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lunedì 16 novembre 2015

Un numero lega Charlie e Bataclan Occhio, non ce la raccontano giusta

Una data lega i terroristi da Charlie Hebdo al Bataclan


di Pierangelo Maurizio 



Va bene Je suis Paris e Je suis qualunque cosa, ma forse non basta. E le scritte pacifiste a piazza Farnese a cornice dell' immensa corona di fiori forse dimostrano che non abbiamo le idee chiare. Una cosa soprattutto è ormai insopportabile. Apprendere tutte le volte che i massacratori risultino essere conosciuti dai servizi di sicurezza di Parigi che però sono sempre colti alla sprovvista. Non è credibile.

Basta fare una piccola ricostruzione di 3 anni di stragi jihadiste in Francia e i risultati sono sconcertanti. Morale, i servizi francesi non ce la raccontano giusta.

Certo, c' è sempre da capire quale - tra le mille segnalazioni - è quella attendibile. La Francia ha il problema della comunità musulmana più grande d' Europa. Ma non basta a spiegare i flop d' Oltralpe.

Uno dei macellai di venerdì è un francese di 30 anni, «conosciuto dai servizi». È stato identificato dalle impronte digitali. Schedato dalla Dgsi, la Direction generale de la securité interieure, dal 2010: occhio all' anno. Sarebbe bastato intercettare lui. Senza contare il "profugo" siriano - un pericolo ovvio denunciato allo sfinimento da Libero, una delle poche voci - tra i carnefici, tre attentatori che vengono dallo stesso quartiere degli stragisti di gennaio nonché la pista belga già emersa allora.
Non proprio fantasmi.

Anche l' autore degli attentati di Tolosa e Mountaban (tre militari uccisi) e della strage alla scuola ebraica (4 morti) nel marzo 2012 era «conosciuto dai servizi». A Mohamed Merah si è risaliti grazie alla targa di uno scooter e all' ip del computer di una donna, madre di «due sospetti già sotto osservazione dei servizi antiterrorismo».

E pure i killer di Charlie Hebdo, Said e Chérif Kouachi, e il complice Adamy Coulibaly dell' assalto al supermercato kosher (7-9 gennaio 2015) «erano conosciuti dai servizi». Uno dei fratelli Kouachi, Chérif, era stato arrestato nel 2008 come membro di un gruppo che reclutava combattenti da mandare in Iraq. I due fratelli Kouachi riescono ad addestrarsi in Yemen nel 2011 quando sono «persi di vista dai servizi». Coulibaly dall' età di 17 anni finisce in gattabuia cinque volte per rapina e spaccio. Una perizia psichiatrica ne evidenzia «la personalità immatura e psicopatica», «scarse capacità di introspezione». Nel 2010 - ancora - viene arrestato perché implicato nel tentativo di far evadere il terrorista Smain Ait Alit Belkacem (un simpaticone che nel '95 voleva far saltare il metrò di Parigi). Indagini che hanno coinvolto anche i Kouachi. Tutti con una sfilza di precedenti per reati comuni "politicizzatisi" in carcere (dunque facilmente agganciabili e controllabili). Tutti scarcerati poco dopo le condanne per terrorismo. Coulibaly e i fratelli Kouachi, grandi amici, sono conosciuti con altri come "quelli di Buttes-Chaumont", dal Parco dove si ritrovano e si allenano in esercizi para-militari. En plein air.

Non proprio dei grandi cospiratori. A Coulibaly mancava solo di scriverlo sul biglietto da visita, che voleva andare a combattere in Siria.

E gli attentati del dicembre 2014 - un automobilista si butta col furgone sui passanti, un altro assalta con un coltello un commissariato - (14 feriti), antipasto di quello che verrà a gennaio, a sua volta antipasto di quello che è arrivato venerdì sera? L' autore dell' assalto al posto di polizia, ucciso dopo aver ferito tre agenti, Betrand Nzohabonayo, passa per uno squilibrato. Però fratello di un «radicale islamista», che aveva cercato di andare in Siria, e due giorni prima sulla sua pagina facebook ha pubblicato la bandiera nera dell' Isis. Anche loro due «erano conosciuti».

