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mercoledì 1 febbraio 2017

Un test genetico può salvare vite ma ancora troppa disinformazione

Un test genetico può salvare vite ma ancora troppa disinformazione


di Matilde Scuderi



Una corretta diffusione delle informazioni è determinante quando si tratta di salute, per questo motivo è necessario che quando si parla di argomenti controversiali - come le mutazioni Brca e la chirurgia preventiva in caso di familiarità con tumori a seno e ovaie - occorre impiegare il massimo rigore scientifico e la massima attenzione. Le Brca, mutazioni genetiche ereditarie che se presenti predispongono allo sviluppo di tumori del seno e delle ovaie, possono essere individuate grazie ad un test genetico. Sapere se si ha o meno la mutazione è fondamentale, soprattutto se ci sono stati casi di tumore in famiglia, sia per stabilire strategie di prevenzione e di monitoraggio sia per determinare che terapia scegliere qualora vi fosse effettivamente l'insorgenza di un tumore. Purtroppo casi mediatici come quello di Angelina Jolie - che presentava numerosi casi di tumore mortale in famiglia e, dopo aver effettuato il test genetico scoprendo di avere la mutazione, ha deciso di asportare preventivamente seni e ovaie -  hanno creato un hype negativo, una sorta di 'montatura' e una grande disinformazione.

Una squadra di esperti si è quindi riunita a Milano per illustrare ad alcuni giornalisti scientifici luci ed ombre di questi argomenti, che troppo spesso non vengono compresi appieno o addirittura vengono interpretati in modo non corretto. Organizzato da Alleanza contro il Tumore Ovarico (Acto) onlus e aBRCAdaBRA, l’incontro ha ottenuto il patrocinio della Unione della stampa medico scientifica italiana (Unamsi) e il supporto non condizionato di Astra Zeneca. L’idea è nata dalle domande sull’argomento rivolte agli esperti di Acto onlus e dagli oltre 250 commenti che, in poco più di un mese, le donne hanno postato sulla pagina Facebook dell’associazione a seguito della campagna di informazione  'Io scelgo di sapere  - Brca e tumore ovarico'. I commenti hanno evidenziato come le informazioni vengano a volte male interpretate e possano creare false aspettative o dubbi nei pazienti e nei loro familiari, fino ad arrivare al fatalismo del ‘preferisco non sapere’ molto pericoloso nel caso di un tumore grave come quello ovarico. E’ partendo da questi dubbi che la giornalista Cinzia Testa, moderatrice dell’incontro, ha invitato a sfatare i miti e a illustrare le verità  sull’argomento nell’ordine, Liliana  Varesco, genetista dell'ospedale San Martino di Genova, Elisabetta Razzaboni, psico-oncologa del Policlinico di Modena, Domenica Lorusso, ginecologa oncologa dell'Istituto nazionale dei tumori Milano, Alberta Ferrari, chirurgo senologo del Policlinico San Matteo di Pavia, Stefania Gori, oncologa e presidente eletto dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) e Fabrizio Nicolis, oncologo e presidente Fondazione Aiom. Gli interventi,  ognuno seguito da una sessione di domande e risposte, hanno toccato  la genetica, la psico-oncologia, l’oncologia, la chirurgia profilattica, ovvero di riduzione del rischio. 

“Di test genetico e Brca si parla da tempo negli ambienti scientifici - afferma Nicoletta Cerana, presidente di Acto onlus - e si comincia a parlarne anche sui media, ma a volte in modo incompleto. Il nostro obiettivo è fare in modo che l’informazione giunga corretta e completa a tutte le pazienti e ai loro familiari. In questo modo saranno in grado di valutare tutte le opzioni terapeutiche, di sorveglianza e di rischio-riduzione”. Le fa eco Ornella Campanella, presidente aBRCAdaBRA: “La comunicazione può fare molto per il destino di una persona portatrice della mutazione genetica Brca, ecco perchè i media hanno un ruolo importantissimo nel veicolare l'informazione giusta, quella che sensibilizza le persone verso l'accesso al test senza schierarsi  nè a favore nè contro le scelte che ne conseguono. Crediamo davvero che da una comunicazione appropriata possa scaturire una scelta consapevole e incondizionata che in molti casi si traduce con la possibilità di salvare delle vite, spesso giovanissime”.

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