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lunedì 14 dicembre 2015

Caivano (Na): Convegno con giudici, poliziotti e testimoni di giustizia, grazie all’associazione Caponnetto

Caivano (Na): Convegno con giudici, poliziotti e testimoni di giustizia, grazie all’associazione Caponnetto


di Francesco Celiento


Elvio Di Cesare

CAIVANO – Un convegno con giudici, poliziotti e testimoni di giustizia. Si tratta sicuramente di uno dei primi eventi tenuti da esperti di criminalità organizzata in città, un incontro sul tema “Camorra, il coraggio di denunciare. Le storie vere”, che si terrà venerdì 18 dicembre presso l’hotel Il Roseto di Caivano, organizzato dall’associazione Antonino Caponnetto, dall’Associazione Nazionale Carabinieri, sezione di Giugliano, dal periodico “La voce delle voci”, con il patrocinio morale del Comune di Caivano. Dalle ore 16, dopo i saluti di Elvio Di Cesare, segretario nazionale dell’associazione antimafia intitolata al mitico capo del pool antimafia di Palermo negli anni ‘80, seguiranno i saluti del sindaco di Caivano Simone Monopoli e del rappresentante dell’associazione nazionale carabinieri, Marino Franzoni.

La parte più interessante del convegno è affidata al procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, la quale guida un distretto inquirente fra i più caldi di tutta Italia. A seguire gli interventi di tre magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Francesco Valentini, Raffaello Falcone e Catello Maresca, quest’ultimo molto impegnato nel contrasto ai Casalesi. Seguirà la relazione del capo della squadra mobile di Napoli, Fausto Lamparelli, del viceprefetto Gabriella D’Orso, del parroco di Caivano don Maurizio Patriciello e del medico per l’ambiente Antonio Marfella.

Infine, prenderà la parola anche un testimone di giustizia, Luigi Leonardi. Al convegno anche i familiari di Lino Romano, il ragazzo di Cardito, vittima innocente della camorra. Invitati a partecipare tutti i sindaci dell’area a nord di Napoli e i rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri. L’incontro sarà ripreso dalla tv Julie Italia nell’ambito di una puntata speciale de ‘Il Corvo’, che andrà in onda venerdì 18 dicembre alle 22.30, e sarà moderato da Rita Pennarola, giornalista d’assalto de “La voce delle voci”. 

L'intervista - "Ora l'islam cerca la sua vendetta" Pd, il deputato musulmano confessa

"L'islam cerca vendetta". Il deputato islamico Pd confessa


Intervista a cura di Pietro Senaldi



«La violenza è la malattia dell'islam, l'integrazione è fallita, il buonismo di certa sinistra fa il nostro male e ai musulmani servirebbe un Papa come Francesco».

Scusi, ma lei si chiama Khalid Chaouki?

«Sì, sono proprio io, l' unico parlamentare musulmano della Repubblica, nato a Casablanca, Marocco, 32 anni fa, ma in Italia dal 1992 e nel Pd da prima della sua fondazione. Perché?».

Pensavo d' aver fatto il numero di Salvini… 

«Guardi, le appendo il telefono perché non ha capito nulla. I miei non sono slogan, come quelli del vostro amico padano, che strumentalizza la minaccia del terrorismo per raccattare voti. Era ben più aperto Berlusconi, Salvini punta solo alla pancia senza proporre soluzioni e senza conoscere il problema. Mille volte meglio la Le Pen».

La Francia di destra non le fa paura?

«La Le Pen è un avversario politico tosto ma l' idea che tra due anni possa insediarsi all' Eliseo non mi fa paura, perché almeno ha senso della nazione e dal suo punto di vista è credibile. Mi preoccupano di più quello che ha intorno e l' incapacità della sinistra francese, che ha perso ogni identità, di darsi una politica sociale e immigratoria illuminata e abbandonare i luoghi comuni sull' integrazione. Un problema peraltro comune a una parte della nostra sinistra».

Allude alle boldrinate, tipo farsi fotografare con il velo o invitare alla Camera dei filo terroristi?

«La Boldrini è un' amica e non voglio tirarla in mezzo. Alludo al falso senso di colpa che certa sinistra chic prova verso l' immigrato, che in quanto più povero e sfortunato è ritenuto pregiudizialmente dalla parte della ragione e giustificato. Un atteggiamento che offusca il buon senso e deresponsabilizza gli immigrati, che peraltro allo Stato non chiedono buonismo ma rispetto e uguaglianza nel vero senso della parola».

