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martedì 6 maggio 2014

8 Maggio, incontro con l'On. Lara Comi. Tema: "Lavoro e opportunità in Europa"

8 Maggio, incontro con l'On. Lara Comi. Tema: "Lavoro e opportunità in Europa"

A Cura di Gaetano Daniele




L'8 maggio alle 16.30, presso il suo point elettorale in Corso Buenos Aires angolo via Redi a Milano, l'Onorevole Lara Comi organizza l'incontro "Lavoro e Opportunità in Europa", insieme a Valentina Aprea, assessore Regione Lombardia e Istruzione, formazione e lavoro.

Sarà l'occasione per raccontare quali e quante sono le opportunità offerte dall'Europa ai giovani

Ci sono migliaia di posti di lavoro, al Parlamento, che nessuno occupa perchè non ne è a conoscenza o perchè, spesso, le procedure da seguire per candidarsi sono ermetiche. E lo stesso dicasi per i fondi erogati a favore delle start up e delle micro imprese giovanili.

  • L'ingresso è libero
  • Tutti sono invitati a partecipare 


L'On. Comi è a disposizione l'8 Maggio, per interviste e approfondimenti, non mancare

Incontro candidati Europee presso Confindustria Caserta, Rivellini: Scontro con Pina Picierno... Ma lei ha avuto 80 euro!

Incontro candidati Europee presso Confindustria Caserta, Rivellini: Scontro con Pina Picierno... Ma lei ha avuto 80 euro!



L’eurodeputato Enzo Rivellini, candidato alle elezioni europee nella lista FI/Berlusconi, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Al confronto con i candidati alle europee nei giorni scorsi a Caserta presso Confindustria, dopo aver ascoltato chiacchiere, chiacchiere e ancora chiacchiere, sono intervenuto per dire le seguenti cose:

1) Bisogna votare la persona, verificando il lavoro che ognuno ha svolto;

2) Occorre sottoscrivere, unitamente alle proposte di Confindustria, anche la mia proposta di uno Statuto Europeo dei Lavoratori, perché non possiamo permettere ai Paesi aderenti alla Comunità Europea di avere un costo del lavoro, una sicurezza sul lavoro e una burocrazia in materia diverse tra loro. Ciò infatti determina concorrenza sleale;

3) Occorre abolire l’attuale sistema di formazione professionale. Occorre affidare i fondi Ue direttamente alle aziende che potranno assumere, con regolare contratto, i giovani;

4) Bisogna dare la possibilità anche alle Associazioni di Categoria come Confindustria di accedere ai fondi indiretti;

Naturalmente ho proposto che tutti i prossimi eletti al Parlamento Europeo non facciamo come gli ultimi Premier (Monti, Letta, Renzi) che hanno chiesto alla Merkel il permesso anche per fare la pipì. Ed infine un simpatico siparietto si è consumato alla domanda del moderatore dell’incontro di stamani, ovvero se io ero pronto a votare un deputato italiano anche di un altro schieramento per la prossima presidenza del Parlamento.

Ho risposto di aver già votato Gianni Pittella Vice-Presidente nella legislatura che volge al termine e poi estraendo 80 euro dal portafoglio ho detto che avrei votato Pina Picierno se con questi soldi mi avesse spiegato come fare la spesa per ben due settimane. In sala hanno riso tutti, tranne ovviamente la stessa Picierno».

Sono troppe le gaffe di Alfano: serve un ministro dell'Interno

Sono troppe le gaffe di Alfano: serve un ministro dell'Interno


di Stefano Filippi


Dalla crisi diplomatica con il Kazakhstan agli sbarchi ininterrotti fino alla trattativa con gli ultrà



Povero Angelino Alfano. Ci mancava soltanto Genny 'a Carogna per complicargli la già travagliata vita da ministro. Fra una crisi internazionale con il Kazakhstan e le imbarcate di clandestini disperati, il capo degli ultras del Napoli che detta le condizioni per disputare una partita è come il bambino della favola di Andersen che urla «Il re è nudo». Lo sapevano già tutti, ed ecco una circostanza imprevista che fa crollare il palco delle ipocrisie e delle convenienze. Il ministro è nudo (metaforicamente parlando) ma continuerà a sfilare come se nulla fosse, e molti insisteranno imperterriti a fare finta di nulla. Silvio Berlusconi, il primo a smascherare l'assenza del «quid», stroncò come leader politico l'ex guardasigilli. Ma ora il giudizio si estende alla sua azione al Viminale, dove si è chiuso da un anno prima con Enrico Letta e poi con Matteo Renzi. E nemmeno da titolare dell'Interno Alfano riesce a esibire quel benedetto «quid». Il primo campanello d'allarme suonò con lo scandalo del rimpatrio di Alma Shalabayeva e della figlioletta, un intrigo diplomatico culminato nel blitz dell'espulsione che costò la testa di due alti funzionari del Gabinetto del ministro.

