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giovedì 23 luglio 2015

Inps, salta la quattordicesima: quali sono i pensionati spennati

Inps, pasticcio sugli assegni: salta la quattordicesima per 80mila pensionati




Non solo rimborsi fiscali in ritardo per colpa del 730 precompilato. Per i pensionati arriva un'altra brutta sorpresa: l'Inps rischia di far saltare anche la cosiddetta quattordicesima (da 336 euro a 504 euro). Sono in 70-80mila, secondo il Giorno, a tremare per colpa di disfunzioni organizzative, gestionali e informatiche. I beneficiari sono i pensionati con almeno 64 anni che si trovino in specifiche condizioni contributive e di reddito (fino a 1,5 volte la minima, meno di 10.200 euro circa annui). "Con evidente imbarazzo - racconta Valentino Minarelli, segretario Spi di Bologna - l'Inps nazionale, dopo venti giorni, ha ammesso che qualcosa nella sua banca dati non sta funzionando. Il risultato è che, mentre tutti i giorni assistiamo a proposte avanzate dal suo presidente sulle povertà, in questo caso, a dei poveri si è negata la prestazione che attendevano". 

Quando arrivano i rimborsi - Come detto, l'altra batosta potrebbe arrivare dal fronte 730 precompilato e i rimborsi saltati che coinvolgerebbero 500mila pensionati. Per chi ha consegnato il 730 entro il 30 giugno i soldi arriveranno l'1 agosto, per gli altri a settembre. Di sicuri ci sono solo i soldi della rivalutazione degli assegni lordi compresi tra 1.450 e 2.900 euro. Merito della Consulta, non di Inps o governo.

Italiani rapiti in Libia, ipotesi vendetta Alfano: "Forse scafisti ma non si tratta"

Libia, l'ipotesi della vendetta degli scafisti dietro il rapimento dei quattro italiani




Una "vendetta dei trafficanti di uomini": sarebbe questa l'ultima ipotesi dietro il rapimento dei 4 tecnici italiani della Bonatti in Libia. Secondo l'ambasciatore libico in Italia Ahmed Safar "non ci sarebbero motivazioni politiche", e gli inquirenti sono convinti che ad agire domenica sera sull'autostrada tra Tunisi e Tripoli sia stata una banda di criminali legata a un clan. Non si possono escludere però legami tra questi ultimi e lo Stato Islamico, nel panorama molto fluido che regola i rapporti di forza nel post-Gheddafi. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha definito "premature e irresponsabili" le parole di chi etichetta il rapimento degli italiani come un atto para-terroristico, ma alcune fonti di informazione di Tobruk avanzano appunto il collegamento tra la lotta agli sbarchi e l'attività anti-scafisti dell'Italia e il rapimento dei 4 italiani, una rappresaglia a metà strada tra la ricerca di soldi facili e la bandiera "ideologica". Il Ministro degli interni Angelino Alfano ha commentato a caldo questa ipotesi, affermando che "nessuno può dire se il rapimento possa essere attribuito agli scafisti, ma l’unica cosa esclusa è che si tratti con gli scafisti". Linea dura quindi.

Una soffiata - Fajr Libya, la milizia islamista che ha stabilito a Tripoli un governo non riconosciuto dalla comunità internazionale, si è messa in contatto con l'Ansa e ha riferito che non sa chi sia l'autore del rapimento, non essendoci dietro loro, ma sa che gli italiani rapiti si trovano nel sud-ovest del paese e che nel giro di dieci giorni saranno liberi. Le parole sono state riferite da Alaa Al Queck, il capo della milizia di Tripoli, che afferma: "Ignoriamo i rapitori e dunque non ne conosciamo il motivo del gesto, ma quando lo sapremo lo riveleremo". Promettono di collaborare perché gli italiani vengano liberati al più presto. Resta da capire come possano dire con certezza che saranno gli ostaggi liberi in dieci giorni.