Mi sta dicendo che è fallito il modello d' integrazione proposto da certa sinistra?

«È un problema di tutta la politica europea. Si è preferita la coabitazione alla condivisione di minimi valori comuni. Compra la pace sociale mantenendo milioni di giovani musulmani disoccupati ma non li include e li ghettizza. Poi, quando questi allo sbando si buttano sul terrorismo alla ricerca di una nuova identità, tende a giustificarli o comunque non li criminalizza come dovrebbe. E neppure si apre un dibattito serio su cosa non ha funzionato».

Ma per la coppia assassina della California non vale il solito discorso degi emarginati, guadagnavano 70mila dollari l' anno...

«Perché non è solo una questione economica, c' è anche un problema ideologico legato all' interpretazione violenta del messaggio del Corano, come si diceva».

L' islam andrebbe riformato?

«Andrebbe riformata l' interpretazione del Corano con un concilio islamico che scomunichi la violenza e il terrorismo. Solo che purtroppo siamo ancora lontani da questo».

Ma quanto è grave la minaccia del terrorismo islamico?

«Molto. Il mondo arabo musulmano ha un complesso d' inferiorità verso l' Occidente che si porta dietro dai tempi della sconfitta dell' Impero Ottomano. Sa di aver perso la battaglia con la civiltà occidentale perché qui ci sono una libertà, una ricchezza e un rispetto per l' individuo impensabili nel mondo arabo. Per questo i terroristi sono assetati di vendetta e voglia di riscatto».

È una sete che può placarsi?

«No. I musulmani non si libereranno mai dell' odio verso l' Occidente finché non ci sarà una presa di coscienza che la violenza è purtroppo un cancro insito nella storia dell' islam e come tale va eliminato. Fin dalla morte del profeta si svilupparono interpretazioni del Corano che giustificano ogni genere di violenza in nome della religione anche contro i musulmani non sottomessi a queste logiche. Oggi solo un' infima parte dei musulmani segue queste dottrine sanguinarie ma la reazione debole dell' Occidente alle minacce dei fanatici e il non sostenere abbastanza gli interlocutori islamici moderati rischia di destabilizzare ancora di più il mondo arabo e ingrossare le fila della minoranza pericolosa».

Dovremmo quindi fare la guerra all' Isis?

«Assolutamente sì, con il fondamentale aiuto delle popolazioni locali. Dovremmo continuare a sostenere i curdi e le popolazioni sunnite schierate contro l' Isis e avere il coraggio di darci una priorità e scegliere il male minore: sconfiggere subito l' Isis e poi negoziare una transizione che preveda l' uscita di Assad contro l' Isis. Lo Stato islamico conta sulla nostra arrendevolezza».
Renzi non la pensa come lei… «In Iraq siamo presenti e facciamo tutto quello che possiamo. Quanto alla Siria, dovremmo intervenire all' interno di un' operazione militare internazionale. Mentre la Libia è stato un disastro e la Francia, che ha scatenato la guerra guardando soprattutto ai propri interessi, ne porta la responsabilità. Ora dovremmo cercare di gestire noi la situazione e non farci superare da acluni "Paesi amici" come avvenuto già in passato».

Il premier la interpella spesso sulla questione islamica? Cosa le chiede?

«Siamo in contatto, mi manda spesso degli sms, quando serve parliamo».

In cosa lo sente presente e in cosa lo vorrebbe più presente?

«È molto risoluto nella gestione dell' emergenza immigrati e nell' affermare che nessuno può essere abbandonato in mare. Vorrei promuovesse la soluzione definitiva dei rapporti tra comunità islamica e Stato italiano. Serve un' intesa, con regole, riconoscimenti, diritti e doveri precisi».

Quanto sono reali le minacce al Giubileo e i proclami sulla conquista di Roma?

«Nel Corano c' è un versetto in cui il profeta annuncia che "un giorno prenderemo Roma". La città eterna è da sempre meta di conquista dell' Islam e ha un valore simbolico unico. La minaccia è reale».

In caso di attentato a Roma si potrà parlare di guerra santa?

