Forza Italia, Francesco Nitto Palma verso l'addio: il partito traballa al Senato
di Salvatore Dama
Il paradosso è che nel 2013, compilando le liste elettorali, Silvio Berlusconi ci tenne a portare al Senato tutte le persone che riteneva più fidate. Egli stesso si candidò, ed era la prima volta, per un seggio a Palazzo Madama. I sondaggi davano in bilico i numeri della Camera alta e il Cavaliere, in vista di un possibile pareggio, voleva un gruppo affiantato e compatto. Una testuggine.
Tale e quale: due anni dopo ciò che rimane è un paesaggio post-atomico. Se n’è andato il capogruppo, Renato Schifani, e altri 28 senatori, migrati nel Nuovo centrodestra. Hanno detto addio a Berlusconi figure storiche come Sandro Bondi e Paolo Bonaiuti. Lo stesso Cavaliere è decaduto dal rango parlamentare, salutando Palazzo Madama il 27 novembre del 2013 per le note vicende giudiziarie.
Con l’addio dei senatori vicini a Raffaele Fitto, sono quasi cinquanta le defezioni, il gruppo è più che dimezzato. E - dicono - non è affatto finita. Ieri la notizia (svogliatamente smentita) dell’addio di Francesco Nitto Palma.
L’ex ministro della Giustizia sarebbe pronto a passare al gruppo misto. E non sarebbe da solo. «Altri azzurri della prima ora», informa l’Agenzia Italia, sono pronti all’ammutinamento. Il motivo? L’incomunicabilità con il cerchio magico.
Non l’adesione alla scissione di Fitto o al gruppo-cuscinetto di Denis Verdini, che potrebbe nascere nelle prossime ore unendo fuorisciti azzurri, delusi del Nuovo centrodestra ed esponenti di ritorno da Gal e dal gruppo misto.
Già oggi Berlusconi potrebbe avere un incontro proprio con l’ex coordinatore azzurro. I due si sono sentiti la scorsa settimana.
Ora la voce è che, non potendo arginare le manovre di Verdini, Silvio starebbe pensando di assecondarle. Un modo per avere il piede in due staffe: con un gruppo di ferma opposizione al governo, Forza Italia, e uno che dà una mano a Renzi, alle prese con un governo in difetto di numeri al Senato proprio mentre passano dalla Camera Alta provvedimenti cruciali come scuola e riforme costituzionali.
Ciò che sicuramente Berlusconi non farà è ritirarsi: «Non posso lasciare l’Italia, il Paese che amo, nel bel mezzo di una crisi. Per quello che posso tenterò di dare una mano», ha spiegato ieri il Cav ai microfoni dell’emittente svizzera Rsi.
Presto l’ex premier incontrerà Matteo Salvini. «Parleremo di Italia, del comune di Milano e del Milan», annuncia il segretario del Carroccio. Al momento la strategia è rinforzare l’asse del Nord, con il neo governatore della Liguria Giovanni Toti che sposa la linea dura di Lombardia e Veneto sull’accoglienza dei migranti.
La linea dell’intransigenza però scontenta le colombe azzurre e crea nuovi dissapori. Specie tra coloro che non vogliono discostarsi dal perimetro del Ppe: inseguire Salvini, ma perché? E c’è chi inizia a temere che Silvio Berlusconi, dopo il voto delle Regionali di domenica l’altra, si sia ulteriormente convinto che l’uomo giusto per sfidare il premier Matteo Renzi possa essere l’altro Matteo. D’altronde, non è Silvio che dice che le leadership si impongono sul campo?
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