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sabato 26 dicembre 2015

Belpietro, schiaffo europeo a Renzi: "C'è la prova: poteva salvare i conti"

Belpietro, lo schiaffo dell'Europa a Renzi: "C'è la prova: poteva salvare i conti"


di Maurizio Belpietro



Adesso c' è la prova. Il decreto salva banche, che poi come si è visto sembra più un salva-papà, non era l' unica strada per mettere in sicurezza i conti correnti dei clienti dei quattro istituti di credito sull' orlo del fallimento. C' era anche un' altra via, quella dell' intervento del fondo di tutela interbancario alimentato da contributi volontari e non obbligatori, ossia di quella rete di salvataggio che il sistema aveva steso trent' anni fa, dopo il fallimento del Banco Ambrosiano, a tutela dei risparmiatori. Purtroppo questa diversa via d' uscita non poteva garantire alle banche circa un miliardo di sgravi fiscali e dunque il governo per non scontentare gli istituti di credito ha preferito scontentare azionisti e obbligazioni delle banche in dissesto, trasformando i loro investimenti in carta straccia.

La prova dell' esistenza di un piano B l' ha fornita incautamente il governo che, dopo le polemiche dei giorni scorsi con cui si tendeva ad attribuire la colpa di quanto successo alla Ue, ha fatto filtrare il contenuto della lettera riservata che gli uffici dell' Unione hanno spedito a Palazzo Chigi tre giorni prima che si varasse il famigerato decreto. E si scopre che quando Matteo Renzi dice di essere stato costretto a intervenire, liquidando le vecchie banche e creandone di nuove da affidare alle cure di un pool di salvatori della patria, non la racconta giusta, perché la soluzione era a portata di mano, a patto però che fosse privata e non con i soldi dello Stato.

Nella missiva indirizzata a Roma, i commissari incaricati di seguire l' affaire in pratica scrivono che se lo Stato decide di garantire i depositi per ricapitalizzare una banca, l' intervento è soggetto alle regole Ue sugli aiuti di Stato e quindi scatterà la risoluzione europea, ma se l' intervento è privato, cioè se lo Stato non mette un euro, la Commissione non ci ficcherà il naso né pretenderà di sanzionare l' operazione. Tradotto: tocca all' autorità italiana decidere il da fare, l' importante è che Palazzo Chigi non apra il portafoglio e non usi quattrini pubblici.

La storia è dunque ben diversa da quella che ci è stata fin qui raccontata. Non era una strada obbligata quella imboccata dal governo. Volendo, se ne potevano percorrere altre, ovviamente a carico del sistema. Ma evidentemente al grosso delle banche di dover mettere mano al portafogli per salvare quattro istituti travolti dal crac non era una prospettiva che piaceva, dunque si è preferito liquidare Etruria, Banca Marche CariFerrara e CariChieti cedendo in blocco le attività a nuove entità, le quali, liberate dai crediti incagliati potevano essere finanziate da altre banche senza che queste dovessero passare sotto la tagliola di Bruxelles. Non solo: l' intervento di salvataggio potrà premiare i partecipanti con un recupero Ires che secondo stime oscillerà tra i 900 e 1200 milioni. Insomma, le banche con una mano mettono e con l' altra prendono.

Chi invece perde tutto sono gli azionisti e gli obbligazionisti, che sono i veri gabbati di tutta questa faccenda. Il sistema che ha inventato i derivati, i subordinati e i certificati si salva e può ricominciare da capo senza problemi. I risparmiatori che si sono fidati cascando nella truffa, al contrario si leccano le ferite. Per lo meno se le leccano coloro i quali non si sono lasciati prendere dalla disperazione, come il pensionato di Civitavecchia che dopo aver appreso di aver perso ogni risparmio si è impiccato.

E usando il sostantivo truffa non sbagliamo. Nel caso di Luigi D' Angelo, l' ex dipendente dell' Enel che aveva investito i propri risparmi in obbligazioni subordinate e alla fine di novembre si è ritrovato con un pugno di mosche, la Procura ha aperto un fascicolo con l' ipotesi di truffa ai danni del pensionato. Ipotizzando che chi gli abbia venduto i titoli non sia stato corretto nell' informarlo dei rischi che si stava assumendo con l' investimento.

Nel mirino ovviamente ci sono i famosi modelli di valutazione dell' investitore, questionari che vengono fatti sottoscrivere alla clientela senza che questa sia in grado di valutare ciò che sta firmando. In genere si tratta di documenti che mettono al riparo la banca da un' azione di responsabilità qualora ci siano perdite: di certo non mettono al riparo il risparmiatore. Nel caso di Luigi D' Angelo è molto difficile che un anziano impiegato fosse in grado di valutare che cosa il consulente gli stesse proponendo e quali fossero i pericoli di un investimento costituito al cento per cento di obbligazioni subordinate. Tuttavia questo, oltre che argomento da Procura, sarà argomento da approfondire con la commissione parlamentare d' inchiesta. Che, se mai vedrà la luce, avrà il compito di fare piena chiarezza su tanti misteri dei crac bancari italiani. Speriamo che il 2016 sia l' anno giusto per illuminare i fattacci.

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