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lunedì 12 gennaio 2015

Immigrati in Italia sui barconi per un attentato in Vaticano

Immigrati in Italia sui barconi per un attentato in Vaticano

di Michael Sfaradi 



Nel 2010, a seguito dell’omicidio a Dubai del terrorista di Hamas Mahmud al-Mabhuh, l’allora Segretario agli Esteri inglese David Miliband decise, come ritorsione nei confronti di Gerusalemme, di dichiarare «persona non grata» uno dei funzionari israeliani a Londra: questo perché voci, mai confermate, davano per certo che i killer del Mossad avessero usato falsi passaporti inglesi per entrare nell’Emirato. Chi si oppose a questa mossa, soprattutto considerando che il funzionario era l’uomo del Mossad in Inghilterra, fu proprio l’MI5, i servizi segreti inglesi, che rimase momentaneamente senza contatti con il più informato servizio di intelligence al mondo nelle questioni di antiterrorismo.

Segnali ignorati - Che la sezione analisi e informazioni del Mossad sia in continuo contatto, direttamente o indirettamente, con i servizi segreti della quasi totalità del mondo occidentale non è un mistero e molti degli attentati che vengono sventati lo sono grazie alle informative che proprio il Mossad passa ai governi alleati. Per chi frequenta certi ambienti quello che sta accadendo in Francia in queste ore non è una sorpresa, infatti la domanda che girava non era «se», ma «quando» sarebbe scoppiato il bubbone: i segnali, anche se passati in sordina, c’erano tutti.  Dopo l’eccidio nella redazione di Charlie Hebdo e nel supermercato kosher, che sono solo gli ultimi attentati di una serie che si trascina da alcuni anni, cosa aspettarci? E dove? Secondo voci fatte trapelare nelle ultime ore, e che dietro le quinte sono date per precise e ben informate, sono decine le informative partite nelle ultime settimane oltre che per Parigi anche verso Londra, Berlino, Bruxelles e Roma (in un video dell'isis i jihadisti minacciano il Vaticano).

Per quanto riguarda l’Italia l’attenzione è focalizzata sull’immigrazione di massa in corso dal Nord Africa: i barconi che partono dalla Libia sono per la maggior parte pieni di gente in cerca di un futuro migliore, ma fra loro, e questo viene dato per scontato, si nasconde una percentuale di guerriglieri addestrati provenienti sia dal Mali, che è solo la punta dell’iceberg, sia nelle numerosissime scuole di guerra islamiche nate dopo le “primavere arabe”. Nelle informative in possesso delle autorità ci sono anche diversi nomi e fotografie di queste persone, ma il flusso è talmente alto che solo una piccola percentuale può essere identificata prima del passaggio nel Mediterraneo. Per questo molti di loro, protetti dall’anonimato, una volta entrati in Italia fanno perdere le tracce e diventano cellule dormienti in attesa di ordini.

"Ventre molle" - L’Italia è considerata il “ventre molle” d’Europa, una porta di passaggio che permette sia l’entrata incontrollata nel vecchio continente di personaggi pericolosi e addestrati che il ritorno di coloro che hanno passato periodi più o meno lunghi con i combattenti siriani, con l’Isis, con Al Nusra o con una qualsiasi delle organizzazioni terroristiche legate all’Islam radicale e che usando la “via dei disperati” evitano di dover spiegare i loro viaggi ai controlli doganali. Persone che, una volta rientrate, possono mettere a frutto l’addestramento ricevuto per colpire dall’interno. Se la Francia, che è una delle più importanti potenze mondiali, si è rivelata impreparata, cosa accadrà nel resto d’Europa nel momento in cui dovessero esserci attentati a catena come quelli che hanno caratterizzato gli ultimi giorni? Impossibile rispondere a questa domanda visto che gli eventi si susseguono e sovrappongono in continuazione. L’Italia, per assurdo e il condizionale è d’obbligo, proprio per questa sua funzione di ponte tibetano potrebbe essere, almeno inizialmente, risparmiata da attacchi terroristici di matrice islamica, ma farsi illusioni sarebbe un tragico errore: nel Paese ci sono troppi obiettivi sensibili agli occhi di chi vuole stravolgere il mondo e Roma non è solo la capitale dello Stato, ma anche il centro della cristianità mondiale.

Voci sul maxi-affare Gelli-Berlusconi L'intreccio: che cosa bolle in pentola...

