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lunedì 22 settembre 2014

L'INTERVISTA - LA SFIDA DI CORRADO PASSERA "Così salverò l'Italia da Renzi"

Corrado Passera: "La mia ricetta per salvare l’Italia? Schierare gente migliore di me" 

Intervista a cura di Barbara Romano 


Corrado Passera si racconta in un'intervista a Libero. Parla della sua famiglia, del suo rapporto con la fede, ma soprattutto del suo progetto per guidare il centrodestra. Con Italia Unica, l'ex ministro dello Sviluppo Economico tenta la sua scalata ai moderati. Il centrodestra in questo momento è un cantiere aperto in cerca di nuovi leader. In un colloquio con Barbara Romano, Passera racconta come intende "salvare l'Italia" e annuncia le sue prossime mosse in politica.

Cosa ci sarà poi di così Unica in questa Italia che ha messo in cantiere Corrado Passera - classe 1954, ministro per lo Sviluppo Economico del governo Monti dopo essere stato amministratore delegato di Espresso, Olivetti, Poste, Banca Intesa Sanpaolo - si vedrà. Intanto, pare che il deus ex machina della sfida di quest’uomo che aspira nientemeno che a guidare il centrodestra sia la sua seconda moglie. «Non avrei mai messo in piedi questo progetto senza il suo pieno appoggio. Giovanna è sempre stata nella nostra vita, come in politica, una compagna totale».

Come si è innamorato di lei?

«È una storia stupenda...».

Partiamo dall’inizio. Lei era già sposato da trent'anni. Poi cos’è successo?

«Io ho avuto una famiglia felice con un matrimonio da cui sono nati i miei primi due figli. Poi, malgrado un grande sforzo da parte mia e della mia prima moglie, non siamo riusciti a dare un ulteriore senso al nostro stare insieme. Ho vissuto un periodo tristissimo, ma poi la vita si è riaperta grazie a Giovanna, che mi ha dato quei due bimbi che vede lì». E mostra la gigantografia che campeggia nel suo ufficio ai Parioli, con i figli piccoli in braccio a quelli grandi: «Sono il senso della mia vita».

Com’è cambiare pannolini a 60 anni?

«Bellissimo. E la parte più emozionante della giornata è la sera. Spesso ci ritroviamo tutti e quattro sul letto a raccontare o a inventare favole. I piccoletti vogliono che io e la mamma improvvisiamo storie su un tema che ci sottopongono. Poi c'è il momento delle preghierine, ed è una gioia rimanere vicino a loro prima che si addormentino».

Non avverte mai i 20 anni di differenza tra lei e Giovanna?

«Per ora no».

E non crede che peseranno in futuro?

«Quando io avrò 120 anni e lei “solo”100, allora può darsi di sì...».

Lei è credente?

«Cattolico convinto».

Cattolico convinto e divorziato. Non può fare la Comunione.

«L’apertura del Papa ai separati risposati civilmente è un grande atto di coraggio. E mi è dispiaciuta la reazione dei cinque cardinali che hanno manifestato un’opposizione così forte. Ma se Francesco l’ha detto, vuol dire che la Chiesa va in quella direzione. Io lo spero».

Prima deve liberarsi dei suoi peccati. Quanto le pesa aver fatto parte del governo dei banchieri?

«Sono fiero dei miei dieci anni da banchiere. Se tutte le grandi banche avessero fatto come quella che ho diretto, non ci sarebbe stata la crisi della finanza anglosassone. E da ministro gran parte di quello che mi ero proposto l’ho fatto».

Nessun rimorso, quindi?

«Il mio cruccio da ministro è di non essere riuscito a persuadere i miei colleghi a fare di più per la crescita e per l’incentivazione alla ricerca, e a procedere sulle nomine all’Autorità per i trasporti, perché non si trovò un accordo tra i partiti».

Terzi, ministro degli Esteri in quel governo, le imputa anche il mancato salvataggio dei marò, quando tornarono in licenza. 

«Quel caso fu gestito sin dall’inizio in modo pessimo dalla Farnesina. Quando i marò tornarono in Italia si stava per commettere l’errore fatale: far perdere per sempre credibilità al governo italiano, che aveva preso l’impegno, messo per iscritto, a farli rientrare. Io fui tra coloro che dissero con forza: la parola del nostro Paese, la rispettiamo». 

Monti da che parte stava?

«La decisione fu condivisa all’unanimità dal premier e dai ministri, compreso quello degli Esteri. Che poi il signor Terzi abbia cominciato a montare una campagna inqualificabile per nascondere i proprio errori o, peggio, scaricarli sugli altri, è gravissimo».

