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lunedì 23 novembre 2015

BRUXELLES, ASSEDIO IN CENTRO Sei arresti. Ma Salah è "invisibile"

Bruxelles, operazione alla Grand Place: centro blindato, si teme un attacco




Dopo due giorni, il terrore a Bruxelles arriva al livello massimo. Si è tenuta una enorme operazione di polizia nei pressi della Grand Place, nel cuore della città. In parallelo, altre numerose e massicce operazioni. Confuse le informazioni, di sicuro il dispiegamento delle forze dell'ordine è stato impressionante. Le strade sono rimaste bloccate a lungo, ai residenti è stato chiesto di non avvicinarsi alle finestre e di restare in strada. Al termine delle operazioni la polizia ha confermato sei arresti: tra di loro, però, non c'è Salah. La polizia, inoltre, ha chiesto d'ora in avanti ai concittadini di non segnalare gli spostamenti delle autorità sui social network, in modo da non vanificare possibili blitz e l'effetto-sorpresa.

L'ipotesi della Bbc - Minuto dopo minuto, la zona "bonificata" veniva allargata dalle forze dell'ordine, impedendo accessi e uscite: oltre a Grand Place, bloccate Rue du Lombard e Marché au Carbon, sempre in pieno centro. Secondo la Bbc, l'operazione potrebbe essere scattata in seguito a minacce dirette contro una stazione di polizia che si trova nell'area, la più grande di Bruxelles. Un testimone ha spiegato: "Sono in un ristorante e i poliziotti ci hanno chiesto di terminare in fretta e di raggrupparci nella sala interna aspettando il via libera per uscire".

Altre operazioni - I militari, inoltre, sono entrati all'hotel Radisson Blu. I clienti sono stati fatti rimanere nelle stanze e non possono uscire. "Chiudetevi dentro le stanze", hanno ammonito gli agenti. L'hotel - della stessa catena di quello assaltato in Mali venerdì - è stato circondato. Successivamente, dal Radisson, è arrivata la notizia che ai clienti è stato permesso entrare ed uscire dalla struttura. In una serata dove ha dominato il panico, sono avvenute operazioni di polizia anche Dampremy, nella zona della stazione, a Etterbeek e a Charleroi.

"Minaccia come a Parigi" - Bruxelles resta una città blindata: le misure verranno estese anche a lunedì. Scuole chiuse, così come le metropolitane: lo ha confermato il premier, Charles Michel. "Confermo che temiamo una minaccia come a Parigi con molteplici attacchi e ondate di offensive contro luoghi pubblici. Gli obiettivi sono posti molto frequentati, vie commerciali, trasporti pubblici, verranno presentate nuove misure, metteremo in campo più forze di polizia ed esercito e resta il numero di emergenza anticrisi", ha aggiunto il premier.

domenica 22 novembre 2015

Caivano (Na): Staffisti, dopo De Cicco ne serve un altro

Caivano (Na): Non ci sono i soldi per la mensa e per il sociale, ma escono 350 mila euro per gli staffisti del Sindaco Monopoli 



di Francesco Emione





Ci risiamo. Siamo alle solite. Un ulteriore sberla a guanti bianchi a quanti hanno un lavoro precario oppure un lavoro lo cercano. A quanti lavorano lontano dalla famiglia, agli studenti. Ai padri di famiglia, alle mamme che vanno a prendere i figli a scuola durante l'orario della mensa. La nuova amministrazione Monopoli appunto, vi ha dato un altro schiaffo. 

Non ci sono i soldi per la mensa, non ci sono i soldi per accudire 50 anziani, ma la giunta caivanese a guida Simone Monopoli, ha trovato i soldi per assumere un altro staffista. Serve al sindaco per il supporto all'attuazione del programma ed alle mansioni particolari e complesse. Complesse di che? 

Ma che vuol dire?? Boh ?! 

Per attuare il programma serve uno staffista di categoria C1 a part time? Per la prima volta nella storia di Caivano, un sindaco assume due staffisti che costeranno 70 mila euro all'anno, 350mila euro per tutto il mandato. 

Nella delibera non si capiscono però, i requisiti per partecipare al bando: laurea? diploma? specializzazione? Conoscenze tecniche? Umanistiche? Hanno revocato il concorso pubblico, indetto dal Commissario, per assumere due staffisti, senza alcuna selezione. Saranno scelti dal sindaco, secondo criteri clientelari e familistici. L'assessore al personale, supinamente, ha votato una delibera con un evidente difetto di motivazione. Ma prima o poi faranno qualcosa per la città? 

