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mercoledì 20 gennaio 2016

REDDITI DEI PARLAMENTARI Monti fa il pieno (di euro) Chi ci guadagna con Renzi

Chi ha guadagnato con il governo Renzi: sconosciuto il reddito di Napolitano


di Franco Bechis
@FrancoBechis



Sono tre le buone notizie che vengono dalle dichiarazioni dei redditi 2015 dei parlamentari italiani. Due sono legate al senatore a vita ed ex premier Mario Monti. Da quando ha smesso di occuparsi del governo (buona notizia per i contribuenti italiani) il suo reddito è quasi triplicato (buona notizia per la famiglia Monti). È proprio Monti infatti il parlamentare che più di ogni altro ha aumentato il proprio reddito fra le dichiarazioni 2014 e quelle 2015. È passato da 288.896 a 775.552 euro, con un aumento percentuale del 168,44%. Con quella cifra per altro il senatore a vita si piazza anche al settimo posto della classifica provvisoria dei redditi. Diciamo provvisoria perché fra Camera, Senato e governo manca ancora una cinquantina di dichiarazioni dei redditi, alcune delle quali in grado di modificare la parte alta della classifica. Ma al momento Monti è in testa per il balzo in avanti effettuato, e il secondo posto è a larghissima distanza. Lo ha conquistato il tesoriere e deputato del Pd Francesco Bonifazi, medaglia d' argento nella classifica della performance, con una crescita dei suoi redditi del 66,76%. In assoluto sono passati da 174.580 a 291.140 euro, e Bonifazi è l' esponente renziano che ha avuto più benefici alla propria situazione economica con l' arrivo di Matteo Renzi a palazzo Chigi.

A larga distanza da Monti, che è imbattibile. Il senatore a vita che fondò Scelta civica, ma che oggi vede la sua creatura come il fumo negli occhi, ha fatto quell' incredibile balzo peraltro andando a piedi. Perché nella sua dichiarazione patrimoniale regala un' altra piccola notizia: aveva due auto intestate a suo nome, una Lancia Dedra e una Lancia Kappa. Le ha rottamate entrambe e non ne ha comprate altre.

Il reddito lievitato di Monti è peraltro meno di un terzo di quello del parlamentare che nella classifica provvisoria risulta il più ricco di tutto il Parlamento. Sembra un gioco di parole, ma a valere più di tre volte Monti è Tremonti. Giulio, che come il senatore a vita ha fatto il ministro dell' Economia (però nei governi guidati da Silvio Berlusconi), ha avuto una crescita dei propri redditi del 12,96%, ed è perciò fra i 180 parlamentari che hanno migliorato la propria condizione economica durante il governo Renzi. Come Monti ancora di più Tremonti, lontano dai problemi del governo, è tornato a fare il suo mestiere di superconsulente fiscale ai massimi livelli. E il suo reddito è cresciuto ancora da 3,48 a 3,93 milioni di euro complessivi. Nella classifica provvisoria è al primo posto davanti all' avvocato per eccellenza di Berlusconi, Nicolò Ghedini, il cui reddito nell' ultimo anno è ancora salito del 6,76%, arrivando a quota 2,46 milioni di euro. Terzo posto per un altro berlusconiano. Alfredo Messina, storico direttore finanziario del gruppo Fininvest e oggi senatore azzurro, che ha una dichiarazione dei redditi di 1,63 milioni di euro (di poco variata, appena dello 0,40%, rispetto all' anno precedente). Alle sue spalle e al quarto posto Alberto Bombassei, industriale (gruppo Brembo) eletto in Scelta civica, con un reddito da 1,5 milioni di euro. Tanti soldi, ma erano molti di più l' anno precedente (2,95 milioni di euro). Bombassei è infatti fra le vittime dell' epoca Renzi, con una contrazione di reddito del 48,95%.

