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martedì 29 dicembre 2015

DOPO LE BANCHE... Conflitto d'interessi Inps Nuova mina nel governo

Il direttore Inps indaga sul buco che ha fatto lui


di Giacomo Amadori

Il direttore Inps indagasul buco che ha fatto lui

In un periodo in cui si discute di possibili conflitti di interesse da parte di ministri più o meno coinvolti nel cosiddetto "Salva-banche", in pochi si sono accorti di un altro paradosso che riguarda i vertici dell' Inps, e in particolare l' attuale direttore generale Massimo Cioffi. Una vicenda che fa tornare alla mente le disavventure dell' ex presidente dell' Inps Antonio Mastrapasqua.

Infatti l'istituto previdenziale ha in corso accertamenti sugli accordi firmati dal gruppo Enel con 11 mila lavoratori in uscita ai tempi in cui il capo del personale era lo stesso Cioffi. Nel pentolone dell' esodo incentivato, esonerato dal pagamento dei contributi, l' azienda elettrica  avrebbe inserito le mensilità aggiuntive e i Tfr, voci per cui è, invece, obbligatorio il pagamento dei contributi previdenziali. In sostanza, per quei lavoratori esodati non sarebbero state volutamente pagate le "marchette" aggirando la normativa vigente, e il danno per le casse dello Stato sarebbe di circa 20 milioni di euro. L' accertamento dell' Inps è iniziato nel febbraio del 2014 a seguito di una segnalazione da parte della Guardia di Finanza e sta proseguendo su 12 società del gruppo.

Le Fiamme Gialle avevano informato la Direzione centrale entrate contributive dell' istituto previdenziale dei presunti illeciti commessi dall' Enel e l' Inps decise di acquisire tutta la documentazione relativa, compresi gli accordi firmati da Cioffi. Il quale era evidentemente a conoscenza delle contestazioni. Dopo cinque mesi di grattacapi, nel luglio del 2014, Cioffi ha lasciato la poltrona che scotta e il 27 febbraio di quest' anno è approdato al nuovo e prestigioso incarico di dg dell' Inps. Un ruolo che, come vedremo, lo ha reso direttamente responsabile delle indagini sul buco causato dall' ufficio che dirigeva all' Enel. A questo bisogna aggiungere che il presidente Tito Boeri lo ha scelto nonostante la presunta mancanza dei requisiti di Cioffi denunciata dal suo predecessore Mauro Nori alla Presidenza della Repubblica. Un ricorso pendente davanti al Tar del Lazio.

Intanto la Procura di Nocera Inferiore sta indagando sul presunto conflitto di interessi del dg. È un filone della cosiddetta inchiesta "Mastrolindo", riguardante i verbali ispettivi dolosamente gonfiati per ottenere premi e incentivi non dovuti. La procura nocerina nell' ambito delle sue investigazioni ha ascoltato, tra gli altri, Daniela Carlà, già presidente del collegio dei sindaci Inps, ora all'Inail, che più volte ha denunciato il mal costume interno all'istituto, Rosanna Casella, ex direttore centrale delle Risorse strumentali attualmente al Bilancio, e Fabio Vitale, direttore della Vigilanza, sospeso a settembre per motivi disciplinari per fatti risalenti ai tempi in cui era direttore della Toscana. Vitale è il dirigente che ha portato avanti gli accertamenti sul caso Enel chiedendo che fossero chiusi in tempi brevissimi e mettendo in evidenza il grave conflitto del direttore generale.

La sospensione di Vitale è stata firmata dallo stesso Cioffi. Successivamente la direzione Vigilanza senza più il suo direttore è stata affidata alla vicaria scelta dallo stesso dg, Maria Giovanna Cassiano, ex dirigente della Vigilanza in Calabria e ora promossa collaboratrice di Boeri presso l' ufficio di presidenza. Ma la separazione di ruoli sarebbe stata solo formale. Infatti il direttore generale con una lettera del 28 ottobre del 2015 ha chiesto al suo vicario, Antonello Crudo, e a Gabriella Di Michele, direttore centrale Entrate contributive, di essere direttamente informato su tutti gli sviluppi della vicenda. A dispetto di ciò in una recente nota ufficiale dell' Inps si legge che Cioffi «per evitare qualsiasi ipotesi di conflitto d' interessi, anche solo potenziale, d' intesa con il presidente ha disposto che qualsiasi informazione riguardante procedimenti Enel non fosse portata a sua conoscenza, bensì a quella del presidente». La verità è che quando è emerso che la procura di Nocera indagava sull' affaire, Boeri, preoccupato, ha ufficialmente avocato a sé l' indagine.

