Occhio, nasce il patto del cocktail. Accordo: ecco il piano
di Salvatore Dama
Chiamatelo il patto del Moscow mule, quello stretto ieri al Papeete tra Matteo Salvini e Giovanni Toti. In realtà non si sa se i due, nella lunga giornata trascorsa insieme al beach club di Milano Marittima, abbiano sorseggiato l' intruglio modaiolo di vodka ghiacciata e succo di lime. L' unica certezza è che il leader leghista e il governatore della Liguria non si sono lasciati ingolosire dalla «marmellata centrista» (definizione originale) servita da Stefano Parisi, neo delfino berlusconiano e possibile nuovo federatore del centrodestra.
Non tutti, in quella che negli anni zero fu la Casa della libertà, sono d' accordo con Silvio Berlusconi, che ha scelto l' ex manager offrendogli i galloni del leader. Così vanno formandosi alleanze trasversali (e trans-partitiche) per contestare i piani berlusconiani. O, più semplicemente, per proporre delle alternative al candidato che ha conteso a Giuseppe Sala la carica di sindaco di Milano fino all' ultimo voto. O quasi.
Ieri sera Toti e Salvini hanno suggellato la loro "alleanza" con una cena sulla riviera romagnola. I due hanno concordato sul fatto che il governo Renzi sia agli sgoccioli e che il centrodestra abbia l' obbligo di riorganizzarsi quanto prima. Non con una verata al centro, ma con un' alleanza che guardi a destra e scommetta sull' accordo strategico tra Forza Italia, Lega e Fratelli d' Italia. «È il "modello Liguria"», rivendica il presidente della Regione Toti, che non si è propriamente spellato le mani per applaudire l' ascesa di Parisi. Chiedendo (finora inutilmente) che ogni discorso sulla leadership coinvolgesse la base del partito senza piovere dall' alto, come poi effettivamente è stato. Salvini?
Anche lui guarda con perplessità ai primi passi mossi da Parisi. È vero che la Lega lo ha sostenuto come candidato sindaco di Milano, ma adesso il leader del Carroccio lo vede proiettato troppo verso il centro. Troppo impegnato a rincorrere Angelino Alfano e gli altri centristi che sono nell' area di governo. Matteo punge il suo mentore: «Se qualcuno ha diviso il centrodestra e ha voluto perdere, quello è Berlusconi», ha mandato a dire il leader della Lega dalla festa del partito in corso a Cervia. E se il "modello Milano" caro all' ex manager viene bocciato dal leader dei padani («Mi sono cucito la bocca, ho fatto finta di niente, e metà degli elettori è rimasta a casa», dice a proposito delle recenti Comunali), anche al centro c' è chi dubita del potenziale parisiano. Per esempio Gianfranco Rotondi: «Forza Italia si organizza come crede: se Parisi ne è il capo, buona fortuna. Se è il candidato premier del centrodestra io mi contrappongo apertamente e chiedo un metodo democratico per decidere chi ha ragione tra me, lui, Salvini e chi si proporrà», è il guanto di sfida del presidente di Rivoluzione Cristiana.
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