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domenica 25 ottobre 2015

LA CHIESA APRE AI DIVORZIATI Sinodo, la svolta (e il "no" ai gay)

Sinodo, sì alla relazione finale con la maggioranza dei due terzi. Papa Francesco, un "durissimo discorso"




Il Sinodo si è ricompattato sabato sul testo delle relatio finalis, che è stato approvato punto per con una maggioranza sempre superiore ai due terzi. L’anno scorso non era andata così e i punti più controversi, come la comunione ai divorziati risposati e l’accoglienza pastorale ai gay avevano raggiunto solo la maggioranza semplice che per il diritto canonico non è considerata sufficiente. L’approvazione è stata resa nota dal portavoce di lingua tedesca Bernd Agenkrd. I lavori si sono conclusi con il canto del Te Deum. Secondo quanto riferito, Francesco ha pronunciato un discorso molto forte, del quale sono uscite alcuni brani. In sintesi, il Sinodo apre ai divorziati, aprendo alla possibilità di decidere "caso per caso" sulla comunione. Netta la chiusura ai matrimoni omosessuali, pur sottolineando come ogni persona vada rispettata.

Le parole del Papa - Bergoglio, in un passaggio del suo discorso a votazione chiusa, ha spiegato come il Sinodo ha "sollecitato tutti a comprendere l'importanza dell'istituzione della famiglia e del matrimonio tra uomo e donna, fondato sull'unità e sull'indissolubilità, e ad apprezzarla come base fondamentale della società e della vita umana". Senza "mai cadere nel pericolo del relativismo oppure di demonizzare gli altri, - ha proseguito il Papa - abbiamo cercato di abbracciare pienamente e coraggiosamente la bontà e la misericordia di Dio che supera i nostri calcoli umani e che non desidera altro che tutti gli uomini siano salvati". Il sinodo "ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito, non le idee ma l'uomo, non le formule, ma la gratuità dell'amore di Dio e del suo perdono", ha sottolineato il Pontefice chiudendo le assise.

Apertura ai divorziati - Il testo finale prevede che la comunione ai divorziati possa essere concessa caso per caso, come anticipato nel pomeriggio dal cardinale Schoenborn: "Il percorso di accompagnamento e discernimento orienta questi fedeli - si legge nella relatio finalis - alla presa di coscienza della loro situazione davanti a Dio". Il Sinodo chiarisce che da oggi la partecipazione dei divorziati risposati alla vita della Chiesa "può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate". "I divorziati risposati - dunque - non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo. Quest’integrazione è necessaria pure per la cura e l’educazione cristiana dei loro figli, che debbono essere considerati i più importanti".

"No" ai matrimoni gay - Resta il "no" ai matrimoni omosessuali. Sui progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone gay, il Sinodo sottolinea che "non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia". E ancora, dichiara "del tutto inaccettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri all'introduzione di leggi che istituiscano il matrimonio fra persone dello stesso sesso". "Nei confronti delle famiglie che vivono l'esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione".

Comunione ai divorziati - In precedenza, nella giornata, avevano fatto rumore le parole del cardinale Christopher Schoenborn, il quale ha affermato che davanti alla richiesta dei divorziati risposati "dobbiamo guardare ad ogni singola situazione, discernere e accompagnare le situazioni caso per caso. Il documento dà criteri per questo accompagnamento, non solo per la comunione ma per tutte le questioni". Così Schoenborn, arcivescovo di Vienna, nel briefing sui lavori del Sinodo, prima della votazione. "Il tema dei divorziati risposati - ha aggiunto - è affrontato riconoscendo la diversità dei singoli casi. Se ne parla con grande attenzione, e la parola chiave è discernimento. Vi invito a pensare che non c’è il bianco e il nero, e quindi non basta un semplice sì o no. C’è invece un obbligo, per amore della verità, di esercitare un discernimento tre le situazioni diverse". "Papa Francesco - ha sottolineato Schoenborn - da buon gesuita formato dagli esercizi di Sant’ignazio ha imparato da giovane tale discernimento".

BELPIETRO SMASCHERA VERDINI "Ma lo sapevate che già dal 2009..."

