Occhio allo spesometro, ecco come non farsi incastrare
di Attilio Barbieri
Venerdì prossimo, 10 aprile, si compie il primo rito della nuova liturgia fiscale che ha spostato dai redditi al tenore di vita dei contribuenti il terreno di ricerca degli evasori. Non è il primo anno che accade: l’obbligo di inviare i dati per gli acquisti superiori ai 3.600 euro è scattato nel 2014 per le spese effettuate nel 2013. Di nuovo, semmai, c’è che lo spesometro messo a punto dall’Amministrazione fiscale è ampiamente rodato e funzionerà presumibilmente come un orologio svizzero.
Il meccanismo è semplice: anziché cercare gli evasori lavorando sui redditi, l’Agenzia delle entrate lavora sulle spese. Per lo meno quelle che individuano un tenore di vita potenzialmente elevato. Per questo vengono censiti gli acquisti superiori ai 3mila euro più Iva. Auto, moto, vestiti e calzature, vacanze, ma anche mobili e arredi, gioielli, iscrizioni a circoli sportivi e palestre: nel momento in cui il contribuente acquista uno di questi prodotti o servizi, il venditore è obbligato a registrarne l’identità e memorizzare l’operazione. L’elenco di queste transazioni viene trasmesso annualmente all’Anagrafe tributaria. Il 10 aprile sono tenuti a effettuare la comunicazione gli operatori economici che liquidano l’Iva mensilmente. Il 20 quanti effettuano la liquidazione trimestrale.
Di per sé un acquisto che superi la soglia oltre la quale scatta la segnalazione obbligatoria non rappresenta un rischio per il contribuente. Lo diventa però nel momento in cui il suo tenore di vita non è sostenibile con i redditi dichiarati. E proprio dall’incrocio fra le spese sostenute e i guadagni dichiarati l’Agenzia delle entrate parte per effettuare i controlli. A quel punto è bene farsi trovare pronti per giustificare le spese eccedenti il proprio reddito. Prestiti o regali da amici o parenti, eredità, perfino vincite a lotterie: la regola è di tenere traccia di quanto si è incassato per «finanziare» ogni spesa che ecceda i 3600 euro. Ad esempio il bonifico ricevuto dalla nonna o da papà per coprire l’anticipo dell’auto, o il prestito ottenuto da un conoscente per acquistare l’arredamento della nuova casa: i giustificativi delle somme ricevute devono essere custoditi accuratamente. Pronti per essere presentati al Fisco. Evitare assolutamente le elargizioni in contanti: qualunque somma si riceva, a titolo di prestito o di regalia, è bene farla transitare dal conto corrente, chiedendo a chi la versa, di indicare in chiaro, nel bonifico, pure la causale.
Dati ufficiali non ce ne sono, ma secondo le indiscrezioni non confermate ma neppure smentite almeno un accertamento su tre, fra quelli che si sono conclusi con un recupero d’evasione, è scattato proprio dalla spia rossa accesa dallo spesometro. In tutto, lo scorso anno, le operazioni segnalate sono state 400mila. L’obbligo della comunicazione vale per tutti tranne che per la Pubblica amministrazione. Sono tenuti a inviare al Fisco la «comunicazione polivalente» - così si definisce nel burocratese la trasmissione dei dati all’Anagrafe tributaria - tutti i soggetti che abbiano venduto beni o servizi per importi superiori ai 3.600 euro. Quindi imprese, professionisti, commercianti e artigiani, a prescindere dalla classe dimensionale dell’attività svolta e dai ricavi annui. Non è necessario che la prestazione sia stata fatturata: rientrano nel campo di applicazione del nuovo strumento anche le vendite regolate con l’emissione di un semplice scontrino fiscale, come nel caso dei negozi.
Entro il 30 aprile gli operatori finanziari, vale a finanziarie che erogano credito al consumo, dovranno poi segnalare gli acquisti pagati con bancomat o carta di credito, sempre d’importo superiore ai 3.600 euro. Un’ulteriore livello di accertamento i cui dati potranno essere incrociati con quelli trasmessi da negozianti, artigiani, agenzie di viaggio autosaloni e via dicendo. Oltre ai dati su «chi» ha comperato «cosa», il Fisco può partire anche dalla transazione finanziaria con cui è stato regolato l’acquisto. C’è poi una ulteriore fonte di dati alla quale l’Amministrazione finanziaria può far ricorso per incrociare i redditi dichiarati dai contribuenti con le spese sostenute. Si tratta dell’autodenuncia relativa al bonus mobili, prorogato dall’ultima Finanziaria a tutto il 2015. Vi rientrano tutti gli acquisti di arredi ed elettrodomestici con la possibilità di detrarli dall’Irpef fino al 50%, con un tetto massimo di spesa pari a 10mila euro.
Oltre alle transazioni effettuate dai privati cittadini, rientrano nello spesometro pure quelle che avvengono fra titolari di partita Iva, tra imprese e imprese, come quelle che coinvolgono aziende da un lato e professionisti dall’altro. Le cosiddette operazioni business to business. Nel momento in cui dovesse scattare l’accertamento, che solitamente inizia con una «comunicazione bonaria» inviata dall’Agenzia delle entrate, il contribuente è tenuto a dimostrare le eventuali fonti di reddito aggiuntivo, rispetto a quello dichiarato, che gli hanno permesso di effettuare un acquisto altrimenti non sostenibile.
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