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lunedì 17 novembre 2014

Saviano scaricato da toghe e amici ora va dalla De Filippi...

Roberto Saviano ospite di Maria De Filippi ad Amici




Roberto Saviano "molla" Fabio Fazio e sbarca da Maria De Filippi ad Amici. Ad annunciare l'arrivo dello scrittore al talent show è la stessa De Filippi in un'intervista a Repubblica.  "Roberto - spiega la conduttrice televisiva - ci farà entrare nel mondo degli artisti che hanno vissuto di talento, anche se non gli è stato riconosciuto". Poi la De Filippi mette alcuni "paletti" alla partecipazione dell'autore di Gomorra al programma: "Non deve parlare di mafia. E' la prima cosa che gli ho detto. Non voglio sentir parlare di mafia e camorra. Dopo l'attentato del '93 a Maurizio (Costanzo, ndr) ho cancellato dalla mia vita questi argomenti. Ho parlato della bomba per mesi, ho vissuto nella paura, siamo vivi per miracolo. Ho detto a Mauri: "Se pronunci ancora la parola mafia ti lascio, me ne vado". 

"Non parlerà di mafia e camorra" - E a quanto pare Saviano ha già accettato il patto con Maria: "Anche lui è d'accordo, non è solo quello. Ha una grande passione per la musica, legge libri, gli piace parlare d'altro. È curioso, sa tutto del web, dei social. Penso che sia in cerca di normalità, di vita e libertà. Vede, io la bomba l'ho sentita, so cosa si prova. Roberto vive sotto scorta perché è minacciato, ma è come se quella bomba l'avesse ricevuta anche lui". 

Cosa farà - Infine la De Filippi sempre a Repubblica chiarisce quale sarà il ruolo di Saviano nel talent show: "Una visione larga delle cose, per uscire dall'ossessione del "devo vincere" che Amici ha, essendo una competizione. E infatti l'idea è quella di farlo parlare col ragazzino eliminato. Quando vedo gli altri talent e sento le frasi dei giudici: "Sei così bravo, vedrai che fuori di qua avrai una carriera", mi arrabbio. Se era così bravo perché non l'hai tenuto? Roberto saprebbe spiegare che il talento resta un valore, e anche se nella vita farai altro, quell'anno di scuola la porterai con te". Il debutto è previsto per marzo. 

La domanda di Pansa a Renzi: scusa, ma che cos'hai da ridere?

Pansa: Renzi ridens sta giocando col fuoco

di Giampaolo Pansa 


Come tutti gli esseri umani, anche l’ingegner Carlo De Benedetti non sempre le azzecca. Ma in molti casi mostra di avere una singolare capacità di sintesi, soprattutto quando descrive un personaggio o una situazione che conosce a fondo. Nell’intervista al Corriere della Sera, raccolta da Aldo Cazzullo e pubblicata venerdì 14 novembre, CdB ha dipinto così l’antico avversario: «Berlusconi è innamorato di Renzi e disgustato dal suo partito. Per questo ha stretto il Patto del Nazareno» che lo lega al premier.

È davvero così? Sull’incantamento di Silvio per Matteo non esistono dubbi. Ne è convinto Luigi Amicone, direttore di Tempi, il settimanale ritenuto il braccio combattente di Comunione e liberazione. Il 30 ottobre è uscito con una copertina che ha lasciato molti a bocca aperta. Su uno sfondo rosso, dominato dalla sigla PD, si vedeva Berlusconi in una tenuta insolita: a braccia conserte e in maniche di camicia, la stessa camicia bianca con il colletto sbottonato, che è diventata la divisa di Renzi.

Il titolo era irridente: “Dissolto nel renzismo”. E Amicone scriveva: «Il presidente è sinceramente infatuato di Matteo. Per lui è come un figlio. Il delfino che ha sognato e non ha trovato in Forza Italia. Per ora i berlusconiani soffrono in silenzio». E il Bestiario si chiede se sia normale che un leader politico al tramonto, per di più vicino agli ottanta, prenda una sbandata per un pischello che ne ha quaranta meno di lui. 

Attenzione: non stiamo parlando di sbandate in senso fisico o amoroso. Qui siamo di fronte a un sentimento quasi fatale. Dove s’intrecciano umori diversi. Il rimpianto per non essere più l’uomo invincibile di un tempo. Il terrore per la fine che si avvicina. Lo scoramento nel vedere che il ragazzetto destinato a mandarlo al tappeto non è cresciuto nella sua casa, ma altrove.

