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venerdì 20 giugno 2014

Berlusconi, rabbia contro la toga in aula Il magistrato lo attacca, lui lo fulmina: "Siete incontrollabili e impuniti"

Processo Lavitola, Berlusconi: "La magistratura in Italia gode dell'immunità"

Il Cav torna in tribunale. Silvio Berlusconi è stato sentito come testimone puro a Napoli durante il processo a Valter Lavitola per la questione degli appalti nella Repubblica di Panama per cui è accusato di estorsione ai danni di Impregilo. Su richiesta del pm, è stata fatta ascoltare la telefonata intercorsa il 2 agosto del 2011 tra Silvio Berlusconi e Massimo Ponzellini, ex amministratore di Impregilo. Rispondendo a una domanda del pm Vincenzo Piscitelli, Berlusconi ha affermato di essere stato contattato da Panama da Lavitola, che si diceva preoccupato per la mancata costruzione dell'ospedale promesso al governo di Panama. Il giornalista, ha detto Berlusconi, "gli aveva chiesto di riferire ai vertici di Impregilo che, se l'impegno non fosse stato mantenuto, il governo panamense avrebbe revocato alle imprese italiane l'appalto per il raddoppio della costruzione del canale". L'ex premier si è detto "orgoglioso" di avere fatto la telefonata. Lavitola, ha detto Berlusconi "era legato molto al presidente Ricardo Martinelli, era considerato un amico di Panama. Non so come sia diventato amico. Aveva una grande capacità di relazione, come ho verificato di persona anche in Brasile. Lui era molto amico di Lula; a un pranzo ufficiale, io ero a sinistra di Lula e accanto a me c'era Lavitola". A suo giudizio, l'ex direttore dell'Avanti, "era il protagonista dell'informazione politica, ottimo giornalista e particolarmente informato su cosa si nascondeva dietro le apparenze della politica. Aveva amicizie con la mia compagine politica, come con Coluzzi, Cicchitto, Frattini e Pomicioli".

Botta e risposta col giudice - Terminata la testimonianza, Silvio ha parlato in Aula anche del ruolo dei giudici: "La magistratura è incontrollabile, irresponsabile e gode di immunità". L'esternazione del Cav arriva dopo una provocazione del giudice Giovanna Ceppaluni che gli aveva rivolto delle domande il Cav aveva chiesto spiegazioni in merito. La risposta del giudice però è stata piccata: "Lei non deve capire il senso delle domande". Il diverbio lo ha chiuso il magistrato affermando che "la magistratura è ancora tutelata dal codice penale".

giovedì 19 giugno 2014

Mancano sette giorni, Floris non firma: addio alla Rai? Lotta a due per prendere Giovanni: ecco chi "duella"

Rai, Giovanni Floris non firma: l'addio sempre più vicino


Tra una settimana la Rai presenterà i palinsesti per la prossima stagione. E a sette giorni dalla deadline non c'è ancora la firma di Giovanni Floris, il conduttore di Ballarò che appare sempre più lontano da Viale Mazzini. Con tutta probabilità il giallo si risolverà entro il 25 giugno. Dopo dodici stagioni su Rai3 Floris sta davvero per andarsene? Possibile, probabile. Mister Ballarò, infatti, sarebbe in cerca di maggiore visibilità, e soprattutto dopo le polemiche con Matteo Renzi e i tagli imposti dal governo a Viale Mazzini sarebbe sempre più tentato dal non siglare un nuovo accordo treinnale con la rete.

Le indiscrezioni - Alla finestra restano sia Mediaset sia La7. Il Biscione, nonostante il continuo rincorrersi di voci, ad oggi non ha mai confermato la trattativa per accaparrarsi il conduttore, mentre il canale di Urbano Cairo (che ha blindato Maurizio Crozza per la prossima stagione) smentisce ogni contatto. Eppure il futuro di Floris potrebbe essere proprio su una delle due emittenti. I contatti proseguono, e non può essere esclusa alcuna ipotesi. Il Fatto Quotidiano aggiunge poi un "tassello" al quadro: Bruno Vespa, mister Porta a Porta. Secondo il quotidiano diretto da Antonio Padellaro la "variabile Vespa" non smette di condizionare le strategie poiché Bruno manterrà il suo "feudo", ossia l'informazione in seconda serata su Rai1. Proprio una finestra che, secondo il Fatto, farebbe molta gola a Floris, che sarebbe dunque sempre più vicino all'addio a Viale Mazzini.

