Visualizzazioni totali

giovedì 15 gennaio 2015

C'è una novità nel futuro di Marco Travaglio: ecco la voce che circola su di lui...

Marco Travaglio direttore de Il Fatto: ecco le voci che circolano





Novità al Fatto Quotidiano. Marco Travaglio, secondo il retroscena di Panorama, potrebbe diventare direttore del quotidiano alla cui guida c'è da sempre Antonio Padellaro. Secondo il settimanale della Mondadori, nella redazione Travaglio sarebbe già alle prese con titoli e più in generale con la "fattura" del giornale. All'orizzonte c'è anche un restyling che prevede anche un aumento della foliazione. L'operazione avrebbe anche un'altro scopo, quello di preparare la società alla quotazione in Borsa. Nella politica di contenimento dei costi, a farne le spese potrebbero essere i collaboratoro (Fulvio Abbate minaccia di ricorrere a vie legali) mentre firme come Massimo Fini e Furio Colombo si sarebbero già detti disposti a scrivere a titolo gratuito pur di mantenere visibilità.

Occhio, arriva il semaforo-trappola: così ci massacrerà con nuove multe

Il semaforo-trappola, il giallo durerà solo tre secondi: pioggia di multe in arrivo

di Dino Bondivalli 



Che la notizia rischi di avere un impatto devastante per gli automobilisti lo confermano le proteste delle associazioni dei consumatori. Eppure, d’ora in poi non ci sono più dubbi: perché una multa al semaforo sia valida non serve che la durata del giallo sia di 4 secondi, è sufficiente che questo duri minimo tre secondi. A stabilirlo è la sentenza con cui la Cassazione ha ribadito quanto aveva già sancito nel settembre 2014, ossia che tre secondi sono congrui per dare all’automobilista il tempo di decidere se fermarsi o meno. Una sentenza le cui conseguenze rischiano di essere parecchio dolorose per gli automobilisti.

In un Paese che già vanta il poco invidiabile record a livello europeo del maggior incremento di multe negli ultimi cinque anni - secondo l’indagine del centro studi “Antonella Di Benedetto” di Krls Network of Business Ethics per Contribuenti.it, le sanzioni in Italia sono cresciute del 987% contro il 30% di Francia, il 24% di Spagna e l’11% della Germania - l’abbassamento di un secondo del tempo limite per il giallo potrebbe segnare un nuovo picco di sanzioni. «Mi sembra che spesso ci sia l’accanimento da parte delle amministrazioni locali su una normativa per fare cassa anziché cultura ed educazione - afferma Gianmario Mocera, presidente di Federconsumatori Lombardia -. Questa sentenza offre uno spazio a chi, nell’accorciamento di qualche frazione di secondo del giallo, vede un’opportunità che non ha scopi educativi».

In questo senso, è difficile fare previsioni. Quanto accaduto a Milano - con i sette autovelox installati la scorsa primavera dall’amministrazione Pisapia che nei primi cinque mesi hanno staccato oltre 630mila verbali in più in una città che già deteneva il record di capitale italiana delle multe (una media di 170 euro incassati dal Comune nel 2013 per patentato) - non lascia però tranquilli. Non solo. I precedenti in tal senso che arrivano dall’estero parlano chiaro. A Chicago, dove nel 2013 il sindaco Rahm Emanuel aveva accorciato il tempo di durata del giallo da tre secondi a 2,9, gli incassi derivanti dalle multe sono lievitati di otto milioni di dollari. Se dunque in Italia i Comuni decideranno di tagliare il tempo del giallo, chissà quanti automobilisti si ritroveranno a pagare una sanzione da 162 a 216 euro e a perdere ben sei punti sulla patente.

Che poi tre secondi siano il tempo necessario per arrestare un veicolo che viaggia a 50 chilometri orari, come rimarcato dalla circolare del ministero dei Trasporti con cui nel 2007 era stato ribadito che la durata del giallo non potesse mai essere inferiore a tre secondi, fa poca differenza. «È una cosa chiaramente assurda - tuona l’avvocato Carlo Rienzi, presidente del Codacons - perché l’essere umano ha bisogno di certi tempi di reazione per fare le cose: per questo motivo il tempo andrebbe addirittura allungato, non diminuito. La diminuzione, al contrario, crea uno stress e un’ansia che sono pericolosi per l’incolumità pubblica».