No, i servizi francesi non ce la raccontano giusta. Non è verosimile che gli 007 di Parigi, tra i migliori del mondo e con una delle storie più blasonate, ogni volta «si facciano sorprendere» e facciano acqua da tutte le parti. Non è pensabile. Questo è un dato di fatto.

Trovare una risposta è più difficile. La più probabile è che queste cellule facciano parte del network infiltrato e di cui i francesi si sono serviti per fare il lavoro sporco in Siria, in Libia come in Iraq. Poi sono sfuggite di mano. Qualcosa tipo Bin Laden e gli Usa, giusto per capirci. A rafforzare l' ipotesi, gli assassini, da Coulibaly all' attentatore di venerdì, sono schedati dal 2010, come fosse una stessa "nidiata". Andare fino in fondo con le indagini o anche solo con una versione credibile significherebbe con buona probabilità far emergere la rete della barbe finte - cosa che nessuna intelligence può permettersi - ma anche responsabilità non solo politiche.

Al governo di Parigi non si può certo chiedere - e ora poi - di mettere a repentaglio la propria sicurezza nazionale. Ma i fratelli francesi facciano almeno ammenda sugli errori - tragici - compiuti in Libia per detronizzare Gheddafi, ai quali ha tentato di opporsi solo un Berlusconi ormai troppo indebolito, e per destabilizzare la Siria di Assad. Poi, con la massima solidarietà, si faccia la guerra vera al terrore islamico. Giocarci, con questa guerra, per interessi e fini di parte è molto pericoloso. In gioco ormai sono la sicurezza di tutti i giorni, le vite dei nostri figli, il futuro dell' Europa.

RIDONO DELLE STRAGI Vignette sui giornali arabi:

Le vignette arabe sulla strage di Parigi: così sfottono Francia ed Europa




Se si osservano le vignette satiriche sui quotidiani arabi, sarà praticamente impossibile trovare traccia di solidarietà alla Francia o magari, così anche di sfuggita, un cenno di condanna per gli attacchi terroristici a Parigi che hanno ammazzato almeno 129 persone. Per i disegnatori arabi è l'occasione per pungolare la Francia e l'Occidente sulla "doppia morale", come scrive Maurizio Molinari su La Stampa, cioè su quanto siano stati ben più gravi i fatti di sangue avvenuti negli anni nei Paesi arabi, rispetto alla tragedia parigina. C'è per esempio il vignettista Ala al-Luqta che vede la Francia come un signore grasso con una freccia infilzata nella schiena, seguito da un palestinese colpito da una decina di frecce e che alza un po' scocciato un cartello con la scritta: "Rifiutiamo il terrorismo a Parigi". Oppure ci sono vignette che raffigurano la Francia ferita a un dito, ricoverata in ospedale nella stessa stanza della Siria ferita a morte. Rincara la dose Arab21News che pubblica una vignetta con la Morte che bussa alla porta dell'Unione Europea portando un carico di teschi, restituendoli al mittente.

UN TERRORISTA IN ITALIA Seat nera sospetta varca il confine Ricerche nel Torinese / La targa

Parigi, Seat sospetta nera ha varcato il confine italiano




Le autorità francesi hanno comunicato che ha varcato il confine con l'Italia a Ventimiglia una macchina sospetta di marca Seat, modello non precisato, di colore nero e targata, parzialmente, GUT18053. A bordo ci sarebbero tre persone. Si chiede la collaborazione di tutti per rintracciarla. Nella nota è chiaramente specificato il possibile "collegamento con gli attentati in Francia".

Secondo l'Ansa il sospetto terrorista sarebbe ricercato nel torinese. Potrebbe trovarsi sulla Tangenziale di Torino. L'uomo, 32 anni, Baptiste Burgy.

