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lunedì 23 novembre 2015

L'Intervista - L'Avv. Bongiorno: "Io, più a destra della Meloni" Sparare ai ladri in casa? "È un diritto"

Giulia Bongiorno: "Sparare a chi ci entra in casa è un diritto"


Intervista a cura di Pietro Senaldi


Avv. Giulia Bongiorno


Avvocato, che impresa raggiungerla...

«Sono state due settimane intense. Ho in uscita «Le donne corrono da sole», un libro sulla emancipazione interrotta delle donne, e sono stata impegnata in una serie di casi un po' complessi (non fa i nomi ma basta scorrere la cronaca per capire che si riferisce alla difesa del giudice Saguto, sospesa dal Csm, di Francesca Chaouqui, implicata nello scandalo Vaticano, e di Carlo Tavecchio, presidente della Federazione calcio ; ndr) e con l' Associazione «Doppia difesa», che ho con Michelle Hunziker, ho lavorato alla divulgazione di tre spot contro l' alienazione parentale, l' atteggiamento di molti genitori che in corso di separazione denigrano l' ex coniuige in presenza del figlio minore».

Quanto lavora al giorno?

«Ininterrottamente. Ho studio e casa nello stesso palazzo, in modo da potermi occupare di mio figlio, che a gennaio farà cinque anni».

Ho la sensazione questo c' entri in qualche modo con il suo ultimo libro, che ha una tesi forte...

«L' emancipazione femminile è una favola, la condizione della donna in Italia è peggiorata. Un tempo almeno c' era il culto dell' angelo del focolare, oggi la casalinga è disprezzata e percepita come una mantenuta che non sa fare nulla».

Quali rimedi suggerisce?

«È giunto il momento di smetterla di invocare condizioni di parità, perché solo con la disparità si può uscire dalla discriminazione: servono norme che diano diritti effettivi alle donne. È un risarcimento minimo dopo secoli di sudditanza».

Ma io che sono uomo oggi cosa c' entro col passato: il maschio è già in crisi, vuole annientarlo?

«Il mio è un libro per uomini, per sensibilizzarli. Le donne già lo sanno di dover correre da sole. Perché l' uomo può urlare dove sono finiti i miei calzini e la donna no?»

La donna valuta l' uomo anche sulla base del successo professionale, altrettanto non avviene...

«Non è più vero. Conosco donne che fingono di studiare per un concorso per giustificare il fatto che stanno a casa a occuparsi della famiglia».

Quando un bimbo sta male però chiama mamma, non papà...

«È la scusa di tutti gli uomini: pensaci tu, che sei più brava. È una questione culturale, da noi gli uomini si vergognano a occuparsi troppo dei figli e le donne sono dilaniate dal senso di colpa verso la prole. Se una donna lavora deve rinunciare del tutto alla propria vita. Se li si abitua, i bimbi chiamano indifferentemente mamma e papà».

Ma davvero uomini e donne sono uguali?

«Le differenze sono di genere, non di ruolo. Forse noi siamo più emotive ma per il resto siamo uguali, e tutti possiamo fare tutto».

Lei a che cosa ha rinunciato per la carriera?

«Ho fatto un figlio a 44 anni. Al di là di questo, ci sono stati periodi in cui dormivo due ore per notte. Sono stata aiutata dal fatto che amo la mia professione. Ancora oggi quando apro un fascicolo mi monta l' adrenalina».

Basta lo spirito di sacrificio?

«A chi vuole lavorare con me chiedo se è disposto a sposare lo studio, a sacrificare le domeniche, verifico resistenza e diligenza. Non credo al genio. Ma un talento l' avvocato deve averlo: il colpo d' occhio, la capacità di cogliere il punto debole dell' accusa, perché l' accusa perfetta non esiste».

E per essere il numero uno?

«Questo non dev' essere un obiettivo. Io ebbi la fortuna che l' avvocato Coppi si appoggiò per il processo Andreotti allo studio in cui lavoravo».

Da allora la giustizia non ha risolto nessuno dei suoi problemi.

