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lunedì 7 luglio 2014

VALZER DELLE TELE-POLTRONE Floris da Cairo apre le danze Rebus-Ballarò, e in casa Cairo...

Raitre, tutti i nomi per Ballarò. Giovanni Floris a La7 apre la gara coi big di Cairo



Sale Vianello, scendono Santoro e Berlinguer. Il borsino per il dopo-Floris a Ballarò è in continua evoluzione. Di sicuro, resta l'addio poco amichevole tra Giovanni Floris, storico conduttore del talk show di Raitre, e viale Mazzini. Giova per spiegare l'addio alla terza rete e l'approdo (milionario) da Urbano Cairo a La7 ha tirato in ballo problemi di "linea editoriale" non più condivisa con la rete, scarsa considerazione e "appoggio". "La Rai non sposava le mie idee", ha spiegato il conduttore, a cui però è arrivata la replica a stretto giro di posta: "Nessun problema editoriale. L'azienda è pronta a rinnovare il contratto alle condizioni economiche che conosce". La verità, dunque, sembra un'altra e sarebbe da ricercare nell'ambiziosissimo progetto televisivo del patron del Torino. 

Tutti i galli di Cairo - Floris, infatti, è l'ultimo tassello di un parterre di prime donne dell'informazione: Corrado Formigli e Piazzapulita lunedì, Floris appunto il martedì (oltre a una striscia quotidiana da definire), Gianluigi Paragone con la Gabbia mercoledì, Michele Santoro e Servizio Pubblico il giovedì, Maurizio Crozza con il suo show al venerdì. Pausa il sabato e la domenica, anche se sono sempre da piazzare Daria Bignardi, Salvo Sottile e la lanciatissima Myrta Merlino, signora della mattina e, da quest'estate, anche del lunedì sera. E poi c'è lui, il dominus Enrico Mentana, direttorissimo del TgLa7 e sempre pronto a intervenire con il suo talk Bersaglio mobile. Un palinsesto pienissimo, dunque, che in combinata con Omnibus alla mattina rendono La7 non solo l'erede naturale di Raitre, ma pure di fatto l'unica all news delle reti in chiaro.

Chi dopo Floris - In Rai, invece, qualche problema c'è. Restano il nome e il format Ballarò, ma il programma sarà totalmente rinnovato perché seguiranno Floris il comico-editorialista Crozza, il sondaggista Nando Pagnoncelli e mezza redazione. Per ora, però, l'interrogativo principale riguarda il nuovo conduttore del talk di Raitre: il direttore di rete Andrea Vianello, secondo il gossip del mercato giornalistico, sarebbe pronto a rinunciare alla poltrona per tornare a condurre. Il suo nome sarebbe in pole davanti a quello di Gerardo Greco (Agorà), in crescita rispetto a Bianca Berlinguer (che ha smentito il passaggio a Ballarò), Massimo Giletti e Nicola Porro. In ribasso verticale il nome di Michele Santoro, altrettanto complicate le strade che portano agli "esterni" Gianluca Semprini (Sky) e Luca Telese (Mediaset).

domenica 6 luglio 2014

Chiacchiere di Renzi: "Dobbiamo difendere la Ue dalla burocrazia"

Renzi: "No all'Europa delle banche e della burocrazia. Sì a identità e bellezza"



«L’Europa non può diventare la patria delle burocrazie e delle banche», la dobbiamo «difendere dall’assalto della tecnocrazia per farne la casa della politica, dei valori e dei cittadini». Lo ha detto Matteo Renzi parlando ad un convegno a Castel Presule, a Bolzano, sul ruolo delle Regioni in Europa, Europa delle Regioni» con il cancelliere austriaco Werner Faymann. Per il premier, «l’Europa ha un futuro se mette insieme la capacità di coinvolgere i cittadini. Non serve avere una moneta comune se non hai in comune un destino». Renzi ha spiegato: «L’Italia sa che c’è un valore più grande di quello economico, c’è una storia comune, valori educativi e culturali e anche di scommessa sul bello». «C’è un libro di Chesterton, ’Il Napoleone di Notting Hill’, che racconta la storia di un sindaco pazzo di Notting Hill, che non esiste come comune perchè è un quartiere di Londra -ha raccontato Renzi-. Lui definisce una terra spritualmente viva anche se non ha confini spirituali, una comunità fatta di donne e uomini che quindi ha un’anima. Arrivando al paradosso di dire che anche un luogo insignificante è poetico se riflette l’identità che tiene insieme un popolo».