Alfano invece l'ha scampata. Disse che non sapeva, non era stato informato dai sottoposti. Se conservò la poltrona al Viminale deve ringraziare una sola persona: il presidente Giorgio Napolitano. Il quale vegliava con tutti i suoi poteri sul fragile governo Letta e decise che il suo governo non poteva rischiare il naufragio dopo appena tre mesi dal varo. E Angelino continuò a inanellare gaffe. Una mattina dello scorso marzo si è presentato in tv con la solita faccia seria annunciando con enfasi che le forze dell'ordine stavano dando una caccia serrata al killer che aveva massacrato tre bambini a Lecco. Tutta Italia sapeva da un paio d'ore che l'omicida era la madre: tutti tranne Alfano. Cattureremo l'omicida, e intanto la donna era già sotto torchio in caserma. Soltanto alle 17 il ministro cinguettò la notizia su Twitter. Come per la Shalabayeva, ecco un altro caso di mancata comunicazione tra ministro e inquirenti, uno squarcio di preoccupazione su come funziona la catena di comando e la trasmissione delle informazioni al ministero dell'Interno.

Episodi che rappresentano una metafora della lontananza di Alfano dal Paese reale. Ma quante cose si svolgono all'insaputa di Mister Quid? Egli non sapeva nemmeno, lo scorso febbraio, di aver copiato pari pari da Sinistra e libertà uno slogan elettorale. Il compagno Angelino aveva infatti chiesto la riduzione delle tasse su famiglie e imprese lanciando l'hashtag #lastradagiusta, slogan già utilizzato da Sel. La gestione dell'emergenza immigrazione è un manuale di come non ci si deve comportare. Parola di Giovanni Pinto, direttore centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, che una settimana fa ha ammesso: «L'operazione Mare Nostrum ha dato risultati eccellenti anche se ha incrementato le partenze dalla Libia». Alfano non è riuscito a evitare l'emergenza: dall'inizio dell'anno gli sbarchi hanno raggiunto quota 25mila. L'anno scorso erano stati 43 mila e nel 2011, anno di massima crisi per lo scoppio della primavera araba e il colpo di stato in Libia, gli approdi furono 65mila. Un record che, di questo passo, potrebbe essere agevolmente battuto. Pare addirittura che la presenza di navi italiane abbia consentito ai mercanti di carne umana di ridurre le pretese economiche, perché ci pensa la nostra Marina militare a completare le operazioni di traghettamento. In compenso, in un'assemblea del Ncd Alfano si è intestato il merito del fermo di Marcello Dell'Utri in Libano nelle ore in cui a Roma, messa sottosopra da scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, un agente (poi definito «un cretino» dal capo della polizia) ha calpestato un ragazzo scambiandolo per uno zainetto. Ed eccoci a sabato, con la trattativa stato-ultras e il Viminale che, come il solito, non ha visto nulla. All'Interno serve un ministro. Che possibilmente non si chiami Alfano.

Santoro risponde a Grillo: "O ci rispetta o lo ripagheremo con la stessa moneta".

Santoro risponde a Grillo: "O ci rispetta o lo ripagheremo con la stessa moneta"


"O Grillo impara a rispettare noi, o ripagheremo con la stessa moneta - ma non con la stessa tecnica". Michele Santoro mette nel mirino Beppe Grillo. Il teletribuno risponde così al leader pentastellato che qualche giorno fa aveva etichettato Santoro come  "giornalista del giorno", colonna dell'infamia del blog 5 Stelle, reo, secondo i grillini, di aver ospitato nella puntata di Servizio pubblico del 1 maggio un operaio della Lucchini, l'acciaieria di Piombino che si appresta a chiudere i battenti. Ora Santoro risponde all'attacco del comico genovese durante la presentazione di AnnoUno, il nuovo programma di La7 condotto da Giulia Innocenzi. "

Cique stelle re del gossip - Poi prosegue: "I Cinque Stelle sono diventati bravi con il gossip, una sorta di Casaleggio-Dagospia contro gli avversari", commenta il conduttore televisivo. Poi aggiunge: "Mi auguro che Grillo dismetta questi toni illiberali, è un politico e non può più parlare come un comico. Quando si parla di peste rossa, Grillo usa gli stessi argomenti che usava Berlusconi. Potrebbe finire come in Egitto", dice Santoro. "Non credo che Grillo abbia merito per dare giudizio morale sugli altri. Online si sta creando una sorta di piazza Tahrir anti istituzionale a prescindere. I talk show soffrono anche di questo". 

