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sabato 4 ottobre 2014

Bersani adesso "chiude" il Pd "Vi dico perché il partito è fallito..."

Pd, Pier Luigi Bersani: "Un partito senza iscritti non può esistere"




Gli iscritti mollano il Pd. Secondo i dati riportati da Repubblica è scattata la grande fuga dei tesserati dal Pd. La stima parla di circa 100mila iscritti. L'ultima rilevazione (2013), indicava 539.354 tessere. In alcune regioni (Sicilia, Basilicata, Molise, Sardegna e Puglia) il tesseramento non è partito. Insomma a quanto pare nonostante i consensi e i voti raccolti alle ultime europee, il nuovo Pd renziano ha di fatto perso la base del partito. Al Nazareno è scattato il panico. Il Pd, come anche i Ds prima e il Pci negli anni 70-80 è un partito fortemente basato sul tesseramento. La minoranza dem adesso punta il dito contro Renzi accusandolo di aver snaturato il dna del partito.

Bordata di Bersani - Il più critico è Pier Luigi Bersani: "Un partito fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito. Lo Statuto dice che il Pd è un partito di iscritti e di elettori. Ovviamente -dice Bersani all’Adnkronos- se diventasse solo un partito di elettori diventerebbe un’altra cosa... Uno spazio politico e non un soggetto politico. Ma non siamo a questo e -assicura- non finiremo lì". Insomma ormai è guerra aperta tra le mura del Nazareno. A Bersani risponde sul numero dei tesserati Pd il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, che su twitter replica: "Sarebbe bello che non venissero diffusi dati a caso..." e in una nota aggiunge che le notizie sono "infondate".

URNE PIENE, SEZIONI VUOTE 2014, fuga da Renzi: crollano gli iscritti Pd

Pd, crolla il numero dei tesseramenti. E qualcuno accusa Renzi




Boomerang Renzi sul suo partito: il numero di tesserati del Pd nel 2014 è letteralmente crollato. E pensare che questo è stato l'anno del grande successo alle elezioni europee, che ha portato la firma proprio del premier.

I numeri - Nel 2013 i tesseramenti sono stati 539.534. Ad oggi, gli iscritti sono invece circa 100mila, mentre negli uffici del partito si sussurrerebbe addirittura di solo 60mila: in ogni caso, i numeri parlano di un calo clamoroso di almeno 400mila tesseramenti. A testimoniare questi dati, anche i numeri suddivisi per le regioni o i capoluoghi: basti pensare all'Emilia Romagna, roccaforte rossa, dove solo in 58mila si sono recati alle urne per le primarie del partito, che hanno visto la vittoria di Stefano Bonaccini. Segno di un disinteresse, se non disaffezione, crescente. In Umbria, invece, i tesseramenti nell'ultimo anno si sono dimezzati: da 14 mila a 7mila. Eloquenti anche i dati che arrivano da Torino e Venezia: nel capoluogo piemontese il numero degli iscritti al Pd è calato di circa 7mila unità, da 10mila a 3mila, mentre nella Laguna è arrivata una diminuzione di oltre 3mila unità, da 5.500 a poco più di 2mila. Crollo devastante in Campania, dove il numero degli iscritti superava quota 70mila, ora le tessere non sarebbero più di qualche centinaia.

"Un gufo e un rosicone" - Anche le casse del partito sono in crisi: nel 2011 arrivarono 60milioni di euro, quest'anno ne entreranno solo 12,8. Qualcuno dà la colpa allo stesso Renzi: "Se chi vuole discutere è sempre un gufo o un rosicone, i circoli si svuotano". Nel Pd tira aria di bufera, anche fuori dalle direzioni romane. 

"Hai tolto la stella a me per darla a quel dopato di...". Veleno su Agnelli. Ecco chi lo attacca... / Foto

Boniek al veleno contro Andrea Agnelli: "Ha tolto la stella a me e l'ha data a quel dopato di Edgar Davids"




Il bello di notte, Zbigniew Boniek, per tutti Zibì, torna a parlare della Juventus. Lo fa alla sua maniera, con la solita nostalgia per i bei tempi che furono e con l'altrettanto consueta stilettata di turno. Stilettate che sono sempre piaciute poco ai tifosi juventini, che infatti avevano contestato, qualche anno fa, l'inserimento del campione polacco nelle 50 stelle dedicate ai grandi campioni della Juventus nel nuovo stadio.

