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venerdì 14 novembre 2014

Faccia a faccia con l'aggressore Salvini umilia l'esagitato di Bologna

Matteo Salvini all'antagonista che lo ha aggredito: "Vai a spalare il fango"





Balbetta, non riesce a parlare. Prova a ribattere, ma non ce la fa. Sembra un ragazzino che subisce la strigliata del papà, ma lui, Loris Narda è quello che al campo rom di Bologna ha sfasciato la macchina di Matteo Salvini. E allora non sembrava tanto intimorito. Invece adesso eccolo qua, senza parole, zittito davanti al leader della Lega Nord. I due hanno avuto un incontro ravvicinato durante la puntata di Matrix andata in onda ieri sera, giovedì 13 novembre, su Canale 5. In studio c'è Salvini, in collegamento dall'Università di Bologna il no global che ha assalito la sua auto.

Disorientamento - Incalzato dal leader del Carroccio che lo attacca: "Vai a tirare su il fango dagli alluvionati!" e ancora: "Ma cosa ti hanno detto i tuoi genitori? Bravo?. Perché se mio figlio da grande va a spaccare le auto, io lo prendo a sberle!". Ma il giovane antagonista sembra non trovare le parole. La faccia è disorientata. Prova a rispondere: "Sono stato investito, ti denuncio per tentato omicidio". Matteo lo incalza, e lui: "Ma io non ho sfasciato la macchina...". Poi un po' di populismo: "E' vent'anni che siete lì".

Socialmente utili - Figuraccia. "Spero vengano condannati a lavori sociali", conclude Salvini. "Spero vadano a curare gli anziani, a sistemare qualche giardinetto, a spalare il fango. Così magari capiscono che è meglio fare qualcosa di utile per la società".

Dopo il Porcellum...il Porcellum: nuovo Parlamento, metà sono "nominati"

Legge elettorale: metà del Parlamento sarà fatto di "nominati"




Da un parlamento di nominati, quello eletto con il "Porcellum" a un Parlamento di "mezzi nominati". E' questo lo scenario post-voto se si andasse alle urne col sistema che a spanne è stato definito ieri, mercoledì 12 novembre, dopo l'ultimo incontro tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, che prevede un premio di maggioranza alla lista che raggiunge il 40% e elezione automatica dei capilista in 100 collegi. A ricostruirlo, partendo dai consensi raccolti dai partiti secondo i più recenti sondaggi, è il sito di news huffingtonpost.it.

I calcoli - Partendo da uno scenario con il Pd al 40 per cento, M5S al 20 per cento, Forza Italia al 15 per cento, la Lega all’8 per cento, Fdi e Ncd al 3 per cento e la sinistra al 5 per cento, la situazione è tale per cui il partito di Matteo Renzi avrà 100 parlamentari scelti con le liste bloccate cui si aggiungono 240 eletti con le preferenze. L'M5S avrà 100 “bloccati” più 2 eletti con le preferenze, Forza Italia avrà 78 bloccati e la Lega ne otterrà 42 , FdI e Ncd avranno rispettivamente 15 parlamentari eletti perché scelti dal partito e non dai cittadini . La Sinistra, se si attesta sul 5 per cento, avrà 25 bloccati. La somma porta ad un totale di 375 parlamentari scelti dai partiti, pari al 60,8 per cento e 242 scelti con le preferenze e pari al 39,2 per cento. È chiaro che molto dipenderà da come verranno disegnati i collegi. Ma appare comunque più che fondata l'ipotesi che oltre metà del nuovo Parlamento sfugga ancora alla scelta degli elettori.