Il futuro - Infine Santoro parla anche del suo futuro. "Ho avuto all’inizio di quest’anno un lungo confronto con il nostro editore, Urbano Cairo, perchè ero molto scettico se continuare o meno con Servizio pubblico l’anno prossimo: ritenevo infatti che fosse un ciclo concluso. Invece Cairo ha insistito molto perchè io continuassi e alla fine sono stato contagiato e ho ceduto alle sue richieste". 



Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici

Ornella Vanoni e Loredana Bertè show: lite ad Amici 



Due icone della musica italiana e due caratterine che non le mandano di certo a dire. Anzi se le dicono. Ieri, durante la sesta puntata del serale di Amici Ornella Vanoni e Loredana Bertè si sono punzecchiate davanti a Maria De Filippi. Il motivo? Questioni canore.

Il battibecco - La sfida è tra la squadra bianca e quella blu. I bianchi, del coach Miguel Bosè, si sono esibiti con la Vanoni mentre con la squadra Blu, del coach Moreno,c'era la Bertè. A conclusione dell'esibizione comparata con i giovani concorrenti la Vannoni lancia la fracciatina: "Io sono qui per i ragazzi, mentre la Bertè ha cantato sopra i ragazzi". La risposta della Bertè non si fa attendere: "Ho cantato qualche volta sopra i ragazzi, ma perchè il pezzo lo permette". Da qui uno screzio tra le due signore che sfocia in una sfida canora. Le due big iniziano a cantare a botte di pezzi musicali sfidandosi per avere l'applauso del pubblico.

L'intervento della pacera - Maria De Filippi ha cercato di intervenire in questo piccolo battibecco sottolineando che "le signore non sono in gara". "Sono sopraffatta", ha ammesso ad un certo punto la conduttrice. Tutto poi è finito con un abbraccio tra le cantanti.

lunedì 5 maggio 2014

Macché Bruxelles, il voto è sul governo

Macché Bruxelles, il voto è sul governo


di Vittorio Feltri

L'Editoriale di Vittorio Feltri

Gli italiani non guarderanno ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra


Tra 20 giorni si vota per rinnovare il Parlamento europeo, ma in Italia (e forse non solo in Italia) non si parla di questioni continentali, la cui sostanza probabilmente sfugge a tutti o quasi. Si preferisce discettare - more solito - di Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Gli elettori e gli stessi politici coinvolti nella campagna elettorale trascurano Bruxelles e Strasburgo e puntano a Roma, al governo nazionale. Basta sfogliare i giornali o accendere il televisore per comprenderlo: i commenti scritti e i talk show sono dedicati alle nostre faccende interne, complesse e perfino drammatiche, ma che con l'appuntamento del 25 maggio non c'entrano nulla.

Cosicché coloro che si recheranno a breve ai seggi non guarderanno, nel dare la preferenza a questo o a quel partito, ai problemi provocati dalla dissennatezza dei timonieri Ue, ma alla politica di casa nostra. Il risultato fornito dalle urne non servirà pertanto a modificare - non diciamo migliorare - i comportamenti dei soloni europei, da cui dipendono le fortune (poche) e le sfortune (tante) delle istituzioni comunitarie. Assolutamente no. Al massimo lo spoglio delle schede sarà decisivo per misurare il gradimento dell'opinione pubblica circa l'operato del governo in carica, e indicheranno quale sarà il destino del Pd, di Forza Italia e del Movimento 5 stelle.