Veleno - "Se l'Avvocato sapesse che Andrea (Agnelli, ndr) mi ha tolto la stella...sicuramente gli avrebbe tirato le orecchie". Parte in quarta Zibì, che nell'analisi concessa ai microfoni di GazzettaTv sputa veleno sulla nuova dirigenza, e lo fa con la solita leggerezza che lo contraddistingue, anche perché il meglio (o, il peggio, a seconda) deve ancora venire. Il centravanti polacco sottolinea ancora una volta lo scarso feeling che instauratosi col new deal bianconero contestando, neanche troppo velatamente, la decisione del nipotino dell'Avvocato. "Andrea Agnelli è entrato in società e voleva fa amicizia con i tifosi. Alla fine hanno tolto la stella a me e l'hanno data ad Edgar Davids, che, con tutto il rispetto, mi sembra che l'unica cosa che abbia fatto con la Juventus sia stata quella di aver preso 6 mesi di squalifica per doping". La tocca piano Zibì insomma...

"Il divorzio è fatto, siamo ai dettagli": Alonso lascia la Ferrari: ecco chi arriva

Alonso-Ferrari, "il divorzio è fatto". Vettel a un passo da Maranello




Alonso lascia la Ferrari. Il divorzio, seppur non ancora ufficiale, è ormai un dato di fatto. Secondo quanto riporta la Stampa, si devono solo definire i dettagli. Per esempio, chi paga in caso di rescissione del contratto. Tra le clausole segrete, infatti, ce ne sarebbe una che consente al pilota di andarsene a fine stagione, con due anni di anticipo e senza pagare penali. Se al contrario fosse il team a licenziarlo, allora la penale ci sarebbe, eccome. E questo è un punto su cui si discute molto. 

Il nodo dell'ingaggio - Alonso, inoltre, sarebbe pure rimasto in Ferrari con un aumento dell'ingaggio (30-35 milioni a stagione) e un maggiore se non diretto coinvolgimento nella scelta dei tecnici, ma la nuova gestione Marchionne - "la Ferrari è molto più importante di qualsiasi partner" - gli toglierebbe potere all'interno della squadra. In Giappone Alonso, interrogato sul suo futuro, aveva detto: "Tutto quello che farò sarà per il bene della Ferrari. Sono sempre stato fortunato a scegliere dove correre e sarà così anche adesso, ma prendendo il minimo rischio". 

Il 2015: Vettel vicinissimo a Maranello - L'addio sarà annunciato dopo il 13 ottobre. E' probabile che Alonso torni in McLaren (che gli avrebbe offerto 100 milioni in tre anni) e che, al suo posto, arrivi sulla Rossa Sebastian Vettel. Il quattro volte campione del mondo - iridato dal 2010 al 2013 - dovrebbe lasciare il volante della Red Bull per arrivare a Maranello, e rilanciarsi dopo un'annata no: il tedesco è stato infatti surclassato, in maniera clamorosa, dal compagno di squadra Daniel Ricciardo, al debutto in un top team dopo le stagioni alla guida della Toro Rosso. Si era parlato anche di Hamilton, ma le possibilità di arrivo del campione del mondo 2008 sono decisamente basse: il pilota inglese è in piena lotta - con il compagno di squadra Rosberg - per la vittoria del mondiale, e difficilmente a fine anno lascerà la Mercedes, senza dubbio la macchina migliore di questo momento. Insomma: per un Alonso che va, un Vettel che arriva. L'obiettivo è lo stesso: riportare la Ferrari a vincere il campionato del mondo.  

UNO SCHIAFFO AL GOVERNO "Fuorilegge i tagli alle pensioni" Ecco perché e cosa può succedere...