730, la doppia fregatura del Fisco Addio ai rimborsi delle tasse

Fisco, addio ai rimborsi dell'Agenzia delle entrate per chi usufruisce della proroga per la dichiarazione dei redditi




Se non avete consegnato la dichiarazione dei redditi prima della metà di luglio, potete dire addio agli eventuali rimborsi di cui potevate godere dal datore di lavoro. La notizia nefasta più che da una norma è dettata da un dato di fatto che i Caf hanno provato a comunicare da tempo ai contribuenti, ma che sembra sia passata un po' in sordina visto il caos di quest'anno con gli intermediari impelagati di problemi per la novità del 730 precompilato.

La resa - Gli stessi Caf hanno gettato la spugna davanti ai guai che l'ultima idea del governo Renzi ha introdotto, in teoria per semplificare la vita dei contribuenti. Rispetto ai soliti 10 giorni di proroga, i Caf hanno chiesto più tempo. Non solo per l'incertezza delle regole, ma anche perché da quest'anno è stato introdotto l'onere a carico degli intermediari per le imposte non pagate dal contribuente. Questo li ha portati a stare mille volte più attenti e verificare tutto con più meticolosità, quindi con un allungamento dei tempi necessari notevole.

La beffa - Il monito dei Caf aveva messo in guardia i contribuenti sui rischi di ridursi all'ultimo momento nella compilazione del 730. Superata la metà del mese di luglio, quindi usufruendo della proroga, ci sarebbe stato il rischio molto alto che venisse meno il tempo tecnico per ottenere le compensazioni. Chiarisce il Sole 24 ore, infatti, che una volta compilato dall'intermediario, la dichiarazione dei redditi deve essere poi inviata all'Agenzia delle Entrate che manda il modello al datore di lavoro. Questo a sua volta deve procedere con il rimborso, o eventuale addebito. Qui si inceppa tutto, perché gli uffici amministrativi sbrigano le buste paghe prima della metà del mese e riaprire i cedolini non è sempre operazione possibile in tempi brevi. Il tutto slitterebbe quindi alle buste paga di agosto, ma a quel punto i calcoli verrebbero fatti solo per le compensazioni a favore del Fisco, visto che per rimborsi i tempi sarebbero scaduti.

Strage di piazza della Loggia, è finita: ergastolo per Maggi e Tramonte

Strage di Piazza della Loggia, ergastolo per Maggi e Tramonte, 41 anni dopo




Ergastolo a Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, considerati colpevoli dell'attentato di Piazza della Loggia a Brescia che il 28 maggio 1974 provocò 8 morti e oltre un centinaio di feriti. Dopo 41 anni, dunque, si chiude il caso giudiziario di uno dei momenti cruciali dei cosiddetti Anni di Piombo. Una vicenda infinita, piena di polemiche come altre analoghe. L'Appello bis inchioda, dunque, l'ex ispettore veneto di Ordine Nuovo, l'estremista di destra Maggi, e l'ex fonte Tritone dei servizi segreti Tramonte. I loro legali avevano chiesto l'assoluzione dei due imputati per non avere commesso il fatto. 

L'attentato - Alle 10 e 2 del 28 maggio 1974 in Piazza della Loggia a Brescia esplode una bomba nascosta in un cestino dei rifiuti durante una manifestazione antifascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. Muoiono otto persone, si contano un centinaio di feriti. 

Il primo processo - Il 2 giugno 1979 i giudici della Corte d'Assise di Brescia condannano all'ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa, esponenti dell'estrema destra cittadina. Nel dicembre 1981 Buzzi viene ucciso nel supercarcere di Novara, strangolato coi lacci delle scarpe, da altri due detenuti vicini alla destra più agguerrita, poco prima che inizi il processo d'Appello. I due killer, Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, motivano l'omicidio con il fatto che Buzzi fosse un "pederasta" e confidente dei
carabinieri, ma forse temevano le sue possibili dichiarazioni nel processo di secondo grado che stava per aprirsi. Il 2 marzo
1982 i giudici della Corte d'assise d'Appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, Papa compreso, e nelle motivazioni definiscono Buzzi "un cadavere da assolvere". 

