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lunedì 29 dicembre 2014

NON CHIAMATE QUESTO NUMERO Truffa col cellulare: cosa si rischia

Wangiri, l'ultima truffa col cellulare




Una chiamata persa può svuotarci il credito sulla scheda del nostro cellulare. Quando ricevete una chiamta da un numero che non conoscete e vitate di richiamare perchè potrebbero scattare tariffe premium che vi costerebbero circa 1 euro e 50 centesimi al minuto. Bastano pochi minuti al telefono e la scheda si svuota. Potrebbe essere una ping call , la nuova truffa telefonica che si limita appunto a uno squillo. Basta richiamare per spendere decine di euro per pochi secondi. E l’Italia sarebbe la patria del boom di queste nuove truffe telefoniche.

La truffa - La telefonata può arrivare a qualunque ora, anche nel cuore della notte. È un numero come un altro, ma sconosciuto alla vittima. Comincia spesso con +373. Di solito dura appena un breve squillo. Se si fa in tempo a rispondere, si sente la linea cadere. Più spesso la telefonata rimane senza risposta, dentro la memoria del cellulare. Se si richiama il telefonino viene infatti “agganciato” a una tariffa ad alto costo: 1.50 euro ogni 10 secondi. L’utente è incappato in una ping call. Internet abbonda di segnalazioni al riguardo. Centinaia di forum e siti avvertono del pericolo. Su unknownphone. com, come racconta Repubblica, per esempio, si legge: "Un euro e 50 a questi maledetti per sentire un film porno in russo. Ho trovato una telefonata non risposta e ho richiamato". Le associazioni dei consumatori parlano di una “epidemia di truffe”. 

Tariffe premium - Le compagnie telefoniche le conoscono tutte per nome: "L’ultima frode è denominata Wangiri - spiegano da Vodafone -
in tal caso i truffatori utilizzano un computer in grado di contattare simultaneamente una grande quantità di numeri telefonici in modo casuale. I cellulari di coloro che ricevono questa telefonata, visualizzano sul display una “chiamata persa”. La truffa scatta quando l’utente, in buona fede, ricontatta il numero, che normalmente viene tariffato come numero premium o contiene delle pubblicità". Insomma se volete difendervi dalla truffa leggete qui i consigli da seguire per evitare di passare le feste col cellulare a secco. 

"Statali licenziabili? Deciderà l'Aula" Cosa può succedere ai dipendenti P.A

Matteo Renzi: "Jobs Act e statali, se ne occuperà il Parlamento"




Dopo l'approvazione dei decreti attuativi del Jobs Act, è sconto sulla licenziabilità dei dipendenti statali. In un'intervista a Il Giorno, il premier, Matteo Renzi, se ne lava le mani e chiarisce come verrà affrontata la vicenda: "Sarà il Parlamento a pronunciarsi su questo punto, sollevato da Ichino. Esiste giurisprudenza nell’uno e nell’altro senso. Ma non sarà il governo a decidere. A febbraio, quando il provvedimento sul pubblico impiego firmato da Marianna Madia verrà discusso in Parlamento, saranno le Camere a scegliere. Non mancherà il dibattito, certo".  E alla Cgil che è sul piede di guerra risponde così: "Ho il massimo rispetto per il sindacato, e lo dico senza polemiche né ipocrisie o ironie. Ma non sono il tipo che si lascia impressionare dalle minacce. Meno che mai della Cgil. Che ha manifestato, scioperato, e avversato in ogni modo le nostre riforme. Se ha altri modi per dire no, lo spiegherà di fronte al Paese, ci trova al solito posto, a Palazzo Chigi a provare a cambiare l’Italia". 

La corsa al Colle - Poi il premier parla della Corsa al Colle per il dopo-Re Giorgio: "Non mi presto al gioco dell’Indovina chi sul Quirinale. Dove c’è un uomo, Giorgio Napolitano, al quale tutti quanti gli italiani devono riconoscenza e rispetto per come ha interpretato in tutti questi anni la sua responsabilità alla guida dello Stato". Infine parla anche dei contatti col Cav e dell'ipotesi Prodi al Colle: "Non mi occupo dei veti di questo o quel partito. Se e quando sarà il momento saranno i Grandi elettori a verificare la capacità di trovare consenso di questo o quel nome. Gettare nomi importanti come quello di Romano Prodi nel tritacarne dei retroscena serve solo ad alimentare una chiacchiera che non accenna a diminuire nei mesi che ci attendono".

