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mercoledì 17 dicembre 2014

Ecco tutti i "miti" di Mafia Capitale Er Monnezza, Belen e pure Bombolo...

I miti di Mafia Capitale? Er Monnezza, Belen e Bombolo

di Franco Bechis 


Massimo Carminati, il Nero (o il Cècato) di Mafia Capitale veniva preso in giro dai suoi amici per il fare un po’ troppo intellettuale. Si svegliava al mattino alle 6 e subito- dice lui in una intercettazione- “scarico dall’Ipad il Corriere della Sera”. L’amico tuttofare Riccardo Brugia replica: “Ma tu mai il Corriere dello Sport?”. Nel giro infatti erano altre le letture, come quelle che allo stesso Brugia consiglia il commerciante d’auto Luigi Seccaroni: “Ma comprate Novella 2000! Fai uscì qualcuno… vattelo a comprà”. Il povero Brugia si preoccupa che sia uscito qualche scoop su Carminati: “eh… c’è stà l’amico nostro?”. Ma è fuori bersaglio. “Tu non ti preoccupà”, replica Seccaroni, “và a vedè… c’è ‘na sorca… c’è Belen con…’na fregna…”. Sospiro di sollievo del braccio destro di Carminati: “sei un grande, Luì… non c’è niente da fà”. E l’altro, continuando lo spot per Novella 2000: “che fregna Belen, ahò… tutta nu… mezza nuda, che sorca…”. Sempre Brugia viene intercettato con un altro amico della congrega di Carminati, Roberto Lacopo. Ed è l’occasione per un po’ di critica cinematografica. Roberto: “Ieri me sò visto il film con Bombolo…” Riccardo: “pure io, quello con Tomas Milan, pure io…”. Grandi risate fra i due. Riccardo: “pure io Er Monnezza, li stanno a rifà e li stò a vedè pure io…”. “Che belli, che belli!”, “Che grande che è…”

"Maiale". "Taci sei un comunista di..." La Russa sbrocca col grillino: ecco perché

Rissa alla Camera tra La Russa e il grillino Zaccagnini




Rissa sfiorata in Transatlantico alla Camera tra i deputati di Fratelli d’Italia Ignazio La Russa e Fabio Rampelli e il deputato di Sel Adriano Zaccagnini. A far scoppiare la scintilla è stata la tesi dell’ex ministro della Difesa, che ha sostenuto come Tommaso Curro’, che oggi ha annunciato l’addio ai 5 stelle, debba dimettersi da deputato. Zaccagnini, che al movimento di Beppe Grillo con cui è stato eletto ha detto addio più di un anno fa, ha apostrofato La Russa con un sonoro “maiale”, “come i maiali della Fattoria degli animali di George Orwell”. Rampelli è intervenuto a difesa del collega di partito, osservando in romanesco che “come i maiali ce magni te co’ ‘e cooperative rosse”. “Te - è stata la replica di Zaccagnini - stavi in piazza co’ quella gente per far cadere Marino che con Buzzi non c’entra niente”. E La Russa: “Lascialo stare poverino è di Sel”. Intorno ai due, oltre a un capannello di giornalisti, si sono posizionati anche diversi commessi per evitare che la situazione degenerasse. Alla stampa La Russa ha ricordato di aver presentato un ddl per modificare l’articolo 67 della Costituzione e impedire cambi di casacca. “La Russa – ha commentato prontamente Zaccagnini - non riconosce la liberta’ dei parlamentari. C’è una saldatura tra Fratelli d’Italia e M5S, un partito padronale. Praticamente i fascio-grillini”

Notav, le toghe assolvono gli antagonisti Il verdetto: "Non sono dei terroristi"

Notav, cade l'accusa di terrorismo. Chiara, Claudio, Niccolò, Mattia condannati a 3 anni per danneggiamento




La corte d’assise di Torino ha assolto dall’accusa di aver agito con finalità di terrorismo i quattro attivisti No Tav di area anarchica a processo per l’assalto al cantiere della Torino-Lione del maggio 2013. Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi, sono invece stati condannati a tre anni e mezzo di carcere ciascuno per danneggiamento e incendio di un compressore e per violenza a pubblico ufficiale. La corte ha ritenuto di assolvere i quattro imputati dall’accusa di aver agito con finalità terroristiche con la formula "perché il fatto non sussiste". Disposta anche una multa di cinquemila euro ciascuno e l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Urla "libertà libertà" hanno accolto dal pubblico nell’aula bunker del carcere di Torino la lettura del dispositivo. I compagni hanno anche scandito altri cori come "buffoni", "buffoni".  I pm Rinaudo e Padalino avevano chiesto 9 anni e mezzo di reclusione. Abbracci tra il pubblico e anche tra gli imputati in carcere dal 9 dicembre 2013. Alle 17.30 è previsto un presidio in Val di Susa.