L'editoriale di Belpietro sugli attentati: "Niente patti con i nazi-islamici"

Maurizio Belpietro: perché è impossibile trattare con i nazi-islamici



Nel suo editoriale di oggi Maurizio Belpietro torna a parlare delle stragi di Parigi. E spiega perché non è possibile trattare, come sostiene tra gli altri lo scienziato Umberto Veronesi, con l'Isis. Ecco, in sintesi, cosa scrive il direttore di Libero: "L' idea di scendere a patti, di trovare un' intesa che garantisca una convivenza tra orrore e diritti umani, in realtà è una resa. Ci consegniamo a loro pensando di farla franca, ma così ci condanniamo". 

L'intervento completo  in edicola oggi 16 Novembre su Libero, non perderti l'editoriale integrale del direttore Maurizio Belpietro. 

"ECCO IL REGISTA DELLE STRAGI" Viveva in Belgio, poi è sparito Era in contatto con tutti i kamikaze

L'intelligence belga: "Individuato il regista delle stragi di Parigi"




I servizi di sicurezza belgi sospettano che la mente degli attentati di Parigi sia Abdelhamid Abaaoud, 28 anni di origine marocchina, residente a Molenbeek e latitante da quando, a gennaio, la polizia belga ha  neutralizzato la cellula jihadista di cui era a capo a Verviers. Lo riportano i media belgi. Almeno due dei terroristi di Parigi erano amici di Abaaoud, spiega la stampa locale, ed avevano commesso insieme piccoli crimini a Bruxelles tra il 2010-2011.  Abaaoud è poi partito per la Siria dopo lo smantellamento della cellula jihadista di cui era a capo. etro gli attacchi di Parigi, ci sarebbe lo stesso uomo che fu la mente di un fallito attentato per  uccidere dei poliziotti in Belgio lo scorso gennaio. Lo scrivono i giornali belgi De Standaard e Het Nieuwsblad. Si tratta del 28enne Abdelhamid Abaaoud, cittadino belga di origine marocchina, che è  andato a combattere in Siria. L’uomo è tristemente famoso per un video registrato nel 2014 in cui guida un’automobile che trascina dietro alcuni corpi mutilati.

Ricercato - Abaaoud avrebbe organizzato il fallito attentato in Belgio dalla Grecia e da allora è ricercato. Due dei terroristi suicidi identificati a Parigi - indicati dai giornali belgi come Bilal Hadfi eBrahim Abdeslam - avrebbero conosciuto Abaaoud. Quest’ultimo viveva un tempo nel quartiere di Molenbeek a Bruxelles, così come Abdeslam.

"SERVE LA GUERRA" Piano del gen. Jean cosa serve per vincere

"ENTRIAMO IN GUERRA". Il piano del generale Jean: cosa serve per vincere




La Nato dovrebbe intervenire con truppe di terra direttamente in Siria e umiliare le forze dell'Isis per far loro: "perdere la faccia" sostiene il generale Carlo Jean in un'intervista al Giorno: "L'aura di invincibilità, la presunta profezia di Maometto - dice il generale - che li vedrebbe come vincitori. Una volta che li fanno neri, è più difficile per loro passare per spauracchio degli infedeli e stupidaggini simili". L'ex generale degli Alpini, oggi docente di strategia all'Università Luiss, avverte sull'insufficienza della reazione francese, dei bombardamenti a Raqqa, in Siria. Quel che servirebbe davvero ma difficilmente accadrà è: "L'invio di un vero e proprio contingente di truppe di terra - ha detto - credo che avverrà solo se ci sarà un altro attentato. Intendiamoci - chiarisce - strike duri sono già qualcosa, ma servirebbe altro: l'intervento di terra".

Dietro la strage - Gli attacchi coordinati a Parigi la sera del 13 novembre hanno avuto una funzione precisa, secondo il generale Jean, nella strategia di comunicazione dello Stato islamico: "In organizzazioni come queste il prestigio è tutto. Proprio perché stanno incassando colpi sia in Siria che in Iraq, al Baghdadi e i suoi hanno pianificato gli attacchi contro l'aereo russo, contro Hezbollah in Libano e a Parigi: perché avevano bisogno di recuperare prestigio".