2015, il funesto oroscopo economico Perché l'Italia rischia la bancarotta

Economia, l'oroscopo del 2015: perché l'Italia rischia la bancarotta

di Carlo Pelanda 


In base alle previsioni correnti, nel 2015 l’economia italiana uscirà dalla recessione, a partire dal secondo trimestre, con una minima ripresa della crescita del Pil tra lo 0,3% e lo 0,7% trainata prevalentemente da fattori esterni. Contenti? Meglio essere attenti: il 2015 sarà un anno supercritico perché il sistema economico è vicino ai limiti di tenuta: migliaia di piccole aziende industriali, commerciali ed artigiane, nonché di professionisti, che finora hanno resistito a tre anni di crisi pesante del mercato interno hanno i bilanci destabilizzati e, senza novità positive, non potranno continuare l’attività. D’altra parte, il sistema è ancora sufficientemente vitale per sopravvivere, riprendendosi, se avrà un minimo di ossigeno. In tal senso vedo l’economia italiana, nel 2015, in bilico tra crollo finale e ripresa. Quali condizioni favorirebbero l’esito migliore?

L’Italia ha perso la sovranità economica e monetaria perché la ha conferita ad un agente europeo che non è disegnato per tornargliene una parte nei momenti di bisogno. Infatti la politica italiana non può stimolare l’economia in crisi con spesa in megadeficit, non può battere moneta né può svalutarla. In tale gabbia ha la sola facoltà sovrana di modificare la politica fiscale. Ma se abbassa le tasse deve anche tagliare la spesa per mantenere l’equilibrio di bilancio imposto dai trattati europei siglati irriflessivamente dai nostri governi precedenti, si espone al rischio, oltre che di dissensi destabilizzanti, di un impatto deflazionistico aggravante nel breve termine. Tale impatto sarebbe, in teoria, bilanciabile da un forte impulso alla fiducia con la conseguenza di portare i risparmi dalla cassetta ai consumi. Ma non è pensabile che un’azione così destatalizzante e forte sia fattibile da una maggioranza di sinistra. In sintesi, l’Italia non ha e la sua politica attuale non vuole usare quei mezzi sovrani di stimolazione economica che hanno portato rapidamente, per esempio, America e Regno Unito fuori dalla crisi, ora ambedue in boom. Per tale motivo la minima ripresa italiana del 2015 sarà trainata solo dall’esterno: euro basso che facilita export e importazione di turismo e costi energetici in riduzione. Ma nel saldo statistico che proietta una minima ripresa nel 2015, tali condizioni esterne daranno un segno più al Pil aggregato mentre continuerà la recessione del mercato interno perché non stimolato. E molti soggetti economici affonderanno pur nello scenario di ripresa. Questo il punto non ancora detto nelle cronache. Per tenerli a galla ci vorrà un minimo ritorno della fiducia che aumenti almeno il fenomeno della "ripresa passiva" che è iniziato nel 2014.

Per ottenerlo, il governo dovrebbe fare due azioni d’emergenza che potrebbe attuare pur nei limiti tecnici e politici detti sopra: (a) fondo di ripatrimonializzazione delle imprese con bilanci destabilizzati in forma di prestito con ritorno in 15-20 anni; (b) estensione del Fondo statale di garanzia (non di spesa) per il credito alle aziende in modo da coprire almeno il 70% di un prestito bancario. Potrebbe bastare per confermare un rimbalzo attorno allo 1% del Pil nel 2015, metà per fattori esterni e metà per tenuta del mercato interno, pur in costanza di una pressione fiscale abnorme e di regole lavorative che non incentivano le assunzioni. In sostanza, basterebbe sostenere l’accesso al credito per aiutare la tenuta degli attori economici in difficoltà.

Enfatizzo questo punto perché non credo che il governo di sinistra possa e voglia fare altro di stimolativo. E perché osservo che la liquidità resa disponibile dalla Bce per imprese e famiglie non sta arrivando a loro per problemi di merito di credito. Quindi un sostegno statale d’emergenza, fatto più di garanzie che di spesa, per sostenere tale merito mi sembra la cosa più razionale da raccomandare ad un governo sinistroverso per l’interesse di tutti. Ovviamente la (mini)ripresa italiana senza vera stimolazione interna dipende tutta da condizioni favorevoli esterne. Al momento gli analisti assumono che: 1) la Bce, superando le paturnie tedesche, trovi un modo per comprare eurodebiti e in tal modo sia svalutare l’euro sia garantire di fatto il debito italiano che senza tale sostegno verrebbe classificato come destinato all’insolvenza cosa che farebbe saltare il sistema bancario italiano e renderebbe inutile il suggerimento qui enfatizzato; 2) l’aumento della liquidità in euro bilanci la riduzione di quella in dollari in modo da mantenere la pressione sulla pompa di capitale che tiene artificialmente alte le Borse globali nonostante una crescita mediocre della domanda globale (3,1%). Speriamo, auguri.

