C'è la prova che i marò sono innocenti Il documento esclusivo di Libero
di Chiara Giannini
A sparare ai due pescatori del Saint Antony non furono Massimiliano Latorre e Salvatore Girone: a confutare ogni dubbio arriva l'analisi, da parte del perito Luigi Di Stefano e dei suoi collaboratori, di Annex 3, ovvero il Charge Sheet, il documento finale inviato dagli inquirenti indiani alla magistratura di quel Paese e depositato all' Itlos (il Tribunale del mare di Amburgo) e che riepiloga fatti e rilievi relativi al caso che coinvolge i due fucilieri di Marina. Un documento di cui la corte che si riunirà all' Aja dovrà tener conto e dal quale appare chiaro un fatto: New Delhi nasconde la verità, ovvero che un ruolo chiave nella vicenda l' ha avuta la nave greca Olympic Flair.
Il raffronto del diario di bordo redatto dal comandante della nave italiana con le dichiarazioni e i rilievi della posizione della nave greca consente di affermare con certezza che non solo i greci mentono, ma che l' India fosse a conoscenza di tutta la questione. Partendo dal presupposto che le due petroliere sono così simili da poter essere confuse, dalla documentazione risulta che la Olympic Flair, il 15 febbraio 2012, denunciò un attacco pirata messo in atto da due imbarcazioni. La denuncia è riportata dall' International maritime organization, ovvero l' ente che registra tutti gli attacchi di pirateria. Dal documento risulta che alle 16.50 UTC (le 22.20 ora locale) in posizione 9:57N - 076:02E, la nave era ancorata «a circa 2.5 miglia a sud del terminale petrolifero di Kochi, India». Ad attaccare furono circa «20 briganti su due imbarcazioni. I pirati desistevano sia per l' allarme sia per la partenza della petroliera».
Come si ricorderà, la Lexie, peraltro vuota e che procedeva a velocità di crociera, fu assalita da un solo barchino pirata e fu necessario sparare colpi in acqua per far desistere i malviventi, mentre chi era a bordo della nave greca, con carico e ancorata, dichiarò di aver usato solo gli idranti per far fuggire i malintenzionati. Ed ecco il primo punto che desta non pochi dubbi: i greci inizialmente negarono i fatti, ma poi li ammisero anche intervistati dai media italiani, dichiarando a quel punto che sulla loro petroliera c' erano alcuni contractors. Di questo attacco pirata sul documento presentato all' Itlos non c' è traccia.
In realtà la Guardia costiera indiana era a conoscenza dell' accaduto, visto che sul diario di bordo della Enrica Lexie, redatto dal comandante Umberto Vitelli, nelle sue funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria, sono riportati. Fu proprio la Guardia costiera ad avvertire Vitelli dell' attacco alle 18.30, ben 4 ore prima rispetto all' orario poi dichiarato dal personale della petroliera greca. Anche perché i militari indiani dichiararono di aver sequestrato le due barche pirata. Al momento dell' approdo del Saint Antony, peraltro, l' armatore Freddy Bosco dichiarò alla tv locale del Kerala Venad News di aver sentito «un rumore enorme». Un rumore non certo imputabile a un colpo di fucile calibro 5.56 che in mare aperto a 100-200 metri di distanza forse non è neanche udibile, ma ai razzi a mano usati dai contractors della Diaplous. Il punto principale, però è il seguente: la Olympic Flair non poteva essere a 2,5 miglia a sud del terminale petrolifero di Kochi perché all' ora del presunto attacco a due miglia di distanza si trovava ancorata la Enrica Lexie, scortata dai guardacoste Lakghinbai e Samar e in volo c' era il Dornier, un aereo della Guardia costiera indiana. Come è possibile che i pirati abbiano deciso di attaccare una nave con tanti militari attorno? E come è possibile che dalla Lexie nessuno si sia accorto di niente? Forse perché la Olympic Flair alle 22.20 non era dove dichiarato, ma come è possibile rilevare dai dati del sistema Ais, più volte spento e riacceso, altrove.
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