Il taglio delle pensioni è incostituzionale. Ora c'è la sentenza




I tagli alle pensioni sono incostituzionali. A dirlo è una sentenza della Corte dei Conti. Sono due le nuove eccezioni di incostituzionalità del blocco della perequazione delle pensioni superiori a tre volte il minimo Inps per il biennio 2012-2013. La decisione della Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna è dipesa dal mancato adeguamento delle pensioni, che equivale alla loro reale detrazione permanente, data l'assenza di un meccanismo di recupero.

Il processo - Il giudice Marco Pieroni ha accolto la tesi del professor Rolando Pini e dell'avvocato Giovanni Sciacca, portavoce di dieci pensionati Inps e, rivolgendosi all'Alta Corte, ha ritenuto violati i principi di uguaglianza, proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche, sanciti dagli articoli 3, 36, 38, 53, nonché dall'art. 117, primo comma, della Carta repubblicana per violazione della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo - art. 6, diritto dell'individuo alla libertà e alla sicurezza; art. 21, diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata sul patrimonio; art. 25, diritto degli anziani, di condurre una vita dignitosa e indipendente; art. 33, diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale; art. 34, diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali - . Le due ordinanze della Corte dei Conti dell'Emilia-Romagna dovranno essere esaminate dalla Consulta, insieme a quelle analoghe pendenti del tribunale del lavoro di Palermo e della Corte dei Conti della Liguria.

Una questione spinosa - Secondo un rapporto di Centro Europa Ricerche e Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo “le condizioni di disagio sociale dei pensionati sono cresciute” a causa del meccanismo di indicizzazione che penalizza soprattutto i redditi più bassi. l 44% dei pensionati vive in uno stato di semipovertà con introiti inferiori ai mille euro lordi mensili. In totale si tratta di 7,4 milioni di persone che, a partire dalla riforma introdotta dal governo del pensionato d’oro Lamberto Dini, hanno progressivamente assistito a un deterioramento del potere d’acquisto e a un forte aumento della pressione fiscale. Il presidente del Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo (Cupla), Renato Borghi, si fa portavoce di un disagio sociale: "Innanzitutto domandiamo che il bonus di 80 euro per i lavoratori a basso reddito sia esteso anche alle pensioni al di sotto dei mille euro”, chiarisce Borghi. “In secondo luogo, vogliamo un’indicizzazione che abbia senso rispetto alla vita del pensionato e che tenga conto non tanto dei prezzi degli smartphone, quanto piuttosto degli incrementi nella spesa sanitaria. E, infine, chiediamo interventi mirati sulla Tasi con detrazioni per i redditi sotto i mille euro e per le persone non autosufficienti ricoverate nelle case di riposo. Fino ad oggi abbiamo sentito solo proclami. Ora bisogna trovare soluzioni per coloro che, lavorando e pagando i contributi, hanno rispettato il patto di cittadinanza e meritano, a loro volta, dignità e rispetto”.

Tagli pensioni d'oro e d'argento una soluzione? - I titolari italiani delle cosiddette "pensioni d'oro e d'argento" sono quasi 190mila persone, con una spesa complessiva annua che sfiora i 16 miliardi di euro sui 270 miliardi totali per le pensioni. Per accedervi occorre incassare almeno 4.800 euro lordi al mese. Sulla base dei dati Inps, se si restringe il campo ai redditi da pensione oltre i 6.200 euro mensili, il club si riduce a poco più di 32 mila iscritti, con una spesa totale di 6,8 miliardi di euro l'anno, mentre i privilegiati che ricevono un assegno mensile superiore a 10 mila euro sfiorano le 9 mila persone, con una spesa di circa un miliardo di euro. Il governo starebbe pensando a un prelievo di solidarietà sulla differenza tra l’assegno pensionistico che si riceve in base alle regole pre riforma Dini e l’importo teorico che si sarebbe invece maturato applicando il metodo contributivo. Nelle casse previdenziali potrebbe arrivare così un miliardo l’anno, destinato a sostenere il reddito di coloro che a pochi anni dalla pensione perdono l’occupazione, ma anche la cassa integrazione in deroga. Non è nemmeno escluso che una parte degli introiti possa essere dirottata a rafforzare le pensioni minime.