Indagine sulle spese pazze del Pd Nei guai 5 renziani: tutti i nomi

Indagine sulle spese pazze del Pd Nei guai 5 renziani: tutti i nomi

di Giacomo Amadori 


L’indagine della procura di Rieti sui presunti abusi nella gestione dei fondi assegnati al gruppo regionale del Pd del Lazio nel triennio 2010-2012 fa tremare il partito di Matteo Renzi. Infatti tra i 41 indagati ci sono 15 ex consiglieri, sei dei quali sono successivamente diventati parlamentari. Un mese e mezzo fa il procuratore di Rieti Giuseppe Saieva aveva anticipato a Libero che le investigazioni erano al fotofinish e che le spese contestate ammontavano a 2,6 milioni di euro. Un elenco che va dalle sagre del tartufo ai murales nei quartieri popolari di Roma. Da allora i militari della Guardia di finanza hanno depositato l’informativa finale con i nomi dei 6 parlamentari dell’attuale legislatura. Si tratta di un deputato (il plurindagato Marco Di Stefano) e di cinque senatori di provata fede renziana (qualcuno di culto franceschiniano): Bruno Astorre, Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli, Francesco Scalia e Daniela Valentini. Visti i numeri non certo rassicuranti del centro-sinistra a Palazzo Madama, questa inchiesta potrebbe creare non pochi grattacapi a Renzi. 

Anche perché Astorre è considerato un campione delle preferenze in provincia di Roma. «Se qualcuno dice che la procura di Rieti sta assediando la coalizione renziana al Senato non sbaglia» chiosa un senatore piddino, «anche perché qui la maggioranza è davvero risicata, non più di sei o sette senatori». Agli indagati vengono contestate spese pagate con i fondi di funzionamento del gruppo per importi che variano dai 50 ai 260 mila euro (di questo scaglione fanno parte Astorre, Di Stefano, Moscardelli). Nello specifico, sono accusati di peculato, truffa ai danni dello Stato, falsità materiale e finanziamento illecito (Moscardelli “solo” di peculato e finanziamento illecito, reato che, invece, non è contestato a Valentini). Di questi parlamentari il più noto alle cronache è certamente Di Stefano, indagato anche a Roma per corruzione per una presunta tangente da 1,8 milioni nell’ambito di un’inchiesta sulla locazione di due palazzi da parte della Regione Lazio quando era assessore al Patrimonio. A Di Stefano (la cui iscrizione a Rieti venne anticipata da Libero a novembre) vengono imputate diverse spese allegre, a partire dalla cena per due, conto da 250 euro, al ristorante romano “Le ostriche” a due passi dal Pantheon, specializzato in crudi di pesce; gli investigatori gli contestano pure fattura per una battuta di caccia in una tenuta del comune di Fiumicino: fagiani e altra selvaggina vennero liberati nel bosco e una volta catturati furono cucinati al prezzo di mille euro per un parterre di 50 golosi iscritti all’Arcicaccia; Di Stefano è pure accusato anche di aver fatto stampare in 25 mila copie un libello di cento pagine con il resoconto del suo impegno politico. Ai senatori gli inquirenti rimproverano soprattutto l’uso dei fondi per finanziare eventi e realtà dei propri collegi elettorali: dai circoli del Pd, alle tv locali, dalle presentazioni di libri alle kermesse enogastronomiche. 