Nonostante questo, autorevoli fonti interne dell' istituto hanno raccontato a Libero che Di Michele continuerebbe a organizzare incontri di lavoro per informare il dg sugli esiti finali degli accertamenti ispettivi nei confronti dell' Enel che con i nuovi filoni aperti dovrebbero far registrare alla fine un debito, tra mancati contributi e sanzioni civili, di oltre venti milioni di euro. Paradossalmente Boeri, nel corso dell' ultima audizione tenuta presso la Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali ha lanciato il grido d' allarme sull'ingente quantità di crediti contributivi (95 miliardi) che l' Inps non riscuote o che non vengono saldati. Per questo ha denunciato «i furbetti che non pagano i contributi». Peccato che tra questi dovrebbe inserire pure il suo direttore generale che con la sua gestione ai tempi dell' Enel ha mandato in corto circuito i conti del cosiddetto Fondo dei lavoratori del settore elettrico dell' Inps. Ma se il conflitto di interessi è evidente, resta da verificare l' eventuale dolo dell' uomo che vuole tagliare il 20 per cento del personale Inps e gestire in house gli appalti informatici (del valore di centinaia di milioni) al di fuori delle regole della Consip, la società del ministero dell' Economia e delle finanze che gestisce le gare pubbliche. Di Cioffi si è occupato una ventina di giorni fa pure il Fatto quotidiano; subito Enel e Inps hanno inviato due distinte rettifiche, con cui, in realtà, hanno offerto ben quattro conferme: l' esistenza del buco previdenziale, del conflitto d' interessi («anche solo potenziale»), delle indagini della Guardia di finanza e dell' Inps. Delle indagini di Nocera, invece, nulla sapevano.

Da gennaio stangata-autostrade per otto milioni di automobilisti

Autostrade, da gennaio raddoppia il costo del Telepass



Da gennaio costerà di più viaggiare in autostrada per gli abbonati a Telepass. Come riporta il quotidiano "Il Tempo", già a partire da qualche settimana gli 8 milioni di consumatori che utilizzano Telepass hanno ricevuto la nuova proposta da parte dell' azienda.
L' opzione Premium passerà dagli 0,78 euro mensili a 1,50 euro. Mentre i clienti Tele pass Family sborseranno 4,50 euro a trimestre, invece degli attuali 2,33 euro. Telepass Twin cambia da un costo trimestrale di 4,13 euro a 6,30 euro. Opzione Premium da un canone trimestrale di 2,33 euro passa a 4,50 euro. I clienti avranno 2 mesi di tempo (60 giorni), dalla ricezione della lettera per recedere dal contratto, in caso contrario le modiche verranno considerate valide da entrambi le parti.

A quei clienti che opteranno di scegliere l' abbonamento Premium (costo di 1,5 euro al mese) verrà offerto il soccorso su tutta la rete stradale. Inoltre per i vecchi abbonati, il canone mensile di 0,78 euro resterà uguale per tutto il 2016.

lunedì 28 dicembre 2015

Banca Etruria contro la Boschi: spunta un clamoroso documento

Quando papà Boschi e Banca Etruria accusavano dei conti in rosso il governo di Renzi e Maria Elena Boschi



Il Cda di Banca Etruria accusava il governo di Matteo Renzi di aver provocato i conti in rosso dell'istituto. Clamoroso per varie ragioni: primo, perché sta emergendo come gli stessi vertici dell'istituto poi commissariato da Bankitalia avessero fatto di tutto per truccare i conti fregando, di fatto, i propri risparmiatori. Secondo, perché il vicepresidente di Banca Etruria era Pierluigi Boschi mentre il governo pesantemente attaccato era quello in cui sedeva, con un ruolo centrale, sua figlia Maria Elena Boschi. 