C'è una dicotomia tra gli elettori e i partiti che dovrebbero rappresentarli. I primi (circa il 50 per cento) non fanno mistero della propria ostilità nei confronti dell'euro e dell'Europa; i secondi non osano invece esprimere dubbi sulla propria fedeltà al progetto (semiabortito) comunitario, vergognandosi all'idea di apparire scettici o, peggio, antieuropei tout court. In pratica, le forze politiche - comprese quelle che si presentano in veste pseudorivoluzionaria - aderiscono acriticamente al piano di rafforzamento della Ue e affermano di volerlo realizzare, ma non sanno come realizzarlo e ignorano addirittura se sia auspicabile un sistema federale o non piuttosto un modello sovrannazionale da definirsi.

Anche gli europeisti più convinti (a parole) evitano di proporre un programma per passare dalla fase comunitaria sperimentale a quella effettiva. Se ne stanno tutti zitti e coperti in attesa di capire come sia possibile avere una moneta unica senza avere uno Stato unico (America docet). Si va avanti alla carlona, a spanne, confidando in un miracolo: e cioè che i Paesi membri si amalgamino e trovino prodigiosamente la tecnica per far convivere cani e gatti. Ma le soluzioni miracolistiche sono altamente improbabili.
Frattanto regna la confusione; numerose persone - direi la totalità - identificano nella cancelliera tedesca, Angela Merkel, la responsabile delle magagne europee, quasi che la Germania non fosse uno Stato membro, un Paese uguale agli altri, ma una sorta di traino meritevole di avere la leadership dell'intero continente. Difatti, quando un antieuropeista desidera sfogarsi contro la Ue, non insulta Bruxelles, bensì Berlino; si scaglia contro la Merkel sicuro che ella sia avviata a costituire il Quarto Reich. Può darsi che miri a questo, ma chi impedisce agli altri Paesi di mandarla al diavolo e di staccarsi dalla Ue?

La verità è che siamo succubi - noi italiani e molti altri popoli - della superiorità organizzativa e culturale dei tedeschi, li invidiamo, li temiamo e, quindi, odiamo la Merkel, considerandola simbolo di un primato che non digeriamo. In assenza di un disegno alternativo a questa Europa, e in mancanza di coraggio per rifiutarla nonché della forza per studiarne un'altra più corretta, nascondiamo la testa sotto la sabbia e aspettiamo eventi. Quali? Chi s'illude che Renzi riesca a imporsi sulla cancelliera, chi auspica un ritorno di Berlusconi alla grande, chi sogna Grillo che marcia su Berlino in sella a un cavallo bianco e fa giustizia dopo aver sfasciato lo sfasciabile.

Nel frattempo c'impegniamo anima e corpo nelle nostre sempiterne beghe caserecce, gli uni addosso agli altri, tutti accecati dalla rabbia e incapaci di tutelare gli interessi nazionali. E per distrarci dibattiamo se sia più carina Mara Carfagna o Maria Elena Boschi, se vinceranno gli astensionisti o i grillini.
Non ci rendiamo neanche conto che, se siamo conciati così, è solo colpa nostra.

L'INTERVISTA A "IL MATTINO" - Genny 'a carogna: "State sbagliando, non preoccupatevi di me ma del ferito"

L'INTERVISTA A "IL MATTINO" - Genny 'a carogna: "State sbagliando, non preoccupatevi di me ma del ferito"

di Daniela De Crescenzo

Gennaro De Tommasso
soprannome: Genny la Carogna

NAPOLI - «State sbagliando: non è di me che dovete preoccuparvi, ma del ragazzo che è stato ferito»: Genny la Carogna, o meglio Gennaro De Tommaso, parla pacato. Non si difende. Attacca. Trovarlo non è difficile: tra Forcella e piazza San Gaetano, dove è nato, lo conoscono tutti. E i messaggi corrono veloci: basta chiedere di lui, qualcuno accetta di chiamarlo e l’appuntamento è fatto.

Jeans e giubbino, mani in tasca e viso affranto, la Carogna offre un immagine che non ti aspetti. A cominciare dal nome: non è suo, raccontano nei vicoli, lo ha ereditato dal padre, e non indica cattiveria, ma sfortuna. E di quel nome lui non fa mistero e non si vergogna, anzi sorride dell’imbarazzo di chi lo pronuncia. E non è vero nemmeno che a suo carico sabato ci fosse un Daspo, una diffida con obbligo di firma: il provvedimento, spiegano quelli della curva A, è scaduto da tempo.

