Pansa: Renzi ridens sta giocando col fuoco
di Giampaolo Pansa
Come tutti gli esseri umani, anche l’ingegner Carlo De Benedetti non sempre le azzecca. Ma in molti casi mostra di avere una singolare capacità di sintesi, soprattutto quando descrive un personaggio o una situazione che conosce a fondo. Nell’intervista al Corriere della Sera, raccolta da Aldo Cazzullo e pubblicata venerdì 14 novembre, CdB ha dipinto così l’antico avversario: «Berlusconi è innamorato di Renzi e disgustato dal suo partito. Per questo ha stretto il Patto del Nazareno» che lo lega al premier.
È davvero così? Sull’incantamento di Silvio per Matteo non esistono dubbi. Ne è convinto Luigi Amicone, direttore di Tempi, il settimanale ritenuto il braccio combattente di Comunione e liberazione. Il 30 ottobre è uscito con una copertina che ha lasciato molti a bocca aperta. Su uno sfondo rosso, dominato dalla sigla PD, si vedeva Berlusconi in una tenuta insolita: a braccia conserte e in maniche di camicia, la stessa camicia bianca con il colletto sbottonato, che è diventata la divisa di Renzi.
Il titolo era irridente: “Dissolto nel renzismo”. E Amicone scriveva: «Il presidente è sinceramente infatuato di Matteo. Per lui è come un figlio. Il delfino che ha sognato e non ha trovato in Forza Italia. Per ora i berlusconiani soffrono in silenzio». E il Bestiario si chiede se sia normale che un leader politico al tramonto, per di più vicino agli ottanta, prenda una sbandata per un pischello che ne ha quaranta meno di lui.
Attenzione: non stiamo parlando di sbandate in senso fisico o amoroso. Qui siamo di fronte a un sentimento quasi fatale. Dove s’intrecciano umori diversi. Il rimpianto per non essere più l’uomo invincibile di un tempo. Il terrore per la fine che si avvicina. Lo scoramento nel vedere che il ragazzetto destinato a mandarlo al tappeto non è cresciuto nella sua casa, ma altrove.
È possibile che l'infatuazione del Cavaliere per il giovane Matteo nasca anche dal «disgusto» per il proprio partito? Purtroppo sì. Gli elettori di Forza Italia esistono ancora e non credo siano pochi. È Forza Italia che non esiste più. Ogni giorno vediamo sfilare in tivù signore e signori presentati come dirigenti di quel partito. Di solito hanno l’aria dei naufraghi privi di scialuppa. E soprattutto mostrano l’aria spaventata dei vassalli rimasti senza terra né castello.
Tra loro ben pochi mostrano ancora la voglia di combattere. Per esempio, Renato Brunetta, leone in gabbia in cerca di futuro. Oppure il pugliese Raffaele Fitto che pare stia allestendo un partito forzista parallelo, destinato a soppiantare la vecchia parrocchia. Ma se allarghiamo lo sguardo all'intero centrodestra, sembra di assistere a un film catastrofico che narra gli ultimi giorni della Terra invasa dagli alieni. Soltanto il leghista Matteo Salvini sta tentando di costruire un avvenire per se stesso e per gli elettori che spera di strappare un po’ qui e un po’ là.
Di fronte a questo cimitero politico, è inevitabile che Berlusconi abbia un interesse che sovrasta tutti gli altri: gli affari, i soldi. Non dimentichiamo che il Cav è sempre il monarca di un impero economico gestito dai figli Marina e Pier Silvio. L’impero si trova alle prese con un passaggio cruciale: il distacco dalla casa madre della pay tv, la Mediaset Premium, che diventerebbe una società per azioni, aperta a nuovi soci industriali. Uno di loro potrebbe essere Telecom.
