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mercoledì 4 giugno 2014

Capuozzo: “Ecco i nemici dei marò, dai politici ai giornalisti. E anche Napolitano è stato troppo morbido”

Capuozzo: “Ecco i nemici dei marò, dai politici ai giornalisti. E anche Napolitano è stato troppo morbido”


Intervista a cura di Adriano Scianca 



“Abbiamo solo mantenuto la parola data!”. Il tono, più ancora che le parole in sé, di Salvatore Girone – il soldato italiano da due anni prigioniero in India insieme a Massimiliano Latorre – sembra destinato a scuotere i sonnacchiosi palazzi della politica e l’elefantiasi della diplomazia italiana. “Era il minimo che ci si potesse aspettare”, chiosa il giornalista Toni Capuozzo. che aggiunge: “In Italia i marò hanno molti nemici. E troppi sono stati molli. A cominciare da Napolitano”

Come interpretare lo sfogo di Girone? Un segno di stanchezza o un messaggio inviato a qualcuno?

«Direi entrambe le cose. Sfogo, peraltro, non inaspettato, direi. Dopo due anni in cui Girone e Latorre hanno dimostrato resistenza morale e grande dignità, era il minimo che ci si potesse aspettare».

Lei ha seguito bene la storia dall’inizio: qual è ora lo stato dell’arte della vicenda?

«Il problema, adesso, è la formazione del nuovo governo indiano. Io credo che non necessariamente la situazione con il nuovo esecutivo sarà più difficile da affrontare, anche se si tratterà di un governo nazionalista. In fin dei conti tutta la vicenda dei marò è nata all’interno del Partito del congresso. Anche il fatto che Sonia Gandhi fosse chiamata “l’italiana” ha portato gli indiani a essere talvolta più realisti del re…».

In Italia esiste un fronte di “nemici dei marò”?

«Sicuramente. A tutti i livelli. Ci sono state anche molte dichiarazioni forti, ma mai più che verbali. Sono stati rimandati in India dopo il secondo permesso violando la norma costituzionale che proibisce l’estradizione in un paese che abbia la pena di morte. Pensi che neanche uno straniero, per la legge italiana, può essere estradato in un paese con la pena di morte».

Chi sono, allora, questi nemici?

«Sono molti. Troppi sono stati a dir poco molli nell’affrontare la questione: dal Presidente Napolitano alle alte gerarchie militari, fino all’informazione, che ci ha permesso di conoscere meglio Avetrana piuttosto che quello che accadde a bordo dell’Enrica Lexie».

Ha detto anche Napolitano?

«Certo. Il Capo dello Stato ha sbagliato nell’aver fatto tornare i marò in India prima di aver avuto garanzie che nel loro caso non sarebbe stata applicata la pena di morte».

Anche le lentezze e le furbizie dell’India stanno dando torto a chi, per riflesso condizionato anti-italiano, invitava a non giudicare male una grande democrazia che sicuramente avrebbe dato tutte le garanzie del caso…

«Purtroppo le lentezze della giustizia indiana sono proverbiali. Ma su questo punto direi che l’Italia ha poco da pavoneggiarsi…».

Niente bonus da 80 euro per le famiglie numerose monoreddito

Niente bonus da 80 euro per le famiglie numerose monoreddito

di Sergio Rame



Il governo e la maggioranza hanno deciso di rimandare alla legge di stabilità l'estensione del bonus di 80 euro alle famiglie numerose


Le famiglie monoreddito con figli non potranno godere dei "mitici 80 euro" tanto sbandierati dal premier Matteo Renzi. Almeno non per ora. L’accordo raggiunto nella maggioranza prevede, infatti, di rinviare l’intervento alla legge di stabilità.

Il governo e la maggioranza hanno deciso di rimandare alla legge di stabilità l'estensione del bonus di 80 euro alle famiglie numerose. "Nel decreto Irpef - si apprende in ambienti della maggioranza - sarà specificato che in quella sede si dovrà prestare particolare attenzione ai carichi familiari". La decisione è stata subito formalizzata dalle commissioni Finanze e Bilancio del Senato, riunite per terminare l’esame del decreto. Nell'articolo 1 del provvedimento sarà, quindi, inserita una norma di indirizzo che rinvia gli interventi per le famiglie numerose monoreddito alla legge di stabilità 2015. "Fondare queste norme sul 'fattore famiglia' - commenta il capogruppo di Ncd, Maurizio Sacconi - significa una restituzione più favorevole in proporzione ai figli a carico quando la famiglia è monoreddito".