I fatti - I fatti risalgono alla notte tra il 13 e il 14 maggio 2013, quando una trentina di persona, divisi in gruppi, attacca il cantiere dell’alta velocità con un fitto lancio di bottiglie incendiarie, bombe carte e petardi, provocando il danneggiamento di un compressore. Il 9 dicembre dello stesso anno, la Digos arresta i quattro militanti, tutti di area anarchica, e la Procura di Torino ipotizza per loro il reato di "attentato con finalità terroristiche". Un’accusa pesante, che solleva grandi proteste nel movimento No Tav, sfociate in alcune manifestazioni pubbliche. Nel maggio 2014 gli avvocati della difesa ricorrono in Cassazione contro la custodia cautelare dei quattro arrestati e i giudici della Corte suprema, pur confermando la detenzione, sollevano perplessità sull’applicazione del reato di terrorismo, escludendo di fatto il grave danno allo Stato. Poco dopo ha inizio il processo nell’aula bunker del carcere di Torino e nell’udienza di settembre gli imputati ammettono di aver partecipato all’assalto, escludendo però finalità terroristiche. A novembre, i pm Rinaudo e Padalino chiedono 9 anni e mezzo di reclusione, confermando la matrice terroristica dell’assalto.Si arriva così alla sentenza di stamattina, che se da un lato conferma i reati di danneggiamento, fabbricazione, trasporto di armi e resistenza a pubblico ufficiale, dall’altro esclude l’attentato terroristico. A fine pronunciamento fra il pubblico presente in aula si alzano urla di gioia, mentre gli imputati, confinati nella stessa gabbia, si abbracciano e salutano amici e parenti.

Ricatto della Merkel a Draghi: vuole 150 mld per aiutare l'Italia

Bce, così Angela Merkel può farsi dare 150 miliardi di euro da Mario Draghi: il "ricatto" al governatore




All'ordine del giorno nella prossima riunione del board della Bce, il 22 gennaio, potrebbe esserci il cosiddetto quantitative easing, l'immissione di liquidità in un'Eurozona stagnante, che in buona sostanza si tradurrebbe nell'acquisto dei titoli di Stato dei Paesi in difficoltà da parte dell'istituto presieduto da Mario Draghi. Un'ipotesi, quella dell'acquisto di bond, che fa storcere il naso alla Germania, che per voce di Jens Weidmann, presidente della Bundesbank, ha seccamente annunciato il "no" di Berlino, e curiosamente lo ha fatto in un'intervista a Repubblica, uno dei quoitidiani che più sostiene l'operato del governatore Draghi.

Il piano - Quello a cui mira la Bce - o meglio, la parte della Bce che segue Draghi - è imitare il modello della Fed americana, nel dettaglio con mille miliardi di euro da destinare all'acquisto di titoli di Stato dei 18 Paesi di Eurolandia. Un'operazione che, però, rischia di non incidere. Questo almeno è quanto sostiene Wolfgang Munchau sul Financial Times, secondo il quale il quantitative easing di Draghi è una debole imitazione di quello a stelle e strisce (nel 2008 la Fed pompò negli States la bellezza di 2mila miliardi di dollari, e i risultati, oggi, si vedono). Ma non è tutto, perché i 1.000 miliardi ipotizzati dalla Bce esistono soltanto in linea teorica: l'ipotesi più concreta, infatti, è quella di un aiuto pari a 500 miliardi, ossia il 5,5% del debito pubblico totale dell'Eurozona (per farsi un'idea basti pensare che, sempre la Fed, acquisto una fetta pari al 15% dei titoli di Stato).

Il duello - Da un lato Draghi, dunque, favorevole all'iniezione di liquidità, e dall'altra Weidmann, che da buon soldatino del rigore agli ordini del generale Angela Merkel si oppone un netto "nein". Eppure, ricorda Italia Oggi, c'è chi sostiene che la querelle tra governatori sia soltanto di facciata, e destinata a risolversi con un cedimento (già deciso, da tempo) della Germania. E perché mai Berlino dovrebbe cedere? Semplice, otterrebbe un'altra - roboante - vittoria (economica). Infatti, ad oggi, si considerano due possibili strade su come ripartire i 500 miliardi di euro di acquisti. La prima prevede acquisti "a piacimento", plausibilmente concentrati sui Paesi più in difficoltà. La seconda, invece, prevede che gli acquisti rispettino un rigido criterio, ossia che siano modulati in base all'andamento del Pil dei 18 paesi di Eurolandia.