Effetti collaterali legati al funzionamento di un apparecchio che quest’anno celebra il 90° anno di presenza in Italia. Nato a Cleveland, in Ohio, nel 1914, il semaforo sbarcò nel nostro Paese nel 1925, con il primo esemplare installato a Milano, all’incrocio tra Piazza Duomo, via Orefici e via Torino. Attualmente il suo funzionamento è regolato da norme condivise a livello comunitario che si rifanno alla convenzione internazionale di Vienna dell’8 novembre 1968 e agli accordi di Ginevra del maggio 1971. Ma non in tutti i Paesi il funzionamento è lo stesso: in Germania, per esempio, la sequenza è livemente diversa: verde, poi giallo, poi rosso, poi ancora il giallo assieme al rosso e di nuovo vrde. Mentre in Austria, che perònon è firmatara degli accordi, il verde lampeggia prima di passare al giallo.

Le nuove tecnologie stanno comunque portando una serie di novità. A Lucca, ad esempio, il Comune ha sostituito i semafori a lampadina sulla via principale con apparecchi a led, più luminosi e a basso consumo energetico. Non una rivoluzione sul modello di quella che a Oklahoma City ha fatto allungare i tempi di luce verde e accorciare quelli di rosso, grazie a un sistema wi-fi che monitora i flussi di traffico regolando i tempi di accensione dei vari colori, ma è comunque un inizio.

Profezia di Enrico Mentana: "Vi dico cosa può succedere se si torna al voto...". E sul Cav...

Enrico Mentana: "Se si va al voto, Berlusconi tecnicamente può ancora vincere"





Enrico Mentana compie 60 anni. Per il direttore di Tg La7 è tempo di bilanci. Più di mezzo secolo e circa 40 anni dedicati al giornalismo in prima linea. Dall'esordio in Rai, al Tg5 e ora al Tg La7. Mentana si racconta in una lunga intervista al Fatto Quotidiano, ma nonostante gli aneddoti sul passato, Mentana non perde il contatto con l'attualità e parla delle mosse di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi anche in vista di un voto anticipato. Il direttore di Tg La7 dà un consiglio a Matteo: "Renzi è stato un vero crac, ma oggi ha il problema di maturare e presentarsi in una veste diversa. L'effetto iniziale della novità sta svanendo. Anche Aldo, Giovanni e Giacomo erano straordinari quando apparvero a Mai dire gol, poi però arriva un momento in cui devi rivedere il repertorio. Quel momento è giunto anche per Renzi".

La profezia sul Cav - Poi Mentana parla anche del Cav: "Tecnicamente Berlusconi può vincere ancora. Ora tra i due schieramenti ci sono 5 punti di distanza, domani può succedere di tutto. Quante volte nella nostra storia recente abbiamo visto personaggi destinati al dimenticatoio riemergere e affermarsi? Non so se sarà il caso di Berlusconi, ma so che abbiamo passato anni a tentare di prevedere cosa avrebbe fatto e abbiamo sbagliato spesso. Nessuno di noi lo votava e nessuno faceva parte del suo popolo. Ergo nessuno può dirlo oggi con certezza". 

AlBano, il gran rifiuto a Pino Daniele: "Per me non era né un amico né..."

Al Bano non omaggia Pino Daniele: "Non faccio queste ruffianate"





"Non faccio queste ruffianate. Con Pino Daniele non sono stato né amico, né nemico. Erano due strade diverse. Ci siamo incontrati due volte nell'ultimo anno, a Courmayeur a capodanno e a Roma ancora prima". E' questo il commento con cui Al Bano giustifica il comportamento nei confronti di Pino Daniele, morto a causa di un'insufficienza cardiaca lo scorso 4 gennaio 2015. Al Bano Carrisi, infatti, ha deciso di non omaggiare pubblicamente il cantante, e le sue poche parole in merito alla prematura scomparsa del collega sono bastate per urtare la sensibilità dei fan. La sua scelta ha scatenato una vera e propria polemica che gli è costata molte critiche, soprattutto da parte del "fantomatico" popolo del web. Alla fine Al Bano ha giustificato così la sua scelta chiedendo scusa a tutti coloro che lo hanno frainteso: "È vero, ho esternato il fatto che non mi piacciono le ruffianate e le cose forzate, attese. Non mi sono sentito durante la conferenza stampa dell’altro ieri di rendere omaggio a Pino Daniele, per rispetto verso un artista insostituibile e perché sarebbe stato triste ed impossibile ricostruire quell'atmosfera e quell'enfasi che solo lui sapeva dare."