Renzi si arrende a minoranza e sindacati: Jobs Act, niente fiducia. Torna l'art. 18

Jobs Act, Matteo Renzi cede alla minoranza Pd: "Articolo 18, il testo cambierà". Furia Ncd: "Coalizione a rischio"





Raggiunto l'accordo in casa Pd sulla votazione alla Camera del Jobs Act: per il disegno di legge, approvato in Senato, a Montecitorio il Partito Democratico non chiederà la fiducia, come conferma Roberto Speranza, al termine di un incontro in Commissione Lavoro dove si sta discutendo il provvedimento. Ma non è tutto. Il capogruppo del Pd alla Camera ha annunciato: "Abbiamo deciso di fare modifiche rilevanti. Non ci sarà la fiducia sul testo uscito dal Senato ma ci sarà un lavoro in commissione. Si riprenderà l’ordine del giorno approvato in Direzione".

Articolo 18 - Matteo Renzi, dunque, in questo modo cala le braghe e cede alle richieste della minoranza del partito e dei sindacati. Infatti, in Commissione si annunciano novità sull'articolo 18. Nel dettaglio potrebbe essere reintrodotto il diritto al reintegro per i licenziamenti discriminatori e per quelli ingiustificati di natura disciplinare. "C’è un accordo larghissimo", ha spiegato il presidente Pd Matteo Orfini, "Si stanno definendo i dettagli, ma il punto politico è l'articolo 18".

Fassina e la minoranza - Un compromesso faticoso trovato in casa dem, la cui sintesi sta nelle parole di uno dei leader della minoranza Stefano Fassina, che ha spiegato: "Non voterò la fiducia su una delega in bianco. Noi non vogliamo rallentare le riforme, però vogliamo migliorarle". Le stesse parole arrivano da Speranza, che concorda: "Non ci sarà fiducia sul testo della delega lavoro approvata dal Senato, si lavorerà in commissione per alcune modifiche e poi si voterà".

Parla Ncd - "Jobs act troppo importante: calendarizzare subito! Ma spieghiamo a Speranza che Parlamento non è luogo ratifica direzione Pd". Così invece Nunzia De Girolamo, capogruppo di Ncd alla Camera, che su Twitter ha commentato la fretta del Pd nel voler portare in aula alla Camera al più presto la delega al Lavoro. Al momento è in corso la riunione della conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Durissimo, poi, Maurizio Sacconi, il senatore Ncd. "Se il testo è quello descritto dalle agenzie - spiega - non è accettabile". Quindi Sacconi aggiunge: "Ribadisco urgente riunione di maggioranza. Altrimenti - avverte il capogruppo - si rompe la coalizione". Maggioranza a rischio?

QUATTROCENTO TOGHE SPAZZATE VIA Che cosa sta succedendo in magistratura

Giustizia, con la riforma andranno in pensione oltre 400 magistrati




Un vero e proprio terremoto. Il 2015 sarà l'anno in cui verrà ridisegnata mezza magistratura. Quattrocento magistrati andranno in pensione anticipata da qui al 31 dicembre 2015, altri 900 nel triennio successivo. Un cambio epocale. La più grande rottamazione degli ultimi decenni, che apre la corsa agli oltre 1300 incarichi "direttivi o semi-direttivi", dalla Corte suprema di Cassazione alla più piccola delle procure. A fare i calcoli della rivoluzione delle toghe è L'Espresso. 

La rivoluzione - Da Nord a Sud, regione per regione sono previsti circa 400 pensionamenti. Entro il 31 dicembre verranno sostituiti l’intero vertice della Cassazione, dal primo presidente Giorgio Santacroce a tutti i presidenti di sezione al gran completo, a partire da Antonio Esposito, estensore nel 2013 della sentenza di condanna definitiva di Berlusconi. In pensione nomi che hanno segnato grandi casi giudiziari: l’avvocato generale della Corte d’Appello di Roma Antonio Marini, che fu pm del processo Moro, il procuratore generale di Salerno Lucio Di Pietro, il procuratore di Marsala Alberto Di Pisa, protagonista della discussa vicenda del corvo di Palermo, il procuratore di Civitavecchia Gianfranco Amendola, pretore contro i reati ambientali negli anni Settanta e leader dei Verdi. La riforma prevede l’uscita di scena di due generazioni di magistrati. Di fatto verranno spediti fuori ruolo, in un solo colpo, il presidente del tribunale di Roma Mario Bresciano e il presidente di Corte d’Appello di Napoli Antonio Buonajuto. Tira aria di rottamazione anche in Piemonte. A Torino andrà via il procuratore generale Marcello Maddalena mentre a Milano il procuratore Edmondo Bruti Liberati (con il procuratore generale Manlio Claudio Minale e al presidente di Corte d’Appello Giovanni Canzio). 