A svelare l'altra faccia del conflitto d'interessi che ha portato alla mozione di sfiducia, respinta, contro il ministro delle Riforme è Franco Bechis, su Libero in edicola oggi lunedì 28 dicembre. "Del peggioramento dei conti creditizi nei primi nove mesi 2014, il cda della Etruria aveva dato colpa nella sua relazione in buona parte a Matteo Renzi e al suo governo, che avevano peggiorato la situazione economica italiana (danneggiando così indirettamente pure la popolare aretina) rispetto al periodo più felice in cui a guidare l'Italia c'era Enrico Letta". "Dopo la stabilizzazione dell'attività nella seconda metà del 2013 -  si legge in quel documento -, l'economia italiana è tornata ad indebolirsi nella primavera di quest'anno per il calo degli investimenti. Nel secondo trimestre 2014 il Pil italiano è sceso dello 0,2% rispetto al primo trimestre, la flessione dell'attività ha interessato tutti i maggiori comparti produttivi (…) Nel terzo trimestre 2014 il Pil avrebbe segnato una nuova lieve flessione (…) Il recupero della fiducia di famiglie e imprese, in atto dalla fine dello scorso anno, si è interrotto nell'estate...". 

Silenzio parla il guru Signorini: "Soldi, lavoro e gelosie. Ecco tutta la verità su Belen e Stefano"

Belen e Stefano, la verità di Signorini: soldi, lavoro e gelosie, chi ha lasciato chi



È stato Stefano De Martino a lasciare Belen Rodriguez. Lo sostiene Chi in esclusiva nel numero in uscita martedì 29 dicembre: il ballerino diventato famoso con Amici di Maria De Filippi si sarebbe stancato di vivere nell'ombra della celebre moglie. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe stata secondo il settimanale di gossip diretto da Alfonso Signorini la vacanza alle Maldive già programmata dal 27 dicembre al 7 gennaio e saltata all'ultimo momento per "colpa" di De Martino: avrebbe preferito infatti partecipare alle registrazioni per il programma della De Filippi al viaggio di piacere con la famiglia. Una scelta che non è andata giù a Belen, già stizzita per l'impegno profuso da Stefano nel lavoro. A ciò secondo Chi si aggiungerebbero "gli slanci imprenditoriali" di De Martino, "finanziati da Belen e finiti male". Dal canto suo, il marito non avrebbe più accettato di buon grado di vivere un passo indietro al Belen e avrebbe quindi privilegiato il lavoro a costo di rompere uno dei rapporti più chiacchierati (e paparazzati) dello show-business italiano. 

L'Intervista - Parla il banchiere-squalo pentito: "Tutti i trucchi per rovinare la gente"

Parla il banchiere-squalo pentito: "I trucchi per rovinare le persone"


intervista a cura di Francesco Specchia

Parla il banchiere-squalo pentito:

L’unico caso in cui tenere un alto profilo (di rischio) ti può spalancare abissi di disperazione.

La Procura di Civitavecchia scopre che a Luigi D’Angelo - il pensionato suicida che vide inceneriti i risparmi d’una vita - Banca Etruria aveva modificato il «livello di affidabilità» per giustificarne l’acquisto di obbligazioni secondarie tossiche. E salta fuori che tutto ciò «non è un caso singolo, è la prassi».

Vincenzo Imperatore, ex spietato manager bancario oggi pentito, lei che ha scritto due libri sulle truffe delle banche (Io so e ho le prove, Io vi accuso, Chiarelettere) oggi afferma che taroccare i «profili di rischio» è quasi un atto dovuto...

«Se lei pensa che ci sono in giro 70 miliardi di obbligazioni subordinate che per essere piazzate abbisognano di profilo particolare tra quelli previsti, e cioè, a scalare in ordine di rischio: “prudente”, “cauto”, “bilanciato”, “dinamico”, “aggressivo”, ovvio che si tarocchi»

Qual è il profilo che ti consente di acquistare prodotti bancari pericolosi?

«Se rientri nei primi due di cui sopra non puoi proprio acquistare titoli, è proibito dalla MiFid la direttiva dell’Unione Europea (se uno ci pensa, un paradosso). Che ti tutela: ti impedisce di comprare sia obbligazioni secondarie che strutturate e neppure azioni di istituti che stanno facendo l’aumento di capitale, come nel caso, ultimamente, della Popolare di Vicenza o Veneto Banca»

Perdoni l’ignoranza, ma esattamente cos’è il «profilo di rischio»?

«Dovrebbe essere la tua esatta fotografia economica. E si comincia a tratteggiare già quando entri in banca e ti sottopongono al “test di adeguatezza”, una serie di domande che sono un’escalation»

Del tipo?