Quinto posto nella classifica provvisoria dei milionari per il senatore a vita Renzo Piano: 1,36 milioni di euro. Anche lui è in caduta del 24,92% rispetto all' anno precedente, ma è una riduzione a due velocità. Piano è residente anche fiscalmente a Parigi, e quindi presenta due dichiarazioni dei redditi: una francese, e una italiana. Ad essere scesi sono i proventi francesi. Quelli italiani (parzialmente inclusi fra i redditi imponibili in Francia ai sensi della convenzione fra i due Paesi) sono invece lievitati, passando da 99.288 a 426.975 euro. L' ultimo milionario è ancora una volta un senatore berlusconiano, anche lui proveniente dal gruppo Fininvest: Salvatore Sciascia, con un reddito di 1,03 milioni di euro (-0,67%). Seguono in classifica proprio Monti, poi un altro senatore a vita come Carlo Azeglio Ciampi con 695.545 euro, che è in gran parte la pensione da ex governatore della Banca di Italia, e poi ancora l' avvocato di Berlusconi Piero Longo con 597.741 euro (in caduta del 34,16% rispetto all' anno precedente), e al decimo posto un altro senatore azzurro, l' imprenditore alberghiero Bernabò Bocca (574.805 euro, in crescita dell' 1,14% sull' anno precedente).

Non c' è solo Ciampi in classifica fra i protagonisti delle istituzioni. Arriva per la prima volta dopo nove anni di presidenza della Repubblica anche la dichiarazione dei redditi di Giorgio Napolitano. E subito nasce un piccolo giallo. La dichiarazione dei redditi 2015 ammonta a 261.919 euro, ed è inferiore del 14% alla dichiarazione dei redditi 2014, che viene resa nota ora per la prima volta: erano 304.916 euro. Entrambe le cifre però sono superiori - una di molto - a quei 239.181 euro che Napolitano disse di guadagnare lordi come presidente della Repubblica, assicurando in un comunicato del Quirinale di non percepire «alcun vitalizio o trattamento pensionistico da tempo maturato per le attività di deputato in dieci legislature». A cosa è dovuta quella differenza? Mistero.

Buone notizie intanto per i redditi di altre due autorità istituzionali attualmente in carica. Il presidente della Camera, Laura Boldrini, ha visto crescere il proprio reddito in un anno del 19,99% (a 138.486 euro). Il presidente del Senato, Piero Grasso, l' ha visto crescere dell' 11,99%, passando però a un ben più significativo 354.487 euro: segno evidente di cumulo con la pensione da ex magistrato.

Quanto al governo Renzi, 18 ministri e sottosegretari hanno migliorato la propria posizione economica, per due di loro è restata immutata e in 21 casi invece è decisamente peggiorata. La migliore performance è stata messa a segno da Ivan Scalfarotto (+32,91%), seguito da Paolo Gentiloni (+31,78%) e da Umberto Del Basso De Caro (+31,29%). Fra chi ha fatto il balzo in avanti ci sono Angelino Alfano (+19,42%), lo stesso Renzi (+10,24%), e un lungo elenco che si chiude con Marianna Madia (+1,35%) e Roberta Pinotti (+0,57%). Fra quelli che invece ci hanno rimesso, Maria Elena Boschi (-5,88%), Stefania Giannini (-6,47%), Maurizio Martina (-15,45%), Dario Franceschini (-17,87%), Andrea Orlando (-20,23%) fino a Giuliano Poletti (-35,37%) e ai poveri Federica Guidi (-60,63%) e Carlo Calenda (-72,92%), che hanno subito un vero tracollo .

Ci sono altri nomi noti che non debbono proprio ringraziare l' era Renzi. Ha perso il 45,66% del suo reddito Maurizio Lupi, ed è andata peggio a Massimo Mucchetti (-51,42%), all' esponente di Sel Arcangelo Sannicandro (-61,48%) e al senatore azzurro Franco Carraro (-72,92%). La maglia nera per la peggiore performance è andata però a Yoram Gutgeld, che con Renzi ha perso quasi tutto, visto che il suo reddito è crollato da 3,23 milioni di euro ad appena 101.379 euro.

Gutgeld è andato a palazzo Chigi a fare il commissario della spending review. Lo chiamavano "mani di forbice", ma poi lo prendevano in giro perchè non aveva tagliato quasi nulla. Non è vero: le forbici si sono abbattute in modo eccellente sul suo reddito, che è stato tagliato del 96,86%.

