L’ARMA
DELLA PREGHIERA PER FERMARE QUELLE DELLA CAMORRA
A Cura di Padre Maurizio Patriciello
Sono
venuti in tanti in chiesa, come ogni 13 del mese, a invocare la
Vergine Maria. È un’esigenza del cuore. Ne sentiamo il bisogno
tutti: parroco e fedeli. Soprattutto
in queste ore in cui il cielo di Napoli si va di nuovo addensando di
nubi brutte e minacciose che non lasciano presagire niente di buono.
Ci siamo soffermati a riflettere che in ambiente di camorra sono
sempre i maschi a impugnare le armi. Le donne restano nell’ombra.
Spesso, a dire il vero, sono le prime vittime della prepotenza dei
congiunti; altre volte sono complici, ma mai con la pistola in mano.
Questo tristissimo primato, del quale vergognarsi, va riconosciuto ai
maschi. È sul loro petto che va appuntata le macabra medaglia. Sono
essi, infatti, a incutere terrore in queste ore buie come una notte
senza luna e senza stelle. Sono loro che si arrogano il diritto di
eliminare dalla terra chi fu creato a immagine di Dio. Sono sempre
loro che usurpano un potere che nessuno uomo ha ricevuto mai e che
mai nessuno potrà concedere: decidere chi è degno di essere
lasciato in vita e chi, invece, non lo è. Davanti all’altare ci
siamo detti: se tanti nostri fratelli in umanità deturpano la
bellezza della vita e rapinano i bambini della gioia che spetta loro;
se tanti uomini hanno fatto del sopruso il loro vanto; se la camorra
continua a rovinare l’esistenza di una moltitudine di persone,
bisogna correre ai ripari. Riparare, ecco. In un modo misterioso ma
reale, noi, Chiesa di Cristo, disseminata provvidenzialmente in
quartieri difficili e problematici, faremo la nostra parte. Non ci
tireremo indietro. Non faremo mancare alle sofferenze di Cristo il
nostro contributo. Anche noi abbiamo le mani per impugnare le nostre
armi, un cuore che si ribella a tanto scempio. Ma, al contrario di
chi deturpa il mondo mostrando tutta la sua miseria, noi siamo
ricchi. Ricchi di fede, di speranza e di grazia di Dio. Noi siamo
forti della promessa di Gesù: «Io sarò con voi tutti i giorni fino
alla fine del mondo...». Dio non ci lascia soli. Noi abbiamo la
certezza che sulla croce Gesù ha già vinto il male. E la morte. Noi
sappiamo che là dove il peccato abbonda e sembra vincere, in realtà
la grazia sta sovrabbondando. Anzi, già straripa. Anche quando non
ce ne rendiamo immediatamente conto. Perché indugiare, dunque? Se
sono per lo più i maschi a cedere alla tentazione di macchiarsi di
sangue – innocente o meno a noi non importa, la vita di Caino è
sacra quanto quella di Abele
– altri maschi impugneranno un’altra
arma per combattere la guerra. Un’arma la cui efficacia ben
conoscono i credenti. E i santi. Un’arma insolita, per chiedere a
Gesù e alla Sua Mamma la pace, la concordia, la giustizia per questo
nostro territorio martoriato e bello. Se il demonio fa proseliti e
arruola gente al suo servizio, ci sarà altra gente che con la corona
del Rosario in mano, invocando Maria, eleverà al Signore della vita,
suppliche e preghiere. Perché alla nostra terra vengano risparmiate
ulteriori, inutili sofferenze. Perché lo Stato faccia in fretta la
sua parte per bloccare chi ha perduto o sta perdendo il ben
dell’intelletto. Perché i vari clan camorristici, con i loro capi,
i loro boss, i loro pezzi da novanta, si rendano conto che, sciupando
la vita in questo modo assurdo, saranno sempre dei perdenti. Sempre
dei poveri sconfitti. Perché lo Spirito Santo arrivi, come solo Lui
sa fare, nelle pieghe più nascoste di tanti cuori induriti. E, come
balsamo, consoli, guarisca, converta. «Ave Maria piena di grazia il
Signore è con te...». Nella penombra riposante della sera risuonano
le voci dal timbro forte dei fratelli che invocano la Vergine. Lei
che ottenne da suo Figlio il primo miracolo a Cana di Galilea, doni
al popolo campano, al Santo Padre, all’Italia intera la gioia di
vedere forgiate in falci le armi capaci solo di seminare disperazione
e morte.