le devi conquistare. Bisogna avere opinioni chiare, saper prendere posizione, è indispensabile riuscire a rispettare l’interlocutore senza diventarne suddito».

Spesso invece si assiste al classico «azzerbinamento» o comunque si precipita nell’universo delle banalità.

«Il calcio “è” banale perché è ripetitivo. Platini diceva “fate parlare tutti i giorni Einstein di calcio e anche lui dirà cazzate”. Dal mio punto di vista cerco di stare dalla parte dello spettatore senza guardare in faccia nessuno».

Per questo si è fatto un sacco di «nemici»...

«Mah, non direi. Si discute, è vero, ma tutto deve finire lì, dopo un’ora è tutto dimenticato».

Dice? Sui social gliene dicono di tutti i colori. 

«Il 90% delle persone che incontro mi fa i complimenti, poi ci sono quelli che “vivono di tifo”, i disturbati, ogni tanto leggo alcune cose e mi domando “ma questo è il mondo reale?”».

Su, non faccia finta che non gliene freghi niente...

«I commenti sui social? È lo sfogatoio degli imbecilli, me ne frego altamente. Neanche ci vado sui social, ho solo una pagina privata su Facebook ma non sono come quelli che si svegliano al mattino e hanno la necessità di scrivere “Che bella giornata” o ce l’hanno con Vasco e scrivono “Fanculo Vasco”. Ma siete scemi? Una volta però ci sono rimasto male...».

Dica dica...

«La reazione dei tifosi dopo la lite con Benitez dell’anno scorso».

Lo spagnolo disse riferendosi a lei «se parliamo di politica o golf devo ascoltare un tifoso della Juve, anzi del Napoli, se parliamo del calcio preferisco ascoltare altri».

«Mi ero permesso di giudicare gli errori tattici del mister dopo la partita con la Juve e i tifosi se la sono presa con me, l’hanno vissuto come un affronto al Napoli. Lì me la sono presa molto. I tifosi e gli allenatori non capiscono che la nostra è una valutazione sui 90 minuti, non sul lavoro in generale».

L’avventura di Rafa al Real è finita male. Dica la verità, ha goduto per l’esonero.

«Ma va, Benitez è un bravo allenatore, semplicemente io avevo stima dell’uomo e lui è andato oltre. E comunque i tecnici si possono perdonare perché vengono a parlare “a caldo”. C’è molto di peggio».

Tipo?

«I dirigenti e il sottobosco di personaggi che gli girano attorno: quelli non capiscono niente, ma niente di niente. Lo dimostra il fatto che per avere diritto di parlare di calcio si comprano le squadre. Tipo Lotito».

Faccia il nome di una mosca bianca, un dirigente che capisce di calcio

«Non c’è».

Anche lei è stato dirigente, un anno e mezzo da presidente del Genoa in B nel 1997-1998.

«Una tifoseria competente, un’esperienza bellissima. Rassegnai le dimissioni proprio perché a un certo punto patron Gianni Scerni (gran persona) oltrepassò la barriera. Ripeto: è difficile avere a che fare con chi non capisce di calcio».

Dica la verità, si sente un po’ il re degli opinionisti tv?

«Beh, il re no, ma in un’ipotetica classifica sarei “da scudetto” o comunque in “zona Champions”».

C’è qualche collega della concorrenza che le piace particolarmente?

«No».

E tra i suoi colleghi?

«Adoro Bergomi, Marchegiani è bravissimo, ma in generale tutti abbiamo il nostro stile anche se, è chiaro, non siamo perfetti e ci sono delle cose che cambierei».

Esempio?

«Dovremmo parlare meno. Anche perché in diretta è difficile essere sempre perfetti con l’uso dell’italiano. Fanno bene i critici a prenderci in giro sui giornali».

Parliamo un po’ di calcio, sia gentile. Inter: lei è più «sacchiano» e quindi «che pena il giuoco di Mancini» o «il fine giustifica i mezzi»?