Ma i magistrati non indagano solo sulle spese dei sei parlamentari. Per esempio all’ex tesoriere del gruppo Mario Perilli viene contestato di aver «usato» gli anziani per finanziare iniziative del Pd o il giornale dove sarebbe stata assunta la figlia. Infatti il Pd regionale con i fondi di funzionamento nel 2011 ha versato al mensile Nuovo Paese Sera 26 mila euro con sei fatture «non suficientemente documentate». Una di queste «reca come oggetto della prestazione 100 abbonamenti per l’anno 2011-2012 al mensile Paese sera». «Per la precisione si tratta» puntualizzano gli inquirenti «di presunti accessi online per 97 centri anziani del comune di Roma». Difficile immaginare i vecchietti smanettare su Internet per leggere le notizie del periodico. Esterino Montino (anche lui indagato), all’epoca dei fatti capogruppo del Pd in Regione, in un’intervista ammise: «Si tratta di una sorta di finanziamento indiretto a realtà giornalistiche falcidiate dai tagli all’editoria. Sosteniamo tv e giornali in modo che si possa differenziare il panorama informativo a livello locale». Sarà per consolidare questo pluralismo che nel 2012 Serena Perilli venne assunta al Nuovo Paese Sera. 

I vecchietti compaiono anche in un’altra delle voci di spesa contestate dalla procura: un pranzo prenatalizio organizzato in un agriturismo di Fara Sabina (Rieti) a cui parteciparano 180-190 persone. Il titolare del ristorante ai finanzieri ha dichiarato: «Fu concordato un prezzo di circa 25 euro a persona e fu emessa fattura anticipata (…) posso precisare che tra i presenti c’era una grossa componente di anziani del posto (…) non si è trattato di nessun evento o dibattito particolare (…) mi fu riferito che il pranzo sarebbe stato pagato dal Pd». In realtà Perilli ha precisato che tutti i partecipanti versarono la propria quota, ma che i soldi furono girati al locale centro anziani. Un escamotage per poter finanziare coi soldi pubblici un’attività meritoria. Sarà vero, ma anche questo è vietato dalla legge. Gli inquirenti con Libero sottolineano anche l’opacità di numerose fatture emesse per far quadrare i conti: parte di esse sarebbero riconducibili a 27 soggetti definiti «evasori totali». Un capitolo che meriterà certamente ulteriori approfondimenti. 

sabato 27 dicembre 2014

Anno nuovo, benzina più cara Quanto spenderemo per un pieno

Carburante: dal 1° gennaio nuovi aumenti. Ecco quanto pagheremo in più




Dal 1 gennaio 2015 scatterà un nuovo aumento delle accise sui carburanti, che seguirà i 9 ritocchi degli ultimi 4 anni. A sostenerlo la Cgia di Mestre, secondo cui l'esatta quantificazione sarà stabilita da un provvedimento del direttore dell'agenzia delle Dogane e dei Monopoli e sarà tale da reperire 671 milioni nel 2015 e 17,8 milioni di euro nel 2016. Per reperire il gettito mancante è scattata una clausola di salvaguardia (comma 4 art. 15 Dl 102/2013): pertanto, secondo una stima della CGIA, a partire dall' 1 gennaio 2015 aumenteranno le accise sui carburanti per un importo pari a 1,8 centesimi di euro al litro. L'effetto finale, se si considera che questo aumento ritocca all'insu' la base imponibile Iva, si traduce in un incremento complessivo di 2,2 centesimi di euro al litro. 

L'aumento - "Nonostante il greggio sia sceso sotto i 64 dollari, in Italia il prezzo dei carburanti alla pompa rimane ancora molto elevato. Ovviamente, a incidere e' il carico fiscale che, sia sulla benzina sia sul gasolio per autotrazione, non ha eguali in Europa. Inoltre, tenuto conto che oltre l'80 per cento delle nostre merci viaggia su gomma - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - non e' da escludere che gli aumenti di inizio anno spingeranno all'insu' soprattutto i prezzi dei principali beni di consumo, penalizzando le famiglie piu' in difficolta'. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che oltre agli autotrasportatori ci sono intere categorie come gli autonoleggiatori, i taxisti, i padroncini, gli agenti di commercio che, utilizzando professionalmente ogni giorno l'autovettura o il furgone, rischiano di appesantire ulteriormente una situazione economica gia' molto deteriorata negli ultimi anni". 

La simulazione - Secondo le stime dell'associazione, una famiglia con un auto di media cilindrata (1.400 cc) alimentata a benzina che percorre mediamente 15.000 chilometri all'anno, nel 2015 paghera' al proprio benzinaio 20 euro in piu' di tasse rispetto al 2014. Se, invece, la comparazione viene eseguita rispetto al 2010, anno che ha preceduto tutta la raffica di aumenti, l'incremento sara' di 249 euro. Una famiglia con un auto (2.000 cc) alimentata a gasolio che percorre mediamente 25.000 chilometri all'anno, invece, paghera' l'anno prossimo paghera' 28 euro in piu' di tasse. Se, invece, il confronto viene eseguito sul 2010, anno che ha preceduto la serie di aumenti, l'incremento sara' di 387 euro.

