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venerdì 16 gennaio 2015

Un devastante Ferrara su Papa Francesco: "Su Charlie non ha perso la brocca e non è una gaffe. E' molto peggio". Poi la drammatica profezia

Ferrara su Papa Francesco: "Le sue parole su Charlie non sono una gaffe. Sono molto peggio"





"Se dici una parolaccia su mia mamma ti devi aspettare un pugno", ha detto ieri Papa Francesco a proposito della libertà di espressione e della blasfemia. "È aberrante uccidere in nome di Dio", ha detto il gesuita Bergoglio, ma è sbagliato anche "insultare le religioni". Parole molto forti pronunciate mentre era in aereo in volo verso le Filippine che hanno in qualche modo stupito cattolici e non. E proprio a quelle parole Giuliano Ferrara dedica oggi il suo editoriale sul Foglio sottolineando che "il fantasma di Voltaire e della sua irrisione delle religioni, dai maomettani ai papisti agli ebrei, il fantasma di un Charlie del Settecento, è ancora troppo vivo, nonostante si faccia finta di averne cancellato anche il ricordo con il Concilio ecumenico vaticano II".

Perché quelle parole - "Perché il Papa ha parlato in modo da essere identificabile come il tutore dell' autodifesa della dignità delle religioni invece che come il custode della sacralità della vita umana e del diritto alla libertà d' espressione?", si chiede il direttore del Foglio. La risposta arriva un paragrafo più sotto: "Non credo sia una gaffe, modalità a parte, ché il magistero posta aerea è effettivamente un po' troppo colloquiale per valere erga omnes. Non ha perso la brocca, il Papa, il che sarebbe umano, possibile, riparabile. C' è dell'altro. C'è la convinzione, comune al Papa e a molta cultura irenista occidentale, che si debba convivere con l'orrore, che il distacco concettuale e spirituale dell'islam dalle pratiche violente del jihad è una conquista che spetta eventualmente all'islam di realizzare, che non esiste alternativa alla sottomissione o all'abbandono al dialogo interreligioso".

Non è una gaffe - Del resto, spiega Ferrara nell'articolo firmato con l'elefantino rosso, "per quanto si voglia essere Papa del secolo e nel secolo, per quanti omaggi si facciano, anche per i creduloni, alla libertà piena di coscienza come fondamento della fede, della possibilità della fede, alla fine quel che conta è non perdere il contatto con l'universo islamico, e la chiesa sa bene, ben più e meglio di altri, che il nemico violento non è il terrorismo ma l'idea coranica radicalizzata di cui il terrorismo è il frutto". "Parole e gesti del Papa, le risate risuonate nella carlinga del suo aereo, la metafora del pugno risanatore che colpisce e ripara l'offesa alla dignità, la declamazione tra pause teatrali del concetto "è normale, è normale", tutto questo non è gaffe", conclude Ferrara. "E' di più e peggio". "La piazza araba militante, gli imam che predicano nelle moschee e riluttano a una
rigorosa condanna della decimazione con fucile a pompa di redazioni di giornale e negozi ebraici, da ieri si sentono meno isolati, meglio protetti dalla convergenza con il Papa di Roma". 

Jihadisti, piano diabolico in Europa Decapitazione e ostaggi: tutto pronto

Belgio, i jihadisti uccisi volevano assaltare un bus e prendere i passeggeri come ostaggi





I due sospetti terroristi uccisi dalla polizia belga nel raid di ieri sera a Verviers progettavano, insieme al terzo sospettato rimasto ferito, di sequestrare un autobus e prenderne in ostaggio i passeggeri. Lo riferisce l’emittente belga Rtl, secondo la quale i tre intendevano compiere la loro azione indossando uniformi della polizia belga e utilizzando fucili d’assalto kalashnikov, pistole ed esplosivi. Secondo quanto riporta invece il quotidiano Het Laatste Nieuws, la cellula terrorista intendeva rapire un alto ufficiale di polizia o un magistrato per poi decapitarlo in un video da diffondere su Internet. Il sito della Dernière Heure più in generale sostiene che stavano preparando il rapimento e la decapitazione di un importante personaggio. 

Cellula cecena - Le operazioni antiterrorismo in diverse località del Belgio "sono terminate" e i membri della cellula neutralizzata a Verviers sono di origine cecena. Secondo quanto confermato dal ministro degli Esteri belga Didier Reynders i due uomini uccisi ieri erano tornati di recente dalla Siria. Un terzo uomo, rimasto ferito nell’assalto della polizia è stato arrestato. "Le operazioni sul terreno sono terminate. Ora analizzeremo la situazione per capire se la polizia e le autorità giudiziarie dovranno prendere altre misure", ha spiegato Reynders.