Come succede anche nel privato dei comuni mortali, il cuore e i denari possono convivere. C’è chi sostiene che il legame affettuoso che unisce il Cav a Renzi sia dettato dall'interesse di padron Silvio a non imbattersi in qualche trappola costruita dal premier per impedire o rendere più difficile l’operazione Mediaset Premium. Ma in questa fase rovente che vede il governo alle prese con un mare di problemi, al Fiorentino non conviene inventarsi altri avversari. Gli bastano quelli che invadono le piazze: la Fiom, la Cgil, i Cobas, gli antagonisti, la rabbia di chi vive nei quartieri popolari alle prese con truppe di clandestini arroganti e senza rispetto per nessuno.
È un pessimo autunno per Matteo I, il sovrano di un’Italia sopraffatta da alluvioni, fiumi che esondano, laghi che invadono posti un tempo da sogno. Per non parlare della crisi economica, ormai diventata anche crisi sociale. Eppure il nostro premier sta rivelando di essere l’Uomo che ride. È sconcertante vederlo sempre di ottimo umore, sghignazzante, ridanciano. Qualche sera fa, un tigì l’ha mostrato mentre concionava con un manipolo di fedelissimi. C’era Giorgio Lotti, la sua spalla. Poi un altro sottosegretario, Davide Faraone. Tutti allegri come Pasque, quasi che l’Italia fosse il paese di Bengodi.
Renzi mi ricorda un personaggio del libro “Cuore” di De Amicis: Franti, il ragazzo che rideva anche di fronte a un malato o a un lutto. E mi domando che cosa saremo obbligati a vedere il giorno che il premier sarà riuscito a dar corpo al progetto di costruire il Partito della Nazione, unico e senza concorrenti. Ma qui stiamo evocando il passaggio più delicato del percorso governativo renzista. Quello diretto a trasformare il sistema politico italiano da un assetto con tanti partiti a un regime che ne vedrà uno solo.
L’esperienza del passato ci rammenta che le grandi svolte storiche prendono forma a poco a poco, dapprima sotterranee, invisibili, non avvertite. Per emergere di colpo alla luce del sole, quando niente e nessuno è in grado di impedirle. A quel punto saremmo di fronte a un rischio, o a un mostro, che non può essere scongiurato o sconfitto.
È questo il disegno di Renzi? Nessuno è in grado di smentirlo. Tuttavia il cerchio magico di Berlusconi si affanna a dare un ritratto imprevisto del premier. L’ha descritto sulla Stampa di venerdì un giornalista tra i più seri, Ugo Magri. Dopo l’ennesimo incontro per discutere della nuova legge elettorale, il Cavaliere ha confidato ai suoi di non aver mai trovato Renzi così malmesso. Affaticato. Un po’ triste. Carico di preoccupazioni. Visibilmente sotto stress. Per farla breve, un ciclista che arranca in salita. «L’istinto di sorreggerlo, di passargli una boraccia, di dargli una mano, ha spinto il Cavaliere a orientare immediatamente il colloquio su un piano di reciproca solidarietà».
Se è davvero così, siamo di fronte a un altro dei tanti enigmi che rendono la politica italiana un labirinto dove la doppiezza trionfa. E nulla appare come è in realtà. Il vero diventa falso. E il falso diventa vero. Il premier che ride è soltanto la maschera che nasconde le angosce di un capo di governo sopraffatto da un’infinità di problemi impossibili da risolvere?
A questo punto, sferzare i gufi, i rosiconi, i burocrati europei, come è abituato a fare Renzi, mostrare di essere un super bullo in camicia bianca, proclamare il dovere dell’ottimismo, garantire che l’Italia è la nazione che dimostrerà di essere la più forte, è soltanto un trucco rischioso. Prima o poi, si dissolverà come nebbia al sole. Sta già accadendo. Basta osservare quel che avviene in molte piazze italiane.
Qui la violenza, il fanatismo, il gioco crudele di sfasciare quel poco di pace sociale che ancora resiste, ci mettono di fronte a una tragica parodia della guerra civile. Quella vera l’ho vista più volte, dapprima da ragazzino tra il 1943 e il 1945, poi da giovane cronista al tempo del terrorismo brigatista. E provo una grande paura di vederla una terza volta, senza l’energia dell’età verde.