Le incertezze di Renzi - Con il governo di Matteo Renzi, già in primavera si ipotizzava un intervento decisivo sulle pensioni più elevate. Accantonata l'ipotesi, è ritornata in questo fine agosto, dopo che il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha detto di essere favorevole a intervenire sulle pensioni elevate con la finalità di un sostegno agli esodati. Intanto, a fine settembre Matteo Renzi in un'ospitata da Fabio Fazio a Che tempo che fa, non ipotizza una riforma pensioni nella legge di Stabilità, ma annuncia qualche correttivo degno di nota alle regole imposte dalla legge Fornero per quanto riguarda i requisiti minimi per abbandonare il lavoro, compresa una riduzione della spesa pensionistica. Spunta quindi la possibilità di un'uscita anticipata a 62 anni con 35 di contributi con penalità o incentivi a seconda dei casi.

Il retroscena sulla procura di Milano Spunta un documento top secret: cosa c'è dietro la guerra delle toghe

Procura di Milano, l'accusa di Bruti Liberati: "Robledo ha gestito 170 milioni in modo anomalo"




E' guerra aperta dentro la procura di Milano. Edmondo Bruti Liberati ha esautorato dal ruolo di capo del pool anti-corruzione il procuratore aggiunto Alfredo Robledo. Secondo quanto riferisce Corriere.it, il procuratore capo gli ha revocato la delega dell'intero dipartimento e lo ha assegnato provvisoriamente al pool Esecuzione delle pene. Si tratta dell'ultimo scontro tra Bruti e Robledo dopo mesi tensioni altissime e una serie di esposti presentati dal procuratore aggiunto per denunciare una gestione poco trasparente dei fascicoli e favoritismi nell'assegnazione dei processi, in primis quello del Rubygate a Ilda Boccassini. Adesso però sono emerse le motivazioni che hanno spinto Bruti Liberati ad "esautorare" Robledo. Secondo quanto racconta l'Huffingtonpost, al centro delle accuse di Bruti Liberati ci sarebbe una "gestione anomala di alcuni fondi da parte di Robeldo". 

Il documento - "Discrezionali e rilevanti scelte in ordine alla gestione di somme di danaro sequestrate". Per la precisione, oltre 170 milioni di euro la cui amministrazione da parte dell'aggiunto Alfredo Robledo "è ancora in fase di ricostruzione". In otto pagine inviate al Csm il procuratore di Milano Bruti Liberati espone i motivi per cui Robledo non può più essere il coordinatore del II Dipartimento della procura, quello specializzato nei reati contro la PA. Il documento, top secret, è alla base della decisione per cui stamani sono state tolte le deleghe a Robledo mandato ad occuparsi delle esecuzioni penali. Sempre secondo quanto racconta l'Huffingtonpost, il punto 4 sarebbe quello più grave. Ha un titolo: "Gestione delle somme di danaro". Bruti fa riferimento ad un'inchiesta di cui hanno parlato molto i giornali, quella sui titoli derivati acquistati dal comune di Milano. Un trucco finanziario che ha creato molti guai e vere e proprie voragini nei bilanci pubblici. Robledo, che era pubblica accusa, ottenne in primo grado la condanna di quattro banche (Ubs, Deutsche, Jp Morgan, Depfa bank) che avevano venduto, senza la necessaria informazione, i titoli al comune di Milano.