Identità - «Dobbiamo dire che questa parte di Europa è un modello per tutta l’Europa, perchè tiene insieme identità e integrazione. Questa è un’area in cui vogliamo affrotare i problemi dell’Europa vivendoli come opportunità e non come ostacolo», ha puntualizzato Renzi. «Paradossalmente nel momento in cui l’Europa si sta allargando, perchè abbiamo accolto la domanda di adesione dell’Albania, si rafforza in alcune zone il bisogno di indipendenza e autonomia -ha spiegato il premier-. Oggi un’Europa degna di questo nome non può non fare i conti con questo strano rapporto tra il bisogno di un governo continentale e quello di riaffermare l’autonomia». Il premier ha quindi sottolineato: «Ma l’essere appartenente alla mia terra non è in contraddizione con l’essere cittadino del mondo. Dobbiamo vincere, anche nella nostra parte politica, la persistenza a pensare che identità sia una parolaccia, il contrario di integrazione. Non è così, solo chi ha una forte identità è in grado di farsi integrare o integrare: il contrario di integrazione è disintegrazione.È un atteggiamento vetero legista quello che dice affermo la mia identità quindi mando via gli altri».

Bellezza - «Noi vogliamo essere costruttori di bellezza in un’Europa che non può inaridire l’anima e perdere la  ragione del suo esistere», ha aggiunto Renzi a Bolzano. «È molto bello che nel momento in cui tante istituzioni e associazioni stanno ricordando il centenario dello scoppio della guerra mondiale, in questo territorio un pezzo fondamentale di Europa, l’Austria, l’Italia, il Tirolo, l’Alto Adige, le province autonome, insieme riflettano su cosa ci unisce e anche simbolicamente sulle infrastutture che ci collegano», ha detto Renzi, che ha in programma anche un visita alla galleria del Brennero. Nel ricordo «c’è un valore di condivisione ma nel progetto c’è un valore del futuro. Noi abbiamo voglia di ricordare ma anche di costruire pace, prosperità e bellezza».

Il presidio No Tav - Circa cinquanta manifestanti No Tav si trovano sul piazzale antistante la stazione ferroviaria di Fortezza per manifestare contro il tunnel di base del Brennero (Bbt) in occasione della visita odierna in Alto Adige del premier Matteo Renzi. Gli esponenti No Tav che sono giunti in particolare dal Trentino, hanno esposto le loro bandiere tra esse uno striscione ’dal Trentino alla Val Susa contro i Tav azione diretta Chiara Nicco, Claudio, Mattia liberi'. In un altro striscione anche la scritta ’rottamiamo il Tav e il sistema che lo impone'. Nel primo pomeriggio, il premier visiterà il cantiere del tunnel di base del Brennero.

Berlusconi in ansia per Piersilvio: "Rischia grosso".

Processo Mediatrade, Silvio Berlusconi in ansia per Piersilvio: "Rischia la condanna da innocente"


di Salvatore Dama 



Nono appuntamento a Cesano Boscone presso la comunità Sacra Famiglia. Prestare assistenza agli anziani ammalati è «una cosa meravigliosa», ha confessato Silvio Berlusconi. E non si dica che il Cavaliere non sappia trovare aspetti positivi anche nelle situazioni più complicate. L’affidamento ai servizi sociali in effetti è la parte meno amara della sua vicenda giudiziaria. Che nei prossimi giorni rischia di arricchirsi di nuove e ingenerose pagine. 

