Il governo pensa alle banche, non è da sciacalli dire "prima i terremotati"
di Pietro Senaldi
@PSenaldi
Dopo quello della festa, è arrivato il giorno della tristezza. Il conto dei morti invece di quello dei salvati, e il dolore che subentra al sollievo alimenta la polemica. Il leader della Lega Matteo Salvini è stato accusato di sciacallaggio per essersi presentato con i doposci sotto i riflettori nel caldo degli studi televisivi di Roma, a rimarcare di essere stato il primo politico a precipitarsi nelle terre ancora colpite dal terremoto. Ma anche i Cinquestelle e la Meloni hanno polemizzato con il governo sui terremotati abbandonati al gelo e sono stati accusati, per questo, di speculare sulla tragedia.
Quando poi si è scoperto che a condannare a morte gli ospiti dell’Hotel Rigopiano travolto dalla slavina sono stati la mancanza di una turbina che liberasse la strada ai turisti, che ben prima della tragedia avevano chiesto di lasciare l’albergo, e il ritardo con cui i soccorsi sono partiti rispetto agli Sos inviati a disastro appena avvenuto, a finire sul banco degli imputati è stata la Protezione Civile. L’ex responsabile, Guido Bertolaso, capo della Protezione Civile italiana quando era la migliore al mondo, ha accusato il governo di averla smantellata per consegnarla alla politica e oggi dalle colonne di Libero il suo braccio destro, Agostino Miozzo, parla di «vendetta della burocrazia che ha depotenziato il sistema imbrigliandolo con troppe regole e referenti», iniziata - guarda caso - con il governo Monti. E allora l’emergenza e i morti sono diventati un eccellente scudo con cui respingere ogni polemica. Ma indagare le responsabilità, anche in questi attimi drammatici, non è un atto di sciacallaggio, bensì di giustizia.
Non vogliamo schierarci con i politici dell’opposizione che accusano il governo. Anche se siamo persuasi che, a ruoli invertiti, le cose non sarebbero andate diversamente, chi polemizza ha almeno il merito di dare voce a quello che pensa la gente. Più gravi, soprattutto per l’autorevolezza di chi le muove, sono le accuse di aver dato la Protezione Civile in pasto alla politica per vendetta ai tempi in cui l’Italia andava deberlusconizzata anche nelle cose che funzionavano. Bertolaso e Miozzo non possono essere tacciati di sciacallaggio, se non altro per la riconoscenza che dobbiamo loro per tanti anni di glorioso servizio. Ma anche chi rimarca come nel gelo dell’inverno gli sfollati del terremoto di agosto abbiano ancora una sistemazione provvisoria - ad Amatrice i destinatari delle 25 casette pronte, su 400 che ne servono, vengono estratti a sorte in una lotteria della disperazione degna del Terzo Mondo - non può essere accusato di speculare sulle tragedie. Anche perché, prima del referendum del 4 dicembre, qualcuno che a quel voto teneva molto si è vantato in tv del fatto che i terremotati erano tutti sistemati. Pubblicità ingannevole, e infatti non ha pagato.
La disequazione terremotati al gelo, clandestini al caldo, o quella che i soldi per salvare le banche fallite si trovano in 5 minuti, mentre quelli per mettere in sicurezza le aree sismiche non si sono trovati in 50 anni, non sono bassa polemica, bensì la fotografia del Paese. Dal 1992 gli italiani si sentono dire che sono sull’orlo del fallimento, che il debito pubblico ci divora e che dobbiamo per questo ammazzarci di tasse; è normale che chiedano conto di come vengono spesi i loro soldi, visto che sono sempre meno quelli che riescono a guadagnare e soprattutto che restano a loro disposizione dopo il passaggio del Fisco. Funziona come nelle famiglie. Finché il capofamiglia assicura il benessere a tutti, nessuno gli farà i conti in tasca su come spende mille euro; ma se in casa mancano i generi di prima necessità, diventa una questione anche come vengono impiegati 10 euro. Così lo Stato. Più taglia i servizi e più aumenta le tasse, più i cittadini gli chiedono conto di cosa fa dei loro soldi; e se per caso qualcuno ha da ridire sul fatto che invece che per mettere in sicurezza le case in prevenzione anti-sismica o per dare un tetto ai terremotati, i suoi quattrini vengono usati per finanziare coop che tengono i clandestini in lager finché non scoppiano le rivolte, o per risarcire, come documentato da Franco Bechis su Libero, al ritmo di un milione di euro al giorno gli speculatori che volevano fare affari su Mps al punto da trasformare le loro perdite in guadagni, questo qualcuno, e chi gli dà voce in tv, sui giornali o in Parlamento, va ascoltato anziché accusato di razzismo, sciacallaggio o idiozia finanziaria.
È questione di priorità: quando i soldi scarseggiano, destinarli agli immigrati, ai banchieri o ai terremotati è una scelta politica e criticarla è un diritto degli elettori. Trump ha conquistato l’America con le parole d’ordine «governo al popolo» e «prima i cittadini». Chi lo accusa di populismo e razzismo appartiene alla stessa razza di chi non vuole rivelarci i nomi dei debitori Mps e giudica xenofobo chi ha più a cuore i terremotati rispetto agli immigrati.
Il 25 gennaio, da Rieti, Ascoli, Amatrice, Perugia, Macerata e Norcia muoveranno verso Roma allevatori, commercianti, imprenditori e pensionati per protestare sulla gestione post terremoto del governo. Sono tutti leghisti o grillini? Sono tutti sciacalli ed egoisti? Sono tutti scemi e incapaci di comprendere le regole del sistema bancario che è pensato apposta per farci star bene? Sono tutti razzisti che odiano gli immigrati? O piuttosto sono persone come noi con la sola differenza che, non per colpa loro, adesso hanno bisogno di questo Stato avido e inadeguato a cui hanno dato il sangue da che sono nati ma non ricevono quello di cui hanno bisogno? A differenza di quando la politica si reca nelle zone colpite, la transumanza di mercoledì prossimo non sarà una passerella
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