Riforme, patto Renzi-Berlusconi-Calderoli

Riforme, patto Renzi-Berlusconi-Calderoli


L'intesa è vicina. La grande trattativa per le riforme sta per chiudersi. L'assetto del nuovo Senato e l'accordo sulla riforma del Titolo V della Costituzione dovrebbe nascere da un patto Pd-Forza Italia-Lega. Matteo Renzi ha capito che senza il Cav le riforme non si fanno. Così pian piano il premier ha deciso di abbassare le pretese e di piegarsi alla linea dettata da Forza Italia. Il Pd ha abbandonato l'idea di un Senato sul modello francese composto per due terzi (prima versione) e per un terzo (nella seconda versione) dai sindaci.  Sul modello si era registrata la netta contrarietà di Forza Italia e Lega, perché quel Senato, di fatto, regalerebbe alla sinistra una maggioranza per l’elezione del prossimo capo dello Stato. La nuova base dell'accordo (portata avanti da Anna Finocchiaro, con la Lega ma anche con pezzi di Forza Italia) prevede che il Senato debba essere eletto con un elezione di “secondo livello” è ormai un dato acquisito. 

Il piano - E condiviso da tutti. E anche sulla “composizione” l’impianto è cambiato. Si passa dunque da un modello che “parla francese” a uno che “parla tedesco”. Il numero dei sindaci è ridotto, mentre per la gran parte il Senato sarà composto di rappresentanti eletti dai “consiglieri regionali”. I dettagli saranno oggetto dell’ultima settimana di incontri. La quota di sindaci offerta dal Pd è molto ridotta. Per chiudere i dem scenderanno a un quarto del totale. Ma c’è anche un’altra ipotesi sul tavolo che prevede solo “21 unità”, insomma un sindaco per regione. Approvato l'accordo comincia la corsa contro il tempo per approvare il testo della riforma. La data chiave è quella del 3 luglio. Il governo vuole andare in Aula prima della chiusura dei lavori per le ferie estive e soprattutto dopo il voto della Commissione Affari Costituzionali. 

Fisco, arriva il nuovo 730 Occhio a sgravi e tranelli

Come cambia il 730

di Antonio Castro



Il 730 precompilato spedito direttamente a casa a 35 milioni di italiani? Nel 2015 dovrebbe trasformarsi in realtà e i lavori per questa innovazione epocale cominceranno giusto oggi (intorno alle 15,30) quando si dovrebbe riunire il Comitato interparlamentare per «l’attuazione della Delega fiscale». Il programma prevede, preliminarmente, l’analisi «delle linee guide del dlgs sulla semplificazione fiscale», ovvero gettare le basi proprio per l’invio dal 2015 del 730 precompilato a casa degli italiani.

Tra le fantasmagoriche promesse del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, quella della dichiarazione dei redditi senza Caf, senza commercialisti, senza esperti, è apparentemente la più impegnativa, più ancora dei famosi 80 euro al mese per chi ne guadagna meno di 26mila lordi l’anno. Ma attenzione. 
L’idea non è solo di mandare a casa di 3,5 milioni di dipendenti pubblici - di cui il fisco conosce quasi tutto - la precompilata, né di farlo solo per i pensionati. L’idea - anticipata ieri da Il Sole 24 Ore - è di estendere l’invio dei precompilati a 35 milioni di lavoratori anche di aziende private (sostanzialmente quasi tutti quelli registrati in banca dati all’Agenzia delle Entrate). E infatti sarà proprio l’Agenzia - dove è appena sbarcata, al posto di Attilio Befera, Rossella Orlandi, ex allieva di Vincenzo Visco e considerata fedelissima di Renzi - a gestire la massa monumentale di dichiarazioni. 
Attenzione però: secondo il giornale di Confindustria al singolo contribuente arriverà una dichiarazione comprensiva anche delle deduzioni e detrazioni (spesa sanitarie, previdenziali, assicurative, sconti mutui, ristrutturazioni, ecc), e se il destinatario riterrà congruo il conteggio effettuato a suo nome, potrà avallarne la validità ed ottenere in cambio una sorta di “scudo fiscale” che lo proteggerà da eventuali errori.