Denis Verdini amoreggia col Pd dal 2009. Ma a quell'epoca Bersani & C non fiatavano



di Maurizio Belpietro
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La minoranza del Partito democratico ormai ne è ossessionata. Appena sente il nome di Denis Verdini salta sulla sedia e annuncia barricate. È successo anche l’altra sera, dopo l’apparizione di Matteo Renzi a Otto e mezzo. A una domanda di Lilli Gruber sulla possibilità che l’ex coordinatore di Forza Italia entrasse nella maggioranza che sostiene il governo, il presidente del Consiglio ha risposto che «ad oggi» il passaggio è escluso, aggiungendo però di osservare uno «sfarinamento» della destra che lo colpisce molto. Non una dichiarazione di apertura a Verdini, ma neppure una chiusura netta, con quel «ad oggi» messo lì come per contestualizzare che in futuro, in seguito allo «sfarinamento», le cose potrebbero cambiare. Tanto è bastato perché qualcuno interpretasse le parole del premier come uno spiraglio lasciato aperto per nuovi arrivi. E così Palazzo Chigi ha dovuto precisare con una nota che «Verdini e i suoi non fanno e non faranno parte del governo». E se «in futuro vorranno aggiungersi con i loro voti a singoli provvedimenti della maggioranza, questo riguarda esclusivamente la libera dinamica politico parlamentare e non la coalizione di governo».

Caso chiuso? Mica tanto. L’ossessione della minoranza rimane. E rimangono anche i voti di Verdini, che ci sono e saranno determinanti per il sostegno del governo tutte le volte che sarà necessario. È comprensibile che la sinistra del Pd sia in allarme. Verdini, oltre ad avere una storia ingombrante, sia dal punto di vista politico che giudiziario, è un antidoto contro gli stessi oppositori del Pd. Con lui in campo, per la minoranza non c’è partita. Ogni minaccia, ogni ricatto, non ha alcuna efficacia. Se i contestatori interni di Renzi non vogliono votare qualche provvedimento del governo, a rimpiazzarli ci pensa Verdini e Renzi può dormire tra due guanciali, continuando a fare il bello e il cattivo tempo.

Del resto di che stupirsi? Come può Pier Luigi Bersani dire di non volere l'ex coordinatore azzurro nel suo giardino, ovvero nel Pd? Verdini c’è, c’è sempre stato nel giardino del Pd, per lo meno da quando c’è Renzi. Non alludo al patto del Nazareno, ossia all’accordo politico stretto dal presidente del Consiglio con Silvio Berlusconi prima ancora che l’ex sindaco di Firenze diventasse capo del governo. Quella è storia nota, come pure sono noti i passaggi che hanno portato alla scrittura della legge elettorale, una riforma che ha visto la luce grazie a una trattativa diretta tra Verdini da una parte, Renzi e Boschi dall’altra.

No, quando parlo della presenza dell’ex braccio destro di Berlusconi nel giardino del Pd alludo alla stessa nascita politica di Renzi. Verdini e il premier si conoscono da una vita, probabilmente da prima che il presidente del Consiglio debuttasse in politica. Di sicuro la conoscenza risale ai tempi della sua iniziale esperienza da amministratore, quando divenne presidente della Provincia di Firenze. Ma ciò che conta e rafforza il rapporto sono le primarie con cui Renzi divenne sindaco di Firenze. Bisogna tornare indietro di qualche anno, ossia al 2009, quando il Pd decise di consultare la base per scegliere il candidato di Palazzo Vecchio, un passaggio che per la predominanza dell’elettorato di sinistra nel capoluogo toscano di fatto rappresenta la vera sfida per l’elezione del sindaco, che poi viene ratificata dalla regolare consultazione. Le primarie del 2009 furono particolari, perché il candidato più accreditato era un assessore uscente della giunta Domenici, Graziano Cioni, uomo forte dell’ex Pci, già deputato e senatore. Ma guarda caso, proprio poco prima che i simpatizzanti della sinistra venissero consultati (le primarie erano aperte a tutti), la Procura della Repubblica indagò Cioni per un’operazione immobiliare della Fondiaria di Salvatore Ligresti. Uscirono anche delle intercettazioni poco simpatiche e il candidato forte del Pd fu costretto al passo indietro. In campo rimasero Lapo Pistelli, un cattolico di sinistra, un paio di esponenti dell’ex Pci e Matteo Renzi.