L'attentato imminente - La cellula preparava attentati contro le forze dell’ordine "per oggi, o al più tardi domani", ha detto il procuratore Eric Van Der Sypt durante una conferenza stampa a Bruxelles. Il pericolo, ha spiegato, era imminente, "questione di ore", e questo ha spinto la polizia ad accelerare l’operazione. L’indagine, ha spiegato, andava avanti "da alcune settimane".

Scuole ebraiche chiuse - In Belgio rimane alta l’allerta anti terrorismo dopo l’operazione di polizia. Secondo quanto riferito dalle autorità i due erano appena rientrati dalla Siria e si apprestavano a compiere attacchi contro la polizia belga. Un terzo sospettato è stato arrestato dopo essere rimasto ferito nel corso del raid. Dopo l’operazione Van Der Sypt ha riferito che l’allerta è stata innalzata a livello tre, il secondo più alto. E' per questo che alcune scuole ebraiche ad Anversa e Bruxelles sono state chiuse dopo essere state indicate come possibili bersagli di attacchi terroristici.

Nessun collegamento con Parigi - Non sembra esservi, ha riferito il portavoce della procura Eric Van der Sijpt, un collegamento con gli arresti effettuati a Parigi. "Ciò che posso confermare -ha spiegato- è che abbiamo cominciato le indagini prima degli attacchi di Parigi". E -ha aggiunto- gli "arresti importanti" effettuati significano che "non è stata smantellata solo una cellula bensì anche il sostegno di cui godeva". 

Clamoroso: Renzi si fa un giornale In squadra il figlioccio di Ferrara

Matteo Renzi, addio a Europa e Unità: si fa un suo giornale con il figlioccio di Giuliano Ferrara e altre firme vip

di Francesco Specchia 



L’idea è suggestiva, un lampo nella notte dell’editoria. Matteo Renzi si fa un settimanale (il quotidiano costicchia, e di ’sti tempi porta un po’ sfiga) tutto suo. Meglio: il premier lavora a un giornale che lasci il Pd per strada, e onori l’indicibile «Patto del Nazareno». Tambureggiata dal quotidiano online Stati generali e confermata da ambienti finanziari milanesi, si fa sempre più strada la notizia che il «giglio magico» stia lavorando ad una rivista cartacea. Si giocherebbe tutto sulla triangolazione Luca Lotti e Marco Carrai (l’uno plenipotenziario sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l’altro sodale di sempre nonchè found raiser) e Christian Rocca. Quest’ultimo, ex giornalista del Foglio e attuale direttore di IL, il mensile del Sole 24Ore, rientra tra i sostenitori della prim’ora di Renzi. Molti, di Rocca, ricordano i recenti tweet che paragonavano la potenza eversiva del Jobs Act al divorzio (roba inosabile, finora, nemmeno dal più duro e puro dei renziani); e una copertina di IL, appunto, che descriveva il favoloso mondo di Renzi con illustrazioni belle ma di un buonismo da far innalzare il colesterolo. Potrebbero essere della partita «anche Giuseppe De Bellis (vice del Giornale), Stefano Menichini e Luca Sofri. Più una serie di firme della rivista diretta da Federico Sarica, Rivista Studio», scrive Stati Generali.