È possibile che l'infatuazione del Cavaliere per il giovane Matteo nasca anche dal «disgusto» per il proprio partito? Purtroppo sì. Gli elettori di Forza Italia esistono ancora e non credo siano pochi. È Forza Italia che non esiste più. Ogni giorno vediamo sfilare in tivù signore e signori presentati come dirigenti di quel partito. Di solito hanno l’aria dei naufraghi privi di scialuppa. E soprattutto mostrano l’aria spaventata dei vassalli rimasti senza terra né castello.

Tra loro ben pochi mostrano ancora la voglia di combattere. Per esempio, Renato Brunetta, leone in gabbia in cerca di futuro. Oppure il pugliese Raffaele Fitto che pare stia allestendo un partito forzista parallelo, destinato a soppiantare la vecchia parrocchia. Ma se allarghiamo lo sguardo all'intero centrodestra, sembra di assistere a un film catastrofico che narra gli ultimi giorni della Terra invasa dagli alieni. Soltanto il leghista Matteo Salvini sta tentando di costruire un avvenire per se stesso e per gli elettori che spera di strappare un po’ qui e un po’ là.

Di fronte a questo cimitero politico, è inevitabile che Berlusconi abbia un interesse che sovrasta tutti gli altri: gli affari, i soldi. Non dimentichiamo che il Cav è sempre il monarca di un impero economico gestito dai figli Marina e Pier Silvio. L’impero si trova alle prese con un passaggio cruciale: il distacco dalla casa madre della pay tv, la Mediaset Premium, che diventerebbe una società per azioni, aperta a nuovi soci industriali. Uno di loro potrebbe essere Telecom.  

Come succede anche nel privato dei comuni mortali, il cuore e i denari possono convivere. C’è chi sostiene che il legame affettuoso che unisce il Cav a Renzi sia dettato dall'interesse di padron Silvio a non imbattersi in qualche trappola costruita dal premier per impedire o rendere più difficile l’operazione Mediaset Premium. Ma in questa fase rovente che vede il governo alle prese con un mare di problemi, al Fiorentino non conviene inventarsi altri avversari. Gli bastano quelli che invadono le piazze: la Fiom, la Cgil, i Cobas, gli antagonisti, la rabbia di chi vive nei quartieri popolari alle prese con truppe di clandestini arroganti e senza rispetto per nessuno.

È un pessimo autunno per Matteo I, il sovrano di un’Italia sopraffatta da alluvioni, fiumi che esondano, laghi che invadono posti un tempo da sogno. Per non parlare della crisi economica, ormai diventata anche crisi sociale. Eppure il nostro premier sta rivelando di essere l’Uomo che ride. È sconcertante vederlo sempre di ottimo umore, sghignazzante, ridanciano. Qualche sera fa, un tigì l’ha mostrato mentre concionava con un manipolo di fedelissimi. C’era Giorgio Lotti, la sua spalla. Poi un altro sottosegretario, Davide Faraone. Tutti allegri come Pasque, quasi che l’Italia fosse il paese di Bengodi.  

Renzi mi ricorda un personaggio del libro “Cuore” di De Amicis: Franti, il ragazzo che rideva anche di fronte a un malato o a un lutto. E mi domando che cosa saremo obbligati a vedere il giorno che il premier sarà riuscito a dar corpo al progetto di costruire il Partito della Nazione, unico e senza concorrenti. Ma qui stiamo evocando il passaggio più delicato del percorso governativo renzista. Quello diretto a trasformare il sistema politico italiano da un assetto con tanti partiti a un regime che ne vedrà uno solo.

L’esperienza del passato ci rammenta che le grandi svolte storiche prendono forma a poco a poco, dapprima sotterranee, invisibili, non avvertite. Per emergere di colpo alla luce del sole, quando niente e nessuno è in grado di impedirle. A quel punto saremmo di fronte a un rischio, o a un mostro, che non può essere scongiurato o sconfitto.

È questo il disegno di Renzi? Nessuno è in grado di smentirlo. Tuttavia il cerchio magico di Berlusconi si affanna a dare un ritratto imprevisto del premier. L’ha descritto sulla Stampa di venerdì un giornalista tra i più seri, Ugo Magri. Dopo l’ennesimo incontro per discutere della nuova legge elettorale, il Cavaliere ha confidato ai suoi di non aver mai trovato Renzi così malmesso. Affaticato. Un po’ triste. Carico di preoccupazioni. Visibilmente sotto stress. Per farla breve, un ciclista che arranca in salita. «L’istinto di sorreggerlo, di passargli una boraccia, di dargli una mano, ha spinto il Cavaliere a orientare immediatamente il colloquio su un piano di reciproca solidarietà».