«Perché la politica ha un disinteresse totale a risolverli. Andreotti diceva che la giusizia non ha appeal. Il guaio è che per certi magistrati la politica ne ha troppo».

Ritiene la magistratura politicizzata?

«Mi sembra un dato di fatto che alcuni magistrati facciano politica. Alcuni addirittura si candidano ed è inaccettabile che possano poi tornare in toga. La magistratura è un sacerdozio che deve restare al di sopra di tutto».

Una concezione altissima. Non sarà diplomazia?

«Un' altissima concezione dell' istituto. E davvero molte toghe sono devote alla loro funzione. Ma non tutte sono all' altezza del loro compito. Né dal punto di vista tecnico né da quello dell' imparzialità e della morale. Coppi mi diceva che la legge è uguale per tutti ma i giudici no. Spesso i magistrati migliori sono quelli sconosciuti».

Inevitabile chiederle di Ingroia e del fallimento del processo Stato-mafia...

«È un processo che non conosco così bene da poterne parlare come avvocato. Quel che penso delle scelte di Ingroia, si intuisce. Quanto al processo Stato-mafia, mi sembrava fondato su accuse un po' fumose. Mannino è stato assolto dopo vent' anni, ma qualcuno ha idea di quello che ha dovuto passare? Io conosco il calvario di Andreotti. Chi paga? Chi ha pagato?».

Le intercettazioni servono o vanno limitate?

«Servono ma vanno fatte con parsimonia. Ora sono usate troppo e come scorciatoia. Spesso sono usati piccoli brandelli e poi durante il processo magari ne emergono altre di senso opposto. Per non parlare della pubblicazione, spesso strumentale e da limitare».

Renzi ha un progetto di legge in proposito...

«Qui do ragione a voi giornalisti. Temo parta da un principio giusto per deformalo e usarlo come bavaglio alla stampa. Renzi è un prestigiatore, pensi a cosa ha fatto con la corruzione».

Mi dica tutto...

«Fa credere che la combatte e nomina Cantone commissario come uomo simbolo. Poi cambia la legge sul falso in bilancio, che è un reato sentinella della corruzione, e di fatto depenalizza le evasioni di lieve entità. È un abilie comunicatore, aiutato da una stampa ossequiosa».

La passione per la politica non le è passata. Medita un rientro?

«Non mi precludo nulla. Vorrei avere cento vite. Diciamo che escludo solo di poter fare la velina, per evidenti ragioni fisiche».

Da che parte starebbe?

«Mi scopro sempre più a destra. Anche più a destra della Meloni. Lei e Salvini si stanno muovendo bene. Sopratuttto sulla legittima difesa».

La estenderebbe?

«Come con i diritti delle donne, farei una legge di disparità per riequlibrare la situazione. Serve il diritto di aprire il fuoco su chiunque si introduce in casa d' altri. Chi lo fa deve accollarsi la responsabilità delle conseguenze. Sarebbe un buon deterrente».

Detto da un avvocato...

«E che c' entra? Sono un avvocato ma adoro le sanzioni giuste. L' Italia è un Paese pieno di regole ma senza sanzioni. Solo che i veri delinquenti la fanno franca e in carcere ci sta chi aspetta il giudizio. E sa perché? Perché manca la certezza della pena».

È severa anche come mamma?

«Gioco a calcio con mio figlio malgrado l' età e cerco di assecondare le sue attitudini. Ma non posso negare di essere ingombrante. Dire che sono presente è un eufemismo. Fare la mamma è più difficile che controinterrogare un collaboratore di giustizia».

E se suo figlio sposasse una casalinga?

«Ma io ho già scelto mia nuora. Sonia, una compagna d' asilo che sto sponsorizzando. È di origine cinese, dubito molto che non lavorerà».

E lui, che ha letto il suo libro, stirerà le camicie?

«Il libro lo regalo a lei, così capirà come si sentono le donne in famiglia. Non sogno per mio figlio un futuro col ferro da stiro ma voglio che sappia far tutto senza angosciare la moglie se non avrà una cameriera».

