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mercoledì 17 dicembre 2014

Così ci spiano al supermercato: tutti i dati che raccolgono su di noi

Supermercato, così ci spiano: cosa vogliono scoprire (non chi ruba...)




Gli Stati Uniti, si sa, anticipano l'Europa. Ciò che accade al di là dell'Oceano Atlantico, giusto la pazienza di far passare qualche anno, poi si verifica puntualmente anche da noi, nel Vecchio Continente. E nell'epoca dell'umanità in rete, nel tempo in cui tutti (o quasi) sanno tutto (o quasi) di tutti, al tempo del web insomma, l'ultimo controllo esercitato negli Stati Uniti è quello al supermercato, o al museo. Si parla di telecamere e sensori, che raccolgono una miriade di dati sul comportamento dei visitatori: obiettivo, decifrarne gli interessi e offrire un prodotto sempre più appetibile e remunerativo. Telecamere e sensori che presto arriveranno anche da noi.

Al museo - Come spiega il Corriere della Sera, il paradigma, oggi si applica anche ai musei. Qualche esempio: se una scultura attira più attenzione delle altre, si può decidere di trasferirla in uno spazio più ampio. E ancora alcune strutture (come la Fine Arts di Boston e la Nelson Atkins di Kansas City) non si limitano alla telecamera, ma offrono ai visitatori smartphone e tablet tramite quali chiedere pareri e opinioni in tempo reale (in cambio, magari, del parcheggio gratuito e di uno sconto sul prossimo biglietto). Chi difende la privacy storce il naso: si pensava che almeno davanti all'arte la privacy fosse sacra, ma così non è più.

Al supermarket - Dove, invece, la privacy viene sistematicamente violata è al supermercato, un luogo dove tutti, con pochissime eccezioni, prima o poi capitano nel corso della loro settimana. Non si tratta soltanto dell'occhio vigile di una telecamera pronto a sorprendere i taccheggiatori, ma di un occhio vigile che ha precise strategie di marketing. Negli Usa, infatti, le grandi catene della distribuzione commerciale, con telecamere e sensori piazzati davanti agli scaffali, cercano di comprendere la abitudini dei clienti: cosa comprano e perché. E non è tutto: dalle immagini si studia anche il volto degli acquirenti per comprenderne lo stato d'animo: se un prodotto non è stato comprato, non è stato comprato perché costa troppo o perché non piace?

"Osservati speciali" - Tecnologie di questo tipo sono già utilizzate da tutti i "big" del settore, da Macy's e fino a Wal-Mart. Lo stesso "occhio" che ti spia nei negozi, nelle banche, negli stadi e negli ascensori, ora ti spia anche in un supermercato e in un museo. Una "spiata" che però a ben poco a che spartire con ragioni di sicurezza: veniamo spiati per puro business. Nell'era digitale, insomma, siamo tutti "osservati speciali". Basti pensare a un dato, snocciolato sempre dal Corsera e relativo al celebre Moma di New York: ogni anno riceve in media 6 milioni di visitatori, e ogni anno, dunque, vengono vivisezionate le abitudini di 6 milioni di persone a una mostra (e questo soltanto in quel museo).

Marò, la sfida del ministro Pinotti: "Latorre non torna, si deve curare qui"

Marò, Roberta Pinotti sfida l'India: "Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia"




L'ultimo schiaffo ai nostri marò: a pochi giorni da Natale, la Corte suprema indiana ha respinto l'istanza con cui veniva chiesta l'attenuazione delle condizioni di libertà provvisoria. Insomma Salvatore Girone resta in India e Massimiliano Latorre, invece, dovrebbe lasciare l'Italia. Si tratta soltanto dell'ultimo capitombolo diplomatico del Belpaese, impantanato sulla vicenda ormai dal 19 febbraio del 2012. Lo schiaffo, però, ha innescato la reazione dei nostri politici. A scendere in campo il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che nel corso della registrazione di Porta a Porta ha spiegato: "Massimiliano Latorre si deve curare qui in Italia, ce lo stanno dicendo i medici, e non vedo quindi come possa tornare in India. Noi non ci muoviamo da questa posizione". Latorre si trova in patria dopo l'attacco ischemico che lo colpì lo scorso settembre. La Pinotti ha comunque assicurato che il governo italiano darà al più presto una risposta all'India: "Oggi per noi è una giornata difficile", ha chiosato. Sul tema ha detto la sua anche Giorgio Napolitano, che nel corso del saluto alle alte cariche dello Stato ha espresso "forte contrarietà" all'ipotesi che Latorre torni in India. Girone, da par suo, resta prigioniero a migliaia di chilometri da casa, in attesa che le istituzioni italiane riescano a fare qualcosa (di serio) anche per lui.