Lunedì tocca a Pier Silvio. Imputato nel processo Mediatrade insieme al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Berlusconi junior è accusato di frode fiscale aggravata dalla transnazionalità per 8 milioni di euro. I giudici sono in camera di consiglio da giovedì e Silvio è molto preoccupato. L’ha confessato ai parlamentari di Forza Italia durante il vertice dell’altro giorno. «Mio figlio è assolutamente estraneo alle accuse, ma...». Poi si è autocensurato, perché l’argomento toghe per lui è assolutamente tabù. Però è chiaro che, agli occhi del Cav, il caso Mediatrade è molto simile a quello dei diritti Mediaset: una farsa. Per la quale Berlusconi senior è stato condannato a 4 anni di carcere, tre dei quali annullati per effetto dell’indulto.

RUBY E LA GRAZIA
Ma i conti aperti con la giustizia, per Silvio, non finiscono qui. L’11 luglio, presso la Corte d’Appello di Milano, è prevista la requisitoria del procuratore generale Pietro De Petris sul caso Ruby. In primo grado Berlusconi è stato condannato a 7 anni per concussione e prostituzione minorile. Un anno in più rispetto alla richiesta dell’accusa. A seguire ci saranno le arrighe difensive. La nuova strategia inaugurata dal professor Franco Coppi è quella di smontare la tesi dell’accusa, invece di gridare al pregiudizio antiberlusconiano delle toghe. Il giudizio d’appello potrebbe arrivare già il 18 luglio. Tempi rapidi. Che fanno temere al Cavaliere l’arrivo di una nuova condanna definitiva entro la fine dell’anno. Sarebbe un colpo durissimo alla sua immagine. Ma anche al suo percorso di riabilitazione. In presenza di un nuova sentenza, addio ai servizi sociali. Il destino del Cavaliere sarebbero gli arresti. Nel suo domicilio, si spera. 

Ma Berlusconi, raccontano, ancora spera di riabilitare se stesso e la sua storia con una soluzione politica. Ed è questo il motivo per cui vuole tenere a tutti i costi aperto il canale del dialogo con Palazzo Chigi. Mettere la sua firma, accanto a quella di Matteo Renzi, sotto le riforme costituzionali. Sperare in un nuovo presidente della Repubblica più sensibile al suo dramma umano. E, magari, in un provvedimento di clemenza. La grazia. 
Tuttavia sia Renzi sia il suo predecessore negano che, all’interno del colloquio di giovedì mattina, sia stato intavolato l’argomento salvacondotto. In un primo momento Berlusconi aveva accennato a un’intesa sulla riforma della giustizia («Matteo ha promesso che la faremo insieme»), salvo poi ritrattare con il comunicato di ieri: «Nessuna collaborazione su economia e giustizia». E comunque Silvio si è indignato molto quando ha saputo che alcuni dei suoi andavano a dire in giro questo: che il leader azzurro avrebbe offerto i voti di Forza Italia a Renzi in cambio di un salvacondotto per sé e per le sue aziende. 

È vero, invece, che un provvedimento di clemenza non risolverebbe tutti i problemi giudiziari di Berlusconi. Nei prossimi mesi arriveranno al dunque anche gli altri processi in cui l’ex presidente del Consiglio è imputato. A Milano c’è l’inchiesta Ruby ter, che discende dal Ruby bis. Silvio è accusato di aver inquinato le prove corrompendo i testimoni. E inducendoli a descrivere le cene di Arcore come appuntamenti conviali ed eleganti.

BARI E NAPOLI
C’è poi il caso Tarantini a Bari. Il Cavaliere, secondo i pm, avrebbe indotto Giampi a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, pagandolo per non rivelare che le ragazze invitate alle sue feste erano escort. A Napoli c’è il caso De Gregorio. Lì il presidente di Forza Italia è al centro delle indagini per una presunta compravendita di senatori finalizzata a far mancare i numeri del governo di Romano Prodi. Finita? Non ancora. In sede civile c’è ancora la coda del Lodo Mondadori. Con la famiglia De Benedetti che chiede altri 90 milioni di euro, oltre ai 494 già incassati da Fininvest, per i danni non patrimoniali. L’altro procedimento civile è quello che vede Silvio in causa con la signora Veronica. I due hanno ufficialmente divorziato, ma è ancora in ballo la vicenda del mantenimento della Lario.