L’enormità di questa innovazione nei rapporti tra fisco e contribuenti è nella massa di dati che l’Agenzia tratterà per arrivare a computare deduzioni e detrazioni. Considerando anche lo sconto ex post per l’acquisto di farmaci. Verranno messi in diretta comunicazione pure le 18mila farmacie italiane e quindi, grazie allo scontrino parlante - quello che il farmacista ci rilascia all’acquisto di farmaci e parafarmaci con il nostro codice fiscale - troveremo in dichiarazione anche le detrazioni per le spese sostenute.

La notizia sarebbe esclusivo appannaggio di commercialisti, consulenti del lavoro, ed esperti fiscali, se non fosse che l’operazione “730 per tutti”, trasferisce all’Agenzia la facoltà di determinare l’importo degli eventuali rimborsi, e di controllare direttamente la leva delle erogazioni (magari tramite il datore di alvoro/sostituto d’imposta o l’ente previdenziale).

Il principio del previsto «vantaggio per il contribuente» (con lo scudo che protegge da successivi controlli), per chi accetta i calcoli dell’Agenzia fa sorgere il sospetto che l’operazione 730 nasconda, in verità, una profonda rivisitazione di tutte le detrazioni e deduzioni. La famosa tax expenditur di Vieri ceriani (260 miliardi di sconti e bonus con conseguente perdita d’incasso erariale), andrà rivista e probabilmente si coglierà l’occasione del 730 per limare le agevolazioni fin ora concesse. Da questa spuntatina potrebbero arrivare gli stimati 20 miliardi per il lancio (promesso anche questo da Renzi), del “quoziente familiare”, la serie di sconti nelle tasse personali proporzionale all’allargarsi del nucleo familiare che dovrebbe ricalcare il virtuoso modello francese che ha rilanciato la natalità Oltralpe. Insomma, più si è in famiglia meno si paga dividendo il reddito del nuclo per i componenti (neonati compresi).

Dal punto di vista tecnico giugno è tradizionalmente mese di scadenze e visto l’ingorgo di pagamenti e bollettini, giusto ieri è stato confermato lo slittamento al 7 luglio, per professionisti e artigiani «soggetti agli studi di settore, incluso chi versa l’imposta forfettaria del 5%», dei pagamenti relativo all’Unico 2013.

Insomma, non ci sarà alcuna maggiorazione per chi alla scadenza del 16 giugno non era riuscito a saldare i conti con il fisco per l’anno passato. Secondo il decreto (del Cdm di venerdì pubblicato ora sulla Gazzetta Ufficiale) il termine del 7 luglio per il pagamento con maggiorazione (0,40%), slitta a sua volta al 20 agosto.

mercoledì 18 giugno 2014

Brescia, Sabato 21 Giugno, l'On. Comi (F.I) inaugura l'ufficio Europe4you

BRESCIA, SABATO COMI (FI) INAUGURA L’UFFICIO EUROPE4YOU

di Gaetano Daniele 



Dall’Europa arrivano i finanziamenti per l’Italia ma è proprio l’Italia che non è in grado di utilizzarli, perdendo così una grande opportunità di crescita e di sviluppo. Per creare un rapporto tra il cittadino, gli operatori economici, le amministrazioni e gli enti e il Parlamento Europeo:

sabato 21 giugno, alle ore 11, in via Callegari 10, a Brescia
l’europarlamentare Lara Comi inaugurerà l’Ufficio Europe4you

Il primo di una serie di uffici distribuiti in diverse città del Nord Ovest  che metteranno a disposizione, di chi lo richiederà,  le informazioni necessarie per accedere e usufruire dei fondi Ue, aiutare i giovani a trovare occupazione nei Paesi europei e informare le imprese e il settore produttivo sulle tante possibilità offerte dall’Europa. “L’Italia utilizza meno del 50 per cento dei finanziamenti messi a disposizione – sottolinea l’eurodeputato e vicepresidente del Gruppo Ppe, Lara Comi, – e la causa è da ricercare nella carenza di capacità progettuale, nelle lungaggini burocratiche e anche nella disinformazione. C’è bisogno di più informazione e questi uffici, che saranno aperti in diverse città del Nord Italia, vogliono proprio essere un punto di riferimento, un collegamento diretto tra cittadini, imprese, giovani ed amministratori e le tante possibilità offerte dall’Europa e questo al di là di ogni colore politico”. La sede centrale sarà a Milano e molte altre sedi territoriali saranno aperte in tutto il Nord Italia.