«I successi devono sempre passare dal bel gioco, ma diciamo la verità: solo Mancini poteva ottenere questi risultati, sta facendo un gran lavoro».

È stato un po’ paraculo. Proviamo col Milan. Il 29 agosto 2010 disse: «Ibra è più utile al Berlusconi Presidente del Consiglio che al presidente del Milan».

«Confermo. Berlusconi ha usato il Milan e così facendo lo ha portato in cima il mondo. Non mi fraintenda, ha fatto benissimo».

E come mai ora c'è questa aria di smobilitazione?

«Perché il Milan è espressione del suo presidente che non è più quello di 15 anni fa».

Una soluzione?

«Capello come supervisore e un tecnico giovane sul campo. Mi sembra l’unico rimedio al momento».

In molti chiedono la testa di Galliani.

«Galliani è uno dei dirigenti più bravi in assoluto. E comunque dopo 30 anni se ti sei stufato di un tuo dirigente lo fai fuori, se vai avanti con lui un motivo ci sarà. In ogni caso io non sono berlusconiano né tantomeno di destra, ma per il bene del calcio e del Paese mi auguro la rinascita del Milan e di una destra “illuminata”».

Con Berlusconi?

«Diciamo che Berlusconi non è proprio il mio Presidente del Consiglio ideale, ma sempre meglio che Salvini».

Non le piace? Non l’avrei mai detto...

«Salvini è bravissimo a comunicare quello che gli serve, così facendo nessuno si ricorda che la Lega ne ha combinate di tutti i colori. In ogni caso non gliene faccio una colpa...».

In che senso?

«I politici vivono nell’ossessione della rielezione, del consenso. In pubblico sono in un certo modo, poi magari in privato sono persone deliziose».

Tipo lei: deputato con l’Ulivo nel governo Prodi, consigliere comunale a Torino nel 2006, iscritto nel 2013 al Partito Comunista di Rizzo.

«Quest’ultima è una colossale cazzata che lei ha letto su Wikipedia».

È vero, lo confesso. Però anche lei si è fatto un giro sulla «giostra» dorata della politica, lo ammetta.

«No, io dopo due anni ho deciso di non ricandidarmi e comunque sono stato eletto dall’Ulivo in un collegio uninominale e maggioritario. In soldoni: mi ha scelto il popolo e sono rimasto una sola legislatura. In ogni caso non solo non ho mai avuto la tessera del Partito Comunista, ma neppure quella del Pd. Non che sia un male, per carità».

In compenso ha un altro tipo di tessera: da anni combatte in prima linea contro la Sla.

«Quello è il mio vero lavoro o comunque quello dove è più importante non sbagliare. Da tre anni sono il presidente dell’associazione “malati di Sla”».

A che punto è la ricerca? Si vedono spiragli?

«No, non siamo vicini alla soluzione, siamo ancora alla ricerca “di base” e questo è un gran problema perché non stuzzichiamo l’interesse delle industrie farmaceutiche. Quelle si attivano solo quando intravedono la possibilità di commercializzare un farmaco...».

Su Facebook...

«Ancora Facebook? Gliel’ho detto che è lo sfogatoio degli imbecilli! Pensi che dopo Napoli-Inter ho scritto su Repubblica che i giocatori del Napoli hanno sbagliato a fare il giro del campo perché si fa “a scudetto vinto”. Ebbene? Mi hanno massacrato, hanno fatto “i gruppi” per insultarmi».

Su, non faccia la vittima. Non mi dica che il suo è un lavoro di sofferenza.

«Ma no. Per dire, la domenica notte in Sky Calcio Club con Caressa, Boban, Bergomi e Vialli mi diverto un mondo. Fabio ha inventato questa formula spensierata che piace a noi e penso anche alla gente».

L’ha mai cercata la concorrenza?

