La Fornero colpisce ancora: pensioni sempre più magre
di Sandro Iacometti
Prosegue, senza sosta, il calvario dei pensionati italiani. Da una parte c’è l’Istat, che certifica i primi frutti deformi della riforma Fornero: pensioni più basse e spesa previdenziale più alta. Dall’altra c’è il combinato disposto della bassa inflazione e della mancetta di Renzi, che nel 2016 befferà le fasce più povere con tagli identici a quelli dei pensionati d’oro. Il primo bilancio della legge annunciata dall’ex ministro del governo Monti tra le lacrime, di cui sempre più si capisce il motivo, è stato messo nero su bianco ieri dall’Istituto nazionale di statistica nel Rapporto annuale sui trattamenti pensionistici relativo al 2014.
Il quadro generale è il solito scenario di miseria e povertà, con 4 pensionati su 10 (il 40,3%) con un assegno inferiore a mille euro al mese. Rapporto che sale a uno su due (49,2%) per le donne. Il 25,7% delle pensioni è addirittura di importo mensile inferiore ai 500 euro. Mentre il 39,6% va dai 500 ai mille euro. La quota dei superpensionati, oggetto continuo di attacchi e polemiche, resta confinata all’1,4% del totale. I lavoratori in quiescenza che possono contare su oltre 5mila euro al mese sono infatti appena 240mila su un totale di 16,25 milioni di pensionati. Altri 767mila, il 4,7%, incassano invece un assegno mensile che va dai 3 ai 5mila euro.
Più o meno invariata la suddivisione per tipologia di trattamento, con le pensioni di vecchiaia che assorbono oltre i due terzi (70%) della spesa totale. Seguono quelle ai superstiti (14,9%) e le pensioni assistenziali (8,0%); più contenuto il peso delle pensioni di invalidità (5,6%) e delle indennitarie (1,6%). Fin qui poche novità. Ma a leggere i dati in controluce sulla scorta delle novità introdotte nel 2012 dal governo Monti si scopre, innanzitutto, che il numero dei pensionati è calato. Rispetto al 2013 ce ne sono circa 134mila in meno. E dal 2011 il calo è di circa 400mila unità. Si tratta, evidentemente, dell’effetto Fornero dovuto all’aumento dell’età pensionabile. Un altro effetto, impressionante, legato alla riforma riguarda gli assegni di chi ha lasciato il lavoro dopo il cambio di calcolo che ha introdotto per tutti (pro quota per chi ha una maggiore anzianità professionale) il calcolo contributivo. Ebbene, secondo i dati diffusi ieri dall’Inps, i pensionati sopravviventi hanno un reddito medio di 17.146 euro lordi all’anno, quelli nuovi, che hanno lasciato il lavoro nel 2014 (541mila persone), percepiscono invece un reddito medio di 13.965 euro. Le lacrime della Fornero hanno quindi prodotto un taglio secco (sempre considerando i valori medi) degli assegni di oltre 3mila euro. Un sacrificio inevitabile, ci hanno detto, per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.
Ebbene, nel 2014, malgrado la decurtazione delle nuove pensioni e il calo dei percettori, la spesa previdenziale complessiva è arrivata a quota 277 miliardi, l’1,6% in più rispetto al 2013. Mentre rispetto al Pil la spesa è passata dal 16,97 al 17,17%, con un incremento dello 0,2%. Agli scherzi della Fornero si aggiungono, per il prossimo anno, quelli di Renzi. La trovata del governo di modulare la restituzione delle somme tolte ai pensionati con il blocco incostituzionale della perequazione per sborsare solo 2 miliardi rispetto ai 18 previsti produrrà nel 2016 effetti paradossali. A metterci lo zampino è la bassa inflazione, che ha azzerato l’adeguamento per il prossimo anno e ha fatto sballare i conti del governo per l’anno in corso (le stime provvisorie fissavano la perequazione allo 0,3%, quelle definitive allo 0,2%), costringendo i pensionati a restituire uno 0,1% di aumento non dovuto. Il Sole 24 Ore ha calcolato gli effetti concreti dei due fattori sugli assegni futuri dei lavoratori in quiescenza. Il risultato è qualcosa che rende i continui appelli all’equità dell’esecutivo poco più di una barzellletta. Considerando una pensione alta di 3.200 euro lordi al mese (sopra sei volte il minimo) il taglio complessivo nel 2016 sarà di 37,18 euro. Andando all’altro capo dello scala, e prendendo in esame un assegno da 1.400 euro lordi al mese (sotto tre volte il minimo) la sforbiciata sarà di 36,40 euro. Praticamente la stessa cifra. Un po’ meglio andrà alle fascie intermedie da tre a quattro volte il minimo. In questo caso il combinato disposto della restituzione disposta dal governo per il blocco 2012-2013 e della bassa inflazione produrrà piccoli aumenti dai 23 ai 98 euro.