E' al centro della ‘scelta terapeutica’ la personalizzazione del trattamento
di Eugenia Sermonti
Non è solo questione di genotipo, gli specifici bisogni terapeutici che caratterizzano le diverse popolazioni di pazienti con epatite C costituiscono un vero e proprio ‘mare magnum’. Cirrosi, co-infezione HCV-HIV, comorbidità di differenti entità, precedenti fallimenti del trattamento: sono moltissime le condizioni che possono complicare ulteriormente il quadro clinico di un paziente con HCV e richiedere una cautela particolare nella definizione della terapia. Le persone con Epatite C, infatti, non sono tutte uguali e, proprio nell’ottica di una gestione ottimale del paziente, queste differenze devono emergere e diventare centrali nella scelta terapeutica, secondo un approccio personalizzato. La personalizzazione del trattamento rappresenta il fulcro del percorso verso l’eliminazione dell’epatite C, un percorso sempre più vicino all’obiettivo, anche grazie all’introduzione di antivirali diretti (DAAs) ancora più potenti ed efficaci; tra questi Zepatier, combinazione di elbasvir, inibitore della proteasi NS5A del virus HCV, e grazoprevir, inibitore della proteasi NS3/4A, recente invenzione innovativa di MSD che ha ottenuto l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per il trattamento del virus dell’epatite C cronica Genotipo (GT) 1 o 4.
La sicurezza e l’efficacia di elbasvir/grazoprevir sono state valutate in un vasto e robusto programma di studi clinici su più di 2.300 soggetti con epatite C cronica. Il programma di sviluppo clinico ha incluso differenti tipologie di pazienti con epatite C, compresi quelli più difficili da trattare. La combinazione elbasvir/grazoprevir ha dimostrato efficacia in una ampia popolazione di soggetti con infezione da HCV, anche in quelli più difficili da trattare: sono stati ottenuti, negli studi clinici, tassi di risposta SVR12 superiori al 90 per cento in pazienti naive e pretrattati, con cirrosi compensata e senza cirrosi, con insufficienza renale e/o emodialisi, con co-infezione HIV/HCV e in terapia sostitutiva con oppioidi. Lo schema terapeutico del farmaco è semplice: una pillola,una volta al giorno, senza restrizioni di cibo, per 12 settimane di trattamento nella maggior parte dei pazienti, senza ribavirina. Non si evidenzia alcuna interazione farmacologica clinicamente significativa con i più comuni farmaci utilizzati (ad esempio inibitori di pompa protonica). Inoltre, il regime di trattamento non richiede aggiustamento del dosaggio nei casi di insufficienza renale.
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«I risultati ottenuti con i DAAs contro il virus HCV sono in generale molto buoni. Il risultato può tuttavia essere sempre meglio garantito da una terapia ‘personalizzata’, più adatta al singolo caso, il che rende utile poter disporre del maggior numero possibile di opzioni terapeutiche - dichiara Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all’Università di Milano - negli studi clinici su pazienti mai trattati prima, indipendentemente dal fatto che fossero cirrotici o meno, dodici settimane di assunzione di elbasvir/grazoprevir una volta al giorno hanno consentito di eradicare il virus nel 95,8 per cento dei casi; un identico risultato è stato raggiunto nelle persone coinfettate con HIV (96 per cento), nei pazienti trattati con antagonisti degli oppiacei (94 per cento) e nei pazienti con danno renale (99 per cento). Anche il sottotipo 1b, il più ‘difficile’, è stato debellato in oltre il 93 per cento dei casi. Una performance che conferma l’efficacia di questo trattamento in molte tipologie di pazienti con infezione da HCV 1 e 4, e anche con condizioni di base complesse». In Italia, si stima che siano oltre un milione le persone con infezione da HCV, delle quali appena 300 mila diagnosticate. L’epatite C è pertanto considerata una questione prioritaria di salute pubblica e, come tale, richiede un approccio sinergico che associ trattamento dei pazienti eattività per promuovere la prevenzione e la diagnosi del sommerso.