«Diciamo che un attentato a Roma cambierebbe radicalmente lo scenario. Ci sarebbe un salto di qualità impressionante, sarebbe un atto bellico, non si potrebbe più parlare di terrorismo. L' espressione guerra santa non mi piace, ma non mi sentirei di negarla in quel caso. Lo stesso Papa ha parlato di una terza guerra mondiale in corso e mi pare chiaro che i combattenti siano l' Occidente e i musulmani pacifici da una parte e l' Isis e il terrorismo religioso dall' altra».

Visti i tempi non è stato poco opportuno indire un Giubileo?

«Quella del Papa è stata anche una sfida al terrorismo e ha fatto bene perché dimostra di non temere nulla. È una dimostrazione di forza e un messaggio di speranza. Da musulmano vi invidio questo Papa, che neppure teme di svelare i lati oscuri della Chiesa, come dimostra affrontando a viso aperto gli scandali di Vatileaks».

Forse avrebbe preferito risparmiarseli...

«Comunque ne uscirà più forte, ha mostrato forza autocritica e capacità di perdono».

Mi perdoni le faccio una domanda alla Severgnini: cos' ha in più il Corano del Vangelo, e viceversa?

«Il Corano non è solo un testo religioso. È un' opera letteraria di immenso valore. Il Vangelo ha una coerenza e una forza del messaggio uniche. E non è un caso che io mandi i miei due figli a scuola dalle suore, dove sono gli unici due allievi di fede musulmana».

Sorprendente. Come mai?

«Adam e Ilias vivono a Roma, che è la culla del cattolicesimo e voglio che condividano i valori fondamentali del loro Paese, l' Italia».

Scuola cattolica, fede musulmana ma nomi ebraici. Non sarà una casualità...

«Non lo è. Spero che questi nomi, che prima sono ebraici e sono nomi per la storia umana, siano di buon auspicio per la loro vita e li aiutino a diventare testimoni di convivenza. I nomi per me sono importanti. Mia moglie si chiama come me, Khalida, che al femminile in arabo è rarissimo. Quando mi si è presentata, è stato un colpo di fulmine».

Lei mi parla di integrazione, ma ha attuato il più classico dei motti del campanilismo italiano, "moglie e buoi dei Paesi tuoi".

«Vede come mi sono integrato? Comunque quello è un adagio che va forte in tutto il mondo, me lo consigliava anche mia nonna. Comunque è così, anche lei è nata in Marocco e cresciuta in Italia in una famiglia di immigrati, anche se forse per lei è stata un po' più dura che per me. Sono cinque sorelle e il padre è arrivato qui come vu' cumprà, poi è diventato meccanico a Rovereto».

E la sua storia famigliare invece?

«Mio padre è un tappezziere, ma ha cambiato tanti lavori. Ha anche aperto un fast food, che però ha chiuso per la crisi. Così si è trasferito con mia madre e i miei due fratelli più piccoli in Belgio, dove vivono altri nostri parenti. Mia madre invece è un' insegnante di lingua araba, è più colta. Con la Tunisia, il Marocco è il Paese islamico che più tutela la condizione della donna».

Sua moglie porta il velo?

«Sì, è l' unica tra le sue sorelle a portarlo. Ma non glielo chiedo io, è una sua libera scelta».

Per noi occidentali il velo è sottomissione, non può essere libera scelta.

«Il velo ormai viene considerato anche come un accessorio chic, alla moda. Non nego sia sottomissione ma è sottomissione a Dio, non al marito, e in questo è libera scelta. Anche il digiuno è sottomissione, anche la preghiera, sono libere scelte di sottomissione fatte per motivi religiosi».

Non credo che tutte le donne velate che vedo lo siano per loro volontà...

«Quando è imposizione e supremazia dell' uomo sulla donna, il velo diventa intollerabile. La condizione di sudditanza della donna è un problema dell' islam, comune a tante altre società».

Per i suoi figli a scuola pretende un menù differenziato?

«È giusto che i musulmani, come gli ebrei, ce l' abbiano. La forza di un Paese e di una civiltà è nella tutela delle minoranze».

E come la mette con il rifiuto di fare il presepe a scuola o con gli islamici che non fanno fare le lezioni di musica ai figli?

«Un conto sono i menù differenziati, giusti perché rispettano le specificità di una fede, un altro le lezioni di musica o i presepi. Il percorso formativo dev' essere unico, perché solo così la scuola pubblica permette l' integrazione. Quindi corsi di musica per tutti e sì al presepe, che è un arricchimento anche per i bambini musulmani. Negarli significa ricadere nel minestrone multiculturista alla base del fallimento della società inglese. Ma che la scuola dovrebbe permettere anche ai bambini cattolici di venire a conoscenza dei fondamenti dell' islam e delle altre religioni praticate dai loro compagni di banco».