Scommesse, in un anno almeno 110 partite sospette. Nel mirino anche l'Italia dalla serie A alla Lega Pro

Scommesse, in un anno almeno 110 partite sospette. Nel mirino anche l'Italia dalla serie A alla Lega Pro




Il viziaccio delle combine nel calcio è duro a morire. Nella stagione 2013/2014 undici match sospetti coinvolgono squadre italiane, in tutta Europa arrivano a 110 partite. Lo dicono gli operatori del settore scommesse che meglio di chiunque altro conosce flussi e movimenti di ogni gara giocata nel mondo e soprattutto nel vecchio continente. L'organizzazione che raccoglie chi lavora legalmente con le scommesse sportive, la Federbet, ha presentato al Parlamento europeo un rapporto sull'ultima stagione e l'Italia non ne esce benissimo.

Le partite - Secondo Federbet ci sono ombre su Catania-Atalanta in serie A, su Cittadella-Empoli, Palermo-Crotone, Padova-Carpi e Crotone-Trapani in serie B e su Paganese-Frosinone 1-2 del 9 febbraio, Paganese-L'Aquila del 9 marzo, Barletta-Benevento 1-6 del 30 marzo, Benevento-Viareggio 3-2 del 27 aprile e Prato-Benevento 3-3 del maggio, tutte in Lega pro. Sospetti anche sull'amichevole del 25 maggio tra Levski Sofia e Lazio. 110 sono le gare inserite nel rapporto di Federbet, ma secondo l'europarlamentare socialista belga Marc Tarabella la cifra potrebbe salire a 460.

Belpietro smaschera Matteo Renzi: l'Europa ci impone delle nuove tasse? Paghiamo il conto degli 80 euro...

La Commissione Ue ci presenta il conto degli 80 euro di Renzi



Dalla Commissione europea è piovuta la richiesta di "misure aggiuntive già nel 2014" per aggiustare i conti pubblici. Non si parla esplicitamente di "manovra", che però allo stato delle cose è la più probabile delle conseguenze. Come spiega il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, "l'Europa ci presenta il conto, spiegando che nel bilancio dello Stato mancano 9,3 miliardi di euro". Una cifra sinistramente simile - anzi, sensibilmente superiore - a quei 6,6 miliardi di euro impiegati da Matteo Renzi per dare a dieci milioni di italiani i "mitici 80 euro" in busta paga.

L'utilità della bugia - Come spiega Belpietro, "la spregiudicata operazione elettorale (...), ora rischia di dover essere pagata con gli interessi dal ceto medio". Già poche settimane fa i tecnici del Senato cercarono di frenare il premier spiegando che le coperture per gli 80 euro non c'erano. Renzi rispose sostenendo, ricorda il direttore , che i tecnici del Senato "criticavano la misura del governo per ritorsione in quanto inferociti dal taglio degli stipendi pubblici. Una bugia pietosa, naturalmente, ma che nell'immediato è servita, perché ha tappato la bocca ai ragionieri di Palazzo Madama". Ma "ora però si fa più difficile mettere nel mirino i tecnici di Bruxelles", che potrebbero imporci in autunno una nuova manovra lacrime e sangue.

Calcoli all'ingrosso - Una serie di nuove tasse, di balzelli, di tagli imputabili in larga parte al bonus Irpef varato dal premier, l'unica misura per la quale Matteo ha rispettato le tempistiche prospettate all'insediamento a Palazzo Chigi. Non è un caso: anche Susanna Camusso, leader della Cgil, ha riconosciuto che si è trattato di una operazione elettorale. Secondo Belpietro "almeno un milione di persone ha scelto di dare la fiducia al governo in conseguenza del regalo elettorale". Ma la cifra aumenta "se si considera che probabilmente questi italiani hanno un coniuge". Dunque, chiosa il direttore, "facendo due calcoli all'ingrosso si arriva a due milioni di elettori convinti dalla mossa messa a punto dal presidente del Consiglio". Due milioni di elettori che, come tutti gli altri 60 e rotti milioni di italiani, in autunno si potrebbero trovare a dover pagare il conto di questi 80 euro.