Il bivio - Il criterio che sembra riscuotere maggiori consensi (in particolare nel - potente - fronte rigorista e in una certa cerchia di potere) sarebbe quello legato al Pil (tra le ipotesi anche quella di legare l'aiuto alla quota di bilancio detenuta dai Paesi all'interno della Bce). Ancorando l'operazione al Pil, però, l'operazione di Draghi si risolverebbe in un generosissimo prestito proprio alla Germania, che ha un Pil pari al 29% di quello dell'Eurozona, 12 punti sopra all'Italia. Con questo criterio, dunque, 150 dei 500 miliardi finirebbero proprio nelle casse di Berlino, 85 all'Italia (una cifra irrisoria rispetto alla quota stratosferica raggiunta dal nostro debito) e soltanto spicci, per esempio, alla "malatissima" Grecia. Dunque - sostiene un analista finanziario dell'istituto Bruegel - più che in un rilancio dell'economia il quantitative easing si risolverebbe in un salvataggio delle banche tedesche, che al contrario di quanto si possa pensare risultano piuttosto esposte, soprattutto nei confronti della Grecia e di altri Paesi della periferia dell'area euro.

Il rischio - Inondando con miliardi di euro le casse degli istituti tedeschi, questi avrebbero liquidità sufficiente per evitare l'acquisto di bond dei loro Paesi. Ma non solo: con i soldi incassati per esempio dagli istituti di Italia e Grecia, questi ultimi potrebbero garantire con certezza il rimborso dei prestiti ottenuti proprio dalle banche tedesche. Si tratterebbe, insomma, di una forma di solidarietà a senso unico, il senso che conduce dritti dritti in Germania. Una circostanza che Draghi dovrebbe tenere in considerazione prima di avallare una forma di finanziamento che non risolverebbe i cornici problemi del Vecchio Continente ma, anzi, finirebbe col renderebbe ancor più potente quella Germania che, in Europa, già si muove come un player egemone.

Maria Elena Boschi in versione Madonna: cosa ha combinato da Vespa... / Foto

Maria Elena Boschi in versione Madonna: Bruno Vespa la infila nel presepe




Sorpresa nella puntata di lunedì sera di Porta a Porta, la trasmissione condotta da Bruno Vespa, che ha visto come ospite in studio il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Durante la trasmissione, Vespa ha mostrato un presepe prodotto da Ferrigno, leader dei maestri del presepe di Napoli, in cui sono presenti diversi personaggi dell'attualità, da Berlusconi a Renzi. E la Madonna era impersonata proprio da Maria Elena Boschi: sui social si sono scatenati gli utenti, in commenti sarcastici contro la presenza dell'affascinante ministro per le Riforme nel simbolo per eccellenza del Natale.

Lilli Gruber parla della sua malattia (e dà un consiglio a tutte le donne...)

La Gruber parla per la prima volta della malattia che l'ha tenuta lontana dal video e dà un consiglio a tutte le donne




Lilli Gruber parla per la prima volta della sua malattia, che tante congetture ha alimentato, con il settimanale Oggi in edicola. "Per la mia educazione, sono abituata ad andare avanti con la forza di volontà e ad essere molto disciplinata. Il mio lavoro mi appassiona tanto e capita che esageri. Questa volta mi ha portato qualche giorno in ospedale e poi... a casa. La casa della mia famiglia in Sudtirolo, in mezzo ai vigneti, su una collina".

Il consiglio di Lilli - E ancora: "In famiglia mi hanno coccolato e mia sorella Micki un po' mi ha sgridato: "Lo sai che non devi esagerare". Non avevo fatto vacanze per scrivere il libro Tempesta, poi è ricominciato Otto e mezzo e alla fine....  Lilli confessa che le è servito da lezione e ora ha imparato ad ascoltare i segnali del proprio corpo: "Lo dico a tutte le donne che fanno il triplo, quadruplo lavoro: ascoltatevi e delegate un po' di più, soprattutto ai vostri uomini. Noi abbiamo un dovere nei confronti del nostro corpo, dobbiamo rispettarlo e non pensare che possiamo abusare della nostra forza fisica senza conseguenze". 

Furto dell'auto e schianto contro il muro Momento nero: che è successo a De Rossi

Daniele De Rossi, momento nero: gli rubano l'auto e si vanno a schiantare




Un periodo davvero negativo per Daniele De Rossi: dopo l'arresto dell'ex moglie Tamara Pisnoli, le intercettazioni che lo vedono coinvolto nel caso Mafia Capitale e l'espulsione nella partita di campionato contro il Sassuolo, nella notte il centrocampista della Roma è stato vittima di un furto. Un 43enne ha infatti rubato la Smart del giocatore, parcheggiata in strada in Corso Vittorio Emanuele, in pieno centro, a pochi passi dalla casa dove "capitan futuro" vive con la compagna Sarah Felberbaum e le figlie.

L'epilogo - Il ladro, poco dopo, si è schiantato contro un muro di contenimento dell'arteria stradale che collega il Lungotevere alla zona di Termini, del Nomentano e della Tiburtina, lungo via del Muro Torto. Il 43enne romano ha provato a fuggire a piedi, ma è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia Trionfale, che stavano perlustrando la zona proprio per le segnalazioni sui furti.