In tutto questo il recupero del brand storico dell’Unità non viene mai citato: «anche perché l’Unità sarebbe comunque andata a un dalemiano...», chiosa un collega dell’Unità. Né si parla di Europa, quotidiano autorevole e organo del Pd oramai pubblicato solo in versione online e considerato costoso. Non per nulla il suo direttore, Menichini, parrebbe nella lista degli arruolandi. Le indiscrezioni, inoltre, non accennano ad alcun tipo di finanziamento pubblico (anche se, volendo, il finanziamento è roba di Lotti). «Ma non c’è problema. Ci sarebbe già pronta la coda, per un’operazione del genere...», ci risponde uno dei colleghi «allertati». E uno subito pensa al mitico Carrai e alla Fondazione Big Bang, la storica raccoglitrice di fondi del premier i cui primi sostenitori sono il finanziere Davide Serra, oltre ai patron della chimica Mossi e Ghisolfi, a Paolo Fresco, a Franzo Grande Stevens, ecc.. E, in effetti , l’idea della «coda» per supportare un giornale del premier non è affatto peregrina. Secondo un’inchiesta di Pagina 99, infatti, il 66,12% dei finanziatori individuali - tra i 40 e 50 anni - di Renzi ha ricevuto incarichi pubblici di prima nomina, la maggior parte in Parlamento con le elezioni del 2013. Altri, invece, in società partecipate dello Stato. Nulla di male, per carità. La cosa è ciclica: trattasi un fenomeno di mercato prodottosi anche con Silvio Berlusconi presidente del Consiglio. E a proposito di Berlusconi. Un foglio esclusivamente renziano ma, in fondo, striato di flebile berlusconismo (Rocca viene dal Foglio, è un figlioccio di Giuliano Ferrara, come Claudio Cerasa, un altro dei cronisti di riferimento del premier), potrebbe davvero puntellare la strategia riformista del Patto del Nazareno, dicono. A Renzi potrebbe andare anche bene, se il buon Dio, il calo petrolio e la tenuta del dollaro gli dessero un aiutino. Ovviamente i colleghi coinvolti, in pubblico, smentiscono il tutto. E il Pd di governo tace, anche perché se parlasse ora, prima del voto per il Quirinale, sarebbe un suicidio di massa. Si tratta di aspettare, anche l’addio di Gubitosi alla Rai, preludio ad un probabile assalto governativo ai Tg (specie al Tg3 si candiderebbero colleghi/e embedded del Corrierone). Todos renzianos...

Marò, finalmente l'Europa si sveglia: "Devono rientrare subito in Italia"

Marò, l'Ue approva la risoluzione per il rimpatrio. Il giornale di New Delhi: "Basta con questa farsa"





Il Parlamento Ue ha votato sì a maggioranza la risoluzione in cui si chiede di rimpatriare i due marò italiani accusati di aver ucciso due pescatori indiani nel 2012 e attribuire la competenza giurisdizionale del caso alle autorità italiane o a un arbitraggio internazionale per trovare una "soluzione ragionevole e accettabile" per le parti coinvolte.  Nella risoluzione si "esprime profonda tristezza e manifesta il proprio cordoglio per la tragica fine dei due pescatori indiani" e "grande preoccupazione per la detenzione dei fucilieri italiani senza capi d’imputazione" e si "pone l’accento sul fatto che essi devono essere rimpatriati e sottolinea che i lunghi ritardi e le restrizioni alla libertà di movimento dei fucilieri sono inaccettabili e rappresentano una grave violazione dei loro diritti umani". Nel testo inoltre si lamenta "del modo in cui la questione è stata gestita e sostiene gli sforzi esplicati da tutte le parti coinvolte per ricercare con urgenza una soluzione ragionevole e accettabile per tutti, nell’interesse delle famiglie coinvolte, indiane e italiane, e di entrambi i Paesi" e per questo si auspica che "la competenza giurisdizionale sia attribuita alle autorità italiane o a un arbitraggio internazionale". Nella risoluzione si incoraggia l’alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, "a intraprendere ogni azione necessaria per proteggere i due fucilieri italiani ai fini del raggiungimento di una soluzione rapida e soddisfacente del caso" e si ricorda alla Commissione "che è importante porre l’accento sulla situazione dei diritti umani nel quadro delle relazioni con l’India e la invita quindi a prendere in considerazione ulteriori misure per facilitare una soluzione positiva del caso".

"Basta con questa farsa" - Intanto qualcosa sembra muoversi anche in India. The Economic Times, un quotidiano di Nuova Delhi che ha spesso pubblicato ’soffiate' del ministero dell’Interno o della Nia, l’agenzia investigativa indiana, ha pubblicato stamattina un editoriale in cui si legge: "Mettiamo fine a questa farsa, mandare a casa i marò è la cosa migliore". Secondo il quotidiano il governo del premier Narendra Modi "sta valutando un accordo consensuale con l’Italia per risolvere la questione" e aggiunge che "questa è davvero l’opzione migliore". "Il governo indiano", aggiunge il giornale, "esattamente come il suo predecessore, non ha alcuna interesse nel punire i due marò, considerato il fatto che sono in gioco le relazioni diplomatiche dell’India con l’Ue. Gli italiani lo sanno bene e hanno condotto il gioco diplomatico alla perfezione, conducendo l’India in una trappola giudiridica". Secondo il quotidiano, la serie di errori di New Delhi è cominciata nel 2013 quando l’allora ministro dell’Interno RK Singh consegnò l’inchiesta alla Nia, che fece appello alla legge anti-pirateria. Una legge, ricorda ancora The Economic Times, che ha scatenato la furia dell’Italia perchè prevede la pena di morte (che invece era stata esclusa dalle garanzie assicurate all’Italia dal ministro degli Esteri, Salman Khurshid). Ma l’India imperterrita continuò a "infilare la testa nella sabbia". Ripercorrendo i vari complicati meandri giuridici della vicenda, il quotidiano conclude che il governo di New Delhi al momento è "disponibile all’ipotesi di consentire ai due marò di scontare la sentenza in Italia, se condannati in India. Ora -è la conclusione- dovrebbe consentire loro anche di essere processati in Italia".