«Del tipo: “sa cosa sono i titoli di Stato?” (in Italia è la domanda a cui tutti sanno rispondere) o “conosce il mercato azionario?”, o “il mercato delle obbligazioni”, su su, fino al quesito sul mercato dei derivati, il prodotto più pericoloso. A cui di solito, anche chi non ne sa una mazza - quasi tutti - non risponde mai, per pudore, “no, non li conosco", ma “non li ho acquistati, ma li conosco”».

Ma scusi: innanzitutto io, correntista normale, non ricordo di aver mai neppure avvicinato un test del genere, né d’aver mai risposto a tali domande...

«Appunto, lei è un correntista normale. L’ha fatto, si fidi. La spunta sulle risposte è automatica del computer, su un modello prestampato di due paginette fitte fitte. Che, di solito, viene infilato nell’enorme incartamento che ti danno da firmare. Vale la firma finale».

«Vale» in che senso?

«Che, quando la apponi, hai dato alla banca il paracadute per affibbiarti in quel momento, o in futuro, titoli che tu non potresti trattare. Ma la domanda che ti frega è la finale».

Quale domanda?

«“Lei è consapevole che può perdere anche il 60% del suo capitale”? Ma i consulenti non te la sottopongono proprio, spunta automatica anche lì. I consulenti che hanno crisi di coscienza, oltre a vendere poco, vengono fatti fuori. Ricordo che, quando dirigevo una filiale a Napoli mi si parò un mio dipendente, autorevolissimo in virtù della sua bravura, che in riunione si alzò e mi disse: “Direttò, ’sta robba è munnezza. Con che coraggio posso rifilarla al cliente?!”. Uno onesto»

Vivaddio. E che fecero, lo promossero?

«No. Provvidi io stesso a rimuoverlo, correva il rischio di far saltare il sistema».

Ma è mostruoso...

«È il sistema. E poi in ogni istituto c’è poi sempre un “dipendente grafomane”, un collega che sa imitare alla perfezione le firme dei clienti. Quando c’è un’urgenza gli si chiede, gentilmente, di esibirsi. E lui, badi, non chiede nulla in cambio, nemmeno ci pensa. Non so come dirle, fa parte del sistema»

Ma questo è un reato.

«È il sistema...»

Lei mi dipinge un quadro apocalittico. In che misura si truccano i profili di rischio?

«Io direi al 70%. Il periodo migliore per lo smercio di porcheria fu nel 2008/2010. Oggi va meglio, ma solo perché lo scandalo è pubblico»

Ma ci sarà un modo per evitare tutto questo.

«Richiedere alla banca il vostro profilo, controllarlo sempre, è un vostro diritto. E io suggerirei all’Authority anticorruzione di Cantone di mandare gli ispettori a controllare i profili e di chiamare i singoli clienti, per vedere se corrispondono. Ci sarà sempre chi ufficialmente risulta “dinamico”, e che non avrà la più pallida idea di cosa sia un’obbligazione»

Ma ci sarà qualche risparmiatore che la sgama...

«Be’ sì. Quelli che si portano a casa il modulo e lo sezionano, magari lo fanno visionare da un parente commercialista, e si accorgono della fregatura. La trafila è che arrivano in banca incazzatissimi - giustamente - e la banca deve avviare, giocoforza, una procedura di calmierizzazione, cioè gli restituiscono i soldi (cosa che non si fa mai) dicendosi di “essersi sbagliati”. In realtà, quando una banca ha bisogno di liquidità, la prima cosa è far pressione verso i piccoli imprenditori affidati, ai quali in passato sono state aperte linee di credito. Gli si chiede di far loro, stavolta, qualcosa per la banca comprando titoli di credito incomprabili. Da lì parte tutto»

Fatto sta che qui c’è stato un morto e migliaia di risparmiatori inferociti scendono in piazza.

«Ma, guardi, la vicenda delle quattro banche è solo la punta dell’iceberg. Ci sono migliaia di morti indiretti che detengono azioni di istituti non quotati che sono carta straccia; per le banche quotate magari ci perdi, ma un acquirente comunque lo trovi. Il mercato è il primo controllore»

Cosa succederà ora?

«Sa cosa mi ha detto il direttore di Banca Popolare Etica, un istituto piccolo e sano con 18 sportelli? “Il sistema bancario - cioè noi - ha salvato quattro banche che sono l’1% del sistema stesso. A me personalmente questa cosa è costata 1 milione. Non so se il prossimo salvataggio lo reggo”. Capisce? A questo punto, per paradosso, meglio che le banche scoppiate per malagestio falliscano, come in America»

La Ue ci accusa di aiuti di Stato, ma la Germania ha messo più di 400 miliardi per salvare le sue banche.