Prima agente segreto, oggi in Al Qaeda: il bombarolo infiltrato terrorizza l'Europa

David-Daoud, dai servizi segreti ad Al Qaeda: il bombarolo che terrorizza l'Occidente





L'uomo che si vede nella foto ha scelto come nome di battaglia David-Daoud, ha trent'anni e rappresenta un gravissimo problema per la sicurezza dell'Eliseo. Il suo vero nome è David Drugeon, è un giovane francese che qualche anno fa ha deciso di convertirsi all'islam. Ma soprattutto, un tempo, avrebbe fatto parte delle forze speciali francesi, nelle quali avrebbe ricevuto istruzione militare. Oggi, David, guida la cellula integralista qaedista nota all’antiterrorismo come Khorasan group e attiva nel territorio di Idlib, vicino alla Turchia. L'uomo è anche un esperto nella fabbricazione di bombe. Contro di lui, per cercare di colpirlo ed eliminarlo, sono stati organizzati raid, che non sarebbero ancora andati a buon fine.

Autogol dell'intelligence - La sua storia è stata portata alla luce già lo scorso autunno dal giornalista Mitchell Prathero. Le fonti francesi minimizzano e smentiscono il fatto che David-Daoud sia stato addestrato nei reparti militari della DRM francese (Direction du rensignement militare). Secondo quanto raccontato da Prathero, il terrorista avrebbe disertato tempo fa l'intelligence d'oltralpe per diventare uno dei più temuti leader della jihad qaedista. Un nemico che potrebbe essere cresciuto "in casa", e proprio per questo un nemico ancor più pericoloso.  Il giovane potrebbe aver "consegnato" al nemico il suo bagaglio di conoscenza nel campo degli ordigni esplosivi e delle procedure d’intelligence occidentali.

Su di lui - L'uomo proviene da una famiglia borghese e a partire dal 2002, dopo il divorzio dei genitori, ha deciso di aderire alla religione musulmana. Dopo aver trascorso un periodo in Egitto per imparare l'arabo e studiare il Corano, ha abbandonato definitivamente il suo paese a partire dal 2010 avvicinandosi così alle cellule terroristiche. La famiglia, che non ha alcune tendenze islamiche, e si dice profondamente turbata per la improvvisa scelta di David.

Berlusconi gasa i fan di Forza Italia "A marzo ritorno in campo, e poi..."

Berlusconi: "A marzo torno in campo e..."





Proprio nel giorno in cui la Corte di cassazione ha confermato la legittimità del divieto all'espatrio per il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi ha incontrato i simpatizzanti di Forza Italia al Santuario del Divino Amore di Roma, facendo il punto sulla riorganizzazione del partito e lanciando il suo urlo di battaglia per la prossima primavera: "Da marzo il leader di Forza Italia tornerà in campo e recupereremo tutti i voti che Forza Italia ha perso in questo periodo a causa della sua assenza dalla scena politica" ha detto parlando di sè in terza persona. Berlusconi ha ricordato anche che per tornare a vincere Forza Italia è stata «rinnovata, rinforzata, rifondata», anche grazie alle comunità azzurre e ai club, che sono confluiti dentro al partito. "Ci sono 24 milioni di italiani che non sono sicuramente elettori di sinistra e noi dobbiamo guardare a loro per conquistarli" ha aggiunto, dicendosi poi fiducioso sui sondaggi. "Secondo gli ultimi sondaggi noi siamo a un pò meno di cinque punti di distanza rispetto alla coalizione di centrosinistra, grazie anche alla Lega che va fortissimo grazie al suo goleador Salvini".

Ecco la casa dove va Napolitano E i vicini scappano dal palazzo

I Napolitano ritornano a casa: i vicini scappano dal palazzo

di Giacomo Amadori 



Da giorni la first lady Clio Bittoni Napolitano è in fibrillazione alla sola idea di tornare nella sua casa romana in vicolo dei Serpenti, quello con i suoi negozi preferiti, a partire dalla storica pescheria. Ma forse, come vedremo, non sono altrettanto felici del suo ritorno i vicini di casa.

Non si sa ancora se la ex coppia presidenziale si stabilirà al primo o al terzo piano dell’edificio dove hanno vissuto per oltre 25 anni. La prima soluzione è la loro storica dimora: sei vani (circa 140 metri quadrati) acquistati nel 1980, quando Napolitano era un deputato dell’allora Partito comunista italiano; la seconda è il nuovo appartamento comprato l’8 novembre del 2012, a pochi giorni dalla scandenza del primo mandato presidenziale. Allora Clio, con in mano la procura del marito con cui ha la comunione dei beni, si presentò nello studio del notaio Marco Ieva per il rogito. Oggetto della compravendita un altro appartamento di 6 vani (la rendita catastale dei due alloggi è la stessa: 2091, 65 euro) così composto: soggiorno, sala da pranzo, camera da letto, due cucine e tre bagni. A vendere furono i dodici eredi della «signorina» Mirella Busetto e fu pattuito un prezzo di 900 mila euro, circa 6.500 euro per metro quadrato. Un buon affare. I lavori di ristrutturazione vennero affidati allo studio dell’architetto Bruno Chiarini, vecchia conoscenza di Napolitano.