Per il dopo Floris spunta Santoro

Per il dopo Floris spunta il nome di Santoro


di Giampiero De Chiara 




C’è un trio di nomi per il Ballarò del dopo Floris: Gerardo Greco, Bianca Berlinguer e Andrea Vianello. Ma circola anche una quarta ipotesi: il clamoroso ritorno di Michele Santoro in Rai. Una sorta di scambio (conveniente non si sa per chi) tra La7 e l’azienda di Stato. 

Di certo c’è che il talk show politico di RaiTre andrà in onda da settembre, il martedì. I dirigenti Rai una decisione sulla conduzione la prenderanno a breve. Decideranno il direttore generale Luigi Gubitosi, colto alla sprovvista dalla decisione di Floris, e il direttore di rete Andrea Vianello. Insieme con quest’ultimo, la Rai sta pensando ad altri due «big» dell’informazione di Stato: Gerardo Greco (il vero favorito) e Bianca Berlinguer (ora sulla tolda di comando del Tg3). 

Si tratta di tre profili simili, cresciuti professionalmente nelle redazioni dei telegiornali di Saxa Rubra. La Berlinguer, dicono i soliti informati, aspirerebbe a condurre il programma. La direzione del Tg della terza rete le è sempre stata un po’ stretta. Sono note le polemiche con i vertici di viale Mazzini sulla sua ritrosia a fare a meno dei «doppi incarichi». La conduzione di «Linea notte» e anche quella dell’ultimo speciale sulle elezioni europee, sono lì a confermare la «voglia» di video della figlia di Enrico Berlinguer. Proprio la questione del«doppio incarico» (una deroga su cui Gubitosi e compagni non vogliono transigere) potrebbe tarpare le ali anche alla candidatura del direttore di Rai Tre, Andrea Vianello. Aver lasciato la conduzione di «Agorà», tenuta fino all’anno scorso (abbandonata proprio perché nominato responsabile di rete) non è mai stata digerita del tutto. Qualcuno racconta che Vianello abbia voglia di rimettersi in gioco davanti alle telecamere. Quale occasione migliore la casella libera di Ballarò? E poi c’è Gerardo Greco che al mattino, proprio con «Agorà», (presa dopo l’addio di Vianello) fa ottimi ascolti. È cresciuto in azienda e, caso curioso, ha molte similitudini con Floris. Anche lui corrispondente in Usa durante l’attacco dell’11 settembre 2001 è tornato poi in Italia, alternando la conduzione di «Unomattina Estate» con la corrispondenza Rai della sede di New York. Tornato dagli Usa ha puntato sui programmi di rete, lasciando il lavoro giornalistico dei tg. Con «Agorà» ha affinato la sua conduzione e sembra, a detta di molti, che sia proprio lui ad avere maggiori chance per Ballarò. 

Tra l’altro il prossimo autunno, con l’avvio dei palinsesti delle principali reti nazionali, si rischia di assistere ad un derby speciale il martedì sera. La Rai, infatti, non ha nessuna intenzione di spostare Ballarò che, a meno di clamorosi colpi di scena, rimarrà al martedì. E Giovanni Floris appena sbarcato a La7, pensate che rinuncerà al martedì per condurre il suo nuovo programma di informazione? Anche perché proprio martedì è l’unico disponibile per l’ex conduttore Rai. Il lunedì c’è Piazzapulita di Corrado Formigli. Il mercoledì la Bignardi con Le invasioni barbariche, il giovedì è il «regno» di Michele Santoro, mentre il venerdì è preda di Gianluigi Paragone con La Gabbia. Si attende comunque il palinsesto di La7 che ancora non c’è. L’arrivo di Floris («la Rai non sposava le mie idee», ha detto ieri all’Ansa) è certamente un potenziamento per l’azienda di Urbano Cairo. Ma se l’amato martedì è l’unico giorno libero perché dovervi rinunciare, rischiando anche di dare fastidio agli altri «colleghi» di rete?