Redditi a parte, ogni parlamentare ha dovuto dichiarare le variazioni al proprio patrimonio: 87 hanno acquistato un' auto, 49 l' hanno venduta o demolita. Fra i modelli più rincorsi la Smart e la Fiat 500L. In 25 hanno acquistato una moto (quasi tutte del gruppo Piaggio). Altri 86 parlamentari hanno comprato o ricevuto in eredità una casa, soprattutto a Roma, Palermo e Milano. In 52 invece hanno acquistato o venduto in borsa. Non proprio delle aquile: i titoli più gettonati sono stati quelli bancari, e in assoluto quelli di Banco Popolare, Banca Popolare di Milano e Banca popolare di Vicenza.

C' è anche chi ha acquistato 30 mila Cassa di Chieti poco prima che quei titoli diventassero carta straccia. Molte le curiosità che si derivano da quelle dichiarazioni. Ecco le principali Il senatore grillino Maurizio Buccarella si è sposato da poco, ed è così felice che non sta nella pelle: vuole dirlo a tutti. Lo ha scritto il primo dicembre scorso perfino nella sua dichiarazione patrimoniale 2015, dove spiega che l' unico "bene" variato è proprio quello: «Lo stato civile del sottoscritto è variato in data 03/09/2015 per avere contratto matrimonio civile». Gabriele Albertini (Ap) annuncia invece di essere tornato ad occuparsi delle sue aziende, visto che la politica non è riuscita a dargli le soddisfazioni che sperava: «Membro del cda della Albertini spa dal maggio 2015». Paolo Bonaiuti (Ap) è tornato all' hobby preferito, quello dell' investitore in borsa:si è fatto convincere da Marchionne e ha comprato 3 mila Fca, ma ha puntato pure all' estero, acquistando 600 Alibaba cinesi e 3.300 General Electric. Vito Rosario Petrocelli (M5s) deve essere passato vicino a Bonaiuti durante una seduta di borsa e ha deciso di iniziare anche lui l' avventura da investitore. Siccome è un tipo prudente, fa un passo alla volta: per ora si è comprato una azione dell' Eni, poi si vedrà. Il forzista Antonio Razzi invece ha deciso di dare una ripulita al garage.

Ha rottamato la sua Bmw 530 d che aveva da 15 anni (immatricolata nel 2000) e se ne è comprata un' altra quasi identica (Bmw 530 xd) di seconda mano, del 2013: valore intorno ai 30 mila euro, salvo sconti particolari. Gaetano Quaglieriello divorzia oltre che da Ncd anche da Oristano: nel giro di due mesi la moglie Stefania ha venduto due case che possedeva lì. Ilaria Borletti dell' Acqua comunica un po' snob invece di avere demolito la sua Fiat Panda. E non ne ha acquistate altre.

Maria Chiara Carrozza un anno prima faceva ancora il ministro della scuola con Enrico Letta. Poi l' hanno mandata via. Sulle prime ci è restata male, poi ha reagito: si è comprata il 10% di «una società spin-off della Scuola superiore Sant' Anna - la Iuvo srl».

MAZZATA SU MARIA ELENA Governo: consiglio horror a Boschi "Ecco cosa devi fare con tuo padre"

Enrico Zanetti: "Se mio padre incontrasse Flavio Carboni lo strangolerei"




Un giorno fa, Roberto Speranza aveva sollecitato la ministra delle Riforme Maria Elena Boschi a chiarire i rapporti esistenti tra suo padre, in qualità di vicepresidente di Banca Etruria, e il faccendiere Flavio Carboni, considerato l'organizzatore della P3. Ieri sera su La7, a "Di Martedì", il segretario di Scelta Civica e sottosegretario all'Economia e Finanze, Enrico Zanetti, ha scagliato una seconda pietra verso la Boschi, il cui isolamento appare ormai tangibile. Ospite nello studio di "Di Martedì", Zanetti è stato allo stesso tempo ironico e duro: "Innanzitutto, ringrazio mio padre per non aver mai avuto rapporti con un personaggio come Flavio Carboni. Ma se li avesse avuti, lo strangolerei nel segreto delle mura domestiche". Zanetti ha poi alleggerito la dose di sarcasmo e condanna dicendo che comunque la Boschi non è a suo avviso nella posizione di doversi dimettere.