«L’epatite C colpisce circa l’1-2 per cento della popolazione mondiale: circa 150 milioni di individui infetti - dichiara Stefano Fagiuoli, direttore Unità Complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia - ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo - alcune stime indicano come possano essere circa un milione i soggetti infetti dal virus HCV in Italia; tuttavia il dato reale risulta difficile da quantificare per mancanza di dati epidemiologici validi. L’unico dato verificato riporta che i pazienti formalmente seguiti e registrati dai Centri specializzati di cura siano circa 300 mila, dei quali 75 mila già trattati; mentre non è possibile quantificare il sommerso. Ogni anno si verificano nel nostro Paese quasi mille nuovi casi di infezione HCV. L’obiettivo dell’eliminazione dell’epatite C potrà essere raggiunto solo associando l’azione di trattamento di tutti i casi conosciuti con l’azione di ‘case finding’ per individuare quanto possibile i casi di infezione sommersa». In merito al trattamento, in Italia è stato recentemente compiuto un ulteriore passo avanti: l’AIFa, l’Agenzia Italiana del Farmaco, ha ridefinito i criteri di rimborsabilità dei farmaci innovativi per l’epatite C cronica, ampliando così le possibilità di accesso alle terapie di ultima generazione e attivando i Registri per il monitoraggio.
«Con l'ampliamento dei criteri di accesso ai farmaci innovativi cambia tutto - dichiara Ivan Gardini, presidente EpaC Onlus - se prima avevamo barriere di accesso e i farmaci venivano offerti e rimborsati dal SSN solo a metà dei pazienti con epatite C che ne avevano diritto, da un mese a questa parte tutti i pazienti possono aver accesso alla loro terapia e ottenere dal proprio medico curante l'indicazione su quando verranno messi in trattamento, grazie alle liste d'attesa nelle quali saranno inseriti, liste d'attesa più o meno lunghe a seconda del centro di cura. Questo è il primo passo verso la normalità. Quanto tale cambiamento influirà sullo scenario futuro lo vedremo, così come vedremo se l'eliminazione dell'epatite C è un obiettivo primario per le Regioni nei loro Piani sanitari. Noi non possiamo che auspicare che le Regioni ripensino alle strutture ricettive che possono prendere in cura i pazienti, i modi per farlo sono di diverso tipo: rinforzare i Centri esistenti, nominare nuovi Centri o ripensare a tutta la rete di cura secondo il modello hub&spoke. Per adesso siamo all'anno zero di un vero piano di eliminazione dell'epatite C». L’obiettivo eliminazione è dunque sempre più vicino, ma potrà essere raggiunto solo attraverso la partnership tra tutti i portatori di interesse coinvolti nella lotta all’HCV. Tra questi, le aziende.
MSD, che da quasi un trentennio è impegnata in questa battaglia contro l’epatite C, e da oltre 125 anni nella lotta alle malattie infettive, ha fatto della partnership a tutti i livelli un tratto distintivo: non solo con Istituzioni, pazienti e medici, ma anche con team di scienziati internazionali che per anni hanno lavorato all’implementazione di elbasvir/grazoprevir. Tutto questo lavoro è stato oggi premiato. L’ultimo riconoscimento in ordine temporale è stato insignito dall’American Chemical Society - la Società scientifica più vasta al mondo – proprio agli scienziati che hanno sviluppato la combinazione elbasvir/grazoprevir, premiati come ‘Heroes of Chemistry’, in virtù del fatto che, con la loro invenzione,avrebbero ‘determinato significativi miglioramenti nella vita delle persone’. «Nel settore farmaceutico, il valore di un’azienda si misura anche con l’impatto che i suoi prodotti e servizi hanno nella vita delle persone - dichiara Nicoletta Luppi, Presidente e AD di MSD Italia - da anni lavoriamo per questo, supportando la ricerca e condividendo gli sforzi con istituzioni, pazienti e comunità scientifica, con l’obiettivo di mettere a disposizione soluzioni terapeutiche efficaci, semplici e sostenibili. È il nostro compito ed è quello per cui continueremo a lavorare».
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