Licio Gelli vuole vendere Villa Wanda: la vorrebbe acquistare Silvio Berlusconi





Una voce, rilanciata dal Fatto Quotidiano. Si parla di Villa Wanda, la storica e splendida dimora di Licio Gelli sul colle aretino di Santa Maria. Si tratta di una "casetta" con 32 stanze, piscina, sauna e un grande parco, di cui l'ex Venerabile Maestro della P2 entrò in possesso nel 1974, quando la acquistò dall'industriale Mario Lebole. Ma oggi, Gelli, ha bisogno di liquidità. E dunque avrebbe deciso di vendere. E ora le indiscrezioni dicono che tra gli acquirenti interessati ci sarebbe niente meno che Silvio Berlusconi. Solo da qualche giorno la villa è stata dissequestrata: il 96enne Gelli, infatti, era stato accusato di frode fiscale, con relativo sequestro dell'immobile. Ma una prescrizione di soli sei giorni ha rimesso tutto in gioco. Sulla villa, inoltre, gravano due ipoteche: la prima del Banco Ambrosiano, la seconda delle Entrate, che contestano a Gelli un debito di 17 milioni di euro. Debito che con la vendita del maxi-immobile potrebbe definitivamente estinguere. Ed è in questo contesto, dunque, che stando ai rumors si sarebbe fatto avanti un interessatissimo Cavaliere...

Meloni-Tosi-Fitto, l'asse anti-Cav: così vogliono sabotare i suoi piani

Meloni, Tosi e Fitto: il progetto per sabotare l'intesa tra Berlusconi e Renzi

di Enrico Paoli 



«Sia chiaro, non voglio morire renziana», dice con il solito impeto passionale Giorgia Meloni dal palco del cinema Adriano a Roma, dove è stata battezzata l’iniziativa «Sveglia centrodestra!», promossa dalla fondazione «Fare Futuro» presieduta dall’ex ministro Adolfo Urso. Per carità, a vedere la sala dell’Adriano sono in molti a condividere l’idea della Meloni. A partire da Francesco Storace che segue con attenzione ma senza troppa partecipazione i lavori. Da uomo d’azione quale è vorrebbe più entusiasmo e meno tatticismo: «Spero che il dibattito cresca di livello, i protagonisti sono comunque all’altezza della sfida». E proprio per questa ragione i giovani della Fondazione, provati e prostrati dalla batosta delle ultime europee, hanno invitato la leader di Fratelli d’Italia, il «ribelle» azzurro Raffaele Fitto e il leghista ma non troppo sindaco di Verona, Flavio Tosi (che ieri ha debuttato ufficialmente su Twitter), a tracciare una linea per riunire il centrodestra. O almeno quel che ne resta, essendo troppo frammentato e disorientato.

Non a caso la diagnosi è pressochè unanime. «Il centrodestra, così come lo abbiamo conosciuto fino a ora, è morto, bisogna ricominciare da capo» e costruire un’alternativa «forte e credibile al rottamatore». Il rischio, avverte Tosi, è di cadere sotto i «ricatti» del Patto del Nazareno, che «serve al premier solo per mantenerci divisi e farci scomparire». Una via d’uscita ci sarebbe pure, assicurano i quattro promotori della manifestazione, e passa attraverso le primarie. Il problema è che fra la teoria e la pratica c’è di mezzo un mare di soldi. Tanti, pure troppi, nonostante lo sforzo titanico nel dimostrare che si possono fare a costo zero. Ma se Tosi e la Meloni possono concedersi il lusso di guardare in prospettiva alle prossime regionali, Fitto è assediato dal presente. «Non hanno ancora capito gli amici del mio partito che errore hanno fatto», dice l’europarlamentare di Forza Italia, «a non invitarmi all’iniziativa organizzata in Abruzzo (Neve Azzurra, ndr). Non pensi nessuno di non ascoltare che cosa pensano in tanti nel partito, noi abbiamo a cuore il futuro del centrodestra e ci interroghiamo sui contenuti e sugli strumenti. I contenuti sono una politica economica alternativa al governo Renzi e gli strumenti», ricorda Fitto, «sono le primarie che legittimano la classe dirigente dal territorio». L’ex governatore della Puglia parla di primarie, in realtà dietro alle sue parole c’è l’ombra del Quirinale.

