I soldi che il fisco non vedrà più: 4,5 milardi di euro finiti in Cina
Quattro miliardi e mezzo di euro finiti in Cina, soldi che il fisco italiano non vedrà più. Lo racconta una articolata inchiesta del quotidiano La Stampa. Da Prato, nel cuore della chinatown cittadina, sono passati 1,077 miliardi di euro, in contanti, nell'arco di tre anni e mezzo. Finché non è arrivata la Guardia di Finanza, che ha portato alla luce una rete di «sportelli» come quello pratese sparsi tra la Toscana, Roma e Milano. Un giro impressionante di denaro - oltre 4,5 miliardi euro -, una quantità notevole di reati e 297 richieste di rinvio a giudizio tra persone fisiche e società. C' è anche il colosso pubblico Bank of China e nel marzo prossimo si dovrebbe tenere l' udienza preliminare. "Quei 4,5 miliardi portati alla luce dall'inchiesta", scrive il quotidiano di Torini, "non sono tutti frutto di evasione. Ma sono più o meno quanto costa allo Stato abolire Imu e Tasi".
Nel 2008, il Nucleo tributario delle Fiamme Gialle di Firenze notano che un piccolo operatore di money transfer, la Money2Money (M2M) di Bologna, movimenta tanti soldi nell' area fiorentina. Incrociando i dati di Bankitalia risultano "transitati" milioni di euro, ma di clienti, in via Filzi, a Prato, se ne vedono pochi. Il trucco? I passaggi di denaro vengono spezzettati in tanti trasferimenti da 1999,99 euro, per evitare di arrivare alla soglia del 2000 euro che fa scattare le segnalazioni automatiche antiriciclaggio. L'indagine porta alla luce tantissimo "nero". Ma anche traffico di merci contraffatte, sfruttamento della prostituzione, gioco d'azzardo. Uno degli indagati viene sorpreso mentre si occupa di fornire documenti falsi a cinesi clandestini. A Marmirolo, Mantova, spunta un laboratorio con lavoratori cinesi clandestini «alloggiati in precarie condizioni igieniche», annota il pm. Fabrizio Bolzonaro, socio della Money2Money dice (si sente in una intercettazione) che nell'agenzia stanno "riciclando i soldi della mafia".
Ad alcuni degli indagati i pm contestano anche l'associazione mafiosa. Al vertice sembra esserci la famiglia cinese Cai: quando arrivano loro, il fatturato della M2M sale fino a 85 milioni nel 2006 a oltre 400 nel 2007. Sopra tutto questo c'è l' evasione fiscale. L' imprenditore cinese che dichiara 17 mila euro e spedisce in Cina 1,89 milioni. Ci sono evasioni di Iva, diritti doganali, imposte sul reddito e contributi previdenziali. Poi c'è Bank of China, controllata dalla Repubblica Popolare. Dalla sua sede milanese sono transitati 2,199 miliardi diretti verso Pechino senza nessuna segnalazione di attività anomala alle autorità italiane.
I tempi sono lunghissimi: dopo la partenza dell'inchiesta, nel 2008, i primi sequestri arrivano nel 2010. Nella primavera scorsa, la fine delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio. In marzo ci sarà l'udienza dal Gup, ma prima c'è da tradurre in cinese gli atti dell'inchiesta e trovare i traduttori si sta rivelando un'impresa non da poco. Per ora sono stati individuati circa 50 milioni. Niente, rispetto a quei 4,5 miliardi finiti in Cina.