Il "balletto" di Napolitano è (quasi) finito: il presidente annuncia la data delle dimissioni

Giorgio Napolitano e il quasi-annuncio: ora c'è la data del passo indietro




Per Giorgio Napolitano, con tutta probabilità, si è trattato dell'ultimo saluto alle alte cariche dello Stato da presidente della Repubblica. Nel suo discorso l'inquilino (uscente) del Colle ha poi fornito quello che pare essere il definitivo indizio sulla data delle sue dimissioni. Un indizio che sta in una frase: "Si concluderà il 13 gennaio il semestre italiano di presidenza europea, e io mi ero impegnato fino al termine del semestre europeo". Se ne deduce, dunque, che il giorno del passo indietro sia da fissare per quello successivo, mercoledì 15 gennaio.

Sostegno al premier - Nel suo intervento il Capo dello Stato si è speso in favore di Matteo Renzi, con veri e propri endorsement a sostegno del premier in quello che, forse, è il suo momento più difficile. "Il governo italiano - ha spiegato -, partendo dall'accurato lavoro preparatorio del governo precedente, ha potuto operare validamente e con maggior sicurezza per un nuovo corso delle politiche finanziarie e di bilancio dei 28, oltre i limiti divenuti soffocanti e controproducenti dell'austerità".

Appello ai sindacati - Nel suo intervento di 26 minuti, Napolitano ha sottolineato come "tutto richiede continuità istituzionale, quella che mi sono personalmente impegnato a garantire ancora una volta per tutto lo speciale periodo del semestre di presidenza europea". E dunque, ancora in soccorso di Renzi, Napolitano ha bollato come "improvvidi" i contrasti sull'articolo 18 e ha invitato i sindacati a "rispettare le prerogative del governo". Re Giorgio, comunque, ha avvertito: "Serve più dialogo".

Frustata ai dissidenti - In tema di riforme, l'inquilino del Colle ha spiegato che "superare il bicameralismo non è un tic da rottamatori. Non si dica che c'è precipitazione, che si procede troppo in fretta, si è indugiato per mesi, con audizioni e approfondimenti, su questioni di cui si è dibattuto per decenni". Infine anche un appello al Pd a rischio spaccatura: "Parlare di voto e scissioni porta all'instabilità". E ancora, rivolto ai dissidenti democratici, ha aggiunto: "Chi dissente dalle riforme non deve farlo con spregiudicate tattiche emendative".

martedì 16 dicembre 2014

Renzi ha rotto tutti: parla d'Europa nessuno l'ascolta / Foto clamorosa

Renzi: o cambiamo direzione all'Europa o la perdiamo




Nessuno lo ascolta più. Sarà perché parla di Europa o perché fa l'ennesima autocelebrazione, ma Matteo Renzi, a Montecitorio, è solo. Molti i banchi vuoti, questa mattina, per l'intervento del premier che riferisce sul Consiglio europeo del prossimo 18 dicembre. A sentire cosa dice ci sono meno di cento deputati. Presenti solo i rappresentanti del governo: il ministro dell'Interno Angelino Alfano, quello delle Riforme, Maria Elena Boschi e Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, più uno stuolo di sottosegretari. 

Nuova Europa - Prima Renzi, completo blu e camicia bianca, si è fermato alla buvette per un cappuccino con la Boschi, Poletti e il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi. Poi il discorso, a nessuno. "Siamo in una fase in cui l'Europa è a un bivio", ha detto Renzi citando una frase pronunciata da Luigi Einaudi nel 1947: "Se non sapremo farci portatori di un ideale umano noi siamo perduti". "Possiamo vivere la fase che si è aperta con il rinnovo delle elezioni e con il semestre di presidenza italiana come un'occasione per dire che o torniamo all'ideale o rischiamo tutti noi di aver perduto l'Europa". Per questo la politica "deve fare il suo mestiere e non lasciare l'Europa ai tecnocrati". E sarà il 2015 a dirci se la politica economica dell'Europa unita sarà finalmente centrata sulla crescita o continuerà ad essere una via di mezzo spuria. Credo e spero che con l'aiuto di tutti, anche con quello dei parlamentari italiani, si torni a guardare verso l'Europa della crescita e non solo verso l'Europa dell'austerity».