Crede che quel governo avrebbe avuto una sorte migliore se fosse stato lei il premier? 

«Allora non ci pensai. Adesso, in effetti, ci penso...». 

E a quali conclusioni arriva?

«M’impegno a fare tutto quello che i governi non hanno fatto negli anni Duemila. Bisogna dare un forte stimolo all’economia e fare subito riforme di grande portata. Ho dedicato questo anno sabbatico a girare il territorio e a definire il progetto Italia Unica che, secondo me, può davvero rimettere in piedi il Paese».

Prima di avviare Italia Unica lei ebbe un abboccamento con gli alfaniani. La cosa però finì lì. Non la convince il Ncd?

«Purtroppo mi sono reso conto che non possono essere gli attuali contenitori politici a costituire il nuovo. La portata del cambiamento che serve all’Italia è così profonda che non trovo in nessuno degli attuali soggetti il coraggio sufficiente. E poi sono troppo divisi».

La balcanizzazione però sarà anche un suo problema se intende guidare il centrodestra. Come pensa di risolverlo?

«Con un programma chiaro e condiviso e un lavoro paziente».

Cos'ha di tanto unico il suo progetto?

«Ripartendo dai bisogni degli italiani, vogliamo costruire un movimento che ridia al mondo liberale, di centrodestra una casa comune».

In tanti c’hanno provato, tutti hanno fallito. Perché dovrebbe riuscirci proprio lei?

«Perché penso di avere le idee e le qualità giuste. Non credo ai partiti leaderistici. L’Italia esce dalla crisi solo se mette insieme una squadra forte e capace. Oggi invece siamo all’assurdo di un governo in cui c’è solo il premier e nessun altro. Nel pubblico e nel privato, io mi sono sempre circondato di persone anche più brave di me, collocandole nei posti giusti».

Ma lei sarebbe disposto a correre alle primarie di centrodestra?

«Mi piacciono le primarie delle idee, mettere a confronto le diverse soluzioni per risolvere i bisogni del Paese. Competizioni tra leader veri o presunti che gli stessi elettori hanno già bocciato e che si odiano tra di loro, invece, non m’interessano».

Comunque, dovrà passare sul cadavere di Berlusconi.

«La storia insegna che quando si vogliono introdurre cambiamenti forti non si chiede il permesso. Si fa e basta. L’Italia da moltissimo tempo ha bisogno di quella rivoluzione liberale di cui Berlusconi ha parlato tanto, ma che non ha realizzato».

E lei pensa davvero di poter conquistare gli elettori di Fi?

«Certo. Se si pensa che Renzi ha conquistato il 20% degli italiani, sono convinto che siano almeno altrettanti gli elettori moderati che oggi sono orfani di un leader».

Quanti voti prenderà Italia Unica?

«Quanti ne bastano a farlo diventare il partito di riferimento dei moderati, la vera alternativa al Pd di Renzi».

Sarete in campo già alle Regionali?

«A fine novembre ci trasformeremo ufficialmente in partito. Discuteremo di tante cose, comprese le Regionali. Se facciamo un partito è per esserci, per chiedere agli italiani di scegliere noi». 

Berlusconi non l’ha ancora chiamata per dirle: «Dai Corrado, mettiamoci insieme»?

Risata. «No».

Come siete rimasti con Monti?

«Ogni tanto ci mandiamo sms».

Baci o insulti?

«Né gli uni né gli altri».

E con Renzi?

«C’eravamo sentiti molto fino a un certo punto. Poi lui ha staccato la spina».

Per questo lo attacca sempre, perché lui la snobba?

«Ma no, io l’attacco perché è un pessimo premier. E perché nessuno fa più opposizione tranne Grillo e Salvini. Tutto il centrodestra è succube di Renzi. O perché fa parte del governo, come Ncd e Scelta Civica, o perché ha accettato di fatto la leadership del segretario del Pd. E questo è un fatto gravissimo».

Sta dicendo che Berlusconi ha tradito i suoi elettori?

«Il suo sostegno di fatto al governo e le alleanze locali, con addirittura le liste comuni Pd- Fi, lo dimostrano apertamente».

Si aspettava che Renzi le proponesse un ministero?

«No. E poi, vista la tipologia di persone di cui si è circondato, del tutto acquiescenti per non dire inesistenti, non sarei stato adatto».

Questo governo proprio non le piace.

