Niente più soldi per salvare i nostri conti, Renzi trema (i correntisti di più)
di Francesco De Dominicis
L' allarme è passato in sordina, ma a palazzo Chigi il «segnale» è arrivato forte e chiaro: il fondo di tutela dei conti correnti bancari è senza soldi. Quel mezzo miliardo di euro di dotazione iniziale del Fitd corre il rischio di essere prosciugato dai risarcimenti agli sbancati, vale a dire i titolari delle obbligazioni subordinate dei quattro istituti salvati a novembre. L' allarme è stato lanciato giovedì da Salvatore Maccarone, che del Fondo interbancario di tutela dei depositi è presidente. Maccarone, nel corso di un seminario organizzato dall' Abi, ha spiegato che il prosciugamento del fondo è un effetto del decreto approvato la scorsa settimana dal governo, quello sugli indennizzi agli «sbancati». Le norme di palazzo Chigi hanno stabilito, infatti, che sia proprio il Fitd a rimborsare i risparmiatori. Operazione che costerà non meno di 320 milioni di euro.
Facciamo due conti. Oggi il Fondo ha una dote di 500 milioni e quindi, al termine dei rimborsi, il saldo potrebbe essere prossimo a zero. Il problema è che il fondo funziona come una carta prepagata: viene alimentato un po' alla volta (250 milioni a semestre fino al 2024) e con una ricarica extra in caso di emergenza. Ecco, il punto è proprio questo: se una banca fosse messa in liquidazione o portata al fallimento pilotato (risoluzione), il fondo - che per statuto e sulla base di regole europee deve rimborsare i conti e i depositi bancari fino a 100mila euro - si troverebbe, in partenza, a secco (o quasi). Un' ipotesi, quella della liquidazione, guardata con enorme preoccupazione dal premier Matteo Renzi. Ieri il ministro dell' Economia, Pier Carlo Padoan, è stato esplicito sul rischio «contagio» allo sportello, perché «se una banca chiude quella vicina potrebbe esserne infettata».
L' inquilino di via Venti Settembre ha spiegato che «quando si prendono misure su singole banche non bisogna mai dimenticare l' impatto sul resto del sistema». Come dire: occhio, gli istituti non possono essere lasciati fallire. E in effetti negli ultimi mesi, un pezzetto dopo l' altro, è stato costruito un articolato meccanismo di protezione delle banche del Vecchio continente. Qualche attrezzo funziona, altri meno. Quel che è certo è lo stato di salute degli istituti di credito italiani: non se la passano benissimo, nonostante le rassicurazioni del governatore della Banca d' Italia. I salvataggi di Etruria, Marche, Chieti e Ferrara, le difficoltà del Monte dei Paschi di Siena e il caso «Nord Est» (Veneto Banca e PopVicenza) sono lì a dimostrare che il sistema scricchiola. Il governo è intervenuto a più riprese: prima con le garanzie sulla cartolarizzazione delle sofferenze (Gacs), poi più recentemente con norme ad hoc per accelerare il recupero crediti da parte delle banche.
Non solo. L' esecutivo è intenzionato a solverare addirittura il paracadute usato alla fine degli anni '90 per evitare il fallimento del Banco di Napoli: stiamo parlando della Sga, una società, ora tornata nella piena disponibilità del Tesoro, che potrebbe essere utilizzata per alleggerire i bilanci bancari dai prestiti non rimborsati. Anche i banchieri si stanno muovendo: hanno creato il fondo Atlante ( già intervenuto nell' aumento di capitale di Vicenza) nel quale un ruolo di peso (finanziario e politico) è giocato dalla Cassa depositi e prestiti, a cui palazzo Chigi e Tesoro hanno chiesto uno sforzo non ordinario per evitare crisi sistemiche; all' orizzonte, poi, c' è l anascita di un secondo fondo d' emergenza «per interventi preventivi» e gestito parallelamente dallo stesso Fitd. Se tutto fosse sotto controllo, come sostiene Bankitalia, non sarebbe stato sfoderato questo poderoso armamentario.
Nessun commento:
Posta un commento