Pentastellati - Renzi si è anche appellato al Movimento 5 stelle: "Abbiamo bisogno anche di voi. Questo Parlamento non può vedere buttata via l'occasione di una forza politica importante in una discussione tutta interna e sterile". Altrimenti, ha concluso, "continuerete a perdere deputati e senatori e a fare liste di proscrizione. Non andrete da nessuna parte".

Olimpiadi - "Sentirsi dire che l'Italia non può fare le Olimpiadi, frustra le speranze dei nostri concittadini", ha sottolineato il presidente del Consiglio. "Se c'è chi ruba va in galera, si persegue e si va avanti senza ricorrere alla rinuncia. Se c'è chi ruba, bisogna avere il coraggio di mandarlo in galera e di alzare le pene per evitare i patteggiamenti e di insistere su una idea che chi fa politica prova a proporre un sogno per il Paese". E le Olimpiadi in Italia, ha concluso, "sono un sogno, un progetto che deve essere rigoroso, tenace e di alta qualità". 

Pane, pasta, uova, pesce e carne Guida pratica per comprare il cibo

Made in Italy sotto attacco: una guida per scegliere il cibo nell'era delle etichette "mute"

di Attilio Barbieri 


Le etichette dei prodotti alimentari, quelle con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, sono per lo più reticenti. Raccontano tanto per dire nulla. Spesso nascondono informazioni che i consumatori gradirebbero conoscere. A cominciare dalla provenienza dei cibi. Ora l’attuale generazione di etichette «reticenti» si appresta a lasciare il passo a una nuova versione: le etichette mute. Dal 13 dicembre è in vigore un regolamento europeo che consente di omettere l’indicazione dello stabilimento di produzione o trasformazione. Così, se si escludono Dop e Igp, i prodotti a denominazione d’origine, tutto il resto potrà essere prodotto e confezionato all’estero, importato e messo in vendita come made in Italy. Col permesso della legge. 

Così, in base a una norma che pare studiata per agevolare i delocalizzatori, perderemo uno degli legami residui che collegano il made in Italy all’Italia: la fabbrica dove avviene l’ultima trasformazione. Può valere per tutti l’esempio della pasta: i pastai potranno produrla in qualunque parte del mondo, utilizzando – cosa che già fanno ampiamente – farina di grano duro canadese, americana o ucraina. Poi, una volta essiccati e confezionati, spaghetti, maccheroni e penne potranno essere importati in Italia a messi in vendita. E sulla confezione non ci sarà traccia di quanto accaduto: nulla sull’origine della materia prima né sullo stabilimento di trasformazione. Sarà sufficiente che sulla confezione venga indicata l’azienda responsabile delle informazioni contenute in etichetta. Che, guardacaso, avrà sede in Italia. E se finora hanno sofferto soprattutto i produttori di materie prime, allevatori e agricoltori, ora la delocalizzazione alimentare è destinata a colpire la fase della trasformazione. Nulla trattiene più le industrie dallo spostare nei Paesi a basso costo di manodopera e con una burocrazia leggera quel che resta del made in Italy. E i consumatori non lo verranno mai a sapere. Ma cosa cambierà in termini di tracciabilità e trasparenza? Riusciremo a capire la provenienza degli alimenti? Ecco una breve guida all’acquisto.

PANE. Non è prevista alcuna tracciabilità, se si eccettuano alcuni casi con accordi fra produttori agricoli locali e fornai (valga per tutti l’esempio del pane piacentino). Probabilmente sono destinate a crescere le importazioni di pani surgelati destinati alla cottura rapida in arrivo dall’Europa orientale.

SALUMI. Ad esclusione delle Dop (Denominazione di origine protetta) e delle Igp (Indicazione d’origine protetta) prosciutti, coppe, pancette e salami potrebbero arrivare da ogni parte d’Europa. I casi di salumi a filiera trasparente sono rarissimi. Occhio all’etichetta!

SOTTACETI. Non c’è alcun vincolo a dichiarare l’origine delle verdure utilizzate. Alcuni produttori lo fanno spontaneamente. Non lasciatevi trarre in inganno dalle marche di fantasia. Un caso clamoroso: i peperoncini Montalbano, che con il celebre commissario e con la Sicilia non hanno nulla a che vedere, visto che provengono dall’Indonesia.

PASTA. L’emblema della dieta tricolore potrebbe essere prodotto a migliaia di chilometri dal Belpaese. La materia prima spesso arriva da Ucraina, Canada o Stati Uniti. Fortunatamente molti brand di nome, come Voiello (Barilla), alcune catene della grande distribuzione, come Coop e Finiper, e storici marchi del settore (Granoro e Ghigi) hanno messo in commercio linee fatte a partire da materia prima nazionale.