Intanto, il tempo guarisce le peggiori ferite.... Ma non fa scomparire l'amianto dalle mura del Castello di Caivano! Il "telone" che era stato usato per coprire questa vergogna è sparito e ora le lastre di eternit sono visibili da tutti esponendo i cittadini a gravi rischi per la salute! Cosa fa il Sindaco Monopoli per tutelare e garantire la salute dei cittadini?

I Cittadini stiano attenti vista l'inerzia colpevole del Comune evitino di passare per viale Dante, vicino al Castello Medievale!

Bossetti, spunta il dna di una donna: c'è il nome e il cognome (ma è giallo)

Yara, nel processo spunta un'altra donna: c'è il nome e cognome




Nel processo per l’omicidio di Yara spunta un’altra donna. Una donna misteriosa che, come scrive il settimanale Oggi, ha lasciato il suo Dna mitocondriale in un capello incastrato fra il giubbino della vittima e il terreno su cui il corpo di Yara era riverso nel campo di Chignolo. Questa donna il cui nome, sottolinea il settimanale, non era mai emerso in cinque anni di indagini e in 15 udienze, si chiama Rosita Brena. Brena è il cognome della maestra di ginnastica di Yara il cui Dna è stato trovato sul polsino del giubbino della ragazzina uccisa. Su questa donna c’è un mistero assoluto. Non si sa chi sia. Dove abita, se ha rapporti di parentela con la maestra.

Donna fantasma - Non è stato fatto nessun approfondimento in aula durante il controesame di Carlo Previderè, il genetista dell’università di Pavia incaricato dal pm Letizia Ruggeri di fare delle perizie sulle formazioni pilifere sul corpo di Yara. L’avvocato di Massimo Bossetti, Claudio Salvagni, ha spiegato che il capello di quella donna era ancorato al terreno dal corpo di Yara e, quindi, “ “non è volato in quel punto. C’era già quando Yara è stata aggredita”. Negli atti della procura, sottolinea Oggi, alla donna del mistero, a questa Rosita Brena, viene dedicata solo una riga.

Il "big" di Forza Italia che dice no: ecco chi non vuole Sallusti sindaco

Alessandro Sallusti sindaco di Milano, i dubbi di Giovanni Toti e dei "moderati" di Forza Italia




Roma e Milano. Giorgia Meloni e Alessandro Sallusti. La corsa al voto nelle due città è iniziata e il centrodestra spinge i suoi possibili. Il direttore de Il Giornale è l'uomo sul quale Silvio Berlusconi e Lega Nord vorrebbero puntare per il capoluogo meneghino. Matteo Salvini infatti si è sbilanciato a favore di Sallusti: "A me piace come persona e professionista, è uno dei possibili nomi. E, se fosse lui,io sarei ben contento. Se è lui noi ci siamo". E alcune conferme arriverebbero anche dallo stesso direttore, che ai microfoni di Radio 105 ha detto: "Mi fanno onore queste voci: fare il sindaco di Milano però non è una professione che piace o non piace, è una possibilità importante, seria e come tale va valutata. Per cui l'unica cosa vera di quello che è stato detto e  scritto è che è iniziato un percorso di verifica di condizioni. Ora, se l'offerta che mi è stata fatta superasse questo percorso di verifica, vedremo cosa fare: insomma, se sono rose fioriranno, però al momento non c'è nessuna candidatura, ma solo un'ipotesi di lavoro". Il nome era nell'aria già da un po' e anche Berlusconi stava valutando da tempo questa ipotesi, sondando il terreno con qualche telefonata "esplorativa"e parlandone, appunto, con Salvini e con la Meloni. 

Diffidenti - L'idea che il centrodestra possa presentarsi al voto nelle due principali città con la leader di Fratelli d'Italia e con un personaggio "prestato" alla politica, però, non mette d'accordo tutti. Secondo quanto riportato dal Corriere dell Sera, Giovanni Toti infatti non sarebbe concorde con i suoi alleati di centrodestra, e al contrario spingerebbe per una candidatura che possa essere "la più inclusiva possibile per tutta l'area del centrodestra, e che permetta al primo o al secondo turno la convergenza dei centristi". Il big di Forza Italia, insomma, teme che il nome di Sallusti possa creare troppe spaccature nell'elettorato. E con la posizioni di Toti, sempre più influente in Forza Italia, sarebbero d'accordo anche altri esponenti dell'area moderata del partito, da Paolo Romani ad Antonio Tajani. Ma alla fine a decidere, con assoluta probabilità, sarà Berlusconi, perché come ha detto in collegamento telefonico alludendo al Ruby Ter, nel corso di una manifestazione di Forza Italia, non smetterà di guidare Forza Italia nonostante "abbia appena subito dalla magistratura il 66esimo attacco in 21 anni di vita politica". 