Perché la partita vera riguarda la scelta del nuovo capo dello Stato. Fitto, assieme al deputato Daniele Capezzone e alla senatrice Cinzia Bonfrisco entrambe presenti alla manifestazione, può contare su 38 parlamentari sicuri, pronti a deviare dal percorso che indicherà Silvio Berlusconi. Non solo. Nel segreto dell’urna la componente dei franchi tiratori potrebbe crescere e moltiplicarsi complicando i giochi tanto a Renzi quanto al Cavaliere. Il quale, consapevole di tutto ciò, delega a Giovanni Toti e Renato Brunetta il compito di smussare i toni con Fitto, preferendo occuparsi della Francia e del fenomeno del terrorismo internazionale. «Mi sembra una polemica sul nulla», dice il consigliere politico di Forza Italia in relazione al mancato invito di Fitto a «Neve Azzurra 2015». Be, se 38 ribelli vi sembran pochi...

Saltano sgravi e detrazioni fiscali per una famiglia su cinque: ecco a chi

Nuovo Isee, manca l'accordo: per una famiglia su 5 addio sgravi fiscali

di Francesco De Dominicis 



Una spending review mascherata che, invece di aggredire direttamente le casse della pubblica amministrazione, va a colpire (tanto per cambiare) le tasche dei contribuenti. Un’altra stangata, su quelli meno abbienti e dunque più bisognosi. È l’ennesima tagliola del governo di Matteo Renzi, passata in sordina e ora più chiara. Stiamo parlando del nuovo Isee, vale a dire quel pezzo di carta che certifica reddito e patrimonio di una famiglia, indispensabile per accedere ad alcuni servizi pubblici: sconti su mense e tasse universitarie, agevolazioni per gli affitti, sgravi per le bollette delle utenze domestiche, rateizzazione delle cartelle esattoriali, iscrizione agli asili nido (e relativa definizione della retta mensile).

Sta di fatto che il riccometro 2.0 (conterrà più dati rispetto al vecchio) doveva debuttare l’1 gennaio, ma è in ritardo perché i centri di assistenza fiscale, come denunciato ieri dalla Consulta dei Caf e da Unimpresa, non hanno ancora raggiunto un accordo con l’Inps per la convenzione (cioè la cifra che i Caf devono ricevere per ogni Isee stampato ai cittadini). Un ritardo che, peraltro, corre il rischio di pregiudicare l’accesso ad alcuni servizi. Ma la tabella di marcia è forse il problema minore. Secondo i Caf, infatti, la platea di coloro che usufruiscono di servizi e prestazioni legati alla situazione economica potrebbe ridursi del 20%. In teoria (cioè nelle intenzioni e negli annunci del governo) la riforma dovrebbe permettere di identificare meglio le condizioni di bisogno della popolazione, consentendo allo stesso tempo di contrastare le tante pratiche elusive ed evasive che caratterizzano le prestazioni sociali. In pratica - dicono i Caf - le famiglie avranno un salasso. Il nuovo documento restringerbbe il numero dei soggetti «abilitati» a usufruire di prestazioni sociali, sconti e agevolazioni varie: stando alle indicazoni delle organizzazioni del settore una famiglia su cinque subirà un giro di vite. Nel nuovo Isee saranno inserite più informazioni, specie quelle finanziarie (bot, titoli, conti correnti). Ragion per cui emergerà patrimonio finora non «denunciato»; e proprio questi dati in più rappresentano la tagliola.

Lo scorso anno sono state circa sei milioni le persone che hanno avuto accesso ai servizi e alle prestazioni garantite dal vecchio Isee e al momento sarebbero solo poche migliaia quelle che hanno inviato la richiesta per il nuovo indicatore andato in vigore dal primo gennaio (appena un centinaio attraverso i Caf che invece generalmente veicolano oltre il 90% delle richieste).

La falsa partenza, dicevamo. Lunedì è prevista una rinione tra l’Inps e i Caf. Che hanno posto un problema economico: hanno chiesto per le nuove pratiche un aumento di circa il 50% rispetto a quelle dell’anno scorso (circa 15 euro a pratica a fronte dei 10/11 del 2014). «Non abbiamo l’autorizzazione - ha spiegato ieri Valeriano Canepari, presidente della Consulta dei Caf - a fornire questa attività. Senza convenzione si fa fatica a garantire il servizio». Se quindi la platea non cambierà rispetto al 2014 (circa sei milioni di persone) la spesa prevista nel 2015 per la convenzione con l’Inps sarà di circa 100 milioni di euro rispetto ai 70 milioni del 2014. C’è comunque il rischio di allungamento dei tempi dato che l’Inps al momento ha un direttore per il quale è scaduto il mandato (ma ci si aspetta il rinnovo di un anno), un presidente designato che attende il parere delle commissioni parlamentari per entrare in carica e un commissario in scadenza. La firma è attesa a breve, ma non è affatto scontata. E la mazzata per le famiglie resta.