In una cosa però avvocato lei sta dalla parte dei maschi, l'alienazione parentale...

«Sbaglia ancora. Io sto dalla parte del bambino. Anche un uomo può plagiare il figlio contro la madre. Un comportamento che dovrebbe essere reato e va punito a prescindere dall' autore».

Però è più femminile...

«Capita alle donne che fanno del figlio un loro punto di forza sociale. È la cultura sbagliata di cui si parlava. Se vogliono pari diritti le donne devono affrancarsi da questo atteggiamento».

Che futuro vede per suo figlio in questa Italia?

«Quando ero ragazza io, sognavamo di andare a Roma e a Milano. Oggi mio figlio è iscritto a una scuola internazionale. Come ormai tutti quelli che possono permetterselo, cerco di dargli una formazione che gli consenta di crescere fuori dall' Italia».

Non abbiamo speranze?

«Siamo un Paese in cui un professionista paga il 64% di tasse. Di cosa vogliamo parlare? Finché non cambia questo non può esserci ripresa. E c' è chi ha il coraggio di andare in tv a dire di aver abbassato le tasse».

Molto berlusconiano...

«Le tasse sono un cavallo di battaglia di tutto il centrodestra».

Fini ha fatto una stupidaggine?

«L' errore di Fini è stato entrare nel Pdl. Io gliel' avevo detto che si sarebbe indebolito e sarebbe stato impossibile avere una linea comune. Dovevamo rimanere in An».

La rottura avvenne per ambizione di Fini o per incompatibilità di caratteri?

«La rottura fu sulla giustizia. Lo so bene. Fini non voleva le norme che garantivano un salvacondotto a Berlusconi perché avrebbero avuto effetti devastanti su altri processi e ne avrebbe beneficiato anche chi non doveva.
Se questo problema si fosse risolto non ci sarebbe stata rottura».

Ci fu accanimento giudiziario contro Berlusconi?

«Al complotto non credo ma l' accanimento di singole toghe non lo escludo. Credo che però Berlusconi sia caduto anche per le donne. Ero in piazza alla manifestazione "Se non ora quando", c' era indignazione vera».

Il centrodestra oggi ha speranze di riprendersi?

«Non la vedo semplice. La condizione essenziale è che i suoi leader ed esponenti mettano da parte ambizioni e interessi personali e lavorino per un progetto comune».

Di cosa va più fiera della sua esperienza politica?

«Della legge sullo stalking fatta con il ministro Carfagna. Dicevano che volevamo impedire il corteggiamento. I fatti ci hanno dato ragione».

Difenderebbe uno stalker?

«Anche gli stalker vanno difesi. Come fondatrice di un' associazione per i diritti delle donne però in linea di massima evito perché lo troverei contraddittorio. Ma mi è capitato di rifiutare anche altri clienti, se non ero convinta della difesa».

Ai suoi clienti chiede mai se sono colpevoli?

«L' avvocato Coppi sostiene che non va mai chiesto, tanto mentono. Io però un preinterrogatorio lo faccio, per capire chi ho davanti, come si comporterà al processo e come posso difenderlo. Certo, non è detto che riesca a raggiungere la verità».

Il corvo Chaouqui è colpevole?

«Ho la sensazione che più che un corvo si rivelerà un moscerino. Il suo ruolo è stato ingigantito, ha fatto errori di inesperienza in un mondo complesso che non conosceva».

E il giudice Saguto, ex presidente di una sezione del tribunale sospeso e accusato di corruzione?

«È accusata di aver violato una norma che non esiste. I consulenti dei giudici sono scelti con discrezionalità e solo in questi giorni si sta introducendo una norma che detta dei criteri. Poi ha l' aggravante che è un magistrato e per adesso va di moda colpirli».

Esclusiva. L'intervista - Minzo disperato: "Rischio la galera" La (dura) accusa contro Napolitano

Augusto Minzolini: "Ho toccato Giorgio Napolitano, ora rischio la galera"


Intervista a cura di Giancarlo Perna



Dopo la sentenza di Cassazione di una settimana fa, Augusto Minzolini si è definitivamente beccato due anni e mezzo, come un brigante incallito. La condanna è per peculato, il "furto" del pubblico ufficiale e tale era il Minzolini direttore del Tg1. Poiché il predetto - direbbe un cancelliere - è un illustre giornalista, la condanna è singolare. Come l’intera vicenda.