 “Sono numerosi – sottolinea l’europarlamentare Lara Comi – i bandi emessi dall'Unione europea a favore dei giovani e dell'imprenditoria italiana alla luce di un elevato tasso di disoccupazione presente nel nostro Paese. 

E sono circa 3 mila i posti di lavoro disponibili presso le istituzioni europee cui i giovani italiani possono ambire – sottolinea Lara Comi – mentre le imprese beneficiano di programmi ad hoc. Un altro tema importante è quello legato alla formazione internazionale con il progetto Erasmus per giovani imprenditori, con l’opportunità di imparare i segreti del mestiere da professionisti già affermati che gestiscono piccole o medie imprese in un altro Paese partecipante al programma europeo”.


 Margherita Peroni che sostiene ed è impegnata nell’iniziativa si è così espressa: “L’ufficio che Lara Comi apre a Brescia è un bell’esempio di coerenza politica . In campagna elettorale ha chiesto la fiducia dei bresciani impegnandosi a creare un collegamento stabile con l’Europa. Ha ricevuto dai bresciani molta fiducia ed ora riprende il suo ‘lavoro’ mantenendo la promessa  fatta che per Brescia rappresenta una grande opportunità. Vogliamo creare una ‘filiera virtuosa’ che permetta di abbattere le distanze, di usufruire delle opportunità che l’Europa offre, di valorizzare le progettualità e le capacità imprenditoriali”.

MOZZARELLE E MARCHETTE Napolitano ha fulminato Renzi Tutti i motivi dello scontro

Quirinale, Napolitano non firma il decreto di Renzi: furioso per le "norme Farinetti"


di Franco Bechis 



È stata una vocina, sfuggita dal sen del Consiglio dei ministri e approdata sul Colle a provocare il primo vero incidente diplomatico fra Matteo Renzi e Giorgio Napolitano. Qualcuno aveva fatto arrivare al Quirinale la bozza originaria del decreto legge sulla pubblica amministrazione approvato poi dal consiglio dei ministri venerdì 13 giugno. Un testo monstre, di 123 articoli che affrontava lo scibile in 98 pagine e portava in testa la data «12 giugno 2014 ore 24,00». Il plico arrivato venerdì mattina sul Colle prima che si riunisse il Consiglio dei ministri portava scritto: «12 giugno 2014 - ore 24,00». E un bigliettino vergato a mano per il presidente da un membro del governo segnalava gli articoli 105- 110 con una battuta di accompagnamento: «Questa parte è il cosiddetto decreto Eataly, scritto da Oscar Farinetti». 

Il testo segnalato al Quirinale è comunque approdato in Consiglio dei ministri, dove nessuno ha osato sollevare appunti. Ma il misterioso messaggero ha sortito l’effetto voluto. È bastata un’occhiata ai tecnici di Napolitano per cassare buona parte del testo voluto da Renzi. E senza mezzi termini il presidente della Repubblica ha informato il capo del governo che la sua firma non poteva essere messa sotto un testo omnibus con parti eccessivamente eterogenee fra loro e numerose perplessità anche su alcune norme proposte. Non ultime quelle sull’agricoltura e la difesa anche finanziaria dell’alimentare made in Italy: che c’azzeccava con la riforma della pubblica amministrazione? Renzi ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco e alla fine ha fatto espungere dal testo non solo quella parte ribattezzata «decreto Eataly», ma anche numerose altre norme che sollevavano le perplessità del capo dello Stato. Una cura dimagrante di rapidità tale da fare invidia perfino aa uno specialista come Pierre Dukan: da 123 a 39 articoli, da 98 a 35 pagine.