martedì 19 gennaio 2016

Un fulmine a ciel sereno, addio Inter Tutto pronto: dove se ne va Mancini

Fulmine a ciel sereno, addio Inter. Tutto pronto: dove va mister Mancini




Una bomba scuote l'Inter. Roberto Mancini, infatti, è il primo nome nella lsita di Carlo Tavecchio per sostituire Antonio Conte sulla panchina della Nazionale, nel (probabilissimo) caso in cui l'ex mister della Juve abbandoni la guida tecnica dell'Italia al termine dei campionati Europei di quest'estate. Secondo quanto si è appreso, Mancini sarebbe lusingato dall'interessamento della Figc, anche se il suo contratto è in scadenza nel 2017, al termine della stagione successiva. Inoltre, Thohir non sarebbe dell'avviso di venderlo: nei piani del presidente nerazzurro, infatti, il tecnico dovrebbe essere una sorta di Ferguson, un manager legato (quasi) a vita con i nerazzurri.

Caivano (Na): PERICOLOSISSIMO RISCHIO di perdere la Videosorveglianza Ecco il Comunicato del PD

Caivano (Na): PERICOLOSISSIMO RISCHIO di perdere la Videosorveglianza Ecco il Comunicato del PD



a cura del Partito Democratico Sez. Caivano




PERICOLO DI PERDERE LA VIDEOSORVEGLIANZA A CAIVANO

Il giorno 29 dicembre 2015, la giunta regionale della Campania, con delibera n. 862, ha deliberato l’approvazione di uno schema in merito al “Patto Terra dei Fuochi”, tale schema detta le linee guida e le regole che i sottoscrittori ed i beneficiari,  di finanziamenti  inerenti a tale patto devono tenere e rispettare. 

Tra i beneficiari dei finanziamenti, compare il Comune di Caivano, con un progetto, presentato dalla ex giunta Falco, e fortemente voluto dall’ex Assessore all’Ambiente, Francesco Casaburo, oggi uno dei maggiori riferimenti locali del Presidente De Luca. Tale progetto prevedeva  un sistema di videosorveglianza sul territorio exstraurbano, finanziato per un importo di € 500.000 , per l’stallazione di circa 40 telecamere per il controllo del territorio comunale, da realizzare entro il 31 dicembre 2015, pena la perdita dei finanziamenti.

Ad oggi la nuova amministrazione a giuda Forza Italia,  con il Sindaco Monopoli, è riuscita a dare solo un incarico ad un tecnico di fiducia per l’importo di € 9.000, attraverso il suo dirigente di fiducia dott. Vito Coppola, senza riuscire a concretizzare nulla ( il progetto non si sa a che punto sia), rischiando di perdere il finanziamento ottenuto dalla precedente aministrazione. 

Con il sollecito del PD locale, siamo riusciti a far rifinanziare il progetto con una proroga che consente al comune di Caivano di ripresentare gli elaborati entro il 28 febbraio 2016. Grazie all’intervento della Giunta Regionale a guida De Luca si potra usufruire di 40 telecamere da predisporre sul territorio per evitare lo sversamento illegale dei rifiuti, dimostrando ancora una volta le capacità amministrative del PD, locale e regionale, e le inefficienze nonché le incapacità politiche di questa amministrazione a giuda Monopoli, che navigano solo sulle onde di annunci e spartizioni di incarichi.

Il Partito Democratico, sollecita fortemente quest’amministrazione affinché venga reso pubblico, con atti e documenti, lo stato di avanzamento dei lavori. 

Lo scandalo: radiato Fabio Fazio? Da chi ha preso (moltissimi) soldi

Lo scandalo: radiato Fabio Fazio? Da chi ha preso (moltissimi) soldi




Grossi guai per Fabio Fazio, sul cui conto deciderà il Consiglio disciplinare dell'Ordine dei Giornalisti della Liguria. Il conduttore di Che tempo che fa, iscritto all'Albo dei giornalisti Pubblicisti, ha infatti prestato il suo volto per uno spot promozionale della Tim, in onda su tutte le tv nazionali. Peccato però che la deontologia professionale sia chiara: un giornalista non può fare pubblicità, per niente, e può prestare il suo volto soltanto per iniziative benefiche ma non retribuite. La bomba-Fazio, dopo la prima messa in onda dello spot, è deflagrata nel giro di pochi minuti.

