Matteo Renzi, è Carlo Calenda il ministro che non può sopportare
di Elisa Calessi
L’ultimo, in ordine tempo, con cui Matteo Renzi si è scontrato, al punto che sul suo nome è calato l’ostracismo, è Carlo Calenda, arrivato a Palazzo Chigi con Enrico Letta e promosso dal Renzi ministro dello Sviluppo economico. È stato il primo, dopo il 4 dicembre, a voltargli la faccia, criticando via stampa l’idea (di Renzi) di andare al voto subito. Da lì i rapporti sono sempre peggiorati. Fino al braccio di ferro di questi giorni sulla norma anti-scalata (pro-Mediaset), stoppata ogni volta in consiglio dei ministri dal Pd. I renziani lo accusano di avere ambizioni politiche. «Farà una sua lista, poi proverà a tratta».
Lui, del resto, non si sottrae ai sospetti. L’ultima proposta, che ha mandato su tutte le furie Renzi, è quella di fare una coalizione di “reponsabili” prima del voto. Ma quella dell’ex premier con i tecnici è una storia di reciproca ostilità. Le ragioni, del resto, affondano nel Dna del renzismo: restituire alla politica quel primato che i «poteri forti» avevano provato a toglierle. E i tecnici sono il potere numero uno. Il paradosso è che spesso è stato Renzi, in nome della meritocrazia, a reclutarli. Carlo Cottarelli, a dir il vero, no. Chiamato da Enrico Letta, Renzi conferma Mr Spending Review appena arrivato a Palazzo Chigi. Otto mesi dopo, torna all’Fmi. Aveva proposto tagli per 20 miliardi, dismissioni delle partecipate, cessioni delle quote di Eni e Enel, colpire le pensioni d’oro. Ma nella legge di stabilità entra ben poco. L’ex premier vuole mettere benzina al motore Italia, non ci sta a proseguire sulla via dell’austerity. Cottarelli scalpita.
Renzi lo accompagna all’uscita: «La revisione della spesa la facciamo comunque. Con o senza Cottarelli». Non va meglio con il successore, Roberto Perotti. Tappeti rossi, dichiarazioni di stima. Un anno dopo lascia. Per lo stesso motivo dell’altro: propone 10 miliardi di risparmi, ne sopravvivono 6, con 2 tolti al fondo sanitario.
Del resto anche con i tecnici «interni» non sono rose e fiori: di Yorem Gutgeld si sono perse le tracce. Con Filippo Taddei il rapporto è altalenante. Il nemico numero uno, però, è sempre stato il Moloch di via XX Settembre. Impersonato dal ministro Padaoan, ma in realtà incarnato dai custodi della macchina, a cominciare dal Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco, spesso sul punto delle dimissioni. O da Roberto Garofali, capo di gabinetto del Mef. Negli ultimi mesi la lotta è stata sui possibili aumenti di benzina e Iva. Renzi ha sbraitato. Sono spariti. Ma con Padoan, in realtà, il rapporto è buono. «Giocano al poliziotto buono e a quello cattivo». Il problema sono gli altri.
Poi c'è Stefano Boeri, voluto da Renzi a capo dell’Inps. Solo che il professore non ha risparmiato proposte e critiche su tutto. Dai giovani alle pensioni. Anche quando non richieste. Infine, di questi giorni, è l’esaurirsi del rapporto con Antonio Campo Dall’Orto, il super manager voluto dall’ex premier per fare la rivoluzione in Rai. Ora, dopo l’ennesimo caso, la puntata di Report sui vaccini, pare che sia pronto a lasciare.
Nessun commento:
Posta un commento