A casa sua fa il presepe?

«Non esageriamo. Festeggio Babbo Natale: il 25 a casa mia è un' occasione di festa per i bimbi, lo viviamo in chiave consumistica, con i regali».

Non teme che i suoi figli possano abbracciare un giorno l' estremismo islamico?

«Francamente no. I giovani che si convertono al Jihad sono dei disperati senza valori, che trovano nell' islam estremo la risposta al loro disagio sociale e al loro fallimento personale. In realtà sono la prova della disfatta educativa del modello islamico, smarrito davanti alla modernità. Si dicono islamici ma dell' islam non sanno nulla».

Eppure, da Scruton a Finkielkraut, molti pensatori occidentali rimproverano alla nostra società d' essere molle e priva di valori e di essere destinata a essere schiacciata dall' islam, forte, compatto e motivato.

«Non sono d' accordo. L' islam è in crisi d' identità, dilaniato da una guerra interna feroce. Siccome ha paura di mostrarsi debole si chiude nei dogmi. Questo avviene a livello religioso con gli imam, politico con i leader e famigliare con i padri che distribuiscono precetti e non dialogano».

Mi sta dicendo che il primo problema dell' islam sono gli islamici?

«Così non è detta bene. Il problema delle nuove generazioni di musulmani è la mancanza di esempi positivi. I leader politici e gli imam difendono il loro orticello e non curano gli interessi dei musulmani. Fanno propaganda, alimentano il vittimismo che genera rancore ma non propongono soluzioni. Parlano tanto di politica e poco di valori, sono litigiosi tra di loro e fanno ancora troppo poco per una reale integrazione».

Cosa dovrebbero fare?

«Condannare fermamente il terrorismo, chiedere pene esemplari, spiegare ai giovani che per frustrazione e ignoranza solidarizzano con gli attentatori che l' islam è religione di pace e misericordia e che le minoranze sanguinarie vanno combattute. E poi chiedere allo Stato italiano un' intesa, lavorando insieme per un riconoscimento della presenza islamica in Italia. Con norme chiare riguardo la trasparenza nella gestione delle moschee e la formazione di imam certificati. Insomma, un islam perfettamente integrato nel sistema legale del nostro Paese».

Perché ha lasciato i Giovani Musulmani?

«Perché mi ci sentivo stretto. Erano appiattiti sulla dimensione religiosa e subivano inquietanti influenze da parte dell' estremismo. Non vede male chi insinua che Isis e terrorismo siano insufflati dai dittatori più spietati e dagli sceicchi, che puntando l' indice contro il demone occidentale mantengono le masse islamiche nella schiavitù e perpetuano i loro privilegi, impedendo un' evoluzione sociale, economica e dei diritti».

Per lei è più importante essere un buon italiano o un buon musulmano?

«Da buon musulmano non posso che essere un ottimo cittadino italiano».

L' Italia è un Paese razzista?

«Da dieci giorni giro con la scorta a causa delle minacce dell' estrema destra ma non penso che l' Italia sia razzista. Lo sono però alcuni italiani, spalleggati da noti movimenti politici».

Un rapporto del Centro Studi Strategici la mette tra gli estremisti islamici pericolosi...

«Una vicenda assurda, per la quale ho ricevuto la solidarietà del ministro competente, la Pinotti. È tutto dovuto alla mia presenza in una videoclip di un rapper egiziano che inneggiava alla violenza. Interpretavo un preside severo».

Non è un cameo edificante. Se n' è pentito?

«È stata una leggerezza. I toni di quel video non sono i miei, la mia storia parla per me. E poi quel rapper non è un terrorista bensì un artista pluripremiato. Comunque, la mia è stata una testimonianza, non bisogna fare gli struzzi e negare una realtà che c' è».