Travaglio di bile: record d'insulti a Facci Poi la fesseria con cui si auto-smentisce

Marco Travaglio, travaso di bile: insulta Filippo Facci (e si auto-smentisce)





Filippo Facci attacca la "macchietta rinsecchita" Marco Travaglio, e la "macchietta rinsecchita" perde la testa. La firma di Facci ha accusato il vicedirettore del Fatto Quotidiano per l'improvvido paragone tra "editto islamico" in riferimento alle stragi parigine e l'editto "bulgaro" di berlusconiana memoria, ricordandogli che i redattori di Charlie Hebdo si guadagnavano da vivere rischiando (davvero) la vita, mentre Travaglio si guadagna da vivere recitando lo stesso copione, trito e ritrito e stratrito, ormai da vent'anni. Apriti cielo, Marco Manetta ha dato di matto. La livorosa risposta è arrivata sulla prima pagina del Fatto Quotidiano, in cui dà a Facci del "poveretto con le mèches" per poi aggiungere: "Se ogni tanto capisse ciò che legge e ascolta, il tapino scoprirebbe che non ho fatto alcun paragone". Peccato che il paragone lo ricordi proprio Travaglio nella riga successiva, in cui in preda all'abitudinario travaso di bile ricorda che lui ha scritto: "Quella di Parigi è una tragedia, in Italia siamo sempre alla farsa". Dunque, continua, "ho semplicemente sbeffeggiato l'ipocrisia di una classe politica e giornalistica", e dunque, aggiungiamo noi, ha fatto quel paragone insensato che sta cercando di negare.

"RISULTATO FALSATO" Cofferati battuto svela i brogli del Pd In Liguria cinesi e rom alle primarie

Cinesi, rom e nordafricani ai seggi Le primarie del Pd sono una barzelletta





Centinaia di rom e di cinesi. E il voto per le primarie del Pd da cui Raffaella Paita, assessore regionale alle Infrastrutture e Protezione Civile,è uscita come candidata del Pd alle regionali in Liguria, si trasforma in barzelletta. E' lo stesso sconfitto, Sergio Cofferati, ex leader della Cgil ed ex sindaco di Bologna, a denunciare l'inquinamento e l'irregolarità del voto: "L'inquinamento delle Primarie si sta purtroppo realizzando in misura più consistente di quella prevista e temuta" scrive in una nota. Ce l'ha, Cofferati, coi gruppi di stranieri, in qualche caso contestati per aver fotografato il voto, come a La Spezia - dove si è registrata una massiccia presenza di cinesi - o ad Albenga, dove le contestazioni sul voto hanno riguardato nordafricani. La sua avversaria Paita ha ottenuto vittorie schiaccianti ottenute nelle province di Imperia, Savona e La Spezia.

Sergio Cofferati non ci sta e annuncia ricorso alla commissione di garanzia. L’europarlamentare, sconfitto daRaffaella Paita, ha detto: "Non riconosco questo risultato e aspetto il pronunciamento della Commissione di garanzia su tutti gli elementi di irregolarità che sono stati segnalati. So anche che sono stati valutati, da parte di altri e non da me, eventuali esposti alla Procura della Repubblica: sono materie sensibili, dal voto di scambio all’uso di strumenti lesivi della privacy. Io non sono a conoscenza degli elementi specifici".

domenica 11 gennaio 2015

Un milione in piazza a Parigi "Oggi siamo la capitale del mondo"

Parigi, un milione in piazza. Hollande: "Oggi siamo la capitale del mondo"





Per Parigi, ferita dal terrorismo islamico, è il giorno della grande marcia contro la paura. Il primo a parlare è stato Francois Hollande: "Oggi Parigi è la capitale del mondo". Al corteo atteso almeno un milione di persone, oltre ai capi di Stato e di governo e di tutto il mondo. Un corteo di tre chilometri, che parte da una place de la Republique già gremita da ore prima dell'inizio del corteo. Hollande ha ricevuto i capi di Stato di tutto il mondo all'Eliseo, attendendoli sulle scale all'aperto, uno per uno, per poi abbracciarli e scambiare i saluti. In ordine sparso sono arrivati Mariano Rajoy, Angela Merkel, Matteo Renzi e anche Nicolas Sarkozy, che ha scattato parecchie foto al fianco del presidente francese. In tutto, 45 fra capi di Stato e governo sono presenti. Altissime le misure di sicurezza, per il timore di nuovi attentati proprio contro il corteo, in testa al quale sfileranno i rappresentanti istituzionali arrivati da tutto il mondo insieme ai familiari delle vittime.