Rai, canone choc per ripagare i tagli da 150 milioni
di Enrico Paoli
Prima di tutto le certezze: la commissione Bilancio e Finanze del Senato ha dato il via libera al taglio da 150 milioni di euro per la Rai. Lo stesso organo parlamentare ha approvato anche gli emendamenti che salvano le sedi regionali e prevedono la possibilità di vendere quote Rai Way e la cessione di Rai World, quale modesto premio di consolazione. E ora che succede alla Rai e dentro la Tv pubblica? Molto, stando alle voci che corrono, sia dentro che fuori l’azienda dove si parla di «riduzione dei costi» e «rimodulazione del canone», passando per la «gestione della pubblicità». Partendo dall’interno della Rai, il tema dominante sarebbe il «taglio drastico» alle produzioni con conseguente riduzione del «personale in esubero». E laddove i programmi vengono realizzati all’esterno significa sostanziosa «riduzione degli appalti». Insomma, «potatura» dei rami secchi e chiusura delle mammelle alle quali sono «attaccate» le case di produzione che lavorano per la tv pubblica.
All’esterno di viale Mazzini, sponda governo, il titolo sul quale lavorano tutti gli uomini del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è canone e pubblicità, a cui si lega il sottotitolo del rinnovo della concessione che scade nel 2016. Ma già per la fine del 2014 il premier immagina (e per questo avrebbe allestito una commissione informale di saggi che lavora con il sottosegretario Antonello Giacomelli) un riassetto complessivo del servizio pubblico: in agenda la riforma del canone e il rinnovo anticipato della concessione, in modo da chiudere il fronte e mettere al sicuro il risultato. Il canone, sulla scorta di quanto vanno facendo le tv pubbliche dei maggiori paesi europei, deve servire a finanziare due reti di servizio pubblico puro. Una terza rete, invece, si finanzierà con la pubblicità, elevando l’attuale limite di concentrazione pubblicitaria riservata alla Rai dal 12% al 18% di ogni ora. Sempre che questa terza rete della Rai non venga ceduta. Voci di corridoio parlano di una lunga chiacchierata fra Renzi e Carlo De Benedetti, presidente del gruppo editoriale L’Espresso, incentrata sulla possibile cessione di Rai Due. All’Ingegnere farebbe molto comodo, volendo competere con La7 di Urbano Cairo. L’avviso ai naviganti lanciato dal renzianissimo Luigi De Siervo, presidente dell’Adrai (l’associazione dei dirigenti della Rai) tramite il quotidiano romano Il Messaggero - «Ormai 3 reti sono troppe» - viene letto in questo senso.
Nel frattempo c’è il nodo della tassa più odiata dagli italiani, con la quale Renzi vuol girare il nuovo spot del governo. La riforma del canone immaginata dall’esecutivo, che potrebbe essere presentata ad ottobre, prevede un importo variabile, collegato alla capacità di spesa delle famiglie. La tassa diventerebbe così progressiva. E chi nasconde i redditi al fisco ne sarebbe praticamente esentato. Non solo. Ogni anno lo Stato garantirà un assegno alla sua televisione, un contributo diretto alle attività di servizio pubblico come quello che si è imposto in Europa. In Francia i canali statali non trasmettono spot dalle ore 20 alle 6 del mattino e dovranno tagliarli del tutto dal gennaio 2016. Come compensazione lo Stato assicura un suo assegno, finanziato da un tassa sulle imprese che fanno pubblicità in tv e da una seconda tassa. Insomma, tre canoni e un maggior impegno da parte delle imprese.
Altro che manovra equa e solidale, come vorrebbe far credere Palazzo Chigi. Basterà tutto ciò a rimettere in sesto la Rai e soddisfare gli italiani? Difficile dirlo, trattandosi di ipotesi.
Sullo sfondo, non certo a far contorno, resta la questione di Rai Way. La posizione drastica di Renzi è chiara: dovete tagliare 150 milioni («quelli che mi sono presi»), oppure vendere i trasmettitori che valgono 170 milioni. I contrari, anche i ben disposti alla spending review, contestano il pessimo affare: se si attendesse una valutazione di Rai Way in vista di una sua collocazione in Borsa, i ricavi come minimo decuplicherebbero. E dire che lo stesso piano di Renzi era stato presentato, a suo tempo, dall’ex Dg della Rai Mauro Masi.
Allora il numero uno di viale Mazzini venne attaccato da tutti, mentre Renzi viene corteggiato da tutti.