Il nuovo processo - Il 30 novembre 1984, però, la Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici. Durante quello stesso anno, Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi avviano una seconda inchiesta sulla base delle rivelazioni di alcuni pentiti, tra i quali Angelo Izzo. Tra gli imputati il neofascista Cesare Ferri, accusato anche dalla testimonianza di un prete, il fotomodello Alessandro Stepanoff e il suo amico Sergio Latini che gli aveva fornito un alibi. Il 20 aprile 1985 la Corte d'Assise d'Appello di Venezia, davanti alla quale è stato celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano. Il 23 maggio 1987 i giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. I primi due sono assolti anche dall'accusa dell'omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perché non parlasse. Il 25 settembre 1987 la Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte da appello di Venezia. Cala il sipario sulla prima inchiesta sulla strage. 

Tutti assolti - Il 10 marzo 1989 la Corte d'assise d'Appello di Brescia assolve, stavolta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini. Il 13 novembre 1989 la prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale sancisce in via definitiva le assoluzioni di Ferri,Stepanoff e Latini, mentre il 23 maggio 1993 il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi, accogliendo la richiesta del pm, proscioglie "per non aver commesso il fatto" gli ultimi imputati della inchiesta bis. Nella sentenza, Zorzi scrive che l'ordigno esploso in piazza della Loggia non fu "strumento di una strage indiscriminata, di un atto di terrorismo puro ma di un vero e proprio attacco diretto e frontale all'essenza della democrazia". A ottobre di quell'anno prende il via la terza inchiesta. 

Il terzo processo - Il 16 novembre 2010 i giudici della Corte d'Assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati (Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti) con la formula dubitativa dell'articolo 530 comma 2, erede della vecchia insufficienza di prove. Viene revocata la misura cautelare nei confronti dell'ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone e ha cambiato nome. Il 14 aprile 2012 la Corte d'Assise d'Appello conferma l'assoluzione di tutti gli imputati, mentre il 21 febbraio 2014 la Cassazione ha detto "no" alle assoluzioni di Maggi e Tramonte, imputati nel processo per la strage di piazza della Loggia, disponendo per i due
imputati un nuovo processo d’appello. Confermata, invece, l'assoluzione di Delfo Zorzi.

Beffa finale marò: via dall'India ecco dove li vogliono mandare

L'ultima beffa sui marò: potrebbero finire in Belgio




L'Italia continua a mobilitarsi per riportare a casa i due marò. Mentre Massimiliano Latorre sta scontando ancora il permesso accordato di 6 mesi per ristabilirsi dai problemi di salute, la situazione di Salvatore Girone rimane ancora irrisolta. L'Italia ha chiesto al Tribunale Internazionale del diritto del Mare di Amburgo di riportare in patria Girone. L'organo, che si occupa di dirimere le controversie irrisolte attraverso i mezzi diplomatici, però potrebbe bocciare la richiesta. Secondo Angela Del Vecchio, docente di diritto internazionale della Luiss di Roma, "l'esito più plausibile è quella di affidare i due fucilieri della Marina, nelle more della costituzione del tribunale arbitrale, a un terzo Stato, che non sia né l'Italia né l'India".

Entra in scena un terzo paese - Praticamente secondo la Del Vecchio: "Il tribunale potrebbe bocciare la richiesta italiana decidendo che Girone stia bene in India e debba restare lì. Oppure motivando che non si possono rimandare i marò in Italia perché adesso il piatto della bilancia è a favore dell'India, se tornassero si sposterebbe a favore del nostro paese. Dunque l'ipotesi più plausibile è che vengano affidati, come misura cautelare, ad uno Stato terzo". E qui entra in gioco l'opzione Belgio dove ha sede il quartier generale della Nato. Dalla nota della Farnesina si legge che la richiesta è dettata dalle necessità di "tutelare i diritti dei fucilieri di Marina e dell'Italia durante lo svolgimento del procedimento arbitrale avviato il 26 giugno". La richiesta italiana avrà la massima priorità perché rivolto direttamente al presidente del Tribunale, il russo Vladimir Vladimirovich Golitsyn. Il senatore del Pd Nicola Latorre, presidente della Commissione Difesa al Senato sostiene che "gli ultimi atteggiamenti assunti dalle autorità indiane ci inducono ad essere fiduciosi". Ora non resta che aspettare la decisione del Tribunale.