Invece l’appartamento al primo piano venne venduto al presidente uscente da Marcello Pignatelli, novantunenne ex presidente della società italiana di psicologia analitica. Junghiano, è un medico con tre specializzazioni e un eloquio brillantissimo: «Giorgio è un mio amico da una vita, abitiamo qui insieme da oltre trent’anni, una volta è stato anche a cena a casa mia». I due si conoscono dai tempi dell’università, nel primissimo Dopoguerra: «Eravamo dalla stessa parte del consiglio di facoltà. Allora non eravamo amici, ma entrambi di sinistra». Pignatelli molti anni dopo gli ha venduto casa e Napolitano è andato a cena da lui alla vigilia di un viaggio negli Stati Uniti, primo politico comunista italiano a ricevere un invito ufficiale da Oltreoceano: «Mia moglie Paola, architetto, insegnava a Berkeley, Napolitano voleva sapere da noi come fossero questi americani. Gli rispondemmo: come sono? Ma come tutti gli altri omini, come vuoi che siano?». Cena a parte per Pignatelli Napolitano «è un uomo sulle sue», non particolarmente «colloquiale», sebbene sia un gran signore; diverso è il giudizio sulla moglie Clio: «L’ho incontrata più volte alle riunioni di condominio, dove si faceva sentire. È un avvocato tosto e un personaggio tutto particolare». Ma dove andrà a vivere adesso la coppia presidenziale? «Clio mi ha detto che rimarranno giù al primo piano, ma io dubito visto che l’altro giorno stava facendo portare molti mobili al terzo piano».

Si capisce che neppure Pignatelli ha grande confidenza con i Napolitano. E si lascia sfuggire l’unico commento pungente: «Da quando è diventato presidente della Camera abbiamo sempre la polizia sotto casa. Gli agenti rimanevano giorno e notte anche quando non c’erano. Sprecano tanti di quei soldi in Italia per queste cose…». Della sorveglianza si lamenta pure un’altra vicina, Rita Brunschwiller, simpatica zurighese: «Quando mi fermo con la macchina per scaricare i bagagli mi assalgono subito per chiedermi cosa stia facendo. Ma questa è casa mia! Per fortuna mi hanno detto che Napolitano ha chiesto di non intensificare il servizio di protezione». La signora Rita e il marito Carlo Semenza, orefice romano con laboratorio sotto casa, vivono al secondo piano, tra i due appartamenti dei Napolitano, ma si sono frequentati ben poco: «Cose fatte insieme? Nessuna, siamo completamente diversi. Anche politicamente. Eravamo amici con gli altri vicini». Però Brunschwiller definisce Napolitano un gentiluomo: «È un signore, sempre con il baciamano». È contenta che ritornino? «Io me ne vado subito, domani. Torno in Umbria, dove da quattro anni trascorro gran parte del mio tempo. Ormai odio questa casa. La polizia fuori, i controlli continui. Abbiamo perso persino i nostri parcheggi». Tra il serio e il faceto rivela: «Chi mi conosce sa perché sono scappata da Roma e sa che sulla signora Clio potrei scrivere un libro. Parliamo di 34 anni (nello stesso palazzo ndr)». Il cronista resta sorpreso: è davvero così insopportabile? «No comment» ribatte. «Se vuole divertirsi un giorno le racconterò un po’ di cose, ma adesso no. Quella mi ammazza (ride di nuovo ndr). Mia suocera dice: meglio un morto in casa che un marchigiano sulla porta e la madre di mia marito è di quelle parti». Come la signora Clio, originaria di Chiaravalle (Ancona).

I motivi dei dissapori devono essere numerosi e qualcuno affiora: «Quando stendevo i panni diceva che le toglievo la luce e si lamentava per il rumore che facevano i miei bambini piccoli camminando». Protestava? «Eccome! Ma invecchiando si è un po’ calmata, quando è diventata first lady si è comportata bene con me. Prima per lei ero la “straniera”. Io vado d’accordo con tutto il mondo, ma con lei non ho proprio feeling».