Parolaio, oppurtunista, fanfarone... Il sondaggio che fa tremare Renzi

Euromedia Reserach: gli italiani bocciano Matteo Renzi




Sono bastati pochi mesi agli italiani per capire chi è davvero Matteo Renzi. La legge di stabilità appena varata ha deluso nei contenuti. Una cosa è certa: le tasse non diminuiranno e quasi certamente le misure adottate dal governo non serviranno a far partire la crescita. Così secondo quando emerge da un sondaggio Euromedia realizzato da Nando Pagnoncelli, gli italiani bocciano su tutta la linea l'operato del governo. E soprattutto il premier che viene demolito dai giudizi di chi subisce le sue scelte.  Alla domanda "cosa peensano gli italiani di Matteo Renzi?" il 31,0% sostiene che sia un affabulatore, bravo nelle parole e vago nei fatti. Il 15,8% lo ritiene uno scaltro opportunista, il 13,3% determinato e concreto, il 13,2% inconcludente, l'11,1% sveglio e capace, il 6,9% un rottamatore.

Bocciata la manovra - E non arrivano buone notizie nemmeno dai dati Ipsos. Solo l'1% degli italiani pensa che Renzi abbia mantenuto tutte le promesse. Il 19% crede che siano state mantenute in buona parte, poche lo sostengono il 53% degli intervistati, addirittura nessuna, lo dichiara il 22%. Sulla Legge di Stabilità, il 24% pensa che si tratti di una svolta positiva per l'economia dell'Italia, il 44% sostiene che la sua approvazione non cambierà molto la situazione, infine per il 22% provocherà un peggioramento della condizione dei cittadini. Infine negative o quasi, anche le risposte degli italiani su come sarà il Natale 2014 rispetto a quello dell'anno precedente. Il 52% crede che la condizione della propria famiglia è rimasta invariata, il 33% pensa che è peggiorata, solo il 13% sostiene che è migliorata.

giovedì 25 dicembre 2014

Papa Francesco, la messa di Natale: "Il mondo ha bisogno di tenerezza"

Papa Francesco, la messa di Natale: "Quanto bisogno di tenerezza ha il mondo"




Papa Francesco è entrato in processione nella basilica di San Pietro dove ha presieduto la sua seconda messa della notte di Natale. Insieme a Francesco a concelebrare la funzionei cardinali, vescovi e sacerdoti. Prima della messa dieci bambini in abiti tradizionali hanno portato mazzi di fiori da deporre presso l'immagine di Gesù Bambino, davanti all'altare della Confessione. I bambini provenivano da Paesi toccati dai viaggi recenti e prossimi del Pontefice, da Italia, Europa, Corea, Filippine. ​

Lo scatto d'ira - "Lungo il cammino della storia, la luce che squarcia il buio ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione. In questo consiste l'annuncio della notte di Natale", ha detto il Pontefice. E ancora: "Dio non conosce lo scatto d'ira e l'impazienza; è sempre lì, come il padre della parabola del figlio prodigo, in attesa di intravedere da lontano il ritorno del figlio perduto".

Bisogno di tenerezza - Nella messa, Francesco ha aggiunto: "Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo!. La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine, ha aggiunto. La "grande luce" della nascita di Gesù, ha proseguito papa Francesco "la vide la gente semplice, la gente disposta ad accogliere il dono di Dio. Al contrario - ha aggiunto - non la videro gli arroganti, i superbi, coloro che stabiliscono le leggi secondo i propri criteri personali, quelli che assumono atteggiamenti di chiusura.

L'orchestra - Nel corso della messa in San Pietro, papa Francesco ha ascoltato in ginocchio l'esecuzione, da parte dell'Orchestra Sinfonica di Pittsburgh diretta dall'austriaco Manfred Honeck e della solista Chen Reiss, soprano di origini israeliane, dell'Et incarnatus est della Messa in Do minore K427 di Wolfgang Amadeus Mozart. L'esecuzione è stata una delle novità delle messa di Natale di quest'anno, ed è avvenuta all'interno del "Credo", inserendosi tra i canti liturgici gregoriani. Papa Bergoglio, parlando dell'Et incarnatus est, ha detto che "è insuperabile, ti porta a Dio".