«Vero. Ma ci si dimentica che la Merkel ha costretto le banche aiutate a prestare i soldi per le imprese del territorio»

Funding for lending. Anche in Inghilterra funziona benissimo.

«Appunto. Provi a parlarne in Italia...»

Silvio Berlusconi cuore d'oro A Natale apre uno strano "ristorante"

Berlusconi, cuore d'oro. Il bel gesto di Natale: apre un "ristorante"




Il bel gesto di Natale firmato Silvio Berlusconi, che sta pensando di aprire una mensa per i poveri e per le famiglie in difficoltà a Roma. La notizia l'ha data l'imprenditore milanese Ernesto Pellegrini a Radio Capital. Proprio per questo, il Cav, si è recentemente recato a una mensa dove ogni sera cenano 350 persone in difficoltà economica. Pellegrini ha spiegato: "È venuto da me perché ha voluto constatare de visu come funziona il nostro ristorante, perché mi ha detto che sarebbe un suo desiderio realizzarne almeno uno, forse a Roma. Ma mi ha anche parlato dell'idea di aprirne in diverse regioni".

Oriana Fallaci profetica e inedita "L'islam ammazza e noi ci scusiamo"

Islam, il discorso inedito della Fallaci: "Loro ci ammazzano, noi chiediamo scusa"


a cura di Libero


Proponiamo ampi stralci del discorso che Oriana Fallaci tenne all’ambasciata italiana a New York nel febbraio 2006, dopo aver ricevuto un premio dall’allora presidente del consiglio regionale toscano Riccardo Nencini. Pochi giorni prima, scoppiò una rivolta fuori dalla nostra sede diplomatica a Bengasi. L’audio integrale con l’intervento della scrittrice sarà diffuso da Calderoli martedì alle 21, alla festa leghista di Albino (Bergamo).

Se avessi accettato di fare questa cerimonia con molta gente, come avrebbe preferito fare Nencini, a questo punto direi un bel grazie e me ne andrei. Ma ho voluto che la cosa si svolgesse soltanto fra di noi e da dire ho assai di più che non la parola «grazie». Quindi datemi qualche minuto e ce la caviamo. State buoni a sedere e ora il discorsino ve lo faccio io, anzi ve lo leggo. Perché per misurare le parole - ché a improvvisarne volano come le foglie al vento - l’ho scritto. (…) Il discorsino lo incomincio dicendo che con i premi ho una ben scarsa dimestichezza (…) Non solo perché grazie a Dio di premi ne ho sempre ricevuti pochini, ma perché quando me ne hanno offerti li ho quasi sempre rifiutati. (...) È quasi comico dunque che nelle ultime settimane mi sia caduta addosso una inaspettata pioggia di premi. Quello milanese, cioè l’Ambrogino d’oro; quello romano cioè la medaglia d’oro conferita per la cultura da Ciampi e che con gran sorpresa di tutti feci ritirare da un augusto prelato (il rettore dell’Università Lateranense monsignor Fisichella); quello che presto e volentieri prenderò dalla Polonia e che è intitolato a un grande eroe della Resistenza (…) nonché un altro su cui al momento taccio perché non sono certa di volerlo prendere. Infine il vostro, che accetto con fierezza e con divertimento per un paio di motivi. Il primo è che sono fiorentina, toscana doc per generazioni e generazioni: la stragrande maggioranza dei miei ascendenti sono stati toscani sia da parte di mia madre che da parte di mio padre. (…) Amo appassionatamente la Toscana. Mi inorgoglisce troppo quello che ha dato al mondo nel campo dell’arte, della scienza, della letteratura, della politica insomma della cultura. E a ogni pretesto parlo e scrivo della Toscana (...).