Se è davvero così, siamo di fronte a un altro dei tanti enigmi che rendono la politica italiana un labirinto dove la doppiezza trionfa. E nulla appare come è in realtà. Il vero diventa falso. E il falso diventa vero. Il premier che ride è soltanto la maschera che nasconde le angosce di un capo di governo sopraffatto da un’infinità di problemi impossibili da risolvere? 

A questo punto, sferzare i gufi, i rosiconi, i burocrati europei, come è abituato a fare Renzi, mostrare di essere un super bullo in camicia bianca, proclamare il dovere dell’ottimismo, garantire che l’Italia è la nazione che dimostrerà di essere la più forte, è soltanto un trucco rischioso. Prima o poi, si dissolverà come nebbia al sole. Sta già accadendo. Basta osservare quel che avviene in molte piazze italiane.  

Qui la violenza, il fanatismo, il gioco crudele di sfasciare quel poco di pace sociale che ancora resiste, ci mettono di fronte a una tragica parodia della guerra civile. Quella vera l’ho vista più volte, dapprima da ragazzino tra il 1943 e il 1945, poi da giovane cronista al tempo del terrorismo brigatista. E provo una grande paura di vederla una terza volta, senza l’energia dell’età verde.

Il Partito democratico crolla di 5 punti, Salvini supera il 10 per cento. E Silvio...

Pd crolla di 5 punti, Salvini supera il 10 per cento




Cala il Pd di Matteo Renzi, cresce, seppur di poco Forza Italia, guadagna punti la Lega. Rivela il sondaggio Demos riportato da Repubblica, che il Partito democratico non ha mai vissuto un momento tanto negativo, mai il premier si era visto così in difficoltà.

Premier - La fiducia nel governo scende al 43%, 13 punti in meno in un mese e cala di dieci punti il gradimento personale del presidente del Consiglio che comunque resta primo nella classifica delle preferenze degli elettori. Dopo di lui, l'altro Matteo, Salvini. Poi distanziati, Maurizio Landini, segretario della Fiom, figura di riferimento della sinistra radicale. E Giorgia Meloni, leader dei Fratelli d'Italia.

Partiti - Il Pd perde consensi, passando dal 41% al 36 (comunque meglio che nel 2008 quando alle politiche prese il 33%). Forza Italia recupera un punto rispetto al mese scorso ma resta sotto rispetto alle ultime europee (dal 16,8 per cento al 16,2). Il Movimento 5 Stelle scende dal 21,2 per cento al 19,8, sostanzialmente stabile rispetto a ottobre, mentre guadagna consensi la Lega Nord. Il partito guidato da Matteo Salvini infatti era al 6,2 per cento alle europee, il mese scorso era all'8,8 e oggi è al 10,8 per cento. Una vera scalata.

Una papera di Buffon frega l'Italia Con la Croazia a San Siro è solo 1-1

Qualificazioni Euro 2016: Italia-Croazia 1-1




Candreva salva l'Italia di Antonio Conte. A San Siro contro la Croazia finisce il 1-1 il match valido per le qualificazioni ad Euro 2016. La partita per gli azzurri si mette subito in discesa con un gol di Candreva già all'11 minuto del primo tempo. Il centrocampista tira da fuori area dopo una respinta della difesa croata, non può nulla Subasic.Il centrocampista tira da fuori area dopo una respinta della difesa croata, non può nulla Subasic. Poi al 15' destro di Perisic appena entrato all’interno dell’area, il pallone passa sotto le braccia di Buffon e si insacca in rete. Al 33' ci prova Immobile. Cross di Candreva dalla destra, Immobile arriva a colpire ma disturbato da Srna manda sul fondo. In apertura di ripresa gli azzurri cominciano a spingere. Al '47 Zaza parte palla al piede dal centrocampo e tira da fuori, blocca a terra Subasic.Zaza parte palla al piede dal centrocampo e tira da fuori, blocca a terra Subasic. A questo punto la partita si addormenta. E al 70' viene sospesa per cinque minuti a causa dei fumogeni in campo. Al 77' riprende il gioco ed è ancora Italia. Destro pericoloso di El Shaarawy, Srna riesce a respingere in scivolata. Ma all'87' la squadra di Conte rischia grosso. L 'Italia è scoperta sulla destra, Perisic arriva al tiro e manda di un soffio a lato. Finisce 1-1. L'Italia resta in testa al suo girone. 