Contro il conduttore Rai è piovuto un esposto, reso pubblico su Facebook, in cui si ricorda che Fabio non soltanto ha violato le norme dell'Ordine dei giornalisti prestando il suo volto per uno spot commerciale, ma che con assoluta probabilità, per lo spot, ha ricevuto un lauto compenso che, ad oggi, non risulta essere stato devoluto in beneficenza. Ora, sul suo conto, dovrà esprimersi una giuria costituita non soltanto da giornalisti: per garantirne la terzietà prenderanno parte al giudizio contro il giornalista sotto esame anche persone non iscritte all'ordine.

Quella di Fazio è una delle infrazioni professionali più gravi. Infatti, ora, il Consiglio di disciplina che è chiamato ad esaminare il suo caso e a prendere eventuali decisioni, potrebbe anche propendere per la radiazione dall'Albo di mister Che tempo che fa (altrimenti, pena minore, Fazio sarà colpito da una sanzione). Il conduttore Rai verrà ascoltato dal Consiglio di disciplina, dove potrà esporre elementi utili alla sua difesa. Infine, Fazio, intervistato da TvBlog, ha spiegato che avrebbe scritto al presidente dell'Ordine ligure, Filippo Paganini, prima di accettare il ruolo nella pubblicità Tim: Fazio sostiene di aver chiesto delucidazioni e di aver chiesto all'Ordine di cancellarlo dall'Albo nel caso in cui la pubblicità fosse stata contraria alle norme.

UNDICI BANCHE A RISCHIO Ecco la lista degli istituti finiti nel mirino dell'Europa

Le undici banche nel mirino dell'Europa


di Nino Sunseri



Piazza Affari la peggiore d' Europa. A travolgerla sono state le banche trainate da Mps la cui quotazione è andata letteralmente a pezzi (-14,7%). Da inizio anno il ribasso supera il 38% spingendo la capitalizzazione a 2,2 miliardi. Livello ben distante dai 3 miliardi di aumento di capitale realizzato solamente lo scorso giugno. Un ricordo lontano e doloroso l' altra operazione da cinque miliardi del 2013. Sulla scia del Monte hanno chiuso in forte ribasso altri bancari come Ubi (-7,2%) e Banco Popolare (-6,7%). Ma non se la sono passata bene neppure i due big del settore: Intesa Sp (-5%) e Unicredit (-5,3%). L' indice ha chiuso in ribasso del 2,65%, facendo nettamente peggio del resto d' Europa. Londra perde lo 0,42%, Francoforte lo 0,25% e Parigi lo 0,49%. 

Questi dati dimostrano che la tempesta è tutta concentrata sull' Italia. Sembra proprio di rivivere le terribili giornate dell' autunno 2011 quando le banche italiane piene di Btp erano travolte dalle vendite. A muovere la speculazione era la crisi dell' eurodebito, con il mercato che scommetteva sull' ingresso del nostro Paese nel programma di assistenza della troika. Come mai il copione si ripete? Stando alle chiacchiere che si fanno nelle sale operative «lo zampino ce l' ha messo pure Renzi». Secondo gli operatori lo scontro con Bruxelles, proprio mentre è in discussione il progetto di protezione delle banche (la cosiddetta bad bank) e la legge di Stabilità 2016 è ancora all' esame dell' Europa, non ha certamente fatto bene alla percezione che gli investitori hanno del nostro Paese. L' anello debole è stato individuato nel credito. Le banche scontano diversi errori. Innanzitutto la confusione con cui è stato risolto il caso dei quattro istituti commissariati: il problema era sul tavolo da tempo. In qualche caso (per esempio Banca Marche) addirittura da due anni. Come mai nessuno ha pensato di intervenire? Il ritardo è costato il patrimonio a miglia di risparmiatori che avevano acquistato le obbligazione emesse dalle banche.

Sul ribasso di ieri gioca anche il timore di un peggioramento della situazione economica. Il rallentamento della congiuntura va in direzione diametralmente opposta a quella desiderata. Se l' economia non cresce diventa impossibile la risoluzione del grande problema del sistema bancario italiano e cioè l' ammontare dei crediti inesigibili. Le sofferenze sono pari al 16,7% del totale dei prestiti (3,4% del totale in Germania). Un macigno da 201 miliardi di euro circa (record di tutti i tempi) che ostacola la normale attività dei prestiti. Ed è su questa montagna che si sono schiantate le quotazioni di Mps. L' istituto senese ha circa 26 miliardi di crediti inesigibili e anche se gli ultimi aumenti di capitale hanno migliorato il patrimonio la situazione resta critica. Il mercato si è mosso in direzione del «bail in». Ha fatto la risoluzione del capitale per i fatti suoi portando il valore della banca sempre più in basso. Il primo a soffrire è proprio lo Stato che attualmente è il primo azionista con il 4% del capitale.

