Legge elettorale, la paura dei grillini è di entrare "nel club dei partiti"
La bufera che sta travolgendo la riforma della legge elettorale ha poco o niente a che fare con i tecnicisimi su preferenze, collegi e capilista bloccati. Ieri alla Camera oltre 60 deputati non hanno votato in linea con l'accordo che sembrava in cassaforte tra Pd, Forza Italia, M5S e Lega. Altri 40 erano in missione, alcuni con scuse da lana caprina, come la grillina Lombardi che ha preferito la recita di fine anno di sua figlia. Beppe Grillo ha fatto la solita parte del Ponzio Pilato, scaricando la decisione tutta agli attivisti che nel weekend dovranno dettare la linea ai parlamentari del Movimento con un referendum online.
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Lo psicodramma è infatti tutto grillino. Secondo il retroscena del Corriere della sera, il terrore di una fronda importante, in termini numerici, del Movimento è che questo accordo non sia mai perdonato dalla base più dura e pura. Al netto dello scetticismo del Pd per la parola data dai grillini sulle prossime votazioni, restano tutte le paure dei pentastellati vicini a Roberto Fico, intimoriti dal fatto che una legge elettorale concordata con tutti gli altri partiti possa mettere il M5S sullo stesso piano: "Co darebbero il benvenuto nel club dei partiti", avrebbe sussurrato un grillino allo scissionista del Pd, Stumpo. La paura è di sporcarsi le mani, diventare pezzo di quella Casta che fino ad oggi ha tenuto in piedi l'ultima apparente differenza tra "noi e loro", tra i cittadini prestati alla politica e i politici di professione. Le votazioni sono quindi slittate a martedì, nel frattempo il M5S dovrà provare a chiarirsi le idee.
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