Il risiko del Csm - A gestire la rottamazione delle toghe sarà il nuovo Consiglio superiore della magistratura appena eletto, guidato da Giovanni Legnini appena eletto alla vice-presidenza di Palazzo dei Marescialli. Tocca a lui gestire l’operazione ricambio. La scorsa settimana sono stati definiti i criteri per le nomine al vertice di 15 uffici giudiziari, a cominciare dalla procura di Palermo. Il Csm si è spaccato: da una parte compatti i laici, dall’altra i togati. Come racconta l'Espresso i due consiglieri della destra, Elisabetta Alberti Casellati di Forza Italia e Antonio Leone dell’Ncd, votano compatti ma qualche dissidio sulle scelte potrebbe arrivare nel campo berlusconiano. Le correnti del partito si riflettono anche sulla questione giustizia. Potrebbe restare fuori dai giochi Niccolò Ghedini, interlocutori del ministro Orlando saranno probabilmente Nitto Palma e Giacomo Caliendo. Insomma la rottamazione è cominciata anche tra le toghe. E per le nuove nomine servirà ancora una volta un accordo tra  Pd e Forza Italia...

Una borsa di soldi da Montecarlo: la tangente che fa tremare il Pd

Pd, la verità sulla tangente che fa tremare il partito

di Giacomo Amadori 


Ieri la giunta regionale del Lazio ha scaricato il deputato renziano Marco Di Stefano. Anche perché le voci sull’indagine della procura di Roma che lo riguarda rischiano di travolgerlo. La Guardia di finanza in un’informativa del 2013 ipotizza una tangente da 1,8 milioni di euro che gli avrebbero pagato due imprenditori laziali, Antonio e Daniele Pulcini. L’uomo che avrebbe fatto da intermediario si chiama Alfredo Guagnelli ed era amico sia di Di Stefano che dei Pulcini. A lui, sempre secondo le Fiamme gialle, i Pulcini avrebbero pagato, con diversi bonifici, 300 mila euro per il disturbo. Resta da capire dove sia finita la mega tangente in contanti. Ma soprattutto che fine abbia fatto l’intermediario, visto che Guagnelli è sparito cinque anni fa senza lasciare tracce.

Libero ha scoperto che prima di svanire nel nulla avrebbe fatto un misterioso viaggio a Montecarlo per recuperare un borsone pieno di mazzette da 500 euro. Una somma che secondo un testimone oculare poteva tranquillamente ammontare a 2 milioni di euro. Era quella la tangente per Di Stefano di cui parla con gli inquirenti il fratello di Guagnelli, Bruno? E dove è finito quel tesoretto, visto che negli ultimi giorni Alfredo faticava persino a pagare le trasferte dei suoi dipendenti o le cene di famiglia al ristorante?

Guagnelli, classe 1972, è sparito da Roma l’8 ottobre del 2009, senza passaporto né patente. Il suo idolo era Tony Montana, il gangster interpretato da Al Pacino in Scarface, ma nella realtà la sua attività principale era far divertire, dare lavoro, finanziare e, secondo la procura, aiutare i politici a percepire tangenti. La sua è stata una vita, negli ultimi anni, esuberante, attorniato da donne splendide. Per esempio l’ultima fidanzata ufficiale è stata Francesca Fichera, oggi apprezzata soubrette televisiva. Alle sue aziende dava nomi tratti dal Padrino: c’era la Internazionale immobiliare e la Genco srl (come il mafioso Genco Abbandando, amico di Vito Corleone). Ma Guagnelli per la messa in scena della sua esistenza da film aveva bisogno non solo delle pupe e dei gangster, ma anche del potere. Per questo ha scritturato diversi politici e li ha messi a recitare.