Il vincitore accreditato divenne Pistelli, il più conosciuto e il più sostenuto. Ma una volta aperte le urne si scoprì che a vincere le primarie, con oltre cinquemila voti di distacco rispetto a Pistelli, era stato Renzi. Uno dei candidati, Daniela Lastri, scrisse chiaro e tondo che qualche cosa di poco chiaro era successo. Ma non serve un’indagine per scoprire le ragioni di tali dichiarazioni perché Mario Valducci, allora responsabile degli enti locali per Forza Italia, si attribuì i meriti dell'operazione. Gente di centrodestra si era imbucata nelle sedi del Pd votando per Renzi. Meglio lui, che era amico di Verdini, degli altri. Ovviamente le dichiarazioni sono agli atti, riportate da tutti i principali organi di stampa.

Eppure allora Bersani, che non era uno sconosciuto ma uno dei big del Pd e prossimo segretario, non disse niente. Verdini era già nel giardino del Partito democratico eppure nessuno fiatò. Che i voti di centrodestra decidessero il sindaco di una delle principali città di centrosinistra non allarmava. Forse quelli che oggi sono minoranza nel Pd erano distratti o forse pensavano che il giovanotto di Palazzo Vecchio, anche se scelto con il contributo degli uomini dell’ex coordinatore azzurro, non fosse un problema. Sta di fatto che l’operazione a cui assistiamo oggi viene da lontano, da molto lontano. Come oggi fa capire Verdini a chi incontra, la sua è un’operazione politica. Renzi ha sempre saputo di poter contare sui voti di una parte del centrodestra e per questo fin dall'inizio ha fatto il bullo con la minoranza di sinistra. Verdini è nella maggioranza a pieno titolo. Lo è sempre stato, per lo meno da quando Renzi sta a Palazzo Chigi. Bersani e i suoi se ne facciano una ragione.

sabato 24 ottobre 2015

SONO TORNATI I CONDONI La rivoluzione (a sorpresa) di Renzi

La rivoluzione di Renzi: tornano i condoni


di Franco Bechis



Spunta anche una sorta di condono immobiliare fra le pieghe della legge di stabilità 2016 il cui testo ufficiale non è ancora arrivato alle Camere a otto giorni dalla sua approvazione in consiglio dei ministri. Fra i palazzi però è circolato un testo che sembra definitivo, cui è allegata una relazione illustrativa, ed è qui che all’articolo 9 spunta il condono sul mattone. Matteo Renzi smonta in gran parte della manovra l’eccesso di rigore che era stato inserito nella legge italiana da Mario Monti con il suo salva-Italia del dicembre 2011. E fra queste norme rivoltate c’è anche la stretta sulle cosiddette società di comodo, che ora si possono sciogliere senza incappare nei fulmini del fisco. Monti aveva preso di mira soprattutto gli immobili che erano stati intestati a società di comodo o comunque non operative, e che invece venivano utilizzati dai soci o dai loro parenti. Diventavano produttivi di reddito, e per loro c’era una aliquota Ires aggravata di 10,5 punti rispetto alle altre società. Ora si smonta tutto e si liberano quegli immobili con un fisco di favore, perché le norme in vigore vengono giudicate «piuttosto dure nei confronti di coloro che utilizzano impropriamente la struttura societaria per intestare immobili che invece siano di utilizzo personale o familiare».

Renzi propone ora «una via di uscita», che è un sostanziale condono dell’esistente, offrendo la opportunità di assegnare ai soci quegli immobili «a condizioni fiscali meno onerose di quelle ordinariamente previste». L’assegnazione avverrebbe con una imposta sostitutiva dell’8% che sale al 10,5% per le società considerate non operative, applicata a un valore di base del bene determinato dalla stessa società ai sensi dell’articolo 9 del tuir. E «al fine di rilanciare il mercato immobiliare si è scelto anche di agevolare l’imposta di registro, ove dovuta, proponendo un’aliquota dimezzata rispetto a quella ordinariamente applicabile. Le imposte ipotecarie e catastali invece sconteranno la misura fissa». Il governo immagina «una buona adesione dei contribuenti» a questa «manovra», che «consentirebbe allo Stato un rapido incasso, per quanto in misura ridotta alle plusvalenze che sarebbero state tassate in assenza della agevolazione». Secondo Renzi oltretutto così si «consentirebbe la fuoriuscita dalle società in particolare di immobili che potenzialmente potrebbero poi essere nuovamente immessi nel mercato che, ad oggi, versa in una situazione piuttosto stagnante».