Cosa fare - Il generale Jean non nega l'utilità di una possibile soluzione diplomatica, cercando per esempio un accordo di pace in Siria o almeno un cessate il fuoco: "Renderebbe molto più facili le cose". Di fatto però, l'Isis è attivo in metà del territorio iracheno, un intervento militare sarebbe comunque possibile per: "liberare Mosul e la provincia di al Anbar. E attraverso le zone controllate in Siria dall'Ypg curdo si può arrivare a Raqqa e Deir el Ezzor. Credo che Assad, che ha un disperato bisogno di credito in Occidente, non si metterebbe di traverso".

Come agire - È scettico il generale su un accordo tra Stati Uniti e Russia per un'azione militare congiunta. L'intervento di Putin sarebbe comunque utile per "tranquillizzare Damasco, ma non è essenziale". Difficile anche che tutti i paesi della Nato trovino comunione d'intenti per intervenire in Siria. Sul numero di uomini necessari, il generale Jean chiarisce: "C'è chi come Luttwak dice una brigata. Ma non voglio esagerare. Diciamo che due brigate combattenti, massimo tre, con abbondante supporto aereo, basterebbe. I Daesh hanno 30-40mila uomini e non hanno supporto aereo. Non potrebbe reistere". I tempi potrebbero essere strettissimi per un possibile intervento tra Paesi europei e Stati Uniti. In particolare le forze americane possono essere organizzate in pochi giorni: "Una forza mista americana-europea può essere in grado di operare in venti giorni/un mese". Il vero problema, secondo il generale, è che manca del tutto il coraggio da parte dei governi europei di intervenire, frenati dal pericolo di nuovi attentati.

Bombe sui campi di addestramento Isis La reazione francese: "È solo l'inizio"

Bombe sui campi di addestramento dell'Isis. La reazione della Francia dopo la strage




La prima risposta militare della Francia allo Stato Islamico è stata una pioggia di fuoco su Raqqa, la città siriana individuata come il quartier generale del Califfato in Siria. Almeno trenta raid sono partiti dalla tarda serata di domenica 15 novembre da parte dell'aviazione francese e dei caccia americani che, secondo il Wall Street Journal, stanno dando supporto sul campo indicando informazioni sui luoghi da colpire. I bombardamenti hanno colpito un centro di comando del Califatto, una struttura di reclutamento di jihadisti, depositi di munizioni e un campo di addestramento. Proprio a Raqqa, secondo l'intelligence francese, sarebbero stati addestrati alcuni dei terroristi autori della strage del 13 novembre a Parigi. Solo pochi giorni i droni americani avevano messo a segno proprio nei pressi di Raqqa l'attacco contro il boia dell'Isis Jihadi John, nei primi momenti dato per morto dagli Stati Uniti, ma subito dopo ritenuto gravemente ferito da fonti siriane.

Il sospetto - In Francia intanto cresce la polemica contro il governo che avrebbe ignorato gli allarmi dell'intelligence su possibili attacchi in preparazione da tempo. Il premier Manuel Valls non smentisce del tutto: "Sapevamo che c’erano operazioni in preparazione e che ci sono operazioni in preparazione non solo contro la Francia. Dobbiamo convi
vere con il terrorismo e combatterlo. I due obiettivi identificati a Raqqa sono stati colpiti. Dobbiamo distruggere Daesh. Anche lo schianto dell’aereo russo è stato rivendicato dall’Isis".

Il piano - Nei prossimi giorni partirà dal porto di Tolone la portaerei a propulsione nucleare Charles de Gaulle che resterà nell'area per almeno 4 mesi, triplicando la capacità offensiva di Parigi, portando a 36 il numero totale di aerei da guerra francesi nell'area.