In questa spy story sono importanti pure i luoghi e la Costa Azzurra è una tappa fondamentale. Dopo la scomparsa, all’indirizzo di Alfredo è stato recapitato un invito per l’esclusivo ballo della Rosa a Montecarlo. Nel Principato Guagnelli era di casa, tanto da conoscere, dicono gli amici, personalmente la famiglia Ranieri. Da quelle stesse lande, secondo i finanzieri, i Pulcini avrebbero trasferito in modo sospetto in Italia documenti e «probabilmente valuta». Rigorosamente in auto per evitare possibili controlli aeroportuali.

Un modus operandi che assomiglia incredibilmente alla versione raccolta da Libero da un testimone oculare, Alessandro Innocenzi, fotografo ed ex socio di Guagnelli nella World rent, l’agenzia di autonoleggio di lusso che aveva in garage la Porsche in uso al figlio di Di Stefano. Innocenzi racconta un episodio che ha già riferito in procura e che sembra scritto da uno sceneggiatore: «Un giorno Alfredo ha chiesto a me e alla sua ex fidanzata Federica Petrelli di accompagnarlo a Montecarlo». Partono a bordo di una Mercedes nera, quindi prenotano una camera tripla all’hotel Hermitage. «Alfredo, che in quei giorni era un po’ strano e aveva qualche problema di soldi, ci disse di avere un appuntamento, ma non ci spiegò con chi né ci portò all’incontro». Quando Innocenzi rientrò in camera trovò su un tavolino decine di mazzette di banconote da 500 euro. Potevano essere 2 milioni di euro? «Beh, sì. Diceva che erano i soldi di un grosso affare, ma dopo la sua scomparsa abbiamo scoperto che in quel periodo lui, in realtà, era “strozzato”».

Alfredo non spiegò a che cosa servissero e di chi fossero quei denari. Il giorno successivo li raccolse in un borsone e li nascose sotto il sedile dell’auto, quindi ripartirono per Roma. Dopo pochi giorni sparì senza lasciare tracce. C’entrano qualcosa con il suo addio le banconote viola di Montecarlo? E soprattutto, viste le modalità di rientro in Italia, sono la tangente ipotizzata dagli inquirenti? Oppure Alfredo ha ingannato tutti ed è scappato con il malloppo, magari nei suoi amati Caraibi? A questa domanda Innocenzi non sa rispondere. L’altra presunta testimone dell’affare monegasco, Petrelli, trentaseienne romana, broker nel settore degli autonoleggi, non nega la versione di Innocenzi: «Ne ho già parlato agli inquirenti. Quello che lei mi riferisce è già stato detto a chi di dovere».

Montecarlo non è un amore causale. Guagnelli era un habituè dei casinò, anche a Portorose in Slovenia o a Saint Martin nelle Antille Olandesi. Qui ha conosciuto Francesco Corallo, il re delle slot machine, l’uomo collegato con la casa di Montecarlo e Giancarlo Tulliani, il cognato di Giancarlo Fini. Vi portava a spese proprie gli amici, spendendo, secondo Innocenzi, anche 50-100mila euro per volta. La stessa cosa faceva a Monaco, in Croazia, a Barcellona. «Per tre-quattro anni ci ha fatto fare la bella vita, poi il giocattolo si è rotto» si rammarica Innocenzi. «Una vita come Steve McQueen» a cui partecipavano pure i politici. In particolare Di Stefano: «Veniva spesso in ufficio da noi e andava a pranzo con Alfredo. Mi risulta che fossero soci in affari, anche con Pulcini» continua il super testimone. Ma Di Stefano non era il solo politico della «cumpa».