La Juve piega pure la Fiorentina: 3-1 Allegri, continua l'inesorabile rimonta

La Juve piega pure la Fiorentina: 3-1 Allegri, continua l'inesorabile rimonta




Continua, inesorabile, la marcia della Juventus, sempre più vicina alle zone altissime della classifica dopo il disastroso inizio di stagione. A Torino si piega anche la Fiorentina, che tiene botta solo nel primo tempo: finisce 3-1. Inizio scoppiettante con il vantaggio viola al terzo minuto: Ilicic trasforma un calcio di rigore, concesso per fallo di Chiellini su Berardeschi. Il vantaggio, però, dura poco: al sesto il pari di Cuardardo, gol dell'ex, con un particolare colpo di testa che beffa Tatarusanu (forse, cercava addirittura un cross). Poi, la gara si trascina fino all'intervallo senza grosse emozioni. Nella ripresa la partita continua ad essere molto tattica, e si sblocca all'80esimo: in rete ancora lui, il solito Mandzukic, sempre più decisivo per Massimiliano Allegri. Mandzukic insacca in tap-in dopo una parata di Tatarusanu su Dybala. La Juve, nelle battute finali, prima sfiora il tris con un colpo di testa di Sturaro e poi lo trova: gol di Dybala, sempre più il cuore di questa squadra. Altri tre punti che portano i bianconeri davanti alla Roma, a quota 30 punti: a due distanze da Fiorentina e Napoli e a sei dall'Inter, in fuga a 36 punti. La Juve per lo scudetto c'è.

Previsioni meteo, la preoccupante verità: quando arriverà l'inverno in Italia...

Previsioni meteo, la preoccupante verità: quando arriverà l'inverno in Italia




Un dicembre anomalo, per tutta l’Italia: temperature sopra la media stagionale e niente neve neanche a Natale. Ma a preoccupare, soprattutto, è l’emergenza siccità. "L’alta pressione subtropicale e il conseguente tempo stabile - spiegano dal Centro Epson Meteo - stanno aggravando la siccità, in particolare al Nordovest. In alcune zone di questo settore non piove da quasi 2 mesi: a Vercelli da 58 giorni non cade una goccia di pioggia, a Torino e Milano da 46 giorni e a Como da 45". A novembre le piogge sono calate del 60% rispetto alla norma e questa percentuale sale al 92% per le zone del nordovest. Dopo quelli del 1981 e del 1973, è il terzo novembre con maggior siccità degli ultimi 60 anni. "Le notizie - dicono i meteorologi - non sono confortanti e l’alta pressione molto probabilmente terrà lontane le perturbazioni anche per tutta la prossima settimana".

L'inverno... - L'alta pressione cronica, tra le conseguenze, ci porta la quasi totale assenza di neve sulle montagne. Come spiegano i tecnici Aineva si tratta di una situazione di assoluta sofferenza per il settore sciistico e sul fronte delle risorse idriche. Un fenomeno del genere sul lungo periodo non si verificava dagli anni ’80. La poca neve caduta in quota è stata facilmente neutralizzata da venti forti e dalle temperature miti, mentre lo zero termico si è registrato solo in alta quota. E anche a Natale, come accennato, non ci saranno fiocchi: l’arrivo del “vero inverno”, con abbondanti nevicate, è previsto per fine dicembre.

"Vengo a casa tua", "ti spacco...". Sallusti, clamorosa soffiata su Matteo Renzi: "Così mi minacciò al telefono..."

"Vengo a casa tua", "ti spacco...". Sallusti e la clamorosa rivelazione su Renzi: "Così mi ha minacciato al telefono"




"Esattamente un anno fa", scrive nel suo editoriale sul Giornale, Alessandro Sallusti, "a tanto risale l'ultima volta che ci siamo sentiti al telefono, Matteo Renzi mi minacciò per una notizia che lo riguardava, pubblicata sul nostro sito: Guarda, mi disse, che vengo sotto casa e ti spacco le gambe".

Per questo non stupisce troppo che alla Leopolda, continua Sallusti, siano "esposti in bella vista in una gogna pubblica", i "giornali che hanno osato criticare il governo" al centro di "un nuovo gioco di società dal titolo Vota il peggiore".

Bossetti e l'ultimo colpo di scena: il test del Dna? Era "scaduto"...

Colpo di scena al processo, quella rivelazione sui kit del Dna


di Luca Telese



Claudio Salvagni è sarcastico: «Ma come? Questa traccia così pura e meravigliosa dello slip, fino a ieri risultava esaminata solo quattro volte. Oggi, con i nuovi dati presentati, ci risultano 18 amplificazioni!

Non può essere consentito, è una grave lesione del diritto della difesa».