La vicenda e le accuse di Bruti - Da quel primo grado Robledo ottenne anche la restituzione di 400 mila euro utili per dare respiro alle magre casse del comune di Milano. A marzo scorso però la Corte d'Appello ha azzerato le condanne. Secondo Bruti Robledo ha gestito in maniera insolita, comunque fuori dalla prassi condivisa degli uffici, le somme sequestrate durante le indagini. Il denaro, infatti, "non è stato versato al Fondo Unico Giustizia che, come stabilisce una legge del 2008, li deve amministrare fino a sentenza definitiva". Un modo per semplificare e gestire al meglio le somme sequestrate. Secondo la ricostruzione di Bruti, ben "170 milioni di euro", ad esempio, "sono stati depositati presso la Banca di Credito Cooperativo di Carate Brianza e presso la Banca di Credito Cooperativo di Barlassina senza che sia stata data motivazione alcuna della scelta di tali banche". Non solo, sempre secondo la ricostruzione di Bruti, "Robledo nominava diversi custodi giudiziari per gestire quei soldi in quegli istituti di credito". Insomma ormai è scontro aperto. E in procura non si escludono altri colpi di scena. 

Lancio di uova su Renzi: contestato a Ferrara / Foto

Ferrara, Matteo Renzi contestato: lanci di uova contro il premier




Un'altra contestazione per Matteo Renzi. Questa volta il premier è stato contestato non appena salito sul palco in piazza Municipale a Ferrara. "Buffone, vattene via" hanno urlato i contestatori con cartelli con scritte "no ttip" e proteste contro le modifiche all’articolo 18. Il premier è arrivato a Ferrara per la festa di Internazionale. Arrivato in centro, Renzi ha dovuto affrontare un vera e propria aggressione a colpi di uova lanciati sul palco da parte di alcuni manifestanti, tra cui militanti del Movimento Cinque Stelle e della sinistra che hanno criticato la scelta del premier di modificare lo statuto dei lavoratori. "Se siamo del movimento? c'è Qualcos'altro di serio in italia?". Afferma uno dei contestatori. Alla mobilitazione hanno aderito anche altre realtà. "Se sono del movimento? no, la stella è solo una", dice Andrea Ricci, segretario ferrarese di rifondazione, che regge uno dei cartelli in fondo alla piazza. "Gente del movimento c'è- racconta- ma abbiamo aderito anche noi. E' una cosa nata quasi in modo spontaneo".

Renzi dopo aver raggiunto il palco ha subito risposto al lancio di uova prendendo il microfono in mano: "A chi non ha altri argomenti che le uova noi continuiamo a rispondere con un sorriso". Insomma per il premier non sono giorni facili. 

Pd in tilt - Sulla riforma del Lavoro, Renzi si gioca il suo futuro a palazzo Chigi. Il Pd, secondo i dati pubblicati oggi da Repubblica, ha perso circa 100mila iscritti in un anno. La base del partito ha di fatto abbandonato il Nazareno dopo l'arrivo in segreteria del premier. Una scelta, quella dei tesserati, che ha allarmato la minoranza Dem che ha subito puntato il dito contro Renzi e la "nuova gestione" del partito. Ad attaccare il premier è stato Pier Luigi Bersani: "Un partito fatto solo di elettori e non più di iscritti, non è più un partito. Lo Statuto dice che il Pd è un partito di iscritti e di elettori. Ovviamente -dice Bersani all’Adnkronos- se diventasse solo un partito di elettori diventerebbe un’altra cosa... Uno spazio politico e non un soggetto politico. Ma non siamo a questo e -assicura- non finiremo lì". Insomma da quando Renzi ha toccato il tema Lavoro ha perso di mano il partito e forse anche la "piazza". Le uova di Ferrara sono l'ultima contestazione di una lunga serie che accompagna il premier da alcune settimane. 

Incontro con i sindacati - Intanto il premier si prepara al faccia a faccia con i sindacati: "Mi hanno detto, tu non li vuoi incontrare. Invece li incontro. C’è la disponibilità totale a discutere. Mi permettete di dire che anche i sindacati debbano cambiare e non solo i partiti? Perche’ un ragazzo di 35 anni non avverte il bisogno di andare al sindacato? Il 54% degli iscritti sono pensionati. Non e’ pensabile che il sindacato in questi anni non abbia avuto colpe. La sinistra è quella che cambia, dando piu’ diritti alle persone finora dimenticate", ha sottolineato il premier. "L’articolo 18 vale per tutti tranne che per i sindacati e per i partiti. Si sono fatti la leggina per cui né i partiti né i sindacati applicano l’articolo 18".