Non c’è solo il condono fra le novità più chiare nel testo ufficiale della manovra. È stata cambiata anche la norma che consentiva ai comuni di elevare dello 0,8 per mille l’aliquota Tasi su tutti gli immobili diversi dalla prima abitazione. Potranno alzare l’aliquota solo i comuni che già lo avevano fatto per il 2015 con delibera adottata entro il 30 settembre scorso per finanziare gli sgravi concessi sulla prima abitazione. Quindi la platea sarà più ristretta, ma quell’aumento deroga dalla regola che dovrebbe bloccare (e che ha mille eccezioni) gli aumenti di imposta degli enti locali nel 2016. A questo proposito nell’ultimo testo ci sono altre due eccezioni: in tutta Italia non vengono comprese nel blocco né Tosap né Cosap, che quindi i comuni potranno aumentare a piacimento.

Confermate invece le detrazioni fino a 8 mila euro in dieci rate (800 euro l’anno) che coppie «costituenti un nucleo familiare formato da coniugi o da conviventi more uxorio da almeno 3 anni in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i 35 anni» per l'acquisto di mobili nel 2016 destinati a una casa di nuova proprietà. È un percorso un pizzico ad ostacoli, non cumulabile con altre agevolazioni, ma c’è.  Per quanto riguarda il canone Rai c’è ancora parecchia confusione e un’amara novità rispetto alle bozze precedenti: non ci sarà alcuna rateizzazione, ma i 100 euro verranno pagati interamente per il 2016 con l’addebito «sulla prima fattura relativa alla fornitura di energia elettrica successiva alla data di scadenza per il pagamento del canone». Il testo precisa in maniera un po’ criptica che «resta fermo che nei casi in cui l’utenza elettrica sia intestata ad un soggetto diverso dal detentore dell’apparecchio, quest’ultimo dovrà effettuare il pagamento secondo le modalità tradizionali del versamento in conto corrente postale».

Dopo il gran parlare dei professionisti di spending review e le presentazioni fatte sulla necessità di ridurre in modo virtuoso le centrali di acquisto pubbliche cercando di portare gran parte della pubblica amministrazione a rifornirsi dalla Consip, si scopre che nemmeno un euro verrà risparmiato in quel modo. «Una stima dei risparmi», si spiega, «derivanti dall’ulteriore beneficio risultante dal più ampio ricorso alle convenzioni Consip a fronte del restringimento della libertà di acquisto autonome non è univocamente quantificabile».  Brutte notizie per i sindacati. Renzi va giù duro con i Caf, che peraltro potranno restare in piedi solo se particolarmente rappresentativi. Nella prima bozza di manovra aveva ipotizzato un taglio dei trasferimenti dello Stato di 60 milioni nel 2016 e di 100 milioni nel 2017. Quelli sono subito insorti minacciando di non aiutare lo Stato nel 730 compilato, e lui ha rivisto il taglio. Ora è più pesante: 100 milioni sia nel 2016 che nel 2017. E si accompagna a una stangata verso i patronati: taglio immediato di 48 milioni di euro, anticipo dei fondi da parte del ministero del Lavoro che scende dall’80 al 60% del dovuto e riduzione del 19% della percentuale dei contributi obbligatori che li finanziano. Passano dallo 0,226 allo 0,183%. Ultimo particolare viene dalle tabelle del Tesoro: con procedura inconsueta è stato accantonato per il 2016 un fondo per la legge sulle unioni civili, che al momento non è stata approvata nemmeno da un ramo del Parlamento...

Le corna si fanno, e poi si negano fino al giuramento In un palazzo, l'incontro-terremoto Agnelli fregato dalle foto / Guarda

Se non ci fossero state le foto, Angnelli continuava a passare per Agnello. Insomma, come accade anche ai comuni mortali. In un palazzo, l'incontro-terremoto: Andrea Agnelli fregato dalle foto




Dopo le indiscrezioni, le prove. Ecco le immagini di Andrea Agnelli in compagnia di Deniz Akalin (nella gallery qui sopra), ex modella turca e moglie dell'ex direttore marketing della Juventus, Francesco Calvo. Agnelli avrebbe perso la testa per Deniz, ricambiato: una liason che ha spinto Calvo via dalla Juventus ed Emma Winter, moglie di Agnelli, a Londra, lontano dal presidente bianconero. Da mesi i rumors impazzano, ma ora c'è qualcosa in più: ci sono queste immagini, pubblicate da Chi e da Diva e Donna, che mostrano Andrea Agnelli e Deniz insieme, e che li mostrano anche entrare nello stesso palazzo, uno per volta, a distanza di pochi minuti.