Le undici banche - Il prezzo medio in carico al Tesoro è di poco superiore ai 2 euro per azione. Con la Borsa a 0,76 la perdita supera i 140 milioni.  La speculazione sente l' odore del sangue e con posizioni ribassiste scommette sul peggioramento a breve della situazione. Il presidente della Consob Giuseppe Vegas vede "mani" sconosciute che vendono dall' Italia e dall' estero. Cercherà di capire, ma non sarà facile. A ogni buon conto a partire da oggi torna il divieto di vendita allo scoperto. Per rendere ancora più stretti i controlli gli sceriffi della Borsa hanno chiesto a undici banche quotate notizie più precise sulle sofferenze. (Intesa, Unicredit, Mps, Ubi, Bpm, Credem, Banca popolare di Sondrio, Veneto Banca, Banca Popolare Vicenza, Carige, Bper).  La Consob si è mossa seguendo l' impulso della Bce che fra gennaio e febbraio avvietà un' indagine per capire le condizioni dei crediti marci. Nel mirino Vanco Popolare e Carige.

A dimostrarlo i risultati positivi Srep (gli esami della Bce sul patrimonio) e il miglioramento della gestione operativa nei primi nove mesi del 2015. La flessione del titolo «è avvenuta in assenza di eventi gestionali idonei a giustificare tale andamento» spiega Viola. Infatti «il nostro piano industriale è confermato e lo stiamo portando avanti in linea con quanto presentato agli investitori e alle autorità di vigilanza, anche con riferimento alla gestione e cessione degli Npl dove ci stiamo in particolare - evidenzia ancora Viola - concentrando per ottenere risultati anche migliori rispetto al piano»

Checco Zalone dà una lezione di vita a Benigni

Checco Zalone dà una lezione di vita a Benigni


di Pierre Cantagallo


Stesso mestiere (tutti e due comici), per entrambi grandi successi cinematografici: “La vita è bella” da un lato, “Quo vado” dall’altro. Ma una cosa li distingue: la coerenza.

Roberto Benigni è uno di quelli che, per un’ospitata a Sanremo, chiede 350 mila euro. Sì, porta ascolti e un tocco di fantasia al Festival, ma sono soldi pubblici (la Rai è un’emittente pubblica), denari in questo momento eccessivi in virtù della crisi che ha colpito il nostro Paese. Nel 2011, Benigni promise due terzi del suo cachet all’ospedale Meyer di Firenze. Soldi che, a discrezione del direttore dell’epoca, non sono mai arrivati.



Insomma, una netta somiglianza con un suo grande amico, che ha, peraltro, interpretato tempo fa: Pinocchio.



“Dio li fa e poi li accoppia”: amici di coerenza e di carenza di umanità. Uno grida “Viva l’Italia!” e uno rovina l’Italia.

L’Italia dell’arte ha però i suoi lati positivi. Checco Zalone ne è l’esempio. Lui, che nel suo film record d’incassi, “Quo Vado”, ha spiegato a grandi e piccini gli sprechi dello Stato, mettendoci la questione immigrazione e tolleranza del prossimo.

Be’, notizia del giorno: il comico barese ha rinunciato all’ospitata di Sanremo. Ha affermato che questa è una manifestazione “strapagata” e che quelli “sono i soldi dei cittadini”. E’ uno spreco disumano prendere 350 mila euro di soldi pubblici per 20 minuti di comparsa.

A lui vanno i complimenti più vivi da parte del popolo italiano mentre a Benigni, fresco dei 6 milioni di euro incassati per “Tutto Dante” (un flop), va solo la retorica, quella che lui usa per difendere l’Italia e che poi, come il suo amico Matteo, usa per pagarsi lo stipendio.

#CheccoInsegnaAPinocchio