RISO. Identico discorso della pasta: la marca italiana non è sinonimo di prodotto italiano.

SUGHI E PASSATE. Per i primi non c’è alcuna certezza sull’origine della materia prima. Le passate, invece, devono indicarla chiaramente in etichetta. Basta uno zero virgola, ad esempio di basilico, per trasformare una passata in un sugo di pomodoro e affrancarla dall’obbligo di dichiarare la provenienza. Non mancano le eccezioni che segnalano con buona evidenza l’italianità e la tracciabilità.

BURRO. Non esistono prescrizioni vincolanti. Solita regola: in assenza di indicazioni sull’origine c’è una probabilità elevata che il prodotto non sia italiano.

OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA. È una delle rare merceologie per le quali i produttori sono vincolati a indicare il Paese di provenienza delle olive o dell’olio. Purtroppo fatta la legge (italiana) è arrivato il regolamento (europeo) a limitarne gli effetti: Bruxelles ha consentito di poter scrivere la dicitura generica “olio extravergine comunitario”. Negli ultimi tre anni però anche produttori tradizionalmente poco attenti all’origine hanno messo in vendita degli extravergine a filiera trasparente. Mai dare per scontato che l’olio acquistato per decenni sia italiano: basta ruotare la bottiglia e leggere fra le scritte stampate in carattere piccolo. Lì c’è la verità.

FORMAGGI. Tolte le Dop, per il resto c’è poco da stare allegri. Quelli a pasta molle, in particolare, possono essere ottenuti con latte o cagliate (talvolta surgelate) provenienti magari dai Paesi baltici. Se si escludono le denominazioni d’origine, non esiste alcun obbligo per il produttore. Quindi dalla lettura dell’etichetta si ricava poco o nulla. Fanno eccezione alcuni stracchini che puntano sull’italianità del latte.

CARNI. Su quella bovina e sul pollo è obbligatorio indicare il Paese in cui in capo è nato ed è stato allevato - una trasparenza che dobbiamo, rispettivamente, al morbo della mucca pazza e all’aviaria. Per le carni suine, invece, non c’è certezza né obbligo alcuno. Sugli scaffali refrigerati dei supermercati, i tagli italiani sono spesso mischiati a quelli d’importazione. Un’occhiata in più all’etichetta non fa mai male.

PESCE. In teoria la filiera dovrebbe essere tracciabile. In pratica le indicazioni non consentono di identificare sempre e con facilità la zona di pesca. La stessa specie, poi, può arrivare dall’Adriatico o dall’Oceano Pacifico.

UOVA. Fortunatamente ne importiamo ancora poche, perché accade anche che per verificarne la provenienza si debba aprire la confezione.

LATTE. L’obbligo di dichiarare l’origine vale solo per quello fresco. Gli altri sono quasi sempre d’importazione.

CIOCCOLATO, GELATI, MERENDINE E BISCOTTI. Quello dei dolci è uno dei comparti merceologici meno trasparenti. Le eccezioni sono legate quasi esclusivamente a prodotti del territorio. Pure in questo caso occhio a coccarde, nastri e bandierine tricolori: possono non significare nulla.

ORTOFRUTTA. Vige l’obbligo della massima trasparenza. Anche per i prodotti sfusi a bancone c’è il vincolo di scrivere il Paese di provenienza.

SURGELATI. Hic sunt leones. Una specie di terra di nessuno. Ho incontrato spesso confezioni con richiami espliciti allo Stivale, nomi che evocano zone ben precise o marchi a forte connotazione localistica, ma che con la nostra terra non c’entrano nulla.

CODICE A BARRE. Non diceva nulla prima, ora racconta ancor meno. Finora la decodifica portava al proprietario (italiano) del marchio. Col nuovo regolamento europeo la lettura del codice “svelerà” il responsabile delle informazioni scritte sulla confezione. Meno di così…

Canone Rai, 730, riscaldamento: Ecco tutte le novità fiscali del 2015

Fisco, tutte le novità del 2015




Gli emendamenti del governo alla legge di stabilità 2015, attualmente in discussione al senato, contengono diverse novità dal punto di vista fiscale. A cominciare dai rimborsi pesanti del modello 730. I contribuenti che risultano a credito per oltre 4 mila euro, anticipa Italia Oggi, riceveranno il pagamento dall'Agenzia delle entrate entro sette mesi dal termine di presentazione della dichiarazione, quindi al massimo entro il 7 febbraio dell'anno successivo a quello di trasmissione del modello. Altra novità è quella della tax credit per chi fa pace: in pratica alle parti che corrispondono il compenso agli avvocati che portano a termine con successo la negoziazione assistita o l'arbitrato sarà riconosciuto un credito d'imposta fino a 500 euro. L'agevolazione potrà essere fruita nelle dichiarazioni presentate nel 2016, riferite ai redditi prodotti nel 2015.

Ravvedimento - Si amplia inoltre la possibilità per i contribuenti di ricorrere al ravvedimento operoso. La regolarizzazione degli errori o delle omissioni fiscali, spiega Italia Oggi, potrà avvenire anche dopo la consegna del processo verbale di constatazione da parte della Gdf, con pagamento della sanzione pari a un quinto del minimo. In ogni caso il pagamento non precluderà l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni o ulteriori controlli da parte dei verificatori. Un'altra proposta del governo potenzia la persuasività delle informazioni preventive che l'Agenzia delle entrate comunicherà ai contribuenti, con l'obiettivo di spingere questi ultimi ad aumentare la base imponibile dichiarata. Le informazioni saranno trasmesse contestualmente anche alla Gdf.

Stangata retroattiva - Nella legge di stabilità 2015 viene confermata la stangata retroattiva su fondazioni e trust. A far data dal periodo d'imposta 2014 la quota esente dei dividendi percepiti scenderà dall'attuale 95 al 22,26%, allineandosi così al livello di prelievo vigente per le persone fisiche. Tuttavia, per il solo 2014 arriverà un credito d'imposta commisurato all'aggravio subito dai soggetti passivi, fruibile in tre anni. L'agevolazione costerà all'erario 255 milioni di euro totali tra il 2016 e il 2018. E ancora: A partire dal 2015 sarà alleggerita alleggerita la normativa sulle società controllate estere. In pratica viene innalzata dal 30 al 50% la soglia minima di "distanza" dal livello di tassazione italiana richiesta per far scattare la tassazione escludendo di fatto le controllate estere localizzate in paesi a fiscalità privilegiata meno "aggressiva".

Canone e pellet - Le novità fiscali del 2015 riguardano anche il canone Rai, che resterà fissato a 113.50 euro. Subirà invece un aumento l'aliquota Iva applicabile alle cessioni di pellet di legno salirà dall'attuale 10 al 22%: il governo stima che in questo modo entreranno nelle casse dello Stato 96 milioni di euro all'anno.

Sport - Un capitolo è dedicato allo sport: viene innalzato da 516 a 1000 euro il limite entro il quale le associazioni sportive dilettantiche possono eseguire e accettare pagamenti in contanti. E poi: alle società di Lega Pro che mettono sotto contratto giovani calciatori tra i 14 e i 19 anni viene ricnosciuto uno sgravio contributivo fino a 5.165 euro l'anno, nonché un credito d'imposta pari al 50% del reddito corrisposto. Un altro emendamento prevede l'estensione dell'Iva agevolata al 10% per i pernottamenti in barca nei porti turistici anche per tutto il 2015. Senza proroga la misura sarebbe in scadenza a fine anno, con il ripristino dell'aliquota ordinaria del 22%.

Il sondaggio di Mentana: Renzi e il Pd in caduta libera

Il sondaggio di Mentana: il Pd scende, la Lega primo partito del centrodestra




L'effetto Renzi è già finito. Nemmeno un anno di governo e il premier comincia già subire i colpi dell'elettorato che boccia il suo programma e soprattutto le mancate promesse sulla riduzione della pressione fiscale. Così il premier paga un conto salato nei sondaggi. Il Pd infatti viene dato in costante calo da tutti gli istituti di sondaggi. Di fatto quel 40 per cento delle europee è un ricordo sbiadito. I dem ora, piegati anche dai dissidi interni e dallo scandalo di Mafia Cpaitale, scendono al 36,1 per cento come raccontato i dati del sondaggio Emg per Tg La7. Il Pd ha perso in sette giorni lo 0,6 per cento. Anche Sel di Nichi Vendola perde qualcosa per strada e scende al 3,5 per cento. 

Boom della Lega - Se Renzi piange, Matteo Salvini esulta. La Lega Nord è al 14,4 per cento e si attesta come primo partito del centrodestra. Dietro c'è Forza Italia con il 14,1 per cento. Stabile Ncd al 3,7 per cento. Cresce invece Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni che si piazza al 3,2 per cento, guadagnando lo 0,2 per cento in sette giorni. Torna a crescere invece il Movimento Cinque Stelle che guadagna un punto percentuale sulla scorsa settimana e va al 20 per cento.