Il ritorno - Il punto è che dopo settimane di gossip infuocato, la vicenda sembrava essere tornata sotto controllo. Fino a pochi giorni fa, i giorni in cui sono state pubblicate queste foto che mostrano la Akalin, tornata nel capoluogo piemontese. Look dimesso, quasi struccata, non appariscente insomma, la moglie di Calvo cammina in una via di Torino, poi si infila in un portone di un palazzo, come detto lo stesso palazzo dove pochi minuti prima era entrato Andrea Agnelli, il palazzo in cui il presidente si è trasferito dopo la partenza della moglie per Londra.

Soldi, soldi, soldi - Insomma, non c'è nulla "sotto controllo". Il terremoto è imminente. Non è soltanto una questione di sentimenti e relazioni coniugali, ma anche una questione di soldi. Le indiscrezioni sulla pesante buonuscita chiesta da Calvo si fanno sempre più insistenti, e in parallelo pare che anche Emma voglia chiedere soldi al marito per il divorzio. Il tutto per lei, la bella Deniz, che ha fatto perdere la testa ad Agnelli e che, forse, gli costerà anche parecchio denaro.

Caivano (Na): Il Giocattolo si è rotto Arriva il regalo?

Caivano (Na): Il Giocattolo si è rotto Arriva il regalo? 




I consiglieri di Forza Italia, pare abbiano ridato fiducia al Sindaco Simone Monopoli, che dopo le diatribe interne, in merito a due missive protocollate ed in merito alla risposta dura e fredda da parte del primo cittadino, oggi, dai social, apprendiamo che forse, parte dei consiglieri comunali di Forza Italia, abbia, appunto, ridato fiducia al primo cittadino. Anche se a nostro dire, quando il giocattolo si rompe, poi, difficilmente si possono riattaccare tutti i pezzi, per dirla in breve, quando si rompe il giocattolo non c'è colla che tenga. 

Il dato politico è quello di un Sindaco ormai logorato dalle continue lacerazioni interne. Un sindaco sempre più solo (Dopo solo 6 mesi di mandato) e al tempo stesso accerchiato che continua a perdere il lume della ragione, considerata la risposta che ha dato ai suoi stessi uomini, inerente le due missive protocollate. Sarà anche vero che i consiglieri non devono entrare nel lavoro quotidiano degli assessori, ma, primo, bisogna capire bene questi assessori chi li ha nominati, poi, se sbagliano, la colpa del loro lavoro su chi ricade? solo sul sindaco Monopoli, oppure in quel caso anche sui consiglieri comunali di Forza Italia?. 

Insomma, i consiglieri di Forza Italia, attendono ancora per iscritto una risposta alle richieste avanzate tramite le due missive, dal primo cittadino. Arriveranno?. Ma il Sindaco Monopoli, lo sa che non ha vinto le elezioni con una larga maggioranza di consensi? e se non fosse stato per la forza trainante dei consiglieri Mellone, Buonfiglio etc etc. ad oggi, era nuovamente all'opposizione e quindi un politico finito? 

In breve, non solo si attende la risposta del primo cittadino in merito alle richieste avanzate dai consiglieri di Forza Italia, ma aspettiamo di sapere come finirà con la nuova gara sui rifiuti, tema molto scottante, visto che si parla di milioni e milioni di euro. 

Striscia vs Insinna, siluro ad Affari tuoi: "Dietro le quinte mi hanno chiesto se..."

Striscia la notizia ancora contro Affari tuoi: la testimonianza di una concorrente




Sono anni che Antonio Ricci conduce una battaglia contro il meccanismo di Affari tuoi, il programma concorrente di Striscia la notizia. La tesi è che il gioco dei pacchi avvenga tante volte in modo irregolare.