Seduto tra gli amici su una panchina del centro storico non è facile riconoscere Genny, anche se la sua immagine impazza sul web e una pagina Facebook che lo sostiene in poche ore ha già raggiunto i seimila «mi piace». Il ragazzo pacato che difende le ragioni sue e dell’intera Curva A somiglia poco a quello che ha sbalordito milioni di italiani in diretta Tv. Lo abbiamo visto tutti con la maglietta che inneggia Speziale, l’ultrà del Catania, condannato per l’uccisione di un poliziotto Raciti, mentre con le braccia alzate e coperte di tatuaggi sembra dare il via alla partita tenendo in pugno i sui compagni. E quindi la squadra. E quindi le forze dell’ordine. E quindi una capitale assediata. Ma lui smentisce categoricamente che tutto questo sia successo. E racconta una storia completamente diversa. A volte confusa, lacunosa. Ma che esclude assolutamente ogni patto con la squadra e con le forze dell’ordine.

Come è andata veramente sabato a Roma?
«Quelle che sono state scritte sono tutte sciocchezze. Hamsik è venuto da noi solo per rassicurarci sulle condizioni del nostro amico, per dirci che stava meglio, che poteva farcela. Lo stesso messaggio che ci hanno dato le forze dell’ordine. Noi abbiamo parlato con tutti con calma e rispetto, senza minacce o provocazioni. Non c’è stata alcuna trattativa tra la Digos e la curva partenopea sull’opportunità di giocare o meno la partita. Il resto sono invenzioni dei giornalisti».

Quindi nessuna trattativa?
«Ovviamente no. Quello che è successo sabato è inaudito, non era mai accaduto che qualcuno sparasse ai tifosi. Di tutto questo sembra non importare niente a nessuno. Ma a noi sì, a noi interessa. Ed è per questo che abbiamo deciso di rinunciare alla coreografia che avevamo organizzato e che ci era costata quindicimila euro. E la stessa cosa hanno fatto anche i supporter della Fiorentina. Come avremmo potuto srotolare gli striscioni, e cantare, e ballare quando uno di noi era in fin di vita? Ci siamo rifiutati di farlo. Ma non abbiamo minacciato nessuno e non abbiamo detto di non giocare. Né avremmo avuto il potere per farlo. Noi non possiamo decidere nulla».

Siete rimasti sugli spalti?
«No. Nessuno poteva costringerci a restare allo stadio e infatti subito dopo il primo gol molti di noi sono andati via. Più che del Napoli ci interessava di quel ragazzo in fin di vita. Perciò siamo rimasti tutta la notte in ospedale con la famiglia e con le forze dell’ordine».

Come è stato ferito il tifoso napoletano. Cosa è successo prima dell’ingresso allo stadio?
«Ci stavamo dirigendo verso la curva Nord dell’Olimpico scortati dalle forze dell’ordine. Poi è successo l’inferno, abbiano sentito i colpi e ci siamo accorti che tre di noi erano rimasti a terra. Una cosa del genere non si era mai vista, pure quando uccisero quel tifoso all’Olimpico, Paparelli: allora non spararono un colpo di pistola, ma un razzo che purtroppo gli finì in un occhio. Perciò i fatti di Roma sono gravissimi».

E quella maglietta che inneggia all’assassino di Raciti, non è un gesto di sfida?
«No, anzi. L’unica cosa importante di questa storia ormai è diventata la maglietta che io e gli altri tifosi indossiamo. ”Speziale libero” c’è scritto. Ma attenti: la maglietta è in onore di una città dove abbiamo tanti amici e nei confronti di un ragazzo che sta chiedendo attraverso i suoi legali la revisione del processo. È una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari».

Ma le tifoserie non ricattano, non minacciano, non tengono in pugno le società?
«Tutte favole».

L’intervista è conclusa. Intorno alla panchina di Genny restano quattro o cinque giovanotti, poi ogni tanto c’è chi va, c’è chi viene. Insieme hanno visto le partite in un pub e ora restano riuniti in piazza tra le scritte che inneggiano «Mastifest».

Sono in attesa di notizie da Roma, hanno un filo diretto con la famiglia di Ciro Esposito e sono in collegamento anche con un gruppo di supporter della Lazio: «Perché la filosofia ultras - spiega uno - non è quello che voi raccontate. Ma è anche solidarietà tra tifosi». E un altro conclude: «Se ci sarà bisogno organizzeremo una colletta per permettere alla famiglia del nostro amico di restare a Roma per assisterlo». Poi tutti si raccomandano: «Scrivete la verità. Fateci il piacere: non vi inventate niente».