"Occhio, ti rubiamo simbolo e voti" L'assalto da destra alla Meloni

Torna Alleanza nazionale, Gianni Alemanno guida la sfida a Giorgia Meloni (e Salvini)




Una «mozione dei quarantenni» per trasformare la Fondazione di Alleanza nazionale «da museo in soggetto politico». Stamattina, all'hotel Plaza di Roma, sei tra consiglieri regionale e comunali vicini all' ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e attualmente sparsi in Forza Italia e Nuovo centrodestra, hanno illustrato il documento con il quale, in vista delle prossime tappe della Fondazione, daranno battaglia per «scongelare» il simbolo con la Fiamma, adesso concesso a Fratelli d'Italia. Oggi è in programma anche il consiglio nazionale della Fondazione in vista dell'assemblea, decisiva, del 3 ottobre, dove si andrà alla resa dei conti tra chi vuole il ritorno di An sulla scena politica e chi, invece, «punta a conservare la Fondazione in modalità museo».

Quelli che un tempo erano i colonnelli di An sono su schieramenti opposti: favorevoli alla rinascita della Fiamma sarebbero, oltre ad Alemanno, Ignazio La Russa, Francesco Storace, gli ex finiani Andrea Ronchi e Roberto Menia e lo storico leader della destra siciliana Nello Musumeci. Contrari, invece, Maurizio Gasparri, Altero Matteoli (adesso in Forza Italia) e Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia. Gianfranco Fini sarebbe sullo sfondo, ma tutt'altro che disinteressato all'operazione, a favore della quale avrebbe posizionato il fedelissimo Menia, l'ultimo leader di Futuro e Libertà. Proprio Fini, del resto, dopo il riavvicinamento agli ultimi avversari in An, Storace e Alemanno, avrebbe benedetto l'iniziativa. Il ritorno di An, «con la ricostituzione di una destra forte, punta a portare benefici a tutto il centrodestra», spiega uno dei promotori dell' iniziativa.

Un tentativo per riempire in extremis lo spazio politico che attualmente è appannaggio di Matteo Salvini e della Lega. L' idea è quella di dar vita ad una destra sul modello dell'Ump francese, ridimensionando il Carroccio lepenista.

La stangata sulle strade Così ci faranno pagare anche per utilizzarle

L'Anas vuole introdurre la tariffa stradale




Introdurre un modello tariffario prendendo a riferimento i sistemi di tariffazione per altri servizi di rete  regolamentati, come energia elettrica, gas, acqua, telecomunicazioni e aeroporti. È questa una possibile soluzione per consentire all’Anas  di perseguire l’obiettivo strategico di autonomia finanziaria. A  indicarlo il presidente della società Gianni Vittorio Armani, nel  corso di un’audizione alla Camera. "Stiamo lavorando con il Governo - ha spiegato Armani parlando a  margine dell’audizione - per un piano pluriennale stabile, non legato  ad esigenze del momento, anche politiche". Per questo, serve "un piano di autofinanziamento con risorse certe, prevedendo una tariffa  stradale. Si tratta di un modello più efficiente rispetto a quello attuale che consente di far risparmiare lo Stato e non comporta oneri  aggiuntivi per il contribuente". Armani ha anche specificato che per tariffa stradale "non si intende un pedaggio".

Grazie a questo nuovo sistema di tariffazione, sarà  possibile "attingere al mercato dei capitali" e "finanziare in modo adeguato gli investimenti oggi a carico della fiscalità generale". Andranno definiti, detto Armani, i livelli di servizio a favore  dell’utenza e i corrispondenti parametri tariffari. Il modello tariffario dovrà in ogni caso garantire, insieme all’integrazione del canone di concessione e agli altri ricavi connessi alla gestione della rete, la copertura dei costi operativi, il rimborso del capitale  investito, la remunerazione del capitale investito. La durata della  concessione andrà adeguata almeno fino al 2052.