«Sì, ma sto bene dove sto. A Sky posso dire tutto quello che voglio, ho massima libertà».

Mi dice quanto guadagna?

«No, ma le posso dire che guadagno il giusto in proporzione a quello che faccio. Discutere in diretta è una cosa più seria di quel che può sembrare...».

L'Inter passa al San Paolo. E' in semifinale di Coppa Italia

L'Inter passa al San Paolo. E' in semifinale di Coppa Italia




Grazie ai gol di Jovetic al 74’ e di Ljajic 92’ l’Inter batte 2-0 il Napoli al San Paolo e conquista la semifinale di Tim Cup, dove affronterà la vincente di Lazio-Juventus, in programma stasera. Tra i due gol nerazzurri l’espulsione di Mertens (doppia ammonizione), in pieno recupero quella del tecnico dell’Inter Mancini dopo un duro battibecco con la panchina del Napoli.

La voce che scuote l'Europa: "L'addio alla moneta unica è vicino"

Chiuse tutte le frontiere: è la fine. Perché possiamo dire addio all'Euro




Gli ultimi cinquant'anni di accordi e concessioni fatti tra i Paesi dell'Unione europea rischiano di sgretolarsi nel giro di pochi mesi. Il percorso di unità geografica, in parte politica e infine monetaria potrebbe essere spazzato via se, come sembra finora, il primo sintomo, cioè il lento fallimento dell'Accordo di Schengen, sarà ignorato o peggio sottostimato come una banale influenza stagionale. A mettere in standby la libera circolazione di merci, persone e servizi ha cominciato quest'anno la Svezia che, dopo aver accolto circa 160mila rifugiati nel solo 2015, ha imposto il controllo dei documenti per chi arrivava dalla Danimarca in treno, auto e nave. Il governo di Copenagen non è stato da meno, poche ore dopo, ricorda il Corriere della sera, ha limitato la circolazione libera sulla frontiera con la Germania, cominciando a fare controlli a campione per limitare l'arrivo di profughi senza i requisiti richiesti. Lo scorso sabato è stata la volta dell'Austria, esposta al fronte caldo della via dei Balcani lungo la quale arrivano migliaia di richiedendi asilo dalla Siria. Una reazione alla decisione di Berlino che sin dal 13 settembre aveva provato a rallentare il flusso di immigrazione sempre più fuori controllo.

La chiusura - Nell'accordo di Schengen non crede più neanche una tra le ultime arrivate nell'Ue come la Slovenia, esposta più di tutti i Paesi all'invasione che non trova particolari ostacoli nel passaggio attraverso la Grecia. Scenario identico all'estremo nord con la Norvegia, fuori dell'Unione, ma dentro l'accordo di libera circolazione che già dallo scorso 30 settembre ha bloccato l'ingresso dei profughi a Storskog a confine con la Russia. Sono tutte misure già comprese nel regolamento dell'Accordo, ma che lanciano segnali inquietanti per chi ha sempre creduto che fatto quel trattato non si sarebbe più tornati indietro. Facile la proiezione sul resto dei legami che tengono insieme i Paesi europei, vedi ad esempio la stessa unità monetaria, già impopolarissima in diversi Paesi, Italia in testa, e messa in fortissima difficoltà dalle tensioni che Bruxelles sta mettendo in piedi con i governi mediterranei ancora in difficoltà nel rientro dalla crisi.

La misura - La Commissione europea solo ora si sta accorgendo dell'imminente pericolo di implosione e ha cominciato a lavorare a un piano per la creazione di una Guardia europea delle frontiere e delle coste, un organismo sovranazionale che risponda direttamente a Bruxelles e non ai singoli Stati. Se ne discuterà nel Consiglio europeo del prossimo febbraio, in un momento già critico per chiedere ai Paesi europei di cedere ulteriore sovranità, mentre si avvicina la primavera e quindi l'incremento dei flussi favoriti dal clima più mite.