Paolo Bartolozzi, ex eurodeputato di Forza Italia, ricorda Guagnelli con affetto: «L’ho conosciuto alla fine degli anni ’90. Con le rispettive famiglie siamo stati a Montecarlo e nel suo casolare vicino a Chiusi (Siena). Mi sosteneva nelle campagne elettorali. Niente di esagerato. Qualche migliaio di euro. Che cosa mi chiedeva in cambio? Solo informazioni. Per esempio dopo un mio viaggio istituzionale mi domandò notizie per fare business a Panama». Nel 2008 Alfredo fece inserire il cugino Alessandro e Innocenzi nella lista di Michele Baldi, all’epoca candidato sindaco a Roma. Oggi Baldi è capogruppo in Regione della lista Zingaretti e precisa: «Il nostro non era un rapporto politico, anche se magari mi ha finanziato qualche cena elettorale. In quell’occasione mi promise molti voti, me ne portarono tre o quattro, capii che Alfredo aveva fatto altre scelte e mi sentii preso in giro. Gli dissi che da quel momento ognuno avrebbe preso la sua strada».

E i viaggi ai Caraibi? «Partecipai a uno di questi con la mia famiglia e a mie spese. Con lui ero disinteressato. Per me Alfredo era un bravo ragazzo. Lo conobbi perché voleva denunciare alcuni intrighi nel mondo dei cimiteri (dove operava l’azienda di costruzioni di famiglia, ndr) e andammo insieme a denunciarli. Nell’ultimo periodo mi aveva confidato qualche problema e posso dire che dopo la sua scomparsa qualcuno ha approfittato delle sue società e dei suoi conti». L’aspirante Scarface aveva un solido legame anche con l’ex consigliere provinciale del Pdl Enrico Folgori. Alla fine, però, i loro rapporti si deteriorarono, come ricorda il padre di Alfredo, Sergio: «Dopo la sua scomparsa i carabinieri mi chiamarono perché mio figlio lo aveva denunciato per una storia legata a una Maserati».

L’elenco dei politici vicini a Guagnelli non è finito: «Nei nostri uffici ha lavorato anche l’ex assessore regionale di An Giulio Gargano (recentemente condannato a restituire 600mila euro allo Stato per 445 promozioni non dovute ndr)», prosegue Innocenzi. Insomma destra e sinistra, senza particolari distinzioni. Negli ultimi anni si era inventato immobiliarista. Ricorda il padre: «Mi diceva di spendere 1 milione di euro l’anno. Di fronte al mio stupore, spiegava: “Coppola e Ricucci sono finiti. Ora tocca a me”».

Nei database della Regione c’è traccia di rapporti con due società immobiliari riconducibili a Guagnelli: la World real estate e la Internazionale immobiliare. Ma forse ci sono altri legami. Purtroppo ricostruire la rete delle società di Alfredo è difficile. Infatti dopo il suo arresto del 2007 per una storia di tangenti legate alla costruzione delle tombe del cimitero del Verano chiese ai dipendenti di intestarsi le quote di molte società. In particolare al cugino Alessandro, a Innocenzi, a Enrico Marcolini, un amico milanese che divideva con lui la villa romana (oggi è tornato in Lombardia a fare l’operaio) e a un’amica di vecchia data, di Grottaferrata come lui: Francesca Sperati. Classe 1975, inizia la sua attività di imprenditrice come ambulante nei mercati. Con l’aiuto di Alfredo apre un negozio di scarpe. Successivamente diventa proprietaria della metà di un’agenzia di eventi e ragazze immagine oltre che di quote significative in una società di produzione tv e in un’immobiliare.