Il Papa scomunica "Charlie Hebdo": "Non si insulta la fede. La strage?..."

Papa Francesco condanna la strage di Charlie Hebdo, ma "non si può insultare la fede"





"È una aberrazione uccidere in nome di Dio" ma "non si può insultare la fede degli altri". Con queste parole, pronunciate a bordo dell’aereo diretto nelle Filippine e riferite da Radio Vaticana, Papa Francesco interviene sull’azione dei terroristi islamici a Parigi contro Charlie Hebdo. "Non si può prendere in giro la fede", avverte il Papa.  "C’è un limite, quello della dignità di ogni religione". Per Bergoglio, sia la libertà di espressione che quello di una fede a non essere ridicolizzata "sono due diritti umani fondamentali". Alla domanda di un cronista francese che gli chiedeva "fino a che punto si può andare con la libertà di espressione", il Pontefice ha chiarito: sì alla libera espressione "ma se il mio amico dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno". Questo il limite che secondo il Papa regola la libertà religiosa: "Non si 'giocattolizza' la religione degli altri", dice Bergoglio. Francesco ha ricordato che la "libertà di espressione è un diritto, ma anche un dovere". Neppure, dice il Papa, "si offende la religione", ma in questo caso "non si reagisce con violenza". Poi ha spiegato, "senza mancare di rispetto a nessuno" che "dietro ogni attentato suicida c'è uno squilibrio, non so se mentale, ma certamente umano".

Violenza - In una nota diramata subito dopo la strage Bergoglio aveva condannato "ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica fra le persone e i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura". Il Papa aveva precisato che "qualunque possa esserne la motivazione, la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile e la vita e la dignità di tutti vanno garantire e tutelate con decisione. Ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato". E ancora: tre giorni fa Bergoglio, ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, aveva detto che "la tragica strage avvenuta a Parigi" è una dimostrazione che "gli altri non sono più percepiti come esseri di pari dignità, come fratelli e sorelle in umanità, ma vengono visti come oggetti: l’essere umano da libero diventa schiavo, ora delle mode, ora del potere, ora del denaro e perfino di forme fuorviate di religione".

Allarme terrorismo - Rispetto alle minacce dirette dai terroristi fondamentalisti di matrice islamica contro il  Vaticano e il pontefice, Papa Francesco assicura di affrontare questo pericolo "con una buona dose di incoscienza". Il Papa - come riferisce ancora Radio Vaticana - afferma semmai di "temere soprattutto per l’incolumità della gente", con migliaia di fedeli che tradizionalmente affollano le sue udienze generali in piazza San Pietro e gli ’Angelus’ dal Palazzo Apostolico e sottolinea che "il miglior modo per rispondere alla violenza è la mitezza".

Belgio sotto attacco dei terroristi: panico Uccisi 2 jihadisti, allarme a Bruxelles

Belgio, sparatoria a Verviers in operazione anti-terrorismo: "morti 2 jihadisti"





Due jihadisti morti e uno ferito e arrestato in una sparatoria in Belgio, nella cittadina di Verviers, vicino a Liegi, nel corso un'operazione anti-terrorismo. Secondo la polizia belga, riporta il quotidiano Le Soir, i sospetti stavano preparando attacchi terroristici a Bruxelles sulla scia di quanto accaduto la scorsa settimana a Parigi. Il giornale parla di una "vasta operazione di polizia in corso a Bruxelles". Ma è tutto il Paese a essere interessato dai blitz delle forze dell'ordine: un allarme bomba sarebbe scattato nella Capitale ed è stata evacuata la sede della polizia. L'operazione, che coinvolgerebbe altri sette paesi dell'Unione europea, prende di mira un gruppo di jihadisti tornati dalla Siria che erano sorvegliati dalla polizia. Le intercettazioni ambientali nelle loro abitazioni e delle loro telefonate avrebbero rivelato l'intenzione dei sospetti di compiere attentati nella capitale belga dopo quelli di Parigi e i loro legami con Amedy Coulibaly, uno dei tre terroristi francesi che hanno gettato nel panico Parigi, uccidendo 17 persone la scorsa settimana.