A meno che una di quelle serate già occupate si liberi. E quale? Forse, ma è solo una ipotesi, il giovedì di Santoro. Infatti secondo Lettera43.it l’ideatore e conduttore di Servizio pubblico sarebbe stato visto, il giorno prima dell’addio di Floris, al settimo piano di Viale Mazzini nell’ufficio del direttore generale Gubitosi. E se fosse proprio lui a prendere il posto dell’ex conduttore di Ballarò?

sabato 5 luglio 2014

Mose, arrestato Marco Milanese

Corruzione, arrestato Marco Milanese



Marco Milanese, già deputato del Popolo della libertà ed ex consulente del ministro dell'Economia Giulio Tremonti, è stato arrestato dalla guardia di finanza con l'accusa di corruzione nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti legate al Mose. Milanese negli anni scorsi era già stato coinvolto in altre vicende giudiziarie. Già sfuggito nel 2011, per un soffio, alla richiesta di arresto esaminata alla Camera (Montecitorio disse no per appena sei voti), Milanese è accusato di corruzione anche a Napoli.  A chiedere la misura di custodia cautelare per Milanese, che era già indagato, la procura di Venezia; secondo quanto filtra da ambienti investigativi sarebbero infatti stati acquisiti nuovi elementi a suo carico. Il Gip ha emesso a carico di Milanese anche un decreto di sequestro preventivo di 500mila euro, come "prezzo del reato, consegnato a Milanese tra l’aprile e il giugno del 2010 in virtù del ruolo di consigliere politico dell’onorevole Giulio Tremonti, all’epoca Ministro dell’Economia, al fine di far ottenere al Consorzio Venezia Nuova finanziamenti inizialmente esclusi dalle delibere del Cipe dell’anno 2010". 

Arriva anche la tassa sulle multe: ecco perché la sanzione sarà doppia

Multe: i ricorsi diventano più costosi

di Luciano Capone 




Opporsi ad una multa ritenuta ingiusta sarà sempre più costoso, dal 25 giugno di quest’anno i ricorrenti dovranno versare 43 euro di contributo unificato anziché i 37 euro a cui erano abituati. È quanto prevede il decreto Renzi-Madia sulla pubblica amministrazione. L’art. 53 del dl 90/2014, infatti modifica il dpr 30 maggio 2002 alzando il contributo unificato di circa il 15% per tutti gli scaglioni, così il costo del ricorso sale a 43 euro per le cause di valore inferiore ai 1.100 euro, a 98 euro (anziché 85) per quelle superiori ai 1.100 euro, a 237 euro (anziché 206) per quelle superiori a 5.200 euro e così via fino a 1.686 euro (anziché 1.466) per i processi di valore superiore a 520.000 euro.

Il risultato di queste «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari» sarà quello di disincentivare i ricorsi, soprattutto per le multe con importo relativamente basso, e di lasciare ancora più potere di multare gli automobilisti a comuni e polizie locali. L’effetto combinato dell’aumento del contributo unificato e dello sconto sulle multe previsto dal «decreto Fare» è micidiale. Lo scorso anno infatti il governo Letta aveva previsto uno sconto del 30% sulle multe non contestate e pagate entro 5 giorni. Così una sosta vietata sui marciapiedi, se pagata immediatamente, è passata da 84 euro a 58,80 euro e un eccesso di velocità entro i 10k/h è sceso da 41 euro a 28,7 euro. Ciò vuol dire che il costo del contributo per ricorrere dal giudice di pace è diventato più alto della sanzione stessa, in pratica per ricorrere contro una multa prima bisognerà pagarne un’altra. Agli automobilisti conviene stare zitti e pagare, possibilmente in fretta.

