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venerdì 26 febbraio 2016

Verdini e quel piano per la scissione: chi è il big che spaccherà Renzi e Pd

Rivolta Pd contro Renzi: il piano di Bersani per spaccare premier e partito



Hanno incassato in silenzio l'umiliazione sulle unioni civili, con lo stralcio delle adozioni gay, l'obbligo di fedeltà, la vittoria di Angelino Alfano e lo smacco dell'ingresso non ufficiale nella maggioranza di Denis Verdini. Ora, però, gli uomini della minoranza Pd si preparano alla guerra contro Matteo Renzi, guidati da un irriducibile: Pierluigi Bersani. Giovedì in Senato si sono astenuti tra i dem i soli Luigi Manconi e Felice Casson, ma all'interno il partito è una polveriera e quella frase del premier "ha vinto l'amore" suona, dopo qualche ora, una ironica reliquia del passato. 

Lo spettro della scissione - Altro che amore, sarà una guerra. "Faremo di tutto per evitare la scissione", spiega Roberto Speranza, ex capogruppo e capofila della sinistra democratica. Quella parola, "scissione", è un fantasma che aleggia sul Pd renziano da mesi ma mai come oggi appare minaccia concreta. "Si apre un problema grande come una casa - ragiona Bersani -. A dispetto di quello che dice Verdini, l'esperto in giravolte parlamentari, sono molto preoccupato". 

"Verdini è troppo" - Il tema è proprio l'appoggio dei transfughi berlusconiani, che si preannuncia decisivo nei prossimi mesi. Hanno votato la fiducia, Renzi non ha intenzione di salire sul Colle per formalizzare la nuova maggioranza (perché al momento ieri i 18 voti di Ala si sono "aggiunti" ma non sono stati fondamentali) come suggerisce anche l'ex presidente Giorgio Napolitano. Ma se anche un ex renziano di ferro come Matteo Richetti esce allo scoperto con un "Verdini che dà la fiducia è oggettivamente troppo" significa che la febbre anti-Renzi sta crescendo oltre il livello di guardia.

Anticipare il Congresso - Di sicuro, però, dentro il Pd Bersani e i suoi vogliono accelerare la data del Congresso, previsto per il 2017. Mai come in questo caso Renzi rischia lo scontro frontale con i suoi dissidenti, tanto più clamoroso perché fatto dentro casa, davanti a tutti, e non più dietro messaggi più o meno cifrati via stampa o nelle segrete stanze dei Palazzi romani.  

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