Basta comunisti al Quirinale. La rivolta di Berlusconi a Renzi

Forza Italia stoppa la riforma del Senato


Romani: "Proposta inaccettabile, così la sinistra vuole regalarsi una camera"



“Questo Senato che ci prospettano è semplicemente inaccettabile. Così non lo votiamo”. Lo stop è arrivato nel corso del pranzo di Silvio Berlusconi coi capigruppo di Forza Italia Renato Brunetta e Paolo Romani. Parole di fuoco sul progetto Pd per la riforma della seconda camera del Parlamento, il cosiddetto “modello francese”. Domenica prossima si terranno i ballottaggi di un turno di amministrative che ha consegnato ancor più le amministrazioni locali nelle mani della sinistra. E tra gli uomini del Cavaliere si è affacciato più di un sospetto che la riforma del Senato, così come è stata congegnata, sia un trucco per regalare una Camera alla sinistra.

La proposta prevede infatti che, come in Francia, i senatori vengano eletti da una platea di consiglieri comunali e regionali, permanendo così una forma di “elettività”. Il "nuovo" Senato non avrebbe poteri legislativi, non darebbe la fiducia, non farebbe leggi di bilancio, configurandosi come una Camera delle autonomie. Ma con la attuale geografia elettorale del Paese, è chiaro che verrebbe fuori un Senato “rosso”, che darebbe alla sinistra ampi margini di manovra nell’elezione del successore di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica. 

martedì 3 giugno 2014

Michael Schumacher, "non avremo mai più buone notizie"

Michael Schumacher, "non avremo mai più buone notizie"




Nella ridda di voci su Michael Schumacher, il campione del mondo di Formula 1 in coma dallo scorso dicembre dopo una caduta sugli sci, ecco le dichiarazioni di Gary Hartstein, anestesista statunitense ed ex delegato medico per la F1 della Fia. "Temo, e ne sono quasi certo - spiega -, che non avremo mai più buone notizie sullo stato di salute di Michael Schumacher". Così Hartstein sul suo blog. Poi aggiunge: "Non ho alcuna informazione diretta, ma ritengo che, se ci fossero buone notizie, saremmo stati informati. Non avrebbe senso non dare ai fan buone notizie, se ci fossero". Per il medico della Formula 1 "le possibilità di risveglio diminuiscono con il passare delle settimane e diventano minime dopo sei mesi: nessuna persona in stato vegetativo per un anno può riprendere coscienza", ha concluso.

Canone più basso e spot solo su un canale. Ecco la rivoluzione Rai dei saggi di Renzi

Canone più basso e spot solo su un canale. Ecco la rivoluzione Rai dei saggi di Renzi



Una sola rete che raccolga la pubblicità; il servizio pubblico finanziato dal canone (ridimensionato), dagli spot e da un contributo dello stato; un ridimensionamento del Sic, il paniere delle risorse dei media. Questo in estrema sintesi il piano per rivoluzionare la Rai messo a punto da nove esperti chiamati da Renzi (gratuitamente) a preparare per il governo un documento che verrà reso pubblico entro l'estatee poi sottoposto al dibattito.

I nove saggi, che da tempo si riuniscono in gran segreto nell'ufficio del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, si sono dati come obiettivo di cambiare la legge Gasparri sulla tv e a cascata i destini di Viale Mazzini ed ora sembra che un primo documento, anticipato nei suoi contenuti da Repubblica, sia pronto. Il gruppo - formato dal giurista Fabio Bassan, da Antonio Sassano (ingegnere, docente a Tor Vergata); da Matteo Maggiore (ex Bbc, ora all'Ocse), Francesco Siliato (Sole24ore); gli ex consiglieri Rai Stefano Balassone e Carlo Rognoni; Stefano Cuppi consulente per il digitale terrestre; un dirigente dell'Agcom, un giornalista di Rai International - immaginano una svolta che avvicini l'Italia alla Francia, all'Inghilterra, alla Spagna. Premono perché nessuna rete pubblica ospiti spot con la sola eccezione di RaiUno. Oggi la legge Gasparri autorizza i canali statali a raccogliere inserzioni per il 12% di ogni ora. Nel nuovo regime RaiUno, secondo Repubblica, potrebbe spingersi al 18% proprio perché unica ad avere pubblicità.

Come farà la Rai a sopravvivere senza spot? I saggi sostengono che basterà il canone, che il governo Renzi si appresta a modificare collegandolo alla spesa delle famiglie, all'evasione che sarà così ridimensionata, e da un contributo che lo Stato garantirà ogni anno alla sua televisione, un contributo diretto alle attività di servizio pubblico come quello che si è imposto in Europa.