«Un premier che ha la possibilità di incidere sulla politica europea, essendo presidente del semestre Ue, e non ha un programma né riesce a portare a casa niente, è deludentissimo. Stiamo perdendo mesi sul Senato, con una riforma che non riduce costi né tempi. Ma la cosa più drammatica è che Renzi non sta dando nessuna speranza ai 10 milioni di disoccupati. Ancora un po’ di mesi così e l’Italia si schianta».

E crede di risollevarla lei?

«Sì. Di sicuro ci voglio provare».

Solo precari nelle aziende di papà Renzi Ma c'è un assunto speciale: ecco chi è...

Tiziano Renzi, nelle sue aziende solo precari




Il paradosso è che proprio mentre il dibattito politico è concentrato sulla riforma del lavoro, emergono nuovi particolari sull’azienda del papà di Renzi indagato a Genova per bancarotta fraudolenta. Ne dà notizia il Fatto Quotidiano che spiega come il signor Tiziano con le sue dieci società in trent’anni abbia avuto solo un dipendente a tempo indeterminato. Indovinate che? Matteo. Suo figlio. Il signor Tiziano ha fatto ampio uso di contratto atipici nei suoi rapporti con i dipendenti e, come fa notare il Fatto, anche le sorelle del premier sono tuttora co.co.co. Non solo. Dall’inchiesta del quotidiano di Padellaro emerge anche il premier è stato regolarizzato solo una settimana prima della candidatura alla poltrona di presidente della provincia di Firienze. “così da vedersi versare i contributi previdenziali prima da Palazzo Medici Riccardi e, una volta diventato sindaco, da Palazzo Vecchio”.

Le testimonianze - E ora Renzi si trova a difendere la sua riforma del lavoro contro i sindacati che lo attaccano e a cui lui risponde: “A quei sindacati che vogliono contestarci io chiedo: dove eravate in questi anni quando si è prodotta la più grande ingiustizia, tra chi il lavoro ce l’ha e chi no, tra chi ce l’ha a tempo indeterminato e chi precario?”. Il Fatto sottolinea come in molti a Firenze hanno collaborato con la Chil e ha raccolto alcune testimonianza di alcuni giovani che poi sono diventati giornalisti: “Era faticoso perché ci svegliavamo all’alba, ma per il resto era il classico lavoro da studenti e ci ripagavamo sigarette e qualche uscita di sera”. Il contratto era atipico. “Ma era regolare, cioè potevano farlo e fra l’altro devo dire che era onesto perché oltre al fisso ci riconosceva una percentuale, seppur minima, su ogni copia che riuscivamo a vendere”. Lo stipendio più alto ricevuto? “400 euro, mi sembra di ricordare, su un annetto buono di lavoro”. Insomma, nessun contratto a tempo indeterminato. Eppure alcune aziende, seppur rimanessero in vita meno di due anni impegnate in diversi settori, hanno raggiunto anche buoni risultati economici: la Chil Post per esempio nel 2009 supera i 4 milioni di euro di fatturato o - come riporta il Fatto - la Mail Service che nel 2006 prima di essere ceduta chiude il bilancio indicando nello stato patrimoniale un attivo da 4 milioni. 

"UN INVERNO APOCALITTICO" Le previsioni: "Neve pure a Roma"

Meteo, previsioni per l'inverno: "Sarà gelido, neve pure a Roma"




Quello che arriverà sarà un inverno gelido. A rivelarlo è forum.ilmeteo.it. Secondo il sito di previsioni sembra certo che un nocciolo di aria siberiana raggiungerà a Dicembre l'Europa, specialmente l'Italia settentrionale. Le temperature, ricorda il forum, potrebbero scendere fino a -18°C al Nord con nevicate a Roma. Confermate dunque le profezie sulla stagione invernale che già qualche settimana fa aveva anticipato sempre ilmeteo.it: ""Le ultime elaborazioni delle previsioni stagionali prevedono un inverno più freddo e nevoso del solito. Il meteo di questa estate può avere conseguenze per il prossimo inverno? Se la circolazione atmosferica dovesse rimanere tale allora sì, ma in Inverno si ha un cambiamento anche di tale circolazione e nuove figure bariche iniziano a formarsi per influenzare il clima europeo: questa sarà la discriminante".

