Laura Boldrini, quando viveva tra ragazze babà mezze nude
di Azzurra Noemi Barbuto
Per fortuna esiste Laura Boldrini. Eroica paladina delle donne, degli immigrati e delle desinenze femminili, il presidente della Camera, - pardon -, la presidentessa, è sempre pronta a schierarsi in difesa dei più deboli e degli emarginati, tra questi la sindaca più afflitta della storia, Virginia Raggi, accostata dal nostro giornale al tubero più amato al mondo: la patata.
«Piena solidarietà alla sindaca di Roma per l’inaccettabile volgarità sessista rivoltale dal quotidiano Libero», ha tuonato su Facebook la presidentessa, parlando anche di «becero maschilismo», di lesa «dignità delle donne». Insomma, Boldrini è stata bollente.
Ormai il termine «sessismo» è in voga più che mai, un po’ come la patata, che non passa mai di moda. Se oggi per la presidentessa della Camera il termine «patata» è degradante, un vilipendio alla dignità della donna, per la stessa era accettabile che le donne venissero esposte seminude in tv, in perizoma e reggiseno, e chiamate «spogliatelle» o «babà».
Era la bollente estate del 1988, Laura Boldrini aveva 27 anni, neo-laureata in giurisprudenza con tesserino da giornalista pubblicista, era entrata in Rai con un contratto a tempo determinato come assistente di produzione e lavorava all’interno di uno scanzonato programma in onda su Raidue il venerdì in prima serata, «Cocco», condotto da Gabriella Carlucci, regia di Pier Francesco Pingitore, noto regista de Il bagaglino.
Il programma, un Drive in dei poveri, quintessenza della scollacciata tv berlusconiana anni ’80, si apriva con la divertente sigla: «Cocco, cocco, io ti voglio, io ti ho nel pensiero, io ti voglio per me» e dall’inizio alla fine era un tripudio di corpi femminili che si dimenavano a ritmo di musica dance ed in abiti succinti più che mai, interrotti da giochi demenziali e dalle esibizioni della Cocco band, incorniciate dalle «spogliatelle» e dalle «babà», le modelle scosciate che facevano parte del cast del programma.
Insomma, il trattamento degradante qui lo ha subito solo la «patata», tubero osceno e volgare. Mentre «babà» e «sfogliatelle» sono termini ammessi per definire delle donne.
Oggi Boldrini si dice scandalizzata dai concorsi di bellezza e dalla presenza in tv di due modelli femminili dominanti: «La casalinga e la donna-oggetto, possibilmente muta e semi-nuda. Da lì alla violenza il passo è breve», ha dichiarato.
Eppure non si può non ricordare che lei stessa proviene da quegli ambienti a suo giudizio indecorosi e che le «spogliatelle» e le «babà» si esibivano davanti ai suoi occhi compiaciuti. È questo l’ambito in cui la presidentessa dalla brillante morale ha intrapreso la sua carriera lavorativa.
Ma a queste ipocrisie siamo ormai abituati. Boldrini manifesta due volti: uno bacchettone e l’altro libertino. Abbiamo raccolto lo sfogo di Marina Brasiello, presidente dell’associazione «Io no», la quale ci ha raccontato il suo incontro con la presidentessa della Camera avvenuto l’8 marzo del 2015. In occasione della festa delle donne, i membri dell’associazione di Brasiello si sono riuniti davanti a palazzo Chigi, per onorare, con una manifestazione pacifica e di piccole dimensioni, la memoria di tutte quelle madri, sorelle, mogli, figlie, vittime di omicidio.
Boldrini, come ci ha raccontato Brasiello, quel giorno ha riservato alle donne che l’aspettavano per ricevere un segno di vicinanza, un trattamento più adeguato a dei criminali che a delle vittime.
«Quando è arrivata Boldrini, ci hanno ordinato di stare zitti. Io mi sono avvicinata a lei e le ho detto che quelle donne erano lì per ricevere una parola di conforto, pregandola di concederla loro», racconta Brasiello.
La presidentessa della Camera ha risposto a questa richiesta ordinando alla polizia di allontanare Marina. Nessuna parola. Nessun gesto. Solo tanta indifferenza e alterigia.
«Ci ha trattate come se fossimo nessuno e questo ha amplificato la nostra sofferenza», continua Marina.
Per fortuna, al grido disperato di dolore di queste donne, ha risposto Giorgia Meloni, «che non solo è venuta in mezzo a noi, ma ha anche ascoltato una ad una le nostre storie. Non cambia molto, ma almeno Meloni ha donato un gesto d’amore a coloro che piangono i loro morti», conclude Brasiello.
E questo era tutto ciò che quelle donne avrebbero voluto: semplicemente essere ascoltate.
Forse si dovrebbero fare meno battaglie sull’uso della vocale «a» al posto della sessista «o» e schierarsi in difesa delle donne che hanno davvero bisogno di solidarietà. E che non sono Virginia Raggi.
Nessun commento:
Posta un commento