Nel 2009, ci informa Facebook, entra in Atac, la municipalizzata capitolina dei trasporti, e, dopo la scomparsa di Alfredo, cede tutte le sue partecipazioni a un imprenditore romano di nome Marco Guidoni. Un personaggio che nessuno dei suoi nuovi soci dice di aver mai conosciuto. Un altro piccolo mistero nel mistero di Alfredo Guagnelli, l’uomo che sognava di essere Scarface.

giovedì 13 novembre 2014

La minoranza Pd boccia l'asse col Cav ma Renzi tira dritto: rischio scissione

Direzione Pd, la minoranza dice no al nuovo patto tra Renzi e Berlusconi




Nemmeno il tempo di congedare Silvio Berlusconi e Matteo Renzi deve affrontare la direzione Pd. La minoranza dem ha annunciato battaglia disertando l'incontro per protesta. Capofila della linea dura è Pippo Civati che partecipa alla direzione ma si astiene dal voto sull'Italicum e il Job Act. Insomma giorno dopo giorno il premier continua a perdere l'appoggio dell'ala rossa del partito che vuole far saltare il patto del Nazareno. La direzione, cominciata intorno alle 21, si infiamma subito con il primo no alla nuova bozza dell'Italicum varata da Silvio e Matteo durante l'ultimo incontro. 

La vendetta - La minoranza Pd "ribadisce netta contrarietà al modello elettorale proposto" nell'incontro Renzi-Berlusconi, "per quanto riguarda l'aspetto dei cento capilista bloccati. Non si può sottrarre ai cittadini la scelta dei parlamentari che la Consulta gli ha restituito". Lo dice Alfredo D'Attorre, al termine della riunione alla Camera che aggiunge: "Non si può utilizzare la Direzione per ratificare il patto del Nazareno. Casomai la Direzione bisognava farla prima. Non si può utilizzare una direzione notturna per un voto del genere". Insomma tra i dem è guerra aperta. Da un lato c'è Renzi che prova a tenere in piedi il patto del Nazareno, dall'altro c'è la minoranza che vuole sabotarlo. Renzi deve portare a termine le riforme combattendo di fatto contro il suo partito. E a giudicare dai toni usati dalla minoranza che "boccia anche i 100 capilista bloccati decisi dal premier con Berlusconi", l'ipotesi di una scissione non è da scartare. Renzi comunque tira dritto: "È una legge elettorale che garantisce tutti gli obiettivi che ci eravamo dati. Non credo di aver bisogno di un mandato esplicito della direzione sulle modifiche alla proposta di riforma della legge elettorale", ha affermato il premier chiudendo i lavori della direzione. 

Rivoluzione sulle cartelle Equitalia Così cambiano le rate per pagare

Equitalia, così cambiano le rate per pagare le cartelle




La manovra varata da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan continua a subire modifiche. Durante un vertice tra il premier e il ministro dell'Economia sono stati valutati alcuni aggiustamenti soprattutto sul Tfr e i Fondi pensione. Anche sul regime dei minimi Iva a quanto pare il governo vorebbe mettere mano ad alcune modifiche. L'aliquota forfettaria dovrebbe scendere dal 15 al 10 per cento mentre il reddito che consente di accedere al sistema agevolato salirebbe da 15 mila a 30 mila euro. Un'altra modifica riguarda i fondi pensione. Il rialzo del prelievo fiscale era stato deciso al 20 per cento. Ora potrebbe scendere al 15, ma comunque ben oltre l'attuale 11 per cento.

Cambiano le rate per Equitalia - Novità in arrivo nel testo della legge di stabilità anche sul fronte Equitalia. Chi ha debiti con il fisco potrebbe presentare domanda di rateizzazione semplificata, senza alcun onere di dimostrare con documenti la propria situazione di difficoltà, e accedere per un periodo fino a dieci anni. Verrebbe applicato, come racconta il Messaggero, un tasso di interesse annuo lordo del 3,69 per cento, più basso di quello erariale che è al 4,5 per cento. Per le rate è previsto un importo minimo di 100 euro. A questa facilitazione di pagamento potrebbero accedere anche chi ha perso il diritto alla rateizzazione. Equitalia finora ha applicato questa procedura solo per i debiti fino a 50mila euro, mentre al di sopra di questa soglia la domanda viene accolta solo se la documentazione è convincente.