Riassumo. Minzolini fu nominato direttore del Tg1 nel giugno 2009 con la spinta del Cav, allora premier. La Rai gli dette, com’è prassi, la carta di credito aziendale. In diciotto mesi, spese 65 mila euro che giustificò con le ricevute di pranzi e simili. L’amministrazione, per un anno e mezzo, non ebbe nulla da ridire. Poi, tra i meandri Rai, cominciarono a serpeggiare pettegolezzi. Alle polemiche giornalistiche si aggiunsero quelle amministrative che puntarono sulle spese sostenute dal futuro pregiudicato. Gli si contestò che non avesse indicato negli scontrini i nomi degli invitati ai pranzi di lavoro. Dai mormorii si passò alle carte bollate. Intervennero la Corte dei Conti, il giudice del lavoro, le procure, le sentenze contraddittorie -di assoluzione e di condanna- fino alla pietra tombale della Cassazione.

Le cose adesso stanno così. Minzolini, che nel frattempo è stato eletto senatore di Fi (2013), è condannato a due anni e sei mesi, pena così elevata da fare scattare la Legge Severino. Ergo, se il Senato deciderà di applicarla - come ha già fatto nell’unico precedente, quello del Berlusca - il Minzo perde lo scudo dell’immunità e va in galera. Oppure ai domiciliari o finirà, se gli va bene, ai servizi sociali. Perde inoltre l’indennità senatoria e anche il futuro vitalizio perché non potrà concludere la legislatura. Infine, essendogli stata appioppata l’interdizione ai pubblici uffici sfuma pure il suo posto in Rai dove era in aspettativa e resta senza lavoro. Nudo alla meta.

Con l’idea di vederci chiaro, incontro Minzolini nel suo ufficietto di senatore. Esordisce, adrenalinico come sempre: «Se potessi scusarmi mi sentirei meglio. Il pentimento sarebbe rigenerativo. Ma non ho nulla di cui pentirmi. Sono a posto con la mia coscienza. Ti parlerò solo dei fatti. Non voglio dare giudizi».

Hai imbrogliato?

«Dovresti conoscermi. Ho usato la carta di credito solo per pranzi di lavoro. Di colpo, mi hanno contestato di non avere detto i nomi degli invitati. Clemente Mimun, mio predecessore al Tg1, ha testimoniato che nessun direttore lo aveva mai fatto».

Hai fatto spese assurde?

«I mutandoni verdi? No. Se da direttore sono legittimato a spendere centomila euro per avere un’intervista, non vedo lo scandalo di pagare 150 euro per un pranzo con informatori. Un mio predecessore mise in conto una gita a cavallo in Sicilia senza problemi».

So che avevi restituito i 65 mila euro alla Rai.

«Quando montarono le polemiche, per tagliare la testa al toro e prima di ogni avviso di garanzia, dissi: “Vi restituisco i 65 mila euro con riserva e mi rivolgerò al giudice del lavoro”. Pagai con due assegni».

E il giudice del lavoro?

«Disse che avevo usato legittimamente la carta di credito e ordinò alla Rai di restituirmi i soldi».

A quel punto la faccenda era chiusa. Non capisco il seguito. 

«Siamo in Italia. Il giudice penale agì egualmente perchè c’era stato in precedenza un esposto di Antonio Di Pietro in base a carte uscite per vie traverse dalla Rai. Il solito tranello».

Al processo però ti assolvono.

«I giudici di primo grado erano tre giovani, post-ideologici che fecero con puntiglio l’istruttoria, ascoltando i testi e me. Cosa non più avvenuta negli altri gradi di giudizio. Testimoniò imbarazzato il direttore generale Rai dicendo di non avere dubbi sulla mia buona fede. Il pm chiese due anni. Fui assolto perché il fatto non costituisce reato».

