Ennio Doris, i consigli anti-crisi: "Niente panico, chi vende ora perde tutto"
Intervista a cura di Attilio Barbieri
Per la seconda volta nel giro di pochi giorni la Cina ha affossato i mercati finanziari di tutto il mondo. Era accaduto lunedì, quando l’indice della Borsa di Shanghai era arrivato a perdere il 7% ed è scattato lo stop alle contrattazioni. Il copione si è ripetuto giovedì. E si sono spente nuovamente le luci. Il risultato è stato identico: listini europei in profondo rosso, con Milano che ha perso quasi il 6% in una settimana. Colpita dalle vendite perfino Ferrari, ieri in calo del 3,25%. Una raffica di vendite ha affossato i bancari con Montepaschi in perdita del 6,24 da lunedì e Mediolanum addirittura oltre il 10% rispetto al valore del 30 dicembre. «I mercati sono entrati in una fase di correzione per una serie di ragioni. Alcune hanno una reale consistenza, altre invece sono soltanto delle scuse». A rispondere è proprio Ennio Doris, classe 1940, presidente e fondatore di Banca Mediolanum.
Cominciamo dalle scuse…
«Lo scoppio della bomba atomica in Corea del Nord che altro non è se non la polizza sulla vita per il regime di Pyongyang che vive fuori dal mondo e per sopravvivere deve tener chiuse le frontiere. Un'altra grande scusa è lo scontro fra Iran e Arabia Saudita: si tratta della stessa guerra di religione fra sunniti e sciiti scoppiata dopo la morte di Maometto. Ogni tanto attraversa periodi di maggiore virulenza, come ora».
Ma col petrolio come la mettiamo?
«Per il greggio il rischio è da sempre legato alla possibilità che i produttori tagliassero le forniture per asfissiare l'Occidente. Ma sta accadendo esattamente il contrario. C'è abbondanza di petrolio e alcuni Paesi, come gli Stati Uniti, da consumatori si sono trasformati in produttori ed esportatori».
Dunque l'unico vero rischio è la Cina?
«Senza dubbio. Ma bisogna considerare che la seconda economia mondiale sta vivendo un cambiamento epocale. E in una prospettiva di medio termine sarà senza dubbio positivo: un'economia nata per l'esportazione e basata sul basso costo del lavoro si sta trasformando in un economia di consumo. Pian piano per la Cina i consumi interni stanno assumendo un’importanza fino a ieri sconosciuta. Milioni di consumatori si stanno affacciando sul mercato per la prima volta: un fenomeno positivo per l'Occidente. Difficile prevedere quanto possa durare questa fase di cambiamento. Ora siamo in mezzo al guado e la crisi trae origine anche da questo. Per noi è sono una questione di prospettiva».
Prospettiva? In che senso?
«È come se guardassimo a quel che sta accadendo con un occhio soltanto. Vediamo che il petrolio continua a scendere e che l’economia cinese non gira più come una volta e consuma meno materie prime. Sa invece cosa penso io?
Ce lo dica…
«Il greggio ai minimi degli ultimi dieci anni prepara la inevitabile fase di crescita successiva. Abbassandosi il costo del petrolio che è il vero carburante della ripresa, quando questa arriverà sarà forte. Gli investitori stanno riposizionandosi sui mercati per cogliere le opportunità di questo periodo e quelle del rimbalzo che arriverà. Molti vendono per essere liquidi e farsi trovare pronti a mettere i soldi dove si creeranno le occasioni con la svolta. Questa correzione è una grandissima opportunità per gli investitori».
Occorrono però nervi saldi...
«Sì, ma fino a un certo punto. Bisogna tener presenti due regole. Innanzitutto il denaro va investito a lungo termine. Attenzione poi a non concentrare tutte le risorse in un solo comparto produttivo o su un unico mercato. Dev’essere il contrario: massima diversificazione geografica e settoriale».
E per chi avesse già investito?
«I risparmiatori non possono comportarsi come i gradi investitori istituzionali che vendono e comperano in tutto il mondo. Se non sono sbilanciati verso una sola area o un unico settore non devono far altro che star fermi. Non fare nulla. Il vero rischio è muoversi nel momento sbagliato e amplificare perfino le perdite».
Mediolanum ha chiuso dicembre con una raccolta netta da record, appena sotto il miliardo di euro ma il titolo in Borsa è fra quelli che hanno perso di più. Come lo spiega?
«Quando un titolo fa tantissima strada è normale che sia fra i più venduti in una fase di riposizionamento come quella che stiamo attraversando».
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