Letizia Ruggeri è algida: «Non è possibile configurare nessuna inutilizzabilità dei nuovi dati. Chiedo che l' eccezione sia respinta!».

L' avvocato, calmo ma terreo, attacca come mai prima: «Dubitiamo che siano genuini questi dati! Ci è stato detto che erano tutti, e non è così: vorremmo averli tutti davvero!
Non solo quelli sugli slip. È il gioco delle tre carte!».

La Ruggeri, tombale: «Sento qui, oggi, accuse al limite della calunnia! Chiedo da subito la trasmissione al mio ufficio dei verbali di questa seduta!».

Salvagni si gira con un sorriso beffardo verso i giornalisti: «Vedete? Mi vuole denunciare. Ci manca solo questo, ormai!».

Aula magna del Tribunale.

Nell' ultima udienza dell' anno del processo Yara succede davvero di tutto, a metà fra dramma e commedia, tra momenti di tensione e involontari siparietti ironici. Breve sintesi: arrivano nuovi dati sugli esami di "Ignoto uno", la persona che avrebbe lasciato tracce sui vestiti della ragazzina uccisa, che saltano fuori nel dibattimento (fuori tempo massimo, ma ammessi dalla Corte), sul reperto più importante del processo (il famoso slip). Ci sono relazioni che non tornano, firmate dagli stessi autori ma discordanti fra di loro. Si verifica addirittura un inedito sciopero del controinterrogatorio da parte degli avvocati, poi viene ventilata una minaccia di denuncia da parte del pm (l' avete appena letta). Si produce persino un involontario momento-commedia all' italiana dell' ufficiale supervisore dei Ris di Parma, da cui si evince che - non solo per il processo Yara - i laboratori dei Ris per fare gli esami del Dna usavano spesso dei kit «tecnicamente scaduti», come gli yogurt (ma, in qualche modo, rigenerati!).

Certo: era - e si sapeva già - una delle udienze chiave del processo. Era anche il terzo e ultimo atto dell' interrogatorio dei cosiddetti "capitani" - Nicola Staiti e Fabiano Gentile - che hanno condotto gli esami più delicati sul reperto più delicato, il cosiddetto G20 (ovvero la porzione di mutandina su cui è stato trovato il Dna di "Ignoto numero uno"). A inizio seduta prende la parola Salvagni, teso, corrucciato, nervosissimo: «Volevo mettere un punto fermo molto importante perché questo è un processo dna-centrico, è il fulcro nodale del processo». Su questo, almeno, non c' è dubbio: i cosiddetti «dati grezzi» di cui si discuteva erano stati richiesti la prima volta il 27 aprile 2015, poi di nuovo il 17 luglio (con l' udienza dell' ammissione delle prove), e infine l' 11 settembre, quando la presidente Bertoja - malgrado una strenua opposizione della pm Ruggeri - aveva prescritto che il Ris produccesse «tutti i dati disponibili». Come mai tanta resistenza dell' accusa? Mistero.

Spiega Salvagni: «I dati grezzi sono come una radiografia, non il referto. La difesa ha bisogno della radiografia!». E aggiunge: «Abbiamo impostato il controesame sulla base di quel che ci ha stato detto. Quei dati hanno determinato le scelte difensive di questa fase istruttoria. E cosa è successo? Il caos - spiega l' avvocato -, consulenti che producono dati alla rinfusa, gli stessi autori non riuscivano a rispondere». Infine l' ultimo affondo: «In sede di controesame, a domanda della corte, i due capitani avevano ribadito: "In quel cd ci sono tutti i dati grezzi". Tutti!». E questo, effettivamente, è a verbale. Infatti il 26 ottobre era arrivato il dischetto, e poi era iniziata una danza processuale senza precedenti. I due capitani avevano detto in aula di non essere in grado di rispondere alle domande sul numero e sulla qualità degli esami, poi avevano chiesto una sospensione, l' avevano ottenuta, erano tornati in una nuova udienza, poi avevano lamentato la difficoltà di reperire i dati (nel loro stesso archivio!) spiegando che erano «confusi con quelli di altri casi», poi domandato una nuova sospensione, e infine ottenuto di essere risentiti una terza volta (!) rispondendo a domande scritte, e riservandosi di fornire «nuovi dati grezzi qualora li trovassimo» (e così è stato). Era possibile che dopo aver avuto bisogno di sei mesi per reperire quei dati, venisse loro concesso di produrne altri? Questa era la domanda che tutti si facevano. Ebbene, la presidente Bertoja, dopo aver riunito la Corte ieri ha detto di sì.