Era il 14 febbraio 2013. Nell’ottobre del 2014, il giudice d’Appello ti condannò a due anni e mezzo. Che successe nel frattempo che spieghi il ribaltone?

«Ero entrato in politica, diventando senatore di Fi. In questa veste ho puntato il dito su Giorgio Napolitano. Per le ambiguità nell’avvicendamento tra Berlusconi e Monti. Perché, in una Repubblica fondata sulle intercettazioni, la sola cancellata è stata la sua nella vicenda Stato-Mafia. Infine, ho votato contro la riforma del Senato da lui appoggiata».

Non vedo l’incidenza. Resta che ti hanno fatto il pacco.

«Il Pm, come in primo grado, chiese due anni. Il collegio, invece, aggiunse altri sei mesi per fare scattare la Severino e cacciarmi dalla politica, appioppandomi pure l’interdizione dai pubblici uffici che mi espelle dalla Rai. Questo, mentre il giudice del lavoro mi aveva nel frattempo dato ragione».

Membro del collegio, Giannicola Sinisi, già deputato dell’Ulivo, tornato in toga dopo dodici anni in Parlamento (1996-2008). Gli avevi fatto sgarbi da cronista politico?

«Non saprei. Se dovessi ragionare sugli sgarbi, starei fresco. Erano i tempi dei ribaltoni: del Cav nel ’94 e di Prodi nel ’98 nel 2008. Anni difficili».

Meraviglia che i tuoi difensori non abbiano ricusato un ex politico avverso alla tua parte.

«Avevo fiducia nella magistratura e non ci ho pensato. Solo riflettendo sull’accanimento, ho fatto una ricerca poco prima della sentenza di Cassazione e mi sono accorto di Sinisi nel collegio di Appello. I miei legali sono rimasti basiti».

Ora che farai?

«Mi appellerò alla Corte europea perché i giudici non hanno rispettato un suo principio: se si ribalta una sentenza assolutoria, si deve rinnovare l’istruttoria riascoltando testi e imputati. Nulla di tutto ciò è avvenuto».

Intendevo: che farai tra minaccia del carcere e disoccupazione a 57 anni?

«Non lo so. So solo questo: o vivi e rischi o metti la testa nella sabbia. Se vuoi vivere il tuo tempo, azzardi. L’ho fatto da giornalista e da politico. La nostra, per dirla con Eugenio Scalfari, è una Democratura. Una dittatura truccata da democrazia».

Perché dici questo?

«Mi chiedo se, partendo dal tipo di accusa, ci si possa trovare a terra come me. Ho avuto solo due mesi meno di chi ha patteggiato per milioni nel caso Mose».

Galan, tanto per non a fare nomi. 

«Già. Per non parlare degli scontrini secretati del premier e dei mille altri due pesi e due misure».

Ripenso a Sinisi. Nel ’96, era sottosegretario di Prodi al Viminale quando ministro era Giorgio Napolitano, il tuo ultimo bersaglio. Che ci sia connessione?

«Non voglio fare questo tipo di valutazioni. Nemmeno dire che quella d’Appello sia stata una sentenza politica. Certo ha avuto conseguenze politiche, annullando il voto dei miei elettori».

Inquieta che un giudice che ha fatto politica possa indossare di nuovo la toga.

«Parliamo di persona che è stata più in politica che in magistratura: dieci anni nei tribunali, tre sindaco di Andria, dodici in Parlamento, incarichi all’estero».

Più che magistrati politicizzati, politici magistraturizzati.

«Appunto».

Però, la Cassazione ha confermato. Che tu sappia, ci sono state, come per il Cav, rotazioni sospette?

«Sapevo dai miei difensori che era stato designato un presidente ma all’ultimo è stato cambiato, mantenendo lo stesso collegio. Questo ha suscitato interrogativi nei miei legali».

Mi dispiace Augusto. Ti considero un giornalista integro, non ti vedo come peculatore.