Il sondaggio che fa tremare Beppe: elettori M5S delusi Tutti i numeri

Sondaggio Pagnoncelli: gli elettori delusi da Grillo e dal M5S




Allarme in casa Cinque Stelle: gli elettori cominciano a voltare le spalle a Grillo. E sono elettori che rappresentano quello zoccolo duro del 18-20 per cento che il M5s porta in dote. Ad allarmare Casaleggio e Beppe è un sondaggio di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera. Dopo il flop delle elezioni europee i grillini hanno dovuto affrontare un pesante ridimensionamento delle loro ambizioni politiche. Secondo i dati di Pagnoncelli il giudizio per l’operato del Movimento è positivo per un elettore su quattro (26%) e negativo per il 71%. Tra coloro che hanno votato per l’M5S nel maggio scorso prevale largamente il consenso (78%) mentre il 21% si dichiara deluso. 

Le opinioni negative - Le opinioni negative sulle mosse del Movimento riguardano diversi fattori della pattuglia pentastellata. Il 54% non è disposto a riconoscere che il Movimento abbia contribuito a svecchiare la politica prima che lo facesse Renzi, il 57% non ritiene che coinvolga realmente i cittadini nelle decisioni, il 54% pensa che faccia molte polemiche senza progetti concreti. Da ultimo, le opinioni si dividono tra coloro che ritengono che le proposte avanzate siano diverse, poco coerenti e finalizzate unicamente a cercare consenso (46%) e coloro che sono di parere opposto (49%).

Consenso a rischio - Il consenso per il movimento di Grillo è più elevato nelle classi centrali di età (tra i 30 e i 50 anni) e, ancora una volta, tra i segmenti più toccati dalla crisi: lavoratori autonomi, disoccupati, casalinghe e residenti nelle regioni meridionali. Insomma sono lontani i tempi in cui i sondaggi sugli orientamenti di voto facevano registrare il M5s al primo posto e Beppe Grillo risultava tra i leader più apprezzati. Il Movimento ora prova a conservare gli elettori fidelizzati ma non appare in una fase espansiva sul campo del consenso. Tutti segnali che dovranno essere analizzati dai cinque stelle e che rischiano di riaprire ancora guerre intestine tra la base e il vertice Grillo-Casaleggio, abituato a risolvere i dissensi con le espulsioni...  

Discoteche come gli stadi Fi: serve un disco-Daspo per i violenti

Brunetta, Sisto e l’idea disco-Daspo: "Drogati e violenti banditi dai locali"

di Paolo Emilio Russo 


Potrebbe sembrare il nome di un energy drink o di un ballo importato da qualche Paese lontano: il disco-Daspo invece è tutt’altro, una roba seria. La seconda parola è l’acronimo del «Divieto di Accedere alle manifestazioni Sportive», introdotto nella legislazione italiana nel lontano 1989. Il dispositivo vieta al soggetto ritenuto pericoloso di entrare in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive ed è stato applicato - ovviamente - soprattutto per impedire l’accesso agli stadi agli ultrà più pericolosi. Gennaro De Tommaso, meglio noto come «Genny ’a Carogna», è già a quota tre Daspo e l’ultimo è di cinque anni, per dire.

Fatto sta che la Camera dei deputati sta discutendo proprio in questi giorni il disegno di legge sugli stadi e Forza Italia si è fatta venire un’idea: perché non estendere lo stesso principio, cioè il divieto di avvicinamento ai luoghi dove si è commesso un «delitto», anche ad altri settori che non siano i campi di calcio? L’emendamento 4.02 presentato a Montecitorio dall’onorevole-avvocato Francesco Paolo Sisto e dal capogruppo Renato Brunetta propone esattamente questo: applicare il Daspo alle discoteche, impedire l’ingresso nei locali notturni a coloro che vengono scoperti a detenere, ricevere o consumare sostanze stupefacenti. In parole povere: ti droghi sulla pista da ballo? Non potrai più andare in discoteca. 

La misura è stata immaginata come deterrente al consumo di sostanze stupefacenti, ovviamente. La proposta Sisto-Brunetta è piuttosto corposa (ben quattordici commi) e prevede testualmente che «il questore può disporre, previo accertamento da parte della polizia giudiziaria, un divieto di accesso ai locali da ballo fino al massimo di un anno». La durata della «pena», dunque, è inferiore a quella prevista per i violenti sorpresi a fare casino dentro gli stadi. 