Ieri i due capitani sono ricomparsi per la terza volta sul banco dei testimoni, spiegando che pochi giorni fa, il 4 dicembre, avevano prodotto la loro relazione scritta e il loro supplemento di dati. Prima sorpresa: «Su 15-20 nuovi ferogrammi prodotti» (quantificazione fatta da loro), si scopre che ben 14 riguardano proprio lo slip. Una incredibile anomalia, statisticamente («il quattrocento per cento in più!» dice Salvagni indignato). E Staiti e Gentile devono esserne consapevoli, se è vero che per attutire la portata di questo dato dicono: «Sul reperto G-20 ci sono 9 tracce in più su 18». Un piccolo escamotage: per dare quel numero i capitani computano sia amplificazioni che ripetizioni. Ma i casi sono due: o sono 9 nuove tracce su 13 esami (senza le ripetizioni), oppure sono 14 su 18 (in tutto): il dato di partenza è sempre 4. Salvagni non ci sta: «La difesa sta urlando la necessità di svolgere al proprio meglio il mandato difensivo. Se questi dati sono stati prodotti nella loro indagine, e se vogliamo ammettere che fossero presenti, perché non sono stati forniti? Perché regnava questo caos nei Ris?

Vogliamo davvero credere che ci fosse? È evidente che questo è stato un sistema per far vedere alcune cose e non altre». Anche l' avvocato Camporini è duro: «L' integrazione è possibile solo se non si eccedono le circostanze prospettate. Questo non può essere ammesso mentre c' è una consulenza tecnica in corso». Ed è lo stesso difensore ad annunciare il colpo di scena: «Noi non ci fidiamo: non formuleremo domande nel controesame - annuncia - perché le risposte sarebbero inquinate». Così, in un clima surreale i due capitani illustrano i loro dati rispondendo alle domande della Bertoja. Con qualche discrasia curiosa. Nella loro relazione avevano detto di aver trovato sullo slip L' aplotipo Ypsilon. Che è importantissimo - soprattutto in questa indagine fondata su una indizio parentale - perché è quello con cui si trasmette il gene paterno. Ma nella sintesi della nuova relazione si scopre che su quel reperto i capitani scrivono di non aver usato il kit che individua «l' Ypsilon». Nell' intervallo mi avvicino a Stati: "Come è possibile?". La Pm, seduta davanti a lui, gli fa cenno «No-No» con la matita. Lui la guarda, si ferma, pare imbarazzato: «Mi spiace... ma... non sono autorizzato a rispondere».

Chiedo al consulente della difesa, Marzio Capra: «Posso solo fare un' ipotesi: l' esame sull' Ypsilon lo hanno fatto su un altro reperto, e poi, sovrapponendo i risultati, lo hanno attribuito anche all' altro campione». Il Dna di "Ignoto uno" è stato quindi ricostruito come un puzzle? Mistero. In aula la Ruggeri chiederà proprio di quell' Ypsilon, e Staiti le risponderà: «Abbiamo fatto un errore materiale nella prima relazione».

Ma se è vera la seconda relazione e non la prima, la domanda allora è: come mai non fare quell' esame così cruciale proprio sul campione considerato più importante? Altro mistero.
La Corte si riunisce alle 12. Poi la Bertoja annuncia che ammette l' integrazione dei capitani: «Non sono dati nuovi, ma una nuova produzione di dati già elaborati».

Sembra finita. Ma alle 13.30 arriva il tenente colonnello Marco Pizzamiglio, tenente colonnello del Ris. Salvagni fa una domanda che all' inizio pare folle: «Le risulta che i polimeri utilizzati per i test possano essere scaduti?». Risposta incredibile dell' ufficiale: «Sì, può capitare». Possibile? Spiega Pizzamiglio. «Le scadenze vengono riviste perché le date indicate dai produttori sono strette, per vendere di più.

Se scadono noi ricontrolliamo».

A questo punto l' avvocato incalza: «Nel caso specifico avete usato lotti con polimeri scaduti?». Risposta del Ris: «Allora non avevamo i controlli assoluti di oggi, ma che li facevamo su ogni singolo caso facevamo un controllo.