«Non mi ci sento. Un mascalzone si prepara e calcola il rischio. Io, non essendolo, non mi sono messo al riparo dal rischio. E ora lo corro grosso».

È ancora in ballo il processo di abuso d’ufficio per la conduttrice, Tiziana Ferrario. Il pm ha chiesto per te quattro mesi.

«Ho assunto diciotto precari e rifatto l’immagine del Tg1. Tiziana conduceva da lustri. L’ho tolta e offerto il grado di caporedattore effettivo. Oggi, è a New York come corrispondente. Di che demensionamento parliamo? Chi rottama è in auge e chi rinnova va in galera?».

Torneresti al Tg1?

«Mai. Non puoi fare il direttore. Puoi solo tagliare nastri».

Come stai a soldi dopo le spese legali?

«Non me ne parlare».

Anche il tuo partito ha votato la Severino...

«Non è il solo errore: ha appoggiato Monti, votato il Fiscal compact, la Severino, la riconferma di Napolitano, le riforme istituzionali».

Ti converrà schierarti con Renzi che della Severino si fa un baffo.

«Gli unici e esserci incappati siamo Berlusconi e io. Quelli del Pd - De Magistris e De Luca - l’hanno scampata».

Polemizzi?

«Constato».

L'imam adesso minaccia l'Italia: "Salvini premier? Lago di sangue"

L'imam Mohamed Scek Nur: "Con Salvini al governo in Italia arriva l'Isis"




"Con Salvini premier arriva l'Isis". Così l'imam Mohamed Scek Nur, che attacca la Lega Nord (che chiede la sua espulsione) e minaccia l'Italia: se il leader del Carroccio arrivasse al potere, afferma, il Belpaese piomberebbe nel terrore. Più che un pensiero una minaccia, appunto. Ma tant'è, il rappresentante isalmico della comunità somala di Padova ha deciso di esprimersi così nel corso della trasmissione Prima Serata, dove si è scontrato duramente con l'europarlamentare leghista Marta Bizzotto. In chiusura di programma, Scek Nur, ha provocato la Bizzotto chiedendole perché, secondo lei, i terroristi non hanno ancora colpito l'Italia. Ma l'imam aveva già una risposta: "Per ora - ha scandito nel microfono - nessun attacco, ma se in Italia vincesse la Lega, se Salvini diventasse presidente del Consiglio, arriverebbe l'Isis anche qui". Frasi che hanno scatenato un putiferio. La Lega Nord ha espresso solidarietà al leader, mentre l'europarlamentare Lorenzo Fontana punta più in alto: "Chiedo al ministero dell'Interno Angelino Alfano l'espulsione immediata di Ahmed Mohamed Scek Nur. Un Imam - ha continuato - che in tv proferisce quelle parole in un momemnto come questo passa quel confine sottile che corre tra una discutibile considerazione politica e una minaccia vera e propria. Credo che l'espulsione sia un provvedimento minimo", ha concluso.

BRUXELLES, ASSEDIO IN CENTRO Sei arresti. Ma Salah è "invisibile"

Bruxelles, operazione alla Grand Place: centro blindato, si teme un attacco




Dopo due giorni, il terrore a Bruxelles arriva al livello massimo. Si è tenuta una enorme operazione di polizia nei pressi della Grand Place, nel cuore della città. In parallelo, altre numerose e massicce operazioni. Confuse le informazioni, di sicuro il dispiegamento delle forze dell'ordine è stato impressionante. Le strade sono rimaste bloccate a lungo, ai residenti è stato chiesto di non avvicinarsi alle finestre e di restare in strada. Al termine delle operazioni la polizia ha confermato sei arresti: tra di loro, però, non c'è Salah. La polizia, inoltre, ha chiesto d'ora in avanti ai concittadini di non segnalare gli spostamenti delle autorità sui social network, in modo da non vanificare possibili blitz e l'effetto-sorpresa.