Nel testo originario c’erano norme di ogni tipo, ma quelle che hanno stupito gli stessi ministri a cui il testo è stato sottoposto sono proprio quelle la cui paternità è stata attribuita dal vox di palazzo Chigi al patron di Eataly, l’imprenditore Oscar Farinetti, da sempre grande amico e sponsor di Renzi. Difficile dimostrare che le abbia scritte lui, mentre non c’è dubbio sul fatto che se Napolitano non avesse imposto lo stop e gli articoli fossero entrati in vigore, Farinetti e le sue società ne avrebbero beneficiato.

Il primo articolo era titolato «Disposizioni urgenti per il rilancio del settore vitivinicolo», che in effetti sembra titolo piuttosto estraneo alla riforma della pubblica amministrazione (dove sicuramente ci saranno enologi sopraffini e cultori dei tre bicchieri. Ma per hobby, non per mestiere). Dentro norme tecniche che favoriscano la produzione di mosto cotto «denominato anche saba, sapa e similiare», e ne allentino gli attuali controlli. La Saba della Dispensa di Amerigo è proprio uno dei prodotti più amati da Farinetti e dal primissimo momento fiore all’occhiello degli store di Eataly. Secondo la norma Renzi avrebbe dovuto venire sottratta anche ai rigorosi controlli degli ispettorati antifrode non avendo più bisogno di autorizzazione preventiva alla produzione, sostituita da una banale comunicazione di inizio attività.

Il secondo articolo del «decreto Farinetti» portava il titolo «Interventi per il sostegno del Made in Italy», e garantiva per ogni società che produce prodotti agricoli (come tante del gruppo Eataly) «un credito di imposta nella misura del 40 per cento delle spese per nuovi investimenti sostenuti, e comunque non superiore a 50mila euro, nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due successivi, per la realizzazione e l’ampliamento di infrastrutture informatiche finalizzate al potenziamento del commercio elettronico». Altro credito di imposta previsto fino al 40 per cento delle spese «per i nuovi investimenti sostenuti per lo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie, nonché per la cooperazione di filiera, e comunque non superiore a 400mila euro», anche qui nel 2014, nel 2015 e nel 2016. Altri articoli riguardavano il sostegno alla produzione di mozzarella di bufala campana dop e alla riduzione del costo del lavoro nelle aziende agricole oltre ad alcune misure fiscali per favorire l’affitto di terreni agricoli. Ora il decreto Farinetti è uscito dalla porta per estraneità della materia. C’è da scommettere che presto rientrerà dalla finestra di palazzo Chigi.

martedì 17 giugno 2014

LA PROCURA CONTRO ALFANO "Su Yara ha parlato troppo presto"

Yara, il procuratore: "Alfano ha parlato troppo presto"



Sul caso Yara scoppia la polemica non ci doveva essere una fuga di notizie. "Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo" sul fermo di Massimo Giuseppe Bossetti, fermato per l'omicidio di Yara Gambirasio. "Questo - ha spiegato il procuratore Francesco Dettori - anche a tutela dell'indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza". Il magistrato ha anche puntualizzato che gli inquirenti puntavano a mantenere la vicenda sotto silenzio. Il procuratore di Bergamo ha aggiunto che "il fermo avrà il consueto iter di tutti gli altri". Gli atti saranno quindi trasmessi entro 48 ore dall'esecuzione del fermo al gip che ne avrà altre 48 per fissare l'udienza e decidere sulla convalida del fermo.

Le parole di Alfano - Lunedì è stato proprio il ministro degli Interni, Angelino Alfano, a dare la notizia, anche su twitter, che "È stato individuato l'assassino di Yara Gambirasio". "Le forze dell'ordine - ha scritto in una nota il responsabile del Viminale -, d'intesa con la magistratura, hanno individuato l'assassino di Yara Gambirasio. Secondo quanto rilevato dal profilo generico in possesso degli inquirenti, l'assassino della piccola Yara è una persona del luogo, dunque della provincia di Bergamo. Nelle prossime ore, saranno forniti maggiori dettagli. Ringraziamo tutti, ognuno nel proprio ruolo, per l'impegno massimo, l'alta professionalità e la passione, investiti nella difficile ricerca di questo efferato assassino che, finalmente, non è più senza volto".