Bene, ieri sera Striscia, su Canale 5, ha mandato in onda la testimonianza inedita di una concorrente di Affari Tuoi. Durante l’intervista si evincerebbe come sarebbe possibile pilotare le puntate del programma dei pacchi di Raiuno condotto da Flavio Insinna. La signora Marisa racconta infatti che, durante il provino, la produzione di Affari Tuoi ha chiesto se le sarebbero bastati 100.000 euro di vincita  e qual è il suo numero preferito; lei ha risposto: "Il 17, perché mio figlio è nato il 17, io mi sono sposata a 17 anni e quando lavoravo in fabbrica il mio numero era il 117". Guarda caso, durante la puntata del 17 ottobre in cui ha giocato la signora Marisa, le viene affidato un pacco da 100.000 euro e nel momento del cambio pacco sceglie il numero 17. "Ecchecaso!", commenta il comunicato di Striscia la notizia.

La legge di Stabilità punto per punto Imu, canone Rai, sanità: cosa cambia

Legge di Stabilità: sconto Imu su ville e castelli, canone Rai in bolletta. Scontro Stato Regioni sul fondo sanità




Canone Rai nella bolletta elettrica, detrazioni sui mobili, mini sconti sui castelli, stretta sulla pubblica amministrazione e revisione del fondi per la sanità. Sono queste le principali misure presenti nella manovra finanziaria del governo Renzi per il prossimo anno. E sulla sanità si apre lo scontro fra Stato e Regioni.

Fondo sanità - Il fondo viene ampliato da 110 a 111 miliardi di euro, ma era previsto un aumento di 3 miliardi. Tanto basta per mettere in allarme i presidenti di Regione. "Gli 800 milioni per i livelli essenziali di assistenza, i 500 milioni del piano vaccini, altri 500 per i farmaci contro l'epatite C, poi con quei soldi bisognerà pagare anche il nuovo contratto di lavoro. Altro che un miliardo in più, qui ce ne sono almeno 2 o 3 di maggiori costi", ha protestato Massimo Gravaglia, assessore in Lombardia e Coordinatore della Sanità per le Regioni. Otto Regioni sono già in piano di rientro e sarebbero esonerate dal blocco del governo sulle tasse locali. Queste Regioni saranno costrette ad aumentare addizionali (Irpef e Irap) e i ticket. Il livello, della spesa sanitaria si avvicina pericolosamente, secondo le Regioni, al 6,5% del pil, la soglia limite al di sotto della quale l'Organizzazione mondiale della sanità vede un rischio di riduzione della speranza di vita.

Imu e Tasi - Per ville castelli e appartamenti di lusso si continuerà a pagare l'Imu anche se sono prima casa. Ci sarà però una riduzione. Per le categorie A1, A8, A9 era il Comune a fissare l'aliquota fra lo 0,2 e lo 0,6%. Dall'anno prossimo si applicherà l'aliquota nella misura ridotta dello 0,4%. La Tasi non ci sarà, come per tutte le prime case. Tasi che non si pagherà neppure su box e ambienti di servizio. Possibile l'aumento dello 0,8 per mille sulle seconde case, solo per quei Comuni che già lo avevano fatto nel 2015.

Canone - Confermata la scelta di inserire il canone Rai nella bolletta elettrica, con una voce ben distinta. Però sarà dovuto solo da chi possiede un apparecchio tv, esonerato chi ha solo computer, tablet o smartphone. Il canone sarà di 100 euro, non più di 113, e sarà pagato in sei rate da 16,6 euro.

Pubblica amministrazione - Stretta sul turn over dei dipendenti pubblici. La spesa per l'assunzione a tempo indeterminato di personale, non dirigenziale, nel triennio 2016- 2018, non potrà superare il 25% di quella sostenuta per i dipendenti pensionati dell'anno precedente. Rivisti i tetti per gli stipendi dei dirigenti delle società partecipate, con la definizione di tre fasce e mantenendo il limite dei 240 mila euro all'anno. Inoltre per i 20 mila dipendenti in esubero delle province si accelera lo spostamento. Nelle Regioni che a fine gennaio non avranno stabilito i criteri di migrazione subentrerà un commissario.

Bonus mobili - Il bonus mobili si estende alle coppie di fatto, purché convivano da almeno tre anni e uno dei due abbia un'età inferiore ai 35 anni. Non ci sarà bisogno di legare l'acquisto di mobili a lavori di ristrutturazioni, basterà un contratto mdi acquisto di prima casa. La detrazione sarà ripartita su 10 quote annuali e coprirà il 50% della spesa, fino a un massimo di 8 mila euro. Non è chiaro se il bonus includa gli elettrodomestici, ma pare di no, visto che nel testo si parla di "mobili".