L'ipotesi della Bbc - Minuto dopo minuto, la zona "bonificata" veniva allargata dalle forze dell'ordine, impedendo accessi e uscite: oltre a Grand Place, bloccate Rue du Lombard e Marché au Carbon, sempre in pieno centro. Secondo la Bbc, l'operazione potrebbe essere scattata in seguito a minacce dirette contro una stazione di polizia che si trova nell'area, la più grande di Bruxelles. Un testimone ha spiegato: "Sono in un ristorante e i poliziotti ci hanno chiesto di terminare in fretta e di raggrupparci nella sala interna aspettando il via libera per uscire".

Altre operazioni - I militari, inoltre, sono entrati all'hotel Radisson Blu. I clienti sono stati fatti rimanere nelle stanze e non possono uscire. "Chiudetevi dentro le stanze", hanno ammonito gli agenti. L'hotel - della stessa catena di quello assaltato in Mali venerdì - è stato circondato. Successivamente, dal Radisson, è arrivata la notizia che ai clienti è stato permesso entrare ed uscire dalla struttura. In una serata dove ha dominato il panico, sono avvenute operazioni di polizia anche Dampremy, nella zona della stazione, a Etterbeek e a Charleroi.

"Minaccia come a Parigi" - Bruxelles resta una città blindata: le misure verranno estese anche a lunedì. Scuole chiuse, così come le metropolitane: lo ha confermato il premier, Charles Michel. "Confermo che temiamo una minaccia come a Parigi con molteplici attacchi e ondate di offensive contro luoghi pubblici. Gli obiettivi sono posti molto frequentati, vie commerciali, trasporti pubblici, verranno presentate nuove misure, metteremo in campo più forze di polizia ed esercito e resta il numero di emergenza anticrisi", ha aggiunto il premier.

domenica 22 novembre 2015

Caivano (Na): Staffisti, dopo De Cicco ne serve un altro

Caivano (Na): Non ci sono i soldi per la mensa e per il sociale, ma escono 350 mila euro per gli staffisti del Sindaco Monopoli 



di Francesco Emione





Ci risiamo. Siamo alle solite. Un ulteriore sberla a guanti bianchi a quanti hanno un lavoro precario oppure un lavoro lo cercano. A quanti lavorano lontano dalla famiglia, agli studenti. Ai padri di famiglia, alle mamme che vanno a prendere i figli a scuola durante l'orario della mensa. La nuova amministrazione Monopoli appunto, vi ha dato un altro schiaffo. 

Non ci sono i soldi per la mensa, non ci sono i soldi per accudire 50 anziani, ma la giunta caivanese a guida Simone Monopoli, ha trovato i soldi per assumere un altro staffista. Serve al sindaco per il supporto all'attuazione del programma ed alle mansioni particolari e complesse. Complesse di che? 

Ma che vuol dire?? Boh ?! 

Per attuare il programma serve uno staffista di categoria C1 a part time? Per la prima volta nella storia di Caivano, un sindaco assume due staffisti che costeranno 70 mila euro all'anno, 350mila euro per tutto il mandato. 

Nella delibera non si capiscono però, i requisiti per partecipare al bando: laurea? diploma? specializzazione? Conoscenze tecniche? Umanistiche? Hanno revocato il concorso pubblico, indetto dal Commissario, per assumere due staffisti, senza alcuna selezione. Saranno scelti dal sindaco, secondo criteri clientelari e familistici. L'assessore al personale, supinamente, ha votato una delibera con un evidente difetto di motivazione. Ma prima o poi faranno qualcosa per la città? 

Intanto, il tempo guarisce le peggiori ferite.... Ma non fa scomparire l'amianto dalle mura del Castello di Caivano! Il "telone" che era stato usato per coprire questa vergogna è sparito e ora le lastre di eternit sono visibili da tutti esponendo i cittadini a gravi rischi per la salute! Cosa fa il Sindaco Monopoli per tutelare e garantire la salute dei cittadini?

I Cittadini stiano attenti vista l'inerzia colpevole del Comune evitino di passare per viale Dante, vicino al Castello Medievale!