Tante scadenze non sono reali... E poi avevamo così tante ripetizioni nel risultato che il problema si poneva». Chiede Salvagni: «Si può sapere su quali campioni sono stati utilizzati i lotti scaduti?». E l' ufficiale: «No, l' operazione del kit non viene tracciata, non è possibile saperlo».
Ma la scena più divertente dopo tanta tensione è questa.

Pizzamiglio è in aula perché è il firmatario del rapporto sul Dna, il più importante del processo. Su questo deve essere interrogato. Ma quando arriva la prima domanda, rivela: «Io però non ho visto nulla: né i reperti, né il corpo, gli esami, nulla.

Il mio compito era solo di valutare che la relazione fosse chiara e coerente». E come poteva farlo, chiede l' avvocato? La risposta, capolavoro di burocratese. L' ufficiale è spavaldo, pare "il dentone" di Alberto Sordi: «Non ho visto nessun reperto e nessun esame, è vero: ma pur non avendoli visti sono perfettamente in grado di dare un giudizio». E come? «Io non vedo i reperti. Ma leggo, e giudico se ci sono fattori coerenti!». Risate in aula. Amen. Tra kit, alleli, polimeri e Y, Massimo Bossetti esce con faccia attonita: si prepara al suo Natale in carcere.

Sanremo 2016 si svela: tutti i nomi I cantanti in gara: chi "fanno fuori"...

Tutti i nomi di Sanremo 2016: tantissimi dei talent, Morgan e poche vecchie glorie


di Alessandra Menzani 



Ieri, all'Arena di Massimo Giletti, come è accaduto lo scorso anno, Carlo Conti ha ufficializzato i nomi dei big che parteciperanno al prossimo Sanremo, a febbraio su Raiuno. Dopo attenta analisi, e disumane pressione dei discografici, ecco i nomi e le canzoni. Lo diciamo subito: la grande sorpresa è l'ex giudice di X Factor Morgan: cacciato da Sky, torna protagonista, e di sicuro sarà l'uomo delle polemiche.

-  "Via da qui" di Giovanni Caccamo e Debora Iurato (ex Amici)

- "La borsa di una donna" di Noemi

- "Noi siamo infinito" di Alessio Bernabei (ex dei Dear Jack)

- "Il primo amore non si scorda mai" Enrico Ruggeri (un grande ritorno)

- "Guardando il cielo" di Arisa

- "Wake up" di Rocco Hunt

- "Mezzo respiro" dei Dear Jack (derby contro Bernabei, bella idea)

- "Un giorno mi dirai" degli Stadio

- "Infinite volte" di Lorenzo Fragola (che torna)

- "Il diluvio universale" di Annalisa

- "Blu" di Irene Fornaciari (figlia di Zucchero, una canzone sulle tragedie dei barconi)

- "Sogni e nostalgia" di Neffa

- "Di me e di te"  degli Zero Assoluto

- "Ora o mai più" di Dolcenera (che aveva detto di non sopportare più la tv ma evidentemente ha cambiato idea)

- "Quando sono lontano" di Clementino

- "Cieli immensi" di Patty Pravo

 - "Finalmente piove" di Valerio Scanu (piove in tutti i luoghi e in tutti i laghi?)

- "Semplicemente" di Morgan e i Bluvertigo (il vero colpaccio dopo la cacciata da X Factor)

- "Nessun grado di separazione" di Francesca Michielin (secondo me vince lei, oppure Bernabei)

- "Vincere l'odio" di Elio e le Storie Tese

Insomma, tantissime starlette dei talent show, praticamente tutti, e qualche vecchia gloria. Torna anche il mitologico Dopofestival: Conti sa chi lo condurrà ma ancora non lo dice. Come sempre andrà in onda a orari marzulliani. Ospite comico Leonardo Pieraccioni, amico fraterno del conduttore. Conti spiega: "Festeggio i 30 anni in Rai, il primo contratto fu Discoring, mi hanno proposto anche la direzione artistica, non potevo dire di no, anche se il secondo anno è il più difficile. Lo faccio con la stessa onestà, lo stesso amore e la stessa squadra". E definisce il cast un "bellissimo mosaico", e "niente satira politica". Diviso lavoro in tre parti: i giovani, con proposte  nuove, i venti big e poi penseremo al contorno". Piccolo cambiamento al regolamento: nella serata del sabato uno dei cinque eliminati dalla gara sarà ripescato dal pubblico con il televoto.

Sarà Tale e quale lo scorso anno. Più o meno.