Vatileaks, inizia il processo ai "corvi" A giudizio anche Nuzzi e Fittipaldi

Vatileaks, rinviati a giudizio Nuzzi e Fittipaldi




Sono cinque le persone rinviate a giudizio nell'inchiesta vaticana sulle fughe di notizie: oltre i due arrestati, monsignor Vallejo Balda (ancora detenuto) e Francesca Immacolata Chaouqui (subito scarcerata dopo il fermo durato una notte) ci sono i giornalisti Gianluigi Nuzzi (l'autore di Via Crucis che non si è presentato per l'interrogatorio) e Emiliano Fittipaldi (l'autore di Avarizia, che si è fatto interrogare) e Nicola Maio, già segretario particolare di monsignor Balda durante i lavori della Cosea, la Commissione referente voluta da Papa Francesco per una verifica amministrativa e organizzativa dei dicasteri vaticani in vista della Riforma.

Un comunicato vaticano in merito sarà emesso appena saranno terminate le notifiche ai soggetti interessati. Non è stato rinviato e nemmeno mai indagato il giornalista Mario Benotti, attuale capo della segreteria particolare del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi. Benotti si era autosospeso dall'incarico non appena il suo nome era stato pubblicato da due quotidiani italiani (notizia che poi aveva fatto il giro del mondo presentandolo come il terzo corvo di Vatileaks due) anche se mai era stato citato dalle fonti vaticane che pure avevano dato ampie informazioni sull'inchiesta. A quanto apprende l'Agi, Benotti aveva chiesto e ottenuto di incontrare gli inquirenti e la Gendarmeria Pontificia per chiarire la sua posizione, spiegando di non aver mai avuto nulla a che fare con la diffusione dei documenti della Cosea che è l'oggetto dell'inchiesta Vatileaks due.

IL BLITZ NELL'OSPEDALE NECKER Parigi, rubate dieci tute anti-ebola

Parigi, rubate 10 tute anti-ebola all'ospedale Necekr: il timore di un collegamento con un attacco chimico dell'Isis




Un furto inquietante, in questi giorni di terrore. Una decine di tute protettive, di quelle dei kit medici predisposti nei giorni dell'emergenza del virus Ebola, sono stati trafugati all'ospedale pediatrico Necker, di Parigi. Oltre alle tute, sono stati rubati una trentina di paia di stivali di polietilene (una materia resistente agli agenti chimici), guanti e maschere. Un furto che spaventa, alla luce di quanto affermato dal primo ministro transalpino, Manuel Valls, il quale ha parlato della concreta possibilità di attacchi chimici e batteriologici da parte dei terroristi dell'Isis. Fonti ospedaliere hanno spiegato che al locale dal quale è scomparso il bottino "hanno accesso molte persone per l'approvvigionamento di materiale di uso quotidiano". Il furto è avvenuto mercoledì, ma la notizia si è appresa soltanto negli ultimi minuti. Il timore è che il furto possa essere collegato con un possibile attacco: gli oggetti rubati, infatti, potrebbero proteggere gli uomini deputati a sferrare l'attacco.

giovedì 19 novembre 2015

"Così scorrerà il sangue in strada" Quelle tragiche parole di Luttwak

Edward Luttwak: "Terrorismo islamico, senza prevenzione ci resta soltanto da pulire i marciapiedi dal sangue"




A fare il punto sull'allarme terrorismo che ha investito con potenza mai vista prima l'Europa dopo gli attentati di Parigi, ci pensa Edward Luttwak in un'intervista a Il Messaggero. "Il terrorismo - spiega - si può prevenire, ma ci vuole una strategia, e i francesi non ce l'hanno". Parole poco confortanti, quelle del politologo, che punta il dito contro le autorità transalpine: "Costruiscono immensi carteggi, dossier di centinaia di fogli. È un metodo sbagliato. Intercettano qualcuno che sta parlando di jihad, lo schedano, cominciano a raccogliere informazioni, foto, registrano conversazioni. Il loro mestiere è di essere i biografi di questa gente". Al contrario, aggiunge Luttwak, l'Italia "appena sente la parola jihad cala sulla persona che l'ha pronunciata, ne studia il comportamento e cerca di capire se si tratti di persona radicalizzata, e allora cerca subito appigli legali per imprigionarla, per estradarla (...). Quando scremi il serbatoio di possibili terroristi, hai tempo e risorse per seguire quelli che restano nel Paese". Luttwak, infine, sottolinea: "Con il terrorismo, se non si fa prevenzione, l'unica cosa che ci resta da fare è di pulire i marciapiedi del sangue delle vittime". Il messaggio è arrivato, forte e chiaro.