I legami tra Belgio e Coulibaly - Il conflitto a fuoco avviene all'indomani della diffusione della notizia che la maggior parte delle armi utilizzate negli attacchi terroristici in Francia nei quali sono morte 17 persone furono acquistate illegalmente da Coulibay in Belgio. Secondo quanto rivelano da fonti della polizia, la mitraglietta Scorpion e la pistola Tokarev impiegata da Coulibaly per l'assalto e la strage al supermercato kosher di Parigi provenivano da Bruxelles e da Charleroi. I due Kalashnikov utilizzati dai fratelli Kouachi per la strage nella redazione di Charlie Hebdo furono invece acquistati da Coulibaly nei pressi della Gare du Midi, a Bruxelles, per meno di 5mila euro. La zona che circonda la stazione a sud della capitale belga, terminal ferroviario dell'Eurostar, ospita uno dei mercati domenicali più grandi d'Europa e i suoi vicoli sono un noto crocevia del mercato illegale delle armi. Un trafficante d'armi ben noto alle autorità è stato arrestato a Charleroi, nel sud del Belgio. Sarebbe stato lo stesso trafficante a contattare la polizia, allarmato dai legami di Coulibaly con il terrorismo islamico.

giovedì 15 gennaio 2015

"Hanno liberato Greta e Vanessa" Ora conferma anche Palazzo Chigi

Greta e Vanessa, le italiane rapite in Siria "sono state liberate"





Sarebbero state liberate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due volontarie italiane rapite il 31 luglio scorso in Siria. Secondo fonti legate ai ribelli siriani le due giovani lombarde sono state rilasciate. Diversi tweet riferibili a account dei ribelli riferiscono del rilascio. Dall'intelligence italiana un secco "no comment", ma dopo il silenzio della Farnesina ecco arrivare circa mezz'ora dopo la conferma direttamente da Palazzo Chigi, via Twitter. Lo stesso account sadeer1 assicura che anche padre Paolo Dall'Oglio, il 60enne sacerdote italiano nelle mani dei jihadisti siriani dal 29 luglio 2013, "è vivo" e si trova "nelle prigioni dello Stato islamico a Raqqa".


Palazzo_Chigi        ✔ @Palazzo_Chigi

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo sono libere, torneranno presto in Italia
18:19 - 15 Gen 2015


Scomparse a luglio - Era il 31 luglio quando si persero le tracce delle due giovanissime italiane. Volontarie, avevano fondato il Progetto Horryaty ed erano entrate tre giorni prima in Siria da Atma, a pochi chilometri di distanza dal campo profughi omonimo. Originarie una di Brembate, nel bergamasco, e l'altra di Besozzo, in provincia di Varese, Vanessa e Greta erano al loro secondo viaggio in Siria in poco meno quattro mesi: a marzo, la prima tappa del progetto Horryaty, le aveva portate a compiere un sopralluogo per capire il da farsi. Marzullo, 21 anni, studia mediazione linguistica e culturale all'Università di Milano, dove ha cominciato a imparare l'arabo oltre all'inglese. Sulla sua pagina Facebook racconta la guerra, mette foto di bombe e bimbi dilaniati, descrive la sua esperienza in Siria: l'ultimo post risale al 16 luglio scorso.

Vendute - Il 20 settembre la notizia, mai confermata, che sarebbero state vendute due volte ad altri gruppi ma senza finire finite nelle mani degli jihadisti sunniti dello Stato Islamico (Isis). La notizia veniva dal quotidiano libanese Al-Akhbar (anti-israeliano e considerato vicino alle milizie sciite di Hezbollah), che ricostruisce come le due giovani siano state attirate con l'inganno nella "casa del capo del Consiglio rivoluzionario di Alabsmo" con il giornalista de Il Foglio, Daniele Ranieri, che riuscì a scappare.

Il video appello - Il 31 dicembre scorso, in un video di 23 secondi pubblicato su YouTube, le due volontarie supplicavano il governo italiano: "Siamo Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Supplichiamo il nostro governo e i loro mediatori di riportarci a casa prima di Natale. Siamo in grande pericolo e possiamo essere uccise. I nostro governo ed i mediatori sono responsabili delle nsotre vite". Poche ore dopo la diffusione del video, il ramo siriano di al Qaeda, al Nursa, aveva confermato di tenere in ostaggio le due ragazze.