Il disco-Daspo deve essere applicabile secondo i due azzurri «alle persone che, per farne uso personale, all’interno delle discoteche consumano o ricevono o detengono sostanze stupefacenti di cui all’articolo 75 del dpr 309/1990», a chi è condannato o anche solo denunciato per reati relativi a sostanze stupefacenti e addirittura a chi ha scatenato o partecipato a risse in discoteca. Una misura simile l’avevano chiesta tempo fa i sindacati di Polizia. Il problema, nel caso, potrebbe essere l’applicazione: allo stadio si entra presentando un documento, in discoteca per il momento no. Il Daspo, dunque, rischia di avere soprattutto e soltanto un effetto deterrente. Sulla carta, anche il centrosinistra potrebbe essere favorevole. L’unico dubbio resta la «ammissibilità» di misure contro il consumo di stupefacenti in un provvedimento che fa esplicito riferimento alle manifestazioni sportive. La valutazione spetterà alla piddina Donatella Ferranti, che presiede l’esame congiunto del decreto in Commissione.

domenica 21 settembre 2014

FI, Comi: Marò a casa entrambi o sanzioni all'India Perchè alla Russia sì e all'India no?

FI, Comi: Marò a casa entrambi o sanzioni all'India Perchè alla Russia sì e all'India no?

di Gaetano Daniele 



Da #Forzafuturo, la scuola di formazione politica di Sirmione, l'eurodeputata Fi Lara Comi lancia un messaggio chiaro: "I marò tornino entrambi a casa oppure si applichino sanzioni economiche all'India. Perché dire sì alle sanzioni alla Russia e invece dire no a quelle all'India? Eppure le sanzioni alla Russia puniscono il nostro sistema economico, soprattutto le aziende del Nord, l'export italiano subisce ripercussioni negative gravissime. Il tema energetico è un incubo che aleggia sulle nostre teste. Per non parlare delle altre ripercussioni che potremmo subire da parte della Russia, come la chiusura dello spazio aereo sul suo territorio. Nonostante questo noi, con l'Ue, abbiamo deciso che la Russia va sanzionata. Una decisione discutibile, che non condivido. Ma ciò che mi indigna profondamente è che si usino due mezzi e due misure: sanzioni ai russi, ma nessun embargo nei confronti dell'India che trattiene ingiustamente da oltre due anni i nostri marò. Si esca da questa ambiguità e si faccia di tutto per rimpatriare i nostri fucilieri." Lara Comi ha partecipato al panel sul tema: "Mondo chiama Europa: le riforme possibili". 

Il messaggio del Marò Latorre: "Sono a casa, ma dico grazie a metà"

Massimiliano Latorre: "Grazie Italia, ma oggi è un grazie a metà"





"Grazie amici, grazie Italia anche se oggi è un grazie a metà!". Lo scrive sulla sua pagina Facebook Massimiliano Latorre, uno dei due fucilieri della Marina Militare trattenuti in India rientrato da pochi giorni in Italia dopo una ischemia che lo ha colpito il 31 agosto.

"Grazie alle signore ministro" - "Cari amici - continua Latorre - scusate l’assenza dovuta alle mie condizioni fisiche ma ovviamente non voluta". Il fuciliere poi ne approfitta per "ringraziare tutti gli amici virtuali per gli innumerevoli messaggi di conforto, supporto ed incoraggiamento ricevuti". Latorre ribadisce la fiducia nei confronti del ministro della Difesa, Roberta Pinotti, e quello degli Esteri, Federica Mogherini: "Sono felice e riconoscente di come la ministro Pinotti si sia letteralmente catapultata a Delhi per farmi sentire il suo affetto, che va ben oltre ogni carica politica ed istituzionale preoccupandosi di portare con se il dovuto supporto medico al fine di sincerarsi riguardo il mio stato di salute. Grazie ancora alle signore ministro che con la loro caparbietà tipicamente femminile stanno continuando ad adoperarsi quotidianamente alla risoluzione di questa assurda vicenda consentendo di conseguenza il rientro di Salvo, momento da me tanto atteso come uomo, come amico ma anche come capo team che sente costantemente la responsabilità dei suoi uomini".

"Spero di ritornare ad essere l'uomo che ero" - Il marò poi aggiunge: "Ad una settimana da quando ho rimesso piede sul suol Patrio anche se mi sembra solo ieri, sono qui in casa circondato dall’affetto di amici parenti e figli, anche se mi rendo conto che molte sono le cose cambiate a cominciare proprio dalla mia salute, e nonostante le sedute giornaliere di fisioterapia sono consapevole che lunga e tortuosa sarà la strada che spero mi consentirà di ritornare un uomo simile a quello che ero fino al 31 agosto 2014". Infine un grazie anche all’ammiraglio Binelli Mantelli, capo di stato maggiore della Difesa, ai medici e agli amici giornalisti che hanno prontamente recepito il mio appello affinché privacy e discrezione prevalessero sgombrando immediatamente il campo, ve ne sono sinceramente grato".