Bossetti, spunta il dna di una donna: c'è il nome e il cognome (ma è giallo)

Yara, nel processo spunta un'altra donna: c'è il nome e cognome




Nel processo per l’omicidio di Yara spunta un’altra donna. Una donna misteriosa che, come scrive il settimanale Oggi, ha lasciato il suo Dna mitocondriale in un capello incastrato fra il giubbino della vittima e il terreno su cui il corpo di Yara era riverso nel campo di Chignolo. Questa donna il cui nome, sottolinea il settimanale, non era mai emerso in cinque anni di indagini e in 15 udienze, si chiama Rosita Brena. Brena è il cognome della maestra di ginnastica di Yara il cui Dna è stato trovato sul polsino del giubbino della ragazzina uccisa. Su questa donna c’è un mistero assoluto. Non si sa chi sia. Dove abita, se ha rapporti di parentela con la maestra.

Donna fantasma - Non è stato fatto nessun approfondimento in aula durante il controesame di Carlo Previderè, il genetista dell’università di Pavia incaricato dal pm Letizia Ruggeri di fare delle perizie sulle formazioni pilifere sul corpo di Yara. L’avvocato di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, ha spiegato che il capello di quella donna era ancorato al terreno dal corpo di Yara e, quindi, “ “non è volato in quel punto. C’era già quando Yara è stata aggredita”. Negli atti della procura, sottolinea Oggi, alla donna del mistero, a questa Rosita Brena, viene dedicata solo una riga.

Il "big" di Forza Italia che dice no: ecco chi non vuole Sallusti sindaco

Alessandro Sallusti sindaco di Milano, i dubbi di Giovanni Toti e dei "moderati" di Forza Italia




Roma e Milano. Giorgia Meloni e Alessandro Sallusti. La corsa al voto nelle due città è iniziata e il centrodestra spinge i suoi possibili. Il direttore de Il Giornale è l'uomo sul quale Silvio Berlusconi e Lega Nord vorrebbero puntare per il capoluogo meneghino. Matteo Salvini infatti si è sbilanciato a favore di Sallusti: "A me piace come persona e professionista, è uno dei possibili nomi. E, se fosse lui,io sarei ben contento. Se è lui noi ci siamo". E alcune conferme arriverebbero anche dallo stesso direttore, che ai microfoni di Radio 105 ha detto: "Mi fanno onore queste voci: fare il sindaco di Milano però non è una professione che piace o non piace, è una possibilità importante, seria e come tale va valutata. Per cui l'unica cosa vera di quello che è stato detto e  scritto è che è iniziato un percorso di verifica di condizioni. Ora, se l'offerta che mi è stata fatta superasse questo percorso di verifica, vedremo cosa fare: insomma, se sono rose fioriranno, però al momento non c'è nessuna candidatura, ma solo un'ipotesi di lavoro". Il nome era nell'aria già da un po' e anche Berlusconi stava valutando da tempo questa ipotesi, sondando il terreno con qualche telefonata "esplorativa"e parlandone, appunto, con Salvini e con la Meloni. 

Diffidenti - L'idea che il centrodestra possa presentarsi al voto nelle due principali città con la leader di Fratelli d'Italia e con un personaggio "prestato" alla politica, però, non mette d'accordo tutti. Secondo quanto riportato dal Corriere dell Sera, Giovanni Toti infatti non sarebbe concorde con i suoi alleati di centrodestra, e al contrario spingerebbe per una candidatura che possa essere "la più inclusiva possibile per tutta l'area del centrodestra, e che permetta al primo o al secondo turno la convergenza dei centristi". Il big di Forza Italia, insomma, teme che il nome di Sallusti possa creare troppe spaccature nell'elettorato. E con la posizioni di Toti, sempre più influente in Forza Italia, sarebbero d'accordo anche altri esponenti dell'area moderata del partito, da Paolo Romani ad Antonio Tajani. Ma alla fine a decidere, con assoluta probabilità, sarà Berlusconi, perché come ha detto in collegamento telefonico alludendo al Ruby Ter, nel corso di una manifestazione di Forza Italia, non smetterà di guidare Forza Italia nonostante "abbia appena subito dalla magistratura il 66esimo attacco in 21 anni di vita politica".