"Non si tratta degli unici aumenti - dice l’avvocato Silvio Boccalatte, ricercatore dell’Istituto Bruno Leoni - ad inizio anno da un giorno all’altro il bollo per iscrivere le cause a ruolo è stato aumentato del 330%, passando da 8 a 27 euro". Ma non basta perché è aumentata anche l’imposta di registro. "Il peso del contributo non si sente sulla causa da 150mila euro - prosegue Boccalatte - ma sulle cause di piccolo cabotaggio o quelle di valore indeterminabile, come le liti condominiali dove ci sono dei contributi unificati da far tremare i polsi". Al fondo dell’aumento dei costi per la giustizia ci sarebbe anche una motivazione valida, quella cioè di disincentivare l’uso del contenzioso per non sommergere di cause e fascicoli la macchina della giustizia, ma il problema è che i governi si sono fatti prendere un po’ troppo la mano facendo lievitare i costi dell’80% nell’arco di 5-6 anni. Il problema dei costi per poter far causa non impatta tanto i rapporti tra privati, che spesso scelgono altre soluzioni di compensazione o quantomeno interrompono i rapporti tra di loro, ciò che cambia profondamente è il rapporto con il pubblico che pone sempre di più il cittadino in una posizione di sudditanza: "Ormai non conviene fare ricorso - dice Boccalatte - è antieconomico, ma è già da due anni che è così". La cancellazione di fatto del diritto di difesa regala un’arma senza controllo nelle mani degli enti locali, che ormai da anni usano le contravvenzioni stradali come una leva fiscale, lo strumento più facile per tassare anche perché spesso colpisce non residenti e quindi non elettori.

In teoria il diritto alla difesa non viene cancellato, perché il ricorso, anche se salato è sempre possibile. Ma anche se un contribuente scegliesse per principio di pagare più del costo della multa per fare ricorso e poi vincesse la causa, non è detto che non ci perderebbe comunque quattrini: «La norma generale è che chi perde paga, ma non funziona sempre così - spiega Boccalatte - perché spesso, soprattutto nelle cause contro gli enti pubblici, il giudice decide la compensazione delle spese anche se ti dà ragione».

Decoder, pc e tv, occhio allo "stand by": quanto ci costa (e come risparmiare)

Attenti allo stand by: televisore, computer e decoder, quanto costa la "luce rossa"



Siamo nell'era del web 2.0, nell'era della connessione perenne con il mondo attraverso internet dove non essere un nodo tra i nodi, ci porta ad essere tagliati fuori. Ecco in quest'era la dipendenza dalla connessione porta anche ad una dipendenza da tutto ciò che è elettronico, e quindi non si spegne più nulla. Niente, neanche la lavastoviglie, la tv e i termosifoni. "Il guaio spiega uno studioso dell'Iea, Agenzia internazionale dell'energia, è che attualmente sono attivi la bellezza di 14 miliardi di dispositivi connessi e in standby", ovvero sempre pronti ad entrare in azione anche se apparentemente spenti.

L'indifferenza - Se il monitor della Tv è spento o chiudiamo il portatile senza disconnettere il dispositivo, siamo con la coscienza a posto. Siamo nella convinzione che spegnerlo del tutto ci costerebbe più fatica che pagare una bolletta più cara. La maggioranza degli oggetti collegati ad una rete consuma più o meno la stessa quantità di energia, che siano in standby o in funzione. Secondo la Iea nel 2013 sono stati consumati per essere sempre connessi 616 TWh (Tera Watt pra) di elettricità, per lo più per dispositivi in standby. Lo studio calcola che 400 TWh - equivalente all'elettricità consumata in un anno da Gran Bretagna e Norvegia - sono stati sprecati per colpa di tecnologie inefficienti.

I numeri - Il quotidiano La Stampa ha ripreso i dati della Iea e ha provato a calcolare gli sprechi. Il costo nella bolletta di questo spreco dovrebbe essere di 80 miliardi di dollari , 59 miliardi di euro, e si prevede che saranno 100 miliardi nel 2030. In realtà le soluzioni per risolvere il problema ci sono. Come spiega il direttore esecutivo della Iea Maria van der Hoeven "se adottiamo le migliori tecnologie disponibili , saremo in grado di minimizzare il costo per soddisfarre la domanda e accrescere i vantaggi dei dispositivi collegati". Oppure basterebbe tagliare il consumo di energia di dispositivi in standby di almeno il 65 per cento. "Uno smartphone - riporta La Stampa - per essere connesso richiede solo 0,5 mW. Un televisore acceso ha bisogno di 30 Watt (ovvero 60 mila volte in più), una in standby ben 25 Watt (50 mila volte). Un decoder, ad esempio, usa 16 W acceso e 15 spento. Dunque, secondo alcune stime, per una famiglia media lo spreco dello standby costa 80 euro l'anno.