Però si tratta di un amore poco ricambiato. (…) La Toscana non è né è mai stata una mamma tenera e affettuosa. Quando ha un figlio o una figlia che la ama e la onora anziché amarlo e onorarlo a sua volta mostrando un po’ di gratitudine lei lo bistratta, lo perseguita, lo respinge. (…) Esattamente il contrario che oggi si fa con lo straniero che io chiamo l’invasore, cioè col musulmano. (…) Il secondo motivo è che l’Occidente rassegnato e sottomesso all’islam è complice del nemico. Quelli che io chiamo collaborazionisti mi hanno trasformato nel simbolo stesso dell’eresia, dell’infamia, della colpa, del peccato mortale da punire col rogo cioè con la morte civile. Quindi premiando la Fallaci dimostrate di non aver ceduto all’intimidazione. (...) Dimostrando insomma che avete coraggio e di questi tempi, tempi in cui il coraggio costa più caro del petrolio e la vigliaccheria si svende invece per pochi centesimi, trovare qualcuno che non cede alle intimidazioni è un grande conforto. Una ricchezza che è anche speranza, anche se ormai c’è poco da sperare. Per capirlo basta considerare la vigliaccheria con cui tanti italiani hanno reagito alle islamiche minacce e sommosse per le vignette sul profeta spadaccino e tagliateste. (...) Senza alcuna dignità, a ogni livello politico e istituzionale, le nostre presunte leadeship hanno offerto scuse al nemico mentre il nemico bruciava le nostre chiese e le nostre bandiere europee. Mentre assaltava e saccheggiava le nostre ambasciate. Mentre in Turchia, quella Turchia che i nostri califfi vorrebbero nell’Unione europea pardon nell’Eurabia al grido di «Allah akbar Allah akbar» un turco ammazzava con due revolverate alle spalle un prete intento a pregare nella sua piccola chiesa. Un prete che voleva il dialogo coi musulmani. Mentre a Londra un famoso sceicco sosteneva in televisione l’urgenza di sottoporre al giudizio di un tribunale islamico il danese colpevole d’averci fatto ridere sul proprio profeta spadaccino tagliateste, nonché la necessità di giustiziarlo secondo le leggi islamiche. Mentre a migliaia anzi a centinaia di migliaia nelle piazze dell’Iran, dell’Iraq, dell’Afganistan, della Siria, dell’Egitto, del Libano eccetera i figli di Allah berciavano alzando cartelli con la scritta «decapitare chiunque insulti l’islam».

Mentre in Nigeria - e sempre al grido «Allah akbar Allah akbar» - un altro prete veniva assassinato nella sua parrocchia e con lui 38 cristiani venivano linciati, 240 mutilati. Alcuni in chiesa, dove pregavano come don Santoro. Altri per strada (...). Mentre a Bengasi succedeva ciò che sappiamo e anziché piangere sui nostri morti i giornali piangevano sugli 11 libici uccisi dalla polizia di Gheddafi durante l’assalto selvaggio al consolato italiano. Si è arrivati addirittura ad attribuire la responsabilità di quell’assalto selvaggio al ministro Calderoli. A imporne le dimissioni e ad annunciargli che sarebbe stato indagato anzi processato anche lui per vilipendio all’islam perché sotto la camicia abbottonata e sigillata dalla cravatta aveva messo una maglietta con la caricatura del suddetto profeta. Poi, per 15 secondi e 15 centimetri, aveva sbottonato la camicia e mostrato la maglietta in tv. «Colpa di Calderoli! Colpa di Calderoli!» anzi, colpa mia! Perché in un’intervista a Repubblica Calderoli ha dichiarato: «Io difendo la nostra civiltà, io mi associo a tutto quello che ha detto e scritto Oriana Fallaci». E per dimostrare che la colpa era ed è in realtà della Fallaci quel giornale ha fatto un titolo che dice: «Io e la Fallaci». Poi ha riferito a grossi caratteri: «La strage mi associa a tutto ciò che ha detto e ha scritto Oriana Fallaci». Come se ciò non bastasse, il Mattino di Napoli ha riportato l’intervista con un’italiana di Bengasi (...) che ha dichiarato che l’assalto era dovuto ai libri della Fallaci tradotti e venduti ahimè anche in Libia. Per sostenere le islamiche minacce, a Roma i Comunisti italiani e i Verdi e i Cobas hanno invece imposto un corteo esibendo una bandiera palestinese lunga 35 metri. (...) Hanno raggiunto la piazza cara alle camicie nere di ieri, cioè piazza Venezia, e qui hanno bruciato le bandiere americane e israeliane e poi si sono messi a berciare «10-100-1.000 Nassiriya». Autogol che l’insopportabile segretario dei Comunisti italiani ha commentato affermando: «Quei mascalzoni erano mercenari al servizio di Calderoli». Meno male che non ha detto: «Gente pagata dalla Fallaci».