Pensioni, stop per l'uscita anticipata Nuove norme: ecco chi rischia

Pensioni: scade il termine per l'uscita anticipata per le donne




Ultima chiamata per le donne di pendenti che vogliono andare in pensione in anticipo. Tra pochi giorni infatti scade l'"opzione contributivo" con cui le donne possono lasciare il lavoro in anticipo accettando però un assegno più basso. L'opzione potranno sfruttarla le lavoratrici del settore privato che maturano i requisiti richiesti entro il mese di novembre, e quelle del pubblico che ce la fanno entro dicembre. Dopo questa finestra, come racconta ilMessaggero, le porte si chiuderanno e sarà inevitabile restare al lavoro fino a cinque-sei anni in più. Questo canale di uscita, introdotto dalla riforma Maroni-Tremonti del 2004, ha acquistato sempre più importanza dopo la legge Fornero che spostando in avanti di parecchio il traguardo della pensione, ha reso tutto sommato conveniente per molte accettare il sacrificio economico. Secondo le stime dell'Inps saranno 12 mila circa le donne che useranno la via d'uscita anticipata. n una sua circolare, l’Inps ha interpretato la questione specificando che il termine del 31 dicembre 2015 va riferito al momento dell’uscita effettiva e non a quello del conseguimento del diritto. 

I requisiti per le donne - Ecco perché il tempo è già scaduto per le lavoratrici autonome e si avvia a scadere per le dipendenti: quelle del privato per poter andare in pensione entro il primo dicembre 2015 (ultima data utile) devono maturare i requisiti entro novembre, mentre le pubbliche, che per le vecchie regole Inpdap hanno la possibilità di uscire in qualsiasi giorno del mese, potranno arrivare anche al 30 dicembre, un anno prima dell’ultimo giorno del 2015. 

Gli uomini - L'opzione contributivo doveva essere estesa anche agli uomini soprattutto nel settore della pubblica amministrazione. Ma alla fine il governo ha fatto marcia indietro. Dal primo gennaio quindi si applicheranno solo i requisiti generali che permettono la pensione di vecchiaia con 63 anni e 9 mesi di età (66 e 3 mesi nel pubblico) e quella anticipata con 41 anni e 6 mesi di contributi.

Wall Street farà fuori l'euro: a Natale l'assalto della finanza

Wall Street, l'attacco finale all'euro: il piano di Natale

di Carlo Cambi 


«Gli stress test sono una porcata: tutto finto». La confidenza-confessione, complice un ottimo Brunello di Montalcino, è di uno che conta molto nel board di controllo dei cosiddetti protocolli di Basilea arrivato a Siena per sbirciare i conti di Mps. Se metteranno - e le metteranno - le mani nei vostri conti correnti sapete chi ringraziare: la finanza americana. Non è, peraltro, un mistero che a Wall Street temono la nascita di una vera unione bancaria europea. Se ci fosse la Bce potrebbe governare direttamente le ristrutturazioni bancarie ma soprattutto si spezzerebbe il legame incestuoso tra debito degli Stati e sistema bancario che è la vera ragione della stagnazione perdurante nell’Eurozona, ma che è anche la riserva di caccia dei Fondi speculativi.

Sull’unione bancaria Mario Draghi si è molto speso, ma poco ha incassato. E - secondo il nostro interlocutore - la finanza americana che lo tiene al guinzaglio gli ha consigliato di stare buono perché sta per lanciare l’offensiva bis contro l’euro. La prova regina non c’è, ma se Soros scommette un miliardo di euro sul ribasso dell’indice di Milano, se Carl Icahn veterano di Wall Street mette nel mirino i fondi obbligazionari italiani qualcosa che si muove di certo c’è. La «porcata» sta nel fatto che negli stress test il peso dei derivati e in particolare dei Cds (credit default swap) è assai ridotto rispetto alla valutazione dei cosiddetti incagli (crediti in sofferenza o inesigibili) per cui paradossalmente le banche commerciali sono penalizzate rispetto alle banche finanziarie. Con un’aggiunta di non poco conto che ha salvato le Landsbank tedesche (i cui bilanci continuano a non tornare, ma non si può dire). Negli stress test sono stati pesati diversamente i titoli di Stato. Mentre le banche tedesche li valutano a scadenza, le banche italiane li detengono al prezzo corrente. Nel caso delle banche tedesche i titoli vanno a patrimonio migliorando il rapporto ricchezza posseduta/credito concesso, per le banche italiane il rischio Paese viene calcolato come una perdita.

Perché accade? Stando a questo nostro interlocutore lo scenario è semplice e leggibilissimo. Basta considerare come Usa e Cina stiano in questi ultimi mesi tubando. La ragione starebbe in uno studio non troppo segreto che circola nei piani altissimi della finanza secondo il quale l’euro è ingombrante nell’ordine mondiale. E si sta per scatenare l’offensiva bis. A Wall Street aspettano solo il momento buono. La Germania lo sa e non si fida di Mario Draghi convinta che il capo della Bce voglia drenare ricchezza dagli Stati forti europei per poi sancire la fine della moneta unica e offrire un piatto ancora più ricco ai suoi referenti d’oltreoceano (in intesa con i cinesi). La posizione tedesca quindi è: il debito europeo non si potrà mai mettere in comune. E la Germania sta cercando di indurci a costruire trincee. Insomma il rigorismo tedesco ci darebbe una mano. L’ordine sarebbe: diventate più poveri, ma salvatevi altrimenti sarà la vostra fine e la fine dell’euro. Non a caso i tedeschi sono già pronti a riadottare il Marco anche se sarebbero costretti a una rivalutazione che penalizzerebbe il loro export proprio nel momento in cui anche la loro economia si sta incagliando.

Questo è il momento in cui la finanza americana sta decidendo di lanciare l’offensiva. Ma prima ha bisogno di preparare il terreno. Gli stress test sarebbero serviti a costringere le banche a drenare quanta più ricchezza possibile per essere prede più grasse. Gli italiani e le imprese italiane sono pesci di un acquario e il denaro, la liquidità, è la loro acqua. Peccato che a questo acquario siano applicate due idrovore: il fisco e il sistema bancario che continuamente lo svuotano. Mario Draghi avrebbe il compito di versare acqua europea in questa vasca e al contempo di far girare al massimo (attraverso gli stress test) la pompa bancaria per risucchiarla mentre la richiesta di maggiori entrate fiscali servirebbe da aggregatore della ricchezza privata in modo da apparecchiare per i «grassi gatti» della finanza un buon piatto di pesce italiano morto per asfissia. Il pranzo dovrebbe essere servito tra Natale e Capodanno. È quello il momento in cui si scatenerà la nuova offensiva contro l’Italia con lo scopo da una parte di mettere le mani sullo stock di ricchezza privata degli italiani (la più alta del mondo) e in questa direzione vanno i continui inviti a mettere le patrimoniali e la misura di salvaguardia secondo la quale se le banche falliscono pagano i correntisti, e dall’altra di azzerare l’euro.

domenica 16 novembre 2014

RIVOLUZIONE GIUSTIZIA Niente carcere per furti e truffe

Riforma giustizia: archiviazione per i piccoli reati




Niente carcere per chi ruba. La riforma della Giustizia che sta per prendere forma ha diverse novità che mettono al riparo dalla detenzione chi commette piccoli furti. Per velocizzare la giustizia, come racconta il Messaggero, è in arrivo un decreto legislativo che stabilirà "l'improcedibilità per tenuità" del danno arrecato. Insomma chi ruberà qualcosa ad esempio in un supermercato potrebbe cavarsela con una semplice archiviazione. I reati "bagatellari" in Italia, finora, vanno sempre e comunque perseguiti in ossequio al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Ma probabilmente a partire dal 2015, non sarà più così. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha trasmesso a Palazzo Chigi il testo di un decreto legislativo delegato che introduce nel codice la "non punibilità per particolare tenuità del fatto".

Cosa cambia - La bozza del provvedimento prevede che "nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale".

Reati archiviati - Tradotto che truffe o furti semplici, oppure lievi forme di abuso d'ufficio o di peculato d'uso potranno esser chiusi subito, senza alcun processo. Ovviamente ad essere penalizzati dalla riforma saranno le parti lese che dovranno poi far valere le proprie ragioni in sede civile. In ogni caso, il decreto Orlando prevede che la vittima, entro dieci giorni, possa prendere visione degli atti e presentare opposizione alla richiesta di archiviazione del pm. Ma l'ultima parola spetterà sempre al giudice.