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lunedì 26 settembre 2016

Stipendi giù per colpa dell'euro Quanto abbiamo perso in tre mesi

Quanto ci ha tagliato di stipendio l'euro



Sempre più giù. Gli stipendi italiani hanno conosciuto un' altra contrazione, dello 0,5%, secondo le recenti rilevazioni Eurostat. Il dato è riferito al secondo trimestre 2016 in paragone all'analogo periodo dell' anno precedente, e chiude un anno solare drammatico per le nostre paghe.

Non un solo trimestre tra gli ultimi due del 2015 e i primi due dell'anno corrente ha fatto registrare il segno positivo: pareggio assoluto nel terzo trimestre 2015, poi -0,2%, -0,5% e appunto -0,5% (sempre misurati rispetto allo stesso periodo dell' anno precedente).

L'ultimo report dell'istituto di statistica comunitario inquadra, come sempre, l'andamento del costo del lavoro nominale, composto da salari e altri fattori (essenzialmente di natura fiscale e contributiva) che normalmente si muovono più o meno assieme: complessivamente l' Europa ha registrato un +1,4% del costo del lavoro nel secondo trimestre, cui corrisponde un +1,3% nei salari; stringendo la lente sull' eurozona, la crescita è minore: +1%, coi salari che salgono dello 0,9%. L' Italia ha visto in questo quadro scendere il costo del lavoro dell' 1,1%, con i salari che come detto sono calati dello 0,5%. In tutto il continente solo Lussemburgo e Finlandia (rispettivamente -0,5 e -2,3%) hanno come noi il segno meno davanti all' andamento delle paghe nei mesi di aprile, maggio e giugno 2016 raffrontati allo stesso trimestre 2015. Tra i paesi con la moneta unica, quelli di fresca introduzione (Lituania, Lettonia, Estonia) vedono un balzo dei salari anche superiore al 4%; gli altri Stati in cui le buste nominali si ingrossano di più sono fuori dall' euro (Romania +12%, Ungheria +3,6%, Regno Unito +2,7%, Polonia +2,5%). Fa eccezione il Portogallo, che però rimbalza da una situazione pesantissima e fa registrare un +2,7%.

Nessun paese però ha fatto registrare performance così preoccupanti sul fronte dei salari come il nostro: è in primo luogo a causa di questa contrazione che anche il costo del lavoro è sceso costantemente negli ultimi 12 mesi. Siamo l' unico Paese d' Europa in cui il dato sulle paghe è negativo (sempre in rapporto allo stesso periodo dell' anno precedente) in tutti i trimestri da metà 2015 in poi: l' eurozona registra un tasso di crescita (1,4%, 1,5%; 1,8%; 0,9%) quasi sempre più basso rispetto all' Unione europea a 28 (2%; 2%; 1,7%; 1,3%), a ulteriore conferma che, al netto delle specificità di ogni Stato, la moneta unica appare sempre più come un fattore efficace di compressione salariale in momenti di fiacca dell' economia. A fronte di queste cifre, tuttavia, all' interno dell' eurozona l' Italia è maglia nera. Noi siamo sempre lì, col segno meno; i nostri "compagni" in territorio negativo nell' ultimo anno si alternano: Lussemburgo, Portogallo e Slovenia nel terzo trimestre 2015, Cipro e Lussemburgo nel quarto, Cipro nel primo trimestre 2016 e ancora Lussemburgo con la ex prodigiosa Finlandia nel secondo del 2016, come dice l' ultima fotografia scattata dall' Eurostat.

Come ovvio, è in primis l'elevato tasso di disoccupazione a contribuire, sia in mezza Europa sia in Italia, a questa dinamica: la carenza di lavoro spinge chi ne è a caccia ad accettare anche stipendi più bassi, portando di solito a un calo generale degli stipendi. Il circolo vizioso che genera la spirale deflattiva in cui ci dibattiamo da anni include pienamente questo andamento: la domanda interna depressa da tasse e tagli scoraggia assunzioni e paghe elevate, che a loro volta fanno ristagnare i consumi e la crescita. Quanto hanno influito le recenti riforme (il combinato disposto di sgravi e Jobs act che, più o meno, copre i trimestri presi in considerazione) su questo trend drammaticamente asfittico? Non c' è dubbio che il pacchetto di interventi sul lavoro abbia agito soprattutto sul lato dell' offerta, aumentando la flessibilità del mercato del lavoro. Provvedimento che in sé non è giudicabile negativamente, ma che in questo contesto economico ha